Ho lasciato scorrere una quantità di giorni, di notti, di pomeriggi,
di momenti belli, meno belli, di ansie tremende, di paure, di piccole felicità,
quasi sottovoce, quasi a non volermi nemmeno rendere conto che il tempo passava
e passava davvero, per forza.
Ho preparato viaggi, partenze e ritorni, vacanze, non tante
in realtà, cene e pranzi della domenica, e merende, e apertivi, venite?
Veniamo.
Ho provato a rendermi conto, a ripassare quel giorno, e i
giorni prima, e ci ho pensato così tanto e così bene che sono riuscita a
sentirmi ancora come quel giorno, Come accartocciata pronta ad esplodere, è
così che ha mi ha fatto, il dolore, quando
una voce mi ha detto che dovevo essere forte, perché tu non c’eri più.
Ma come non ci sei più.
Con te dobbiamo fare una quantità di cose che non sta né in
cielo né in terra, abbiamo ancora circa mille cene e un sacco di natali e la
festa per il mio anniversario, e dobbiamo andare di nuovo a Londra, e ancora mille volte in
vela ma stavolta senza tempesta e non più al Giglio, stavolta decido io e non
mi importa se metti il muso, tanto il muso con me non lo hai messo mai, le
volte che abbiamo litigato, circa tre, credo, siamo rimaste litigate un quarto
d’ora, non c’è soddisfazione a litigare noi due.
Con te, Luisa ed io dobbiamo cucinare per capodanno e
ballare il tango spostando il divano e tu che ridevi ma non sono sicura che
ridessi solo così o se fossi anche un po’ sbronza, non sopportavi che il mio
telefono continuasse a suonare, da allora ho tolto un sacco di cose e spesso
tolgo anche la suoneria, anche se è del tutto inutile, oramai.
Con te dobbiamo ancora inaugurare quella casa così bella, devo
ancora ricamarti una quantità di strofinacci, dimmi che canzone vuoi che ci scriva stavolta, e farti calze colorate e scialli e
sciarpe, e il cappello per sciare che hai perso e quasi piangevi, e lasciarti la mia borsa che ti piace un
sacco, te ne do un’altra, quella piace a me, me la regali? Con te dobbiamo
ancora parlare tanto, devo dirti tante di quelle cose che non sai, ti sei persa
un anno intero di me, te ne sei andata senza salutare, senza dire, Eugi
Andiamo, Che Sale La Nebbia, senza dire
niente.
Cosa hai pensato mentre volavi via, e da che parte sei passata,
e cosa vedi da lassù, dalla nuvola dove ti sei seduta, le gambe incrociate e le
Hawaianas che abbiamo comprato insieme, e quel costume viola che mi piaceva
tanto, Hai Più Tette, mi dicevi, Non Ti Va.
Guardami Silvia, amica di tutta la mia vita o quasi, guarda
giù, che ci hai lasciato tutti qui a cercarti dappertutto, e ad averti
dappertutto, negli addobbi di Natale, negli armadi delle tovaglie, nella cornice
con l’uccellino da dove adesso mi sorridi, ti ho messo davanti al lavandino e
ogni tanto ti parlo e ti sorrido e mi viene da dirti che sei scema, e che mi
manchi, mi manchi da morire, è solo un anno o diecimila, è solo un attimo o
sono mille, Silvia, guardami, non mettere il muso se non andiamo dove vuoi tu,
adesso resta qui che ho ancora così tanto bisogno del bene che mi vuoi, quello che ti voglio io è ancora qui, intatto e non sa dove andare, ho bisogno di te che mi chiami Lau e mi
dai sempre ragione con tutti, anche quando non ce l’ho, guardami Silvia, lo so che non ti arrabbi, io e te non
siamo mai riuscite a litigare per davvero,
ma tu, ovunque sei, guardami, Silvia,
guardami.