Che sorpresa ogni volta, che rara bellezza, che incredibile magia. Mattina presto e lei è lì, maestosa, elegante, così bella che ci incanta a guardarla. La luna d'inverno, che grande miracolo, che spettacolo gratuito di immensità e mistero, di celeste e magnifico. Luna che guardi, che agiti e calmi, scuotimi quando sono ferma, calmami quando sbatto contro il vetro come un insetto scemo, illumina e comprendi, luna che rendi speciale anche la fila dei lampioni, la brina dei campi, i cartelli della statale, quando appari all'improvviso da dietro e fai lucente anche questo ordinario quotidiano, questo nulla, questo troppo, ogni tanto. Bellaluna che sorridi, che catturi gli occhi che ti guardano, luna di tutti o soltanto mia, che ascolti e taci, silenziosa luna, ma qualcuno l'ha già detto prima di me, dimmi quel che sai, racconta quel che vedi, bellaluna d'inverno che abiti dietro la collina, che a guardarti non mi stanco, bellaluna d'oro e d'argento e poi bianca e trasparente e poi di nuovo d'oro e d'argento, gioiello del cielo più delle stelle, sei una soltanto, soltanto tu, bellaluna dolcissima, struggente e perfetta, bellaluna al mattino, bellaluna che sei.
10 gennaio, 2012
09 gennaio, 2012
Daccapo.
Lunedì più lunedì degli altri lunedì, così come ieri sera era più domenica sera. Duemiladodici, alla fine è iniziato davvero, la scuola, le cose, la vita, la sveglia, dovrò rivedere benissimo le istruzioni di quel gioiellino avuto in dono a Natale, possibile che non sia riuscita a mettere la sveglia, eppure l'ho messa, eppure mi ha svegliato lo scroscio della doccia, mentre da sotto il piumone facevo finta di niente, sarà prestissimo, saran le tre, ancora non è mattino. E' mattino invece, eccome se lo è, è gennaio anche se non sembra, gennaio ha la neve, il freddo pungente, il naso rosso, le mani ghiacciate anche solo per uscire a chiudere bene le persiane. Questo non è il gennaio che voglio io, quello dei giorni della merla, quello silenzioso, chissà perchè, a gennaio di rumori non ne senti, o sembra solo a me, magari sì. Sono scuse, scuse bell'e buone, la mia personalissima protesta perchè non ne ho voglia, perchè voglio ancora i giorni di festa, che di feste vere non è che ne abbiamo fatte veramente, intendo quelle coi lustrini e il trenino, per carità. La festa è per me apparecchiare per 9 ogni giorno, avere sempre un via vai di figlioli per casa, fidanzate e amici e amici degli amici, la festa per me è stato il mare in Sicilia, è stato il vento, la sabbia, la mia vita in due stanze di hotel, ogni sera uno diverso. Non ho voglia di normale, non ho voglia di giorni in fila, le pagelle, le menate. Ho letto così tanto da svenire, quando sono così leggo per scappare, e le parole mi rimangono appiccicate al cervello e alle mani, tanto che rimango bell'e imbambolata per un pò, anche quando smetto. Ma non è che si può stare tutta la vita a fare festa, a leggere per ore, e adesso che anche l'ultimo brillo è stato tolto da questa casa, che l'albero zen è bell'e spoglio nel garage accanto al tosaerba e alla sacca da golf impolverata, sarà ben meglio che archivi i bei giorni passati nella loro scatola, che ci faccia un'etichetta rossa e ci scriva 2011, e che mi dia una smossa e che cominci. Daccapo.
05 gennaio, 2012
La Chiesa.
L'ho vista spesso, di sera. Ero nel coro, perciò, già dai primi di novembre, col freddo, la nebbia spessa, le sciarpe e il loden, ci si ritrovava lì, per le prove di Natale. Son sere che non si dimenticano. Così come non dimentico l'odore che hai questa chiesa, che non è vero che son tutte uguali. Incenso, sì, forse, ma anche legno di banchi lucidi, sempre gli stessi, l'acquasantiera di marmo, i particolari che sai e che cerchi per dire Ecco, Sono Proprio Qui. Qui ci son stata miliardi di volte anche di giorno, ovvio, e ricordo quel giorno sempre, certo, a dimenticare ci si prova ma non è che riesca bene. Manco da questo posto da trent'anni suonati e fa paura a dirlo ma è così. Eppure, è da qui che vengo, lo dico sempre, è a questo posto che appartengo, a queste strade, a questo campanile tondo, inusuale, a questo muretto della latteria che ieri sera avrei voluto fotografare e portare via, ma che scema, mi sarei detta per tutto il viaggio di ritorno, sei donna fatta e fotografi le cose come una ragazzina. Ieri sera ero alla chiesa del mio paese, a dire una preghiera a una signora che non c'è più, parente ala lunghissima ma volevo esserci, per mille ragioni. Per abbracciare l'unico zio che mi è rimasto, che ancora mi chiama col nomignolo di quando ero bambina e che mi guardava con gli occhi smarriti, Vai Piano Tornando a Casa. Non faceva così freddo, nemmeno c'era le nebbia e la piazza della chiesa è sempre stato un posto che ho adorato, dopo la messa della domenica mattina, o nei pomeriggi di maggio, sui gradini con la Cristina e la Silvia, perchè qui si mette l'articolo davanti ai nomi, e il mio vivere in città me lo ha fatto perdere per poi riprenderlo in automatico appena passo il casello dell'autostrada. Chissà perchè. La mia chiesa è questa qui, forse qui mi ci sarei anche sposata se fossi rimasta, o forse avrei scelto quella più piccola del paese di mia madre, chi lo sa. La vita, le cose, hanno scelto per me. Io qui son diventata quella che sono, non so, forse avrei potuto far meglio ma è tutto quello che son riuscita a fare. Che bella la chiesa di sera, o forse è bello solo pensare a quel che ero quando ero qui, anche a quel giorno tremendo e scolpito, alle persone che ho amato e che sono qui, ai miei amici più cari perchè nessuno al mondo mai mi è stato più caro di loro. Pensieri confusi, una preghiera e una chiesa, la sottile impercettibile nostalgia che ancora mi prende quando vengo qui, la Bea che c'è sempre, e quel mio zio triste che abbraccio, tranquillo, sono andata piano, tornando a casa.
03 gennaio, 2012
Canestrelli.
Dopotutto, son bei giorni, lassù, nella Casa in Collina. Il vieni e vai, le transumanze varie, amici in visita, l'albero ancora illuminato e nessuna, nessunissima intenzione di disfarlo, ancora, da che mondo è mondo l'albero si disfa dopo l'Epifania, quando i ragazzi son già fuori per il primo giorno scuola, durissimo il primo giorno dopo le vacanze di Natale, e di certo il tempo non aiuta, se va bene nevica, se va male c'è una nebbia della forca, e allora dei musi, ma dei musi. Dopotutto, bei giorni, ancora vacanza, infatti non tolgo niente di Natale perchè così la vacanza sembri duri di più, e sembra che ci siano ancora mille e mille giorni prima di ricominciare. Intanto ci si coccola con piccoli lussi, le solite colazioni un pò lente, si è rimasti senza latte due giorni fa e si è andati in pigiama al negozio dello stradone, tanto, era ancora un pò buio e da qui a laggiù non si è incontrato nessuno. In macchina, ovvio, mica mi prendo una ramata di gelo così, la mattina presto. Quel che è certo è che quest'anno zero propositi, zero promesse, zero pianificazioni, zero di zero. Vada un pò come deve andare, alla fine, tanto è uguale. Mi bevo a piccoli sorsi questi primissimi giorni del duemiladodici, vediamo un pò se i Maya ci hanno preso oppure no, in fondo non ci penso, non me ne importa, sono giorni belli, zuccherati come canestrelli, chissà come mi è venuto in mente ma mi piacevano un sacco i canestrelli, da piccolissima, avevo una zia a Genova che me li portava spesso e li faceva anche, e io ci leccavo via lo zucchero a velo prima di mangiarli e lei mi guardava male e mi diceva che non si faceva così, che non stava bene, che guardassi mio fratello come era educato e composto, tanto che lui ce lo portavano a prendere il thè, con i pantaloni di vigogna al ginocchio e il pullover a V, che avrà avuto 7 anni e io ero una mocciosa di nemmeno 4 ma già la sapevo lunga e mi era già chiarissimo che la cosa migliore dei canestrelli è lo zucchero a velo che c'è sopra. Voglio giorni così, giorni fatti a canestrello, son diventata grande, educata e composta la sono anche io, e voglio tonnellate di zucchero a velo sopra ai miei giorni che verranno, son grande è vero, ma mica son cambiata e lo zucchero a velo dai canestrelli lo tolgo allo stesso modo. Solo, adesso lo faccio con più grazia, impercettibilmente, appena appena. Mestiere che entra.
31 dicembre, 2011
Mutande rosse.
Manca poco, alla fine. Di certo, non lo tratterrò questo anno 2011. Non mi è piaciuto come è iniziato, come è continuato, o meglio non so se ricordo adesso solo i momenti che mi hanno fatto fare una smorfia di disgusto, e se ho rimosso quelli che invece mi hanno fatto ridere e sorridere e gridare di gioia e ballare intorno al tavolo come faccio spesso quando sono contenta. Non saprei che augurio farmi. Ne ricevo un sacco, a qualcuno rispondo a qualcuno no, che senso ha farmi gli auguri di buon anno se per tutto l'anno nemmeno mi hai detto ba? Rimane il mistero, E' una bella sera, sembra proprio Capodanno, c'è la stessa atmosfera ogni anno. Ieri, un gruppo ristretto di fidanzate ha presenziato al desco di famiglia, non che sian cose ufficiali, ovvio, lo dico sempre, è sempre un piacere conoscere le fidanzate dei miei figlioli e lo dico anche a loro e loro, belle fra le belle, mi guardano con un sorrisino di circostanza, vorrei proprio indovinare quel che pensano ogni volta, se mi mandano all'inferno o cosa diavolo. La luce del bagno si è accesa e spenta un migliaio di volte, è stato tutto un fiorire di piastre e trucchi e smalti e cose, e non c'era nemmeno la Princi, impegnata in una festa in una collina poco distante, c'è stata anche una seduta di parrucchiere, dacchè il Liceale ha voluto festeggiare il Capodanno tagliandosi quasi a zero i boccoli biondastri, coadiuvato in tale scempio dalla sua scellerata fidanzata. Alla fine, in una nuvola di lustrini anche l'Ingegnera, fasciata in un abitino da sirena, capello liscio e tacco mille ha cinguettato Sono Pronta all'Amato, in attesa da un pò in ingresso. Docciati, profumati, luminosissimi sono usciti tutti verso il 2012, verso la sera bella che sarà, verso il bel profumo di aspettativa, di speranza, di quel velo di malinconia leggera che assale sempre un pochino ogni fine d'anno, appena appena, se non ti sentissi così sarebbe una festa come un'altra. Così, mi accingo anche io a festeggiare. Bollicine in frigo e calici rossi, acquistati per pochissimi euro e che fanno un figurone, dacchè i miei calici di cristallo han proprio fatto una brutta fine. Si starà a casa, forse amici in visita pastorale più tardi, magari un giro nel buio, a vedere i fuochi dei paesi vicini, ma forse nemmeno li faranno, chi lo sa.
E adesso gli auguri.
Non auguro pace e prosperità e serenità, perchè quello lo fanno tutti.
Auguro invece mutande rosse.
Perchè se stasera si ha avuto voglia di indossarne un paio, vuol dire che si ha l'anima leggera e che si ha ancora voglia di giocare un pochino, nonostante tutto, nonostante il mondo, la vita, i magoni e le grane che ce ne sono a tonnellate in ogni casa, in ciascuna famiglia, e non ce n'è nessuna che si salvi.
Mutande rosse, a tutte, e magari un rossetto feroce, un pò di lustrini sparsi, come quelli coi quali mi ha cosparso l'Ingegnera appena prima di uscire, sempre cinguettando, con l'Amato e un Fratello.
Auguro un cesto di arance sul tavolo della cucina, delle lenzuola fresche di bucato, un piumone caldo e un bel libro sul comodino, anche già letto, da riprendere ogni tanto, da sapere un pò a memoria. Fa sentire meno soli.
Auguro un bicchiere di acqua fresca, buona come quella che si beve di notte, quando dormono tutti.
Auguro delle cose belle, dei bei film, auguro di trovare nei saldi il vestito che vi piaceva tanto e che costava una barbarità. E che sia della vostra taglia.
Auguro delle belle mattine, con la colazione già pronta, e magari i croissant nel forno, che se una non ha sbatti di prepararli con tutti i crismi, li vendono nei tubi al supermercato e sono buonissimi. E fanno la casa di un bel profumo caldo che fa famiglia.
Gli auguri che faccio a me sono segreti e silenziosi, sono così fragili che ho paura a dirli e allora sto zitta.
Solo, mi auguro di non aver sempre meno giorni in cui l'unica cosa che mi riesce bene e che ho voglia di fare è sistemare il cassetto dei cucchiaini o quello della biancheria.
Già, a proposito di biancheria...
E buonissima sera.
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