17 agosto, 2006

Da non perdere.


Finito di leggere da mezz'ora. Bello. Bellissimo. Mi ha intenerito e commosso, anche se ho dovuto tornare indietro più di una volta per capire per bene i complicati meccanismi delle fusioni fra multinazionali. Da comprare. E adesso mi assale quel sottile, impercettibile smarrimento che c'è sempre, quando si è finito un libro. Una specie di malinconia infinitesimale, spray, ecco, che non è che uno è proprio triste però qualcosa gli manca, e si dice e adesso, che cosa leggerò? Non lo so. Non ancora. Ho un'Amica Preziosa, esperta in materia, che mi fa recensioni a raffica, via sms: ho qualche titolo, vedrò. In questo tardo pomeriggio, che gli ospiti sono tutti partiti e tutt'intorno un assurdo silenzio che faccio fatica a crederci, che è la primissima volta che sono da sola in questa casa, che oggi uno dei miei figli compie sedici anni, che stamattina pioveva ma adesso c'è il sole, oggi, metà agosto, mi domando quanto stia bene da uno a mille. Duemila, si può dire?

15 agosto, 2006

Fragole di Ferragosto.


Sfido chiunque. Ma che razza di festa sia, mi sa che nessuno lo comprende per bene. Sagra dell'Ombrellone, della Tetta Rifatta, dell Tutto Compreso, del Gavettone, della Spiaggia fino al Mattino. Festa Nazionale del Muscolo Tatuato, dell'Infradito, delle Code in Autostrada, della Lite per Un Parcheggio. Inutile, comunque. Effimera e un pò demodè. Senza significato alcuno e senza grandi contenuti. Da inserire nell'Augusto Elenco, insieme a Carnevale, Capodanno, Festa della Donna e affini. Da eliminare, assolutamente.

13 agosto, 2006

Via col vento.


No che non è la California. Coste sarde, un giorno di metà agosto, 35 nodi di maestrale. E t'ho detto tutto. La meraviglia? Molto, molto di più.

12 agosto, 2006

Controcorrente.


Sono arrivati. Il popolo dei ferragostani, l'esercito Materassino & Bandana, o, a scelta, Bragone e Tatuaggio. Il delirio. A litigare per il parcheggio, per chi è prima dal panettiere, ad assaltare bancarelle e negozi. Guardarsene bene. Scegliere con cura l'ora in cui effettuare gli spostamenti, sia per il fornaio, sia per l'acquisto di quotidiani e affini. Con precisione chirurgica, si saprà quando è ora di raggiungere o lasciare la spiaggia, e quale spiaggia, ovvio. Intorno alle 15, quando il pargolo è bello rosolato e il genitore non ne può più della quindicesima partita a racchettoni, che già ha preso un'insolazione e comincia a sentire un certo qual appetito, e forse, anche un pò di nostalgia per il suo ufficio del centro, dove almeno non deve gestire la suocera, e poi, tutto 'sto vento lo ha già un pò rimbambito. Si riederà alle proprie case intorno alle ore 20, che il popolo degli alberghi è già rientrato pronto per la doccia e la cena fissata alle ore 19, non un minuto di più, con le signore bell'e apparecchiate, un velo di fondotinta che ancora il sole non l'hanno preso per bene, il sandalino comprato all'uopo, il pantalone candido che tira appena un pò sul sedere e una borsettina da sera, che andrebbe bene per la Scala ma che alle bancarelle di Palau, diciamolo forte, non è granchè. Si sceglierà, per il pomeriggio con 30 nodi di maestrale, una stradina non proprio frequentatissima, anzi, sconosciuta al Popolo di Ferragosto, sorpassati soltanto dal Fiorino delle Poste Italiane e dal camion del fruttivendolo. E, lontani dalla Costa, non si cederà al richiamo briatoriano, che pure ogni tanto qualcuna giusta la dice pure lui, niente Gucci e niente Prada, niente clamore, rumore, clacson e cafonaggine. Si sceglie la strada giusta, quella del normale, del semplice e un pò desueto. Una spiaggiona col vento forte, 3 kite e nient'altro, a vedere le orme che lascia il vento sulla sabbia e la schiuma delle onde sugli scogli di Capo Testa. Troppa natura e troppa semplicità. Non starò diventando TROPPO snob? Domani, chiamo Briatore.

10 agosto, 2006

La luna d'oro.

Bellissima e maestosa, un po’ inquietante, a guardarla bene, così bella eppure così’ invisa agli astronomi, troppo luminosa, dicono, rovinerà la festa della stelle cadenti. La luna inganna, a guardarla fa pensare che tutto va bene, così placida e tranquilla e il Libano, l’indulto, Condoleeza e tutto il resto sembrano appartenere ad una galassia che non è questa. La luna è falsa, in fondo da vicino non è che una distesa di sabbia e di sassi, e di terra e di polvere. La luna tace, sui segreti degli amanti, guardala tu che la vedo anch’io, guardala e pensami, guardala e sorridi. La luna finge, di essere buona e accondiscendente, di esaudire desideri e sogni, ma è così stufa di farsi guardare, di sentire poesie e canzoni su di lei, e luna di qua e luna di là. Nonostante questo, io l’adoro. Per quel suo essere sopra a tutto, per dire, sono qua e ci sono da sempre e per sempre, e guardo da quassù le vostre cose, le vostre vite. Sorveglio, illumino, guardo e sto zitta. Non giudico. L’adoro per il colore che ha d’estate, per la sorpresa che mi fa quando d’inverno spunta dalla nebbia, per i giochi che fa col sole, vai via prima tu, no tu. L’adoro perché è sciocca, perché è finta e meravigliosa, perché crede di essere, perché si dà un sacco di arie, perché fa tanto la splendida ma basta una nuvolina da niente e sparisce, in un secondo, si vela e non c’è più. Quella di stasera sarà speciale. Guardarla sarà un regalo, una notte di pace assoluta, di festa, anche. Non so dove sarò. Magari sulla spiaggia, coi figli intimoriti e affascinati da tanta semplice e intatta bellezza. Sarà incredibile, lo so. Avrà l’abito da sera e quella sua aria snob. Avrà qualche nuvola intorno, e qualche stellina che le passerà vicino, con la sua scia lucente. Mi piacerà, lo so. Mi stupirà, lo so. Mi sorriderà. Lo so.

Succede.

Di sbattere la testa, intendo. Di essere attratti in modo irresistibile da una vetrata tirata a lucido, vedendo il mare al di là, e di volare, volare per raggiungerla e dirsi che sì, in fondo non è neppure tanto lontana e ci si mette poco, un paio di minuti, magari. E invece, si và a sbattere. E' quello che è successo all'uccellino in questione. Stranamente, non sono riuscita a dargli un nome. Dopo l'incidente, è andato ad appollaiarsi sulle tende, impaurito, un pò rimbecillito in realtà, senza più il senso dell'orientamento, senza sapere da dove venisse e dove fosse diretto. Succede, certo. Non solo ai pennuti. Succede che magari ti senti un pò stranita, e non sai davvero come possa essere successo, ma la testata l'hai presa anche tu, improvvisa e fortissima, e non sai bene da che parte cominciare per trovare la strada, per tirarsi fuori da lì. Considerando che, appollaiarsi sul bastone della tenda risulta manovra piuttosto complicata ad un umano, ancorchè circense, non resta che trovare una soluzione alternativa. Servirà, alla bisogna, una giornata di mare assoluto, estremo, fino alle 21 ora locale, appena in tempo per vedere le prime stelle di San Lorenzo. E magari, fare qualche piccolo progetto. primo fra tutti, un corso di trapezio senza rete, di equilibrismo, funambolismo, perchè no. Potrebbe servire.

06 agosto, 2006

Se piove, stiro.


Così, a naso, suona come una parolaccia. O un mantra, da non ripetere nemmeno una volta. In effetti, oggi è una di quelle giornate in cui anche pensare il da farsi diventa una fatica, ma una fatica. Sulla tavola sono allineate in ordine sparso, tazze della colazione, focaccia al rosmarino, nutella, prosciutto, frutta fresca e briciole di pane guttiau. Si leggono i quotidiani, la tabellina del 7 per restare in esercizio, un torneo di playstation osteggiato fortemente dalla scrivente. Non c'è altro. Il cielo è indaco chiaro, nuvole e mare ostile. Vento, pochissimo, il che dona un senso di assoluta immobilità a tutta la vicenda. Certo, potrei stirare, lanciando un pensiero irripetibile alla fantesca peruviana che dovrebbe farlo al posto mio. Oppure potrei leggere, ricamare, perdere il mio sguardo oltre il mare, su Guardia Vecchia, pensando a quel che mi va, a chi mi va, alla mia amica che compie gli anni domani, alla lista dei libri che vorrei, le cose che dovrò fare quando rientro. Rientro? Forse, è proprio meglio che stiri. Troppe parolacce, stamattina. Non sta bene.

Roger, il ranocchio.



Bello non lo è. Ma ha un’aria talmente indifesa e piccina ed è così in miniatura, una monetina da 20 centesimi, di un verdino accecante, che fa tenerezza. L’ho trovato per caso, mentre constatavo con aria soddisfatta, i grandi progressi che ha fatto la mia piantina viola, transfuga dal Continente, venuta ad allietare con le sue fogliolone colorate la siepe accanto all’ingresso. Ed è proprio in queste fogliolone che lui, Roger, ha preso casa. Non credo faccia molto, in realtà. Sta lì, accoccolato, pensieroso, con quei suoi occhioni sbarrati che guardano un po’ di lato. Non ha paura. Si lascia guardare, ogni tanto cambia posizione, ma non si muove da lì. Mia figlia, contravvenendo alle più elementari norme igieniche, vorrebbe dargli un bacino. Magari è Un Principe, Mamma. Già. Vai a spiegare che i Principi, quelli veri, hanno figli disseminati per tutto il globo terracqueo, spesso si ubriacano, qualcuno è stato in esilio fino all’altro ieri, ha sparato dalla finestra per il troppo rumore, ha frequentato figliole non proprio illibate, ed infine, qualcun altro è stato testimonial di una marca di sottaceti. Argomento spinoso. Però, l’esperimento del bacio non è male. Magari, una mattina di queste, troverò un tale che dorme beato nella mia siepe. Spero soltanto che non spezzi le foglie della mia pianta. A mantello, corona, foto segnaletiche e tutto il resto, penseremo poi.

03 agosto, 2006

Raccontami.


Le storie che sai tu. Il viaggio che fai per arrivare fino a qui, a sollevare la sabbia e a gonfiare le vele dei kite e a far girare gli aquiloni che vendono i cinesi sulla spiaggia. Raccontami, delle lenzuola con cui hai giocato, le gonne che hai sollevato, le tende che hai fatto ballare con te, le foglie che hai scosso, i rami che hai sbattuto, le finestre che hai spalancato all'improvviso. Dimmi, se è davvero tuo l'odore che sento, di tutte le cose che hai rubato sulla strada, di mirto e di erba e di sale e di mare e di schiuma, anche. Raccontami le cose che sai, le storie segrete di quest'isola, le filastrocche dei bambini, una canzone d'amore. Ascolterò, perchè mi piace come passi, mi piace come mi spettini e mi accarezzi, mi piace il sibilo che fai sotto la porta, il rumore fra le foglie dell'ulivo, mi piace come spazzi il cielo, come fai correre le nuvole e come mi fai sentire. Così, gioca ancora un pò con me, che in questa sera di mare mosso e di cielo di inchiostro, è un vero peccato andare a dormire. Così, raccontami. Ascolterò.

In Costa.


Una volta all'anno, ma sì che si può fare. Si rischierebbe altrimenti di essere eccessivamente snob, ma nell'altro senso. E allora, via, nel tardo pomeriggio di un giorno di maestrale feroce, che tutto vola via, che i traghetti faticano ad attraccare, che il mare è pieno di crestine, si decide una serata mondanissima, a PortoRotondo. Approntata la carovana, preceduti dai ragazzi più grandi che si recheranno, Dio li benedica, ad uno SchiumaParty che ancora ben non ho capito di cosa si tratti, si va. Cena sul porto, un tramonto fra le rocce che fa pensare: ma tutto questo esercito di vip e svip, se ne accorgerà? Insomma, lo vedranno anche loro o saranno troppo concentrate ad allacciarsi il sandalo a stiletto, a strizzare lo short volutamente sfilacciato o a rimirare, pavoneggiandosi da sè medesimi, la canottiera che non ce la fa a contenere un quadricipite grosso quanto una mortadella di Bologna? Ad ogni buon conto, il vero sport di tendenza, come dice la mia amica, è il People Watching. E lì, signora mia, una campionario. Altissimo il tasso di baby sitter, che si ben riconoscano, per carità, non foss'altro perchè accudiscono, in jeans, bimbetti implumi griffati Burberry: perchè mai agghindare un lattante da notaio? Mamme isteriche con look finto etnico, capello biondissimo e liscissimo, col vento di oggi quanto sarà stato il tempo di posa del balsamo? E poi, barche come palazzi, vetrine sberluccicanti, gente bella e gente meno. Ma tant'è. Personalmente mi sono fatta un'idea. Il vero chic è scalzo, è una gonnina impalpabile su un top senza pretese, e una pashmina volata sulle spalle con noncuranza, come se ce l'avesse proprio posata il vento. E' una borsa a quadretti Vichy bianca e rossa, è un costume con le meduse che non sono riuscita a regalare e nessuno dei maschietti della mia numerosa famigliola, è la boutique Fisico chiusa contro ogni scellerata tentazione, è il negozio di Carlo Paveri con servizi di posate a quadrettini da perderci la testa. Direi che per quest'anno, può bastare. Ma un consiglio, dei più semplici a formularsi. In Costa, una sera di vento di inizio agosto, mai prendere la pizza alla rucola. La fedifraga, vola via. Rincorrerla? Non è elegante. Non qui, almeno.

01 agosto, 2006

Luminosa.


E' apparsa nel cielo all'improvviso. Quasi notte, le chiacchiere liquide prima di dormire, dopo un tuffo nella movida di un paesino microscopico, bancarelle e parco giochi. Bellissima e altera, prepotente, anche. Le stelle cadenti se la tirano, questo si sa per certo. Non ti danno nemmeno il tempo di dire Eccola Lì, o di mostrarla a qualcun altro. Sono gelose della loro perfezione, assolute nella loro magica e misteriosa bellezza. Le adoro. Si stà lì col naso all'insù per ore e magari non se ne vede nemmeno una. Poi, senza preavviso, eccola lì, un tratto di pennarello argentato, come a Natale. Belle davvero. Un desiderio? Non saprei. Forse una borsa di culto o un cappottino Fay per l'inverno. Vietato pensare a freddi e a nebbie, adesso. E per molti giorni ancora. Concentrarsi invece sul vento, sul mare verde che c'è, e su questi Astri Altezzosi. Da imitare. Si fanno amare da uno soltanto. Di questi tempi, è la rivoluzione.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...