Oh, sì, oggi me la tiro proprio. Dopo pochissimi giorni di attesa, ecco che finalmente il tanto sospirato invito è arrivato. Sono su Ravelry. Sì, ecco, in vero non è che ci sia proprio da tirarsela. Nel senso che sì, è un gran bel posto dove passarci le ore (e dico, le ore!) ma solo per chi ha questa passione smodata per gomitoli e affini. Ad ogni buon conto, felice son di esser stata chiamata to edit my profile su Ravelry, la più grande comunità di knitters al mondo. A cosa serve è prestissimo detto. Serve che, alla fine, se volessi sapere che tipo di coperta tricotta la sciura Naomi da Singapore, che ferri usa e che punto, ecco, lo saprei. e se poi volessi fare un copri bidoncino dell'umido all'uncinetto, ben sapendo che il mercato dei copri- bidoncino dell'umido è fiorente in Estonia, voilà, a portata di clic io saprei con esattezza come fare, dove e con cosa, e venderei il pattern ( lo schema, signora, lo sche-ma!) sottobanco a tutte le mie scelleratissime amiche, delle Perle e Senza, da Alta Cucina e non, da Pastiera e da Surgelato, che fisioterapiscono o logopediscono, che fanno Pilates o vendono cachemere, che maneggiano provette o tessuti, beh, respiro, potrei anche farlo. Però, inutile proprio che me la tiri tanto. Che donne ci sono su Ravelry? E che lavori, signora mia, che lavori! Tutto un intorcinamento di trecce e di trafori e di merletti e di scambi di colori e scialli e calze a 12 ferri, e insomma, i miei miserrimi e infimi lavoretti da seconda ora di applicazioni tecniche, fan veramente pietà. I miei maglioncini insulsi, sempre un pò troppo larghi e con le maniche sempre troppo corte, le mie cuffie sbilenche, le mie anonime sciarpe...povera, piccola fiammiferaia dello knit, povera cenerentola dell'uncinetto, povera, povera, povera. Orsù. Non stiamo lì tanto a frignare, chè su Ravelry ci siamo e possiamo migliorarci, un altro knit cafè tra poco, qualche lezione ben presa da chi ne sa più di me, qualche ripetizione da Cristiana, e via, ci sentiremo di certo all'altezza di cotanta situazione. Ma sì che ce la facciamo. Yes, we can. Ma dove l'ho già sentita? 27 febbraio, 2008
Oh, sì. Ravelry!
Oh, sì, oggi me la tiro proprio. Dopo pochissimi giorni di attesa, ecco che finalmente il tanto sospirato invito è arrivato. Sono su Ravelry. Sì, ecco, in vero non è che ci sia proprio da tirarsela. Nel senso che sì, è un gran bel posto dove passarci le ore (e dico, le ore!) ma solo per chi ha questa passione smodata per gomitoli e affini. Ad ogni buon conto, felice son di esser stata chiamata to edit my profile su Ravelry, la più grande comunità di knitters al mondo. A cosa serve è prestissimo detto. Serve che, alla fine, se volessi sapere che tipo di coperta tricotta la sciura Naomi da Singapore, che ferri usa e che punto, ecco, lo saprei. e se poi volessi fare un copri bidoncino dell'umido all'uncinetto, ben sapendo che il mercato dei copri- bidoncino dell'umido è fiorente in Estonia, voilà, a portata di clic io saprei con esattezza come fare, dove e con cosa, e venderei il pattern ( lo schema, signora, lo sche-ma!) sottobanco a tutte le mie scelleratissime amiche, delle Perle e Senza, da Alta Cucina e non, da Pastiera e da Surgelato, che fisioterapiscono o logopediscono, che fanno Pilates o vendono cachemere, che maneggiano provette o tessuti, beh, respiro, potrei anche farlo. Però, inutile proprio che me la tiri tanto. Che donne ci sono su Ravelry? E che lavori, signora mia, che lavori! Tutto un intorcinamento di trecce e di trafori e di merletti e di scambi di colori e scialli e calze a 12 ferri, e insomma, i miei miserrimi e infimi lavoretti da seconda ora di applicazioni tecniche, fan veramente pietà. I miei maglioncini insulsi, sempre un pò troppo larghi e con le maniche sempre troppo corte, le mie cuffie sbilenche, le mie anonime sciarpe...povera, piccola fiammiferaia dello knit, povera cenerentola dell'uncinetto, povera, povera, povera. Orsù. Non stiamo lì tanto a frignare, chè su Ravelry ci siamo e possiamo migliorarci, un altro knit cafè tra poco, qualche lezione ben presa da chi ne sa più di me, qualche ripetizione da Cristiana, e via, ci sentiremo di certo all'altezza di cotanta situazione. Ma sì che ce la facciamo. Yes, we can. Ma dove l'ho già sentita? 26 febbraio, 2008
Il Mucchio Selvaggio.
25 febbraio, 2008
24 febbraio, 2008
Che storia è.
Bizzarra, bislacca, in fondo, neanche tanto interessante. E' una storia come ce ne sono a tonnellate, che si intreccia con le storie degli altri, con le vite degli altri, con tutte le questioni degli altri. E' una storia che non si legge, che si inventa, qualche volta, perchè, è proprio così sbagliato cercare di colorare una cosa banale? perchè ci si può sentire a volte bene a volte male, e allora, che male c'è a raccontarlo, se uno ne ha voglia, e ne ha tempo e così. Così, la storia comincia e continua, è la storia di tutti, un pò la mia, sono i giorni che si vivono, uno in fila all'altro, sulle stelle o negli abissi, in Paradiso o negli inferi più infuocati. Ci si sente meglio a metterla giù, a rivederla scritte qui, rileggerla ogni tanto, mai correggerla, mai fare la brutta, che sfogo sarebbe se no. La storia non si fa con il c'era una volta, basta un niente e i pensieri sono già fuori, ben ordinati o confusi, non è importante, basta avere il coraggio di dipanarli, di districarli, come si fa coi nodi. Così, eccoli. Come la storia di oggi, c'era una volta, ma no, abbiamo detto, non serve. E allora, non si comincia, ma c'era lo stesso una famiglia normale, in una casa in collina, i tortellini e la torta di zucchine, il pane caldo e le partite, che noia, le regioni da ripassare, ginocchia sbucciate da curare, medicazioni a interventi da niente, cose e cose, e baci, e copertine sul divano, una nebbia della forca, là fuori, e noi qui, a coccolarci con gli sguardi, a ricamare un regalino per la Biondina che domani compie gli anni, che colpo per il mio squattrinato Maturando. Domenica. A consolare e progettare. La storia và avanti. Con la pizza della domenica sera, con le chiacchiere e il sentirsi come al sicuro, al riparo, ma al riparo da che cosa. La storia che racconto non finisce, nè adesso nè domani. Nessun c'era una volta, e sia. Ma felici e contenti, mi sa che ci sta bene.22 febbraio, 2008
La pace.

Del cuore, suppongo. E dell'anima, anche. Pace e basta. Pace che inghiotte, che circonda e che annega, un pochino, pace e silenzio, ma anche no, se vogliamo, la pace non si misura dal rumore e dalla musica, la pace si sente, anche solo girando la chiave nella porta, sbirciando dalla finestra. La pace dei giorni, se vuoi, la pace che è dentro, di sotto e tutt'intorno, che ti fa crollare di peso su una poltrona e dire, ok, qual'è la prossima cosa da fare, ma intanto c'è pace, si sente di già, c'è un'ovatta invisibile, una specie di day after, di dopo la tempesta, che è quiete, lo sanno tutti, ma di quella quiete accesa che ci piace tanto, instancabile, che non si ferma, la quiete in una vita così complicata eppure così semplice, pensieri fermati, con l'illusione di colorarli un pochino. La pace, una musica di sottofondo, la caffettiera che gorgoglia e sibila e un pò sbuffa, i rumori di casa, che si conoscono a memoria, non troppo forte ma che si sente appena, un profumo di niente e di tranquillità, rosmarino e vaniglia, pane e borotalco, che non si spiega ma che c'è, un porto sicuro dopo una maestralata. E di scossoni e tempeste, buriane e burrasche, di onde e di raffiche, questa barca, per favore, basta così. Almeno per un pò.
21 febbraio, 2008
Brazil!

Alla fine è stata davvero una bellissima serata. No che non erano gli strascichi dei festeggiamenti dei centomila clic, certo che no, non sono mica così autocelebrativa e non me la tiro mica così tanto, in fondo! Solo, avevamo un compleanno da festeggiare, in questa famiglia così rutilante e multietnica e multitasking e multicolore. E non già un compleanno qualsiasi, ma quello del Figliolo del Brasile, proprio lui, che staziona in questa casa da un paio di mesi e che, forse, chissà, riederà alla casa materna tra qualche giorno. Spinosissima questione. Ma ieri sera di spinoso c'erano soltanto gli sguardi della figliolanza tutta e del mio Sposo esso pure, verso quella divina creatura, un insieme di tette e culo, e mi si perdoni l'accento francese, che ballava a pochi centimetri dal nostro tavolo. Vestita di nulla, responsabile della congiuntivite da sforzo di tutti i miei figli maschi, e anche della Princi Assonnatissima, abbagliata da tutti quei lustrini e quelle piume e quei tacchi 35 o giù di lì, e quella samba, e quell'uva sulla testa. Bella sera, menù do Brazil, farina di manioca, e quella specie di acqua tonica coi lime dentro, che buoooooooona!, che mi ha fatto ridereridereridere per tutta la sera, io che l'alcool proprio non lo reggo, cahipirina, signora, le devo proprio spiegare tutto, vabbè che è roba straniera, ma è meglio che stia al passo coi tempi, non crede? Bellobello. Un pò ciucchi tutti, di quelle ciuccherie che non sono vere, che insomma, sei ancora bello lucido ma sei contento di essere lì, con tuttitutti, il Giovane Holden arrivato in tram dalla casa di studio, il Maturando felice e ridanciano pur senza la Biondina, il mio Sposo che se li guardava, uno per uno, tutti qui a festeggiare questo strano, storneggiato fratello che viene da lontano e che è fratello uguale. Stamattina, alcune commissioni: il collirio per la congiuntivite, Citrosodina per il churrasco, e una ricerca sulle Pagine Gialle. L-L-L-ezioni di samba per la scrivente. Ma mi sa che il culo può andare, ma a tette, signora cara, sono messa non benissimo. E nemmeno in francese!
19 febbraio, 2008
Centomila.
Ma sì, facciamo festa. Speditemi dei fiori, regali a tonnellate, bigliettini e cotillons. mail, sms, mms, pqrs, SPQR, PPTT, BetaHCg (!) insomma, di tutto, lettere profumate su pergamena, piccioni viaggiatori, segnali di fumo ovunque voi siate. Chi porta da bere? Non occorre l'invito, nemmeno lo smocking o l'abito lungo e il guanto all'avambraccio. diademi e tacco 11, è una festa VengoCosìComeMiTrovo, faccio una torta salata, io il pane alle noci, io il tiramisù. Una festa a sorpresa, la sorpresa non me la faccio da sola, sono mica scema, me l'avete fatta voi. Centomila. CENTOMILA. Cen-to-mi-la!!!! Come, che cosa. Centomila clic, signora mia bella che torna dal mercato, centomila volte siete venuti in casa mia, in questo salotto, in questo bordello, in questa chiesetta, in questo divano, su questo scoglio, su questa spiaggia, su questo sgabello, su questa sedia girevole, su questa giostra, su questo inginocchiatoio, sotto questa doccia, al mio tavolo, in camera dei miei figlioli, nel mio studiolo, in lavanderia, a frugare nel mio Cassetto del Tutto, e nella mia borsa, e nelle mie tasche, nel disordine del mio armadio, fra i miei libri, i miei gomitoli, le mie ricette senza senso, i miei fili, le mie cose, i miei cestini con le collane, fra i miei briccialetti che tintinnano. Centomila. Le volte che mi avete sentito ridere e piagnucolare, e disperarmi e bearmi di cose semplici, le volte che ho comprato cazzate e frivolezze, le volte che mi sono persa, le volte che mi sono ritrovata, sentita sola, rinata, disubbidita, tradita, fraintesa, adorata, coccolata, maltrattata, inosservata, amata, invidiata, ignorata. Ma oggi, solo festeggiata. Coraggio, la banda da questa parte, voi con la grancassa di qua, il tappeto più in centro, i fiori con più garbo, voglio più tulipani, no che non è il mio compleanno, è molto di più. Ringraziare non basta, non sono brava nei ringraziamenti ufficiali, e nei dedicoquestavittoriaa, centomila, centomila, ai bambini centomila sembra un numero gigantesco, ma adesso anche a me che tanto bambina non sono, ma mi ripeto soltanto centomila, centomila, centomila, e quanti ce ne saranno ancora, se pubblicherò o non pubblicherò, ma cosa importa, scrivo questo libro ogni giorno e ogni giorno quattrocento di voi lo comprano e lo leggono e lo rileggono, e se lo stampano, pure, perciò, scusate tanto, ma devo andare a festeggiare, farmi una treccia, magari, e un trucco di quelli seri, cambiarmi d'abito, che la felpa coi sette nani non va tanto bene per una festa come si deve, anche se è del tipo VengoCosìComeMiTrovo, e poi gli invitati che cosa direbbero, che cosa direte voi tutti, coi vostri clic ben avvolti sotto il braccio, tutti i regali che mi farete e che io, arrossendo, scarterò e mi luccicheranno un pò gli occhi, e quanto di stucco ci rimarrò, a vedere la torta a centomila piani, con centomila fragole, e quanta fatica che farò a soffiare e soffiare su centomila candeline.17 febbraio, 2008
Cerca.

E cerca bene. Senza un metodo preciso, come puoi pretendere di averlo tu, disordinata ad honorem, un metodo per cercare nei cassetti, nei cestini, nei ripiani, dietro ai libri. Cerca bene nelle cose più tue, benissimo dentro alle scatole delle collane, e nelle borse che non usi, che bello ritrovare una borsa che non usi da un pò, dentro ci sono gli scontrini spiegazzati, una caramella senza carta, una serie di post it che non appiccicano più, un burrocacao mezzo sciolto, centesimi e briciole, una forcina di osso e una biro che non scrive. Cerca e cerca, dentro ai pensieri, dentro alle idee, ai progetti, alle cose che fai, cerca dentro ai libri di ricette, sfoglia il libro che hai finito oggi e quello che hai comprato appena ieri e che non vedi l'ora di iniziare, ma che aspetti, il silenzio, la calma nessuno che ti chiama e che ti chiede, c'è qualcosa di sacro e religioso un pò, e di così intimo e privato nei primi cinque minuti di un libro, è una specie di fidanzato, ti colpisce oppure no, ti folgora oppure ti delude, e tutto in così poco tempo, le prime cinquanta righe, più o meno. Cerca, bellezza, cerca benissimo nelle cose che ti hanno fatto diventare quello che sei, negli schiaffi e nelle carezze, nei baci e nelle offese, che solo con quelli potevi arrivare fino a qui, come molti, come tutti, siamo tutte le cose che ci hanno preceduto, tutte le cose che abbiamo vissuto che ci hanno fatto essere così, un pò folli, in fondo, un pò incoscienti, disillusi e sognatori e suonatori e incantatori di serpenti e venditori di liquirizia e fioraie dell'angolo, mercanti di stoffe e fateturchine. Cerca e troverai. La strada per il faro, una favola nuova, una canzone da imparare, un nuovo gioco, magari. Si trova, la forza di continuare, un equilibrio traballante, uno sgabello che zoppica, ma lo vedi? basta una figurina piegata in quattro e voilà. Si trova sempre, un nuovo sorriso, per cadere sempre in piedi, sette vite come i gatti, per farcela, per sfangarla, sempre e comunque. Si trova, un nuovo fiore in giardino, un modo qualunque per dirsi che sì, in fondo in fondo non c'è male, e che si piagnucola a volte e domani magari sarà già diverso ma che caldo stasera in questa casa in collina e ho trovato, davvero, frugando per bene, anche quando pensavo di non trovarlo più, un bottone argentato, una perlina, un sogno a metà, un bicchiere di cristallo, una corda per saltare, come ho fatto a non vederla eppure era lì, tra le cose più mie, tra i calci e gli abbracci, la fuliggine e i lustrini, i giorni perfetti e quelli da paura, tra gli incubi e i sogni che fino a qui mi hanno fatto diventare le cose che sono.
15 febbraio, 2008
Del mio meglio.
Ricette, dettagli e altre immagini, signora curiosona, le trova qui.
14 febbraio, 2008
E cuori.
Cuori, cuori e cuori. Di carta e di zucchero, di pizzo, di lana e di cotone. Cuori disegnati, sullo specchio dopo la doccia, sul vetro quando piove, sulla neve, sulla sabbia, col gesso alla lavagna, coi pastelli o a pennarello. Cuori di vetro e di piombo, cuori di plastica un pò finti, cuori colorati, cuori leggeri, cuori trasparenti, piccoli piccoli che stanno nella mano, cuori in affitto, cuori di Gucci, cuori fotocopiati, disegnati sul diario, appiccicati sul frigo con la calamita, cuori adesivi sparsi un pò in giro. Cuori a biscotto per la colazione, a cuscino sul letto, da abbracciare prima di dormire, cuori acciaccati, convalescenti e un pò stanchi, cuori a mille, scarabocchiati nel taccuino accanto al telefono, cuori, a manciate, a sacchi e a vagoni, cuori morbidi di velluto, cuori acidi come le spremute senza zucchero. Cuori, cuori e cuori. Oggi, anche se come me non ci vedete nulla di speciale in questa festa, trovate il modo di disegnare, regalare, cucinare, cucire, ricamare, costruire, ricopiare un cuore. E sorridere un pò. Male non fa.
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