
04 ottobre, 2007
La legge.

03 ottobre, 2007
CIN-QUE-CEN-TO!!!!!!

Le belle statuine
d'oro e d'argento
che valgon.....CINQUECENTO!!!
Al mio cinquecentesimo post, un augurio speciale. Certo non bello come quelli di ieri, una macchina fotografica color ciliegia, che a guardarla bene sembra color fragola, nuova di zecca, signora cara, così magari, sarà la volta buona che imparerò a fare fotografie decenti, sa? E poi un cuscino magnifico, da un Bell'Acquisto, o una Bella Scoperta, e questo, lo si badi benissimo, indipendentissimamente da tutto il contorno di zuccheri e panna e bignè e boccoli e caschi. E fiori, fiori a fascine, rose e gigli e gerbere, le mie preferite. Beh, fascine forse è esagerato, vale anche il mazzo di tulipani che mi sono comprata da sola all'Esselunga? E poi, signora, lo so benissimo che è più curiosa di una gazza ladra e allora le dico che no, il mio regalo cioè il Suo, non è stato affatto uno scatolino piccolo e di velluto, e nemmeno una scatolona di media grandezza con nastro di stoffa bianco e blù. Un tavolo, signora, un tavolo di vetro bellissimo, sì, un tavolo è fatto come un tavolo, non è che ci voglia tanta fantasia, ma quello che c'è scritto sopra, in tutte le lingue, è la parola più bella che si possa pronunciare mai nei secoli dei secoli. La stessa che mi ha fatto piagnucolare come da copione leggendo il Suo sms del mattino alle 7, e leggere il Loro biglietto scritto a tre mani, un pezzettino per uno, con le grafie diversissime ma così uguali a dirmi quanto bene volevano a questa mamma che vola, che gioca e che canta e che scrive e che sgrida e si arrabbia, ma che ieri ha compiuto 44 anni e che impressione fa scriverlo se ti senti ferma a 25. Come dice? Cosa c'e scritto sul tavolo? Amore, signora mia, A-MO-RE!!! Glielo devo ripetere cinquecento volte?
02 ottobre, 2007
E buon.

Buoni giorni d'autunno e di inverno, con la fronte appiccicata ai vetri a veder fuori che freddo che fa, perchè il freddo si vede, anche. E buone notti, di stelle lontane e di lune, rosse o bianche, che giocano con la luce dei lampioni sulla piazza. buone colazioni, di pigiami scompagnati o di camicie da notte morbidissime e sottovesti sottili e trasparenti. E buone torte bruciacchiate e pani insipidi e paste scotte e buone spese, buone file alla Posta, buone camminate lungo il corso, in equilibrio quasi, che i tacchi nel selciato fanno una brutta fine. Buone chiacchiere tranquille, di quelle con le amiche, senza fretta, appena appena, che ancora i figli non escono da scuola e di tempo ancora ce n'è. E buoni sorrisi e buone risate, di quelle che scaldano e ti fanno d'argento, e buoni magoni e buone lacrime, già che ci siamo, per non farci mancare niente, che le lacrime meglio di no, ma poi all'improvviso arrivano lì, e salgono, salgono e ti pungono gli occhi e tu mandi giù, ancora e ancora, ma niente da fare, perciò, meglio essere preparate. E buoni, sabati e domeniche, e anche venerdì, che nessuno mai ne parla, ma che è il più bello di tutti. E buone stagioni e buon vento e buon mare e buona neve e buon sole, di quello a picco, verticale, bianco e salato, ecco, quello lì. Buoni figli, da guardare diventare quello che sono e pensare a come saranno, che non so se li vorrei uguali a me o no, ma forse già lo sono e allora non vale, buone urla sulle scale, buone firme da fare, buone vitamine e citrosodine e tachipirine, e spremute e creme per le storte e shampoo alla vaniglia, buoni messaggi sulla lavagna. Buone mele sbucciate e arance a metà per la spremuta, buoni toast per la merenda, buoni pane e nutella, buoni castighi senza convinzione, buoni baci di sfuggita, buoni sguardi d'intesa, e di perdono e di Ti Voglio Bene Novantanove Universi Staccati. Buon amore, buon risveglio e lui e lì, buone risate, buone litigate furibonde e buone complicità, ogni volta più forti, ogni volta più sorprendenti, che ti sposo ancora domani, se me lo chiedi. Buoni fiori. Buoni sogni. Buoni progetti. Buoni biscotti. Buone amiche. Buone sorprese. Buone lavatrici. Buoni baci. Buon viaggio. Buon... buon...buon...beh, mi sa che ho scordato qualcosa.
01 ottobre, 2007
Ottobre.

28 settembre, 2007
Sono.

Voglio un foglio per scrivere e un cremino da sciogliere e un amore da stringere e una somma da vincere. Voglio un giorno da vivere e un bicchiere da rompere, una strada per correre e una rotta da scegliere. Ed un figlio da crescere, e le ruote che girano e gli aerei che partono. Le minestre che scottano, le coperte che pungono e le ortiche che pizzicano. E se niente significa non è poi così male, son parole che corrono, son pensieri che giocano, son folletti di neve in una sera che è buia, son sorrisi brillanti in un giorno di pioggia. Son dispetti e sorprese, un po’ veri un po’ no, esercizi di stile in un niente perfetto. Son racconti, allusioni, illusioni e misfatti e se anche nessuno li ha mai raccontati, son raccolti, per bene e per nulla schiacciati, incartati, con fiocco, biglietto e nastrino. Son regali, stavolta, che ho un po’ sonno e un po’ sete, son giocattoli rotti, sono cani che scappano, sono prose e poesie, sono vite qualunque, sono amori ridicoli ed elastici rotti, sono panna, rabarbaro, maghi e balene. Son follie, miei signori, sono assurde canzoni, sono storie di un attimo che durano un secolo, sono vetri appannati e pastiglie e confetti, medicine e spremute, gianduiotti e soufflè. Sono Fragole, in scrigno, in pacchetti da dieci, sono frutti inconsueti, uno a me e uno a te. Sono il sogno più bello, un tesoro nascosto, una sfida, una spada, il mantello del Re.
27 settembre, 2007
Piove.

Di una pioggina noiosa e a filini, di quella che sì, basta una passata de tergicristallo e và via, non di quei goccioloni che fanno le bolle sul terrazzo. Piove, di quella pioggia che devi guardare per bene, ma piove o no? fuori dalla finestra, che apri in camicia da notte sperando che non faccia ancora freddo. Piove, sui piumini che hai tirato fuori dall'armadio, legati come sacchi a pelo coi nastri rossi, e infilata dentro una bustina di deodorante, muschio e vaniglia, una specie di odore dell'inverno che verrà. Piove sugli sbadigli, sulla colazione con la luce accesa, sulla zero voglia. E piove, sulle rose dell'aiuola, maleducate, loro continuano a fiorire, con i loro colori dei gelati, crema, mirtillo, fior di latte. Non ho rose rosse, me ne sono accorta solo stamattina. E piove e piove, sulla bicicletta della Princi, sulla moto del Liceale, lasciati ancora fuori nella speranza di poterli usare ancora, lei per andare avanti e indietro, lui per raggiungere la Biondina Lisciata Sabato Sera. Piove su una macchinina e sui disegni col gesso fatti dai piccoli del villaggio, sugli aghi dei pini che il vento di stanotte ha buttato giù. Piove anche su di me. Odio gli ombrelli di ogni forma e colore, li uso solo quando diluvia a stecca (a stecca?), piove sulla mia gonna di Zara da professoressa di matematica, zitella, inacidita e con le calze riposanti, la crocchia e gli occhiali spessi. Piove, sul portachiavi a stella marina che mi ha regalato il mio sposo, forse per lasciarmi ancora un pò d'estate tra le mani. Ma in fondo che importa se piove e pioverà. Noi si sta, belli tranquilli, a fare le cose di sempre, in questa quiete accesa di cose e di progetti e di giri e di questioni, anche, e di parole e di abbracci, e di magoni e di sorrisi. E per ben iniziare, si imita Il Vate e si scrive, scrive e scrive. L'unico modo che so per darmi il buongiorno, per trovare deliziosa anche la pioggia che dai, se guardi meglio, tra poco smetterà.
25 settembre, 2007
Ode all'oro Saiwa.

Certo, lo conoscono tutti. E non è certo famoso per il suo sapore. E' insipido, e per nulla dolce. Croccante, certo, ma di zucchero ne ha proprio pochino. Insomma, tanto biscotto non è. Ma è simpatico e molto elegante. Per esempio, lo si usa moltissimo d'estate. E per una colazione leggera. E per premiare il cane quando si siede composta e non tutta storta e di sghimbescio. L'oro Saiwa, si diceva, è il più glamour, in assoluto. Tanto per cominciare, il numero: è l'unico biscotto al mondo che si vende in multipli di 100. Non esistono confezioni da 100 grammi. O ne compri mille o non ne compri nessuno. E poi, quel contorno! Con tutti quei ghirigori, quel merletto che ha tutt'intorno ha già scatenato l'invidia di più di un collega. Lui, non si smuove. Non si sbriciola, è il vero lord della biscottiera. Il suo abbigliamento è classico, immutato negli anni, il pacchetto giallo e la scritta rossa. Si tuffa bello sereno nel caffelatte e non la fa tanto lunga. Anche se, come ogni nobile che si rispetti, soffre di solitudine. E guai, guai, guai ad intingerlo solingo. La vera apoteosi di un Oro Saiwa è un altro Oro Saiwa. In due, si sa, viene tutto meglio. Ed è così educato, che appena prima di tuffarsi, vuol fare la conoscenza del suo compagno di viaggio. Così, con i merletti perfettamente combacianti,e quel profumo di grano, Lui si presenta: il mio nome è Saiwa. Oro Saiwa. E per piacere, non chiamatelo Biscotto Secco!
24 settembre, 2007
Così non va.

22 settembre, 2007
Il Premio della Critica.

Nel senso più letterale del termine, però. Nessun tappeto rosso, nessun And The Winner Is, nessuna foto in abito lungo d'ordinanza, anche se il tour di vetrine di ieri mattina poteva fare al caso mio, ho provato un cappotto viola da non dormirci la notte e alla fine sono uscita con un paio di scarpe, ma va?, che ne avevo tanto bisogno. Ma di critica, si parlava. Le critiche più spietate, più crudeli, che fanno più male non sono certo quelle delle Dame di Carità della città in cui vivo, non delle Vicine, adorabili, non dalle Amiche, certo che no. Sono quelle, impunite e sfacciate, che fuoriescono dalle rosee boccucce dei miei figlioli. Dai maschi, com'è ovvio. Loro, i Principi del Liceo e/o dell'Ateneo, i Gran Visir del Buon Gusto e dell' educazione, loro, sì, Profeti del Saper Vivere e delle Buone Maniere, mi criticano. E come ti sei vestita, ma dove credi di andare, ma qui e ma là. E di me, parlano e sparlano. Di come sono. Pettegola. Chiacchierona. Che voglio sapere. Serpente a sonagli. Che mi bulleggio ( che ancora bene non mi è chiaro il significato ma studierò la questione). Che mi impiccio. E soprattutto, regina incontrastata di tutte le Critiche Mondiali.....CHE SCRIVI I FATTI NOSTRI. Già, scrivo. Di me, delle cose mie, della mia vita, delle cose che faccio e di quelle che no, tanti mi hanno chiesto perchè, e io mai che abbia dato una risposta uguale per due volte di seguito. In realtà non lo so nemmeno io. Ho scritto diari da tutta la vita, e tenuto fotografie e raccolto spaghini dei regali e bastoncini del gelato e biglietti del cinema e carte d'imbarco e scontrini e bigliettini quelli bianchi nei mazzi di fiori. Scrivo perchè questo pezzo della mia vita mi piace così tanto che lo voglio un pò fermare, non so, raccontare, sì, che male c'è, e cosa importa se chi lo legge è qui vicino o a Singapore. Da tutto il mondo, è vero, si può vedere da dove leggono dei miei figli e dei gatti e dei miei ricami e dei miei magoni. Resta la curiosità, a chi può interessare che cosa faccio io, e l'orgoglio, anche, ma guarda guarda, mi leggono anche da lì. E mi dicono, dai, scrivi ancora. Pubblicherò, un giorno non lontano, quando una Casa Editrice finalmente vorrà raccogliere le mie Fragole, e allora, sì, ai miei figli che non capiscono dirò che ogni mamma ha un sogno. E da quando avevo l'età loro, cari i miei trucidi piccini, il mio sogno è questo qua. E non sono brava a inventare i personaggi, che anche alla Holden me l'hanno detto, no, inventare i personaggi non ti viene tanto bene, scrivi di quello che sai. E io, so di voi. Così, scrivo. Scrivo e aspetto. Scrivo e pubblico ogni giorno. E ogni giorno il mio sogno si avvera, attravero tutti i click che mi fanno dal mondo e dalla casa qui vicino. E sono felice. E a voi, figliolini adorati, dico che smetterò. Smetterò e non dirò, per esempio, della cena di ieri sera, col mare e la luna, tutti insieme anzi un pò di più, che la Biondina Timida era dei nostri, che ha avuto in dono dal Feroce Capitano la maglietta dell'equipaggio e che...ops! Ma si sa, le mamme che sognano son così sbadate.
20 settembre, 2007
Itaca.

Tornati, i miei naufraghi. Raccolti col cucchiaino, in verità, stravolti da quasi 15 ore di navigazione, il mare grosso, i temporali, nonostante le previsione, bruttine sì, ma chi immaginava onde del genere. Arrivati, salati e stanchissimi, e io sul pontile coi tacchi e il vestitino, ma come, dico al mio sposo, non dovevamo andare a cena? certo che no, bellezza, dai uno sguardo qui sotto, i barattoli allineati con grazia in cucina, benchè molto ermetici e molto legati, sono praticamente esplosi nelle burrasca, e per terra è un delirio di sale e caffè e zucchero e biscotti fradici e io, con licenza parlando, ho bagnate anche le mutande e sogno una doccia calda e lenzuola fresche di bucato e dormire, dormire, dormire, che tutto 'sto sù e giù mi ha intorcinato le budella e anche il cervello. Sì, sei carina, ma ti posso guardare meglio domani? Come dirgli di no. Fascinoso, il mio sposo travestito da Ulisse, ha gli occhi più verdi, stasera, ed è vero, è stanco e affamato e un pò sciabordito, ma ha in sorriso che stende e che quasi non ricordavo. E io qui, con le scarpe in mano e il vesititino tirato sù, a scaricare sacche di biancheria da lavare e souvenir de la Corse. Eccola qui, la mia bizzarra famiglia, l'amore più grande che ho, riunita in cucina, anche se è tardi e bisognerebbe andare a dormire, ma le cose da raccontare sono tante e ho fatto un pane croccante che si spazzolano in un secondo. Stasera, ogni letto di casa mia sarà occupato. E il mio sposo accanto a me. Era ora, in fondo, fare la Penelope per un pò va bene, ma che non si esageri. Quanto alla mia camicia da notte da corsa, viola pervinca e con scollatura, che le devo dire, signora mia, Ulisse manco l'ha vista. Pazienza ci vuole, coi marinai.
17 settembre, 2007
Piroette.

Mai fatto danza in vita mia. Lo si capisce dal mio passo da corrazziere. E dalle spalle, anche, da anni di nuoto e atletica. Perciò le mie piroette son tutt'altro che aggraziate. E meno male che non lo sono. Esse infatti si svolgono non già alla sbarra, sul parquet scricchiolante, in una immensa sala prove all'ultimo piano di un palazzone del centro storico, dove un'arcigna zitella al pianoforte e una maestra non zitella ma arcigna ella pure svela i segreti del pliè e del degagè a fanciulline sbadiglianti di ottima famiglia, che la danza fa bene al portamento. No, no, le mie piroette son di tutt'altrissimo genere. Passo, trafelata, dalla fila alla posta alla fila alla Motorizzazione Civile, che signora mia, i figlioli crescono e pure il Nuovo Liceale ha da dare l'esame per il ciclomotore, oh yes. E poi, via, a razzo, ad altre file e altre incombenze, il medico da cambiare che il pediatra resta solo fino al quattordicesimo anno , non lo sapeva? e poi ancora in Comune per la mensa della PrinciGolia, intesa come caramellina, che stamattina era imbronciatissima. E io danzo, danzo su e giù per la città, e osservo la gente che è in fila con me, o nella fila vicino e mi chiedo, mi chiedo molto. Perchè mai agli extracomunitari gli impiegati diano del tu, perchè c'è gente che ha una faccia così triste e rassegnata, perchè è così raro trovare qualcuno mediamente gentile, perchè le signore col velo e i passeggini sono le più educate di tutti, perchè quel signore disoccupato che chiedeva l'esenzione del ticket era incravattato e incatenato e profumato alla nausea, perchè gli anziani hanno sempre più fretta di tutti, perchè alla posta hanno ancora la colla col pennello in un vasetto di vetro, perchè nessuno ha in mano un libro o un giornale e stanno lì, tutti rimbambiti e imbesuiti ad aspettare il proprio turno e nessuno, nessuno che gli venga voglia di scambiare una chiacchiera o un sorriso con nessuno. Perchè le donne straniere hanno le scarpe che fanno rumore, perchè parlano a voce altissima, perchè gli uomini si danno tre baci come a Parigi, perchè i bambini non fanno mai un capriccio, perchè se fai sedere un vecchietto ti guarda storto e fa finta di non sentire, perchè, perchè, perchè. Sarà che ho avuto troppo tempo per osservare e avrei voluto tirar fuori il mio ricamo di Natale (di già?) che 32 persone davanti alla Posta sono un bel numerino, sarà che oggi ero così di buonumore, che sembrava freddo e invece no, è ancora dannatamente estate qui, e allora, che m'importa della gente e della confusione, sorrido dentro di me, sono in pace e sto bene, di niente, in realtà, ma è tutto così tranquillo, nonostante il caos, e quindi e perciò sarà meglio che continui, sorridendo e sorridendo, a fare le mie piroette. Che nonostante l'atletica e i 200 farfalla, non mi vengono neppure tanto male, sa?
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