26 ottobre, 2006

Cavoli, a merenda!


Non capita spesso. Essere da sole in casa è un evento che succede raramente, facciamo una volta ogni sei mesi. Qualche figlio a scuola, qualcun altro in giro, a godersi questo tepore regalato da un autunno di puro lusso. Niente musica. E' piacevole ed inusuale in una casa diciamo molto popolata, fermarsi per un pò e sentire per esempio, le lancette dell'orologio, o il ronzio del frigorifero. E' bello e dà pace. L'ora della merenda in una cucina silenziosa, con le colline di fuori rossastre e gialline, una nebbiolina discreta, un odore di bosco che non si vede, quello no, ma tu immagini e lo sai, c'è di sicuro. Ci vorrebbe un caffè. Io non amo il caffè della caffettiera, trovo che abbia un gusto di pneumatico e in più non mi fa dormire. Compro quelli aromatizzati, dai gusti improbi, a mio parere buonissimi. Diventano un caffelatte. Così, ci si avvicina con passo vellutato al microoonde, si scalda un mug di latte e ci si scioglie un cucchiaino scarso di caffè solubile all'arancia. Ci vorrebbe un'amica. Detto, fatto. Si compone un numero da un telefono inusuale anch'esso, quello con la rotella e coi numeri, che le amiche di mia figlia ancora dicono Che Strano, loro, della SIP, ma che ne sanno. Ci si siede per terra, il telefono in una mano, la tazza nell'altra e si chiacchiera, tranquille, prima dell'arrivo degli indiani. Momenti come questo dovrebbe passarli la mutua. Si beva in letizia questo caffelatte insieme a questa beata pace, che da lontano, mi sa, odo i cavalli. Forse Sioux o Pellerossa. Stanchi, scarmigliati e bellissimi. Ma sempre indiani sono.

Frivolissima.


Sù, sù, poche storie. I blog non si nutrono di piagnisteo, lo sapeva? Si è fatta mica contagiare dal reality virus, Dio me ne scampi e gamberi, signora mia, che io quel Raffaello Balzo lo vedo così sciupato, ma così sciupato che magari uno zabaglione glielo farei pure. Ma secondo lei, ma quanti soldi devono prendersi questi qui, per accettare di trasformarsi da gran bel pezzo di figliolo in una versione, tisica e malconcia dell'ombra di se stessi? E poi, via, quella bestemmiaccia in diretta, ma non si fa così, ma dove andremo a finire, signora cara, ora vado che mi si attacca il sugo e devo tirare la sfoglia. Orbene, si parla di frivolo. Borse, nella fattispecie. Folgorata da quest'immagine non già sulla via di Damasco ma diciamo in Via Sant'Andrea, o Montenapoleone, via, non andiamo tanto per il sottile. Fendi e Moncler hanno dato vita a questa creaturina. materiale: piumino d'oca. Quel piumino d'oca. Celebrato negli anni 80. Che con Timberland, Burlinghton e Nay Oleari ha dato vita all'ormai giurassico fenomeno dei paninari. Un mito. Questa borsa è un mix azzeccato. Chi aveva 20 anni nell'83, era forse un pò grandina per fare la paninara davanti alle vetrine di Burghy. E, alla data, ha abbastanza buon gusto da poter distinguere in tutta scioltezza una Spy da una Kelly, una MammaZucca da una Bagonghi. Qui c'è la Sorbona, bellezza. In fin dei conti questa borsa è bellissima. A vederla viene da stropicciarla e, manco a dirlo, da correre a comprarla. Disponibile da novembre, non si scapicolli, signora, che con questo tempo ballerino le vien la cervicale. E sia un pò più frivola, d'ora in avanti, a nessuno al mondo interessano le sue melense recriminazioni parentali. Se proprio deve, le scriva su un foglietto e le tenga lì. E sul blog, quello che leggono in molti e che le dicono che tutte le mattine è un'abitudine irrinunciabile, scriva dell'altro. Ma, detto fra noi, sto Raffaello Balzo, lei sa chi è? Lui no, ma le sorelle Fendi le cito a memoria. Una per una.

Tutto bene?

La domanda che viene fatta più di frequente, in un luogo qualsiasi, ad una persona qualsiasi è Tutto Bene? Alla qual domanda si risponde, in automatico, Sì e Tu?. Già il solo fatto di rispondere ad una domanda con un'altra domanda implica che non si ha molto da dire o che forse se ne ha troppo. Verrebbe da fare un elenco di tutte quelle cose che in una giornata vanno storte, benino, o non vanno affatto. Personalmente la scrivente sta bene. E' in buona salute, è felice di questo clima che c'è, felice di aver cantato in macchina questa mattina con la figliola più piccola una canzone di 25 anni fa (già, ma come fa l'Infanta a conoscere Vamos a La Playa?). Insomma, bene. Si rattrista però in pochissimi istanti quando si accorge di non contare un fico secco. Di non essere presa in considerazione. Di essere sempre quella che sta bene, troppo bene, che non ha bisogno di nulla, che tanto ho le spalle grosse e ben sopporto, anni di nuoto servono a questo, che cosa credi, mica solo a tornire le cosce e farti un sedere da assicurare ai Lloyds. Ebbene, criptica ed ermetica, come poche volte riesco ad essere, stamattina mi sono sentita triste e un pò abbandonata. Sola, ecco. Le cose mi scivoleranno addosso come ho imparato a fare da qualche anno in qua, anche se, ogni tanto, avrei proprio bisogno che mia madre mi chiedesse davvero come sto e se mi serve qualcosa, si è sempre figlie anche quando si è madri a nostra volta e ogni tanto si hanno cose da raccontare e segreti da sussurrare e chiacchiere da fare e confessioni e consigli da chiedere e pettegolezzi da fare a bassa voce, e risate, anche. Mi piacerebbe. Ma ho imparato per bene, ho centinaia di impermeabili invisibili, quelli che si mettono sul cuore e fanno in modo che non ti arrabbi e non ti rattristi, non più di tanto, almeno. E nonostante tutto riesco ancora, con intonata eleganza, a cantare in macchina alle 8 del mattino. Non è poco.

25 ottobre, 2006

In equilibrio.

Facendo bene attenzione a non scivolare. mantenere una specie di controllo, un'energia per non farsi girare la testa, per resistere alla tentazione fortissima di stare lì, un pò nascosta, a fare solo cose che non servono a niente, ghirigori distratti su un foglio di carta, il mento sul pugno, alzando la testa di quando in quando e solo per vedere che ora è, non già perchè interessi, ma per cambiare posizione. Si potrebbe stare così per ore, inseguendo dei pensieri disordinati e senza nè forma nè colore, senza inizio nè fine, cosa farò per cena, chissà dove ho messo quella maglia, devo comprare la sabbia del gatto. Non sono bei momenti. Ci vorrebbe un tagliando per rimettere tutto a posto, bielle e pistoni e ingranaggi di un cervello, qualche volta, ne hanno bisogno. Il tempo non aiuta, ma non ci si illuda troppo, sarebbe lo stesso anche col sole a picco e quel vento profumato che adoriamo. Ma si deve fare. Perciò ci si sforza un pochino, che un pochino è un eufemismo, e ci si tira sù, si fanno le cose di sempre senza voglia e senza poesia, si sorride a fatica e ci si domanda per quanto durerà. Di solito non molto. Basterà poco per guarire. Non l'aspirina, giacchè siete allergiche, non la citrosodina. Qualcosa succederà. E adesso, forza, andare si deve, che di ghirigori su quel foglio, non ce ne stanno più.

24 ottobre, 2006

Il frullatore.



Non è mistero. Vorrei comprarmi un frullatore nuovo. O un robot da cucina o un impastatore o uno modello Alì Babà che faccia tutte queste cose insieme e che all’occorrenza dia anche il bianco alle pareti e stiri i fazzoletti. Lo desidero. Ne ho bisogno. E già sto facendo qualche giro di ricognizione e raccolta informazioni presso le mie amiche, più addentre, ancora per poco, bellezze, all’affascinante universo della cucina home made. Quello che non volevo era, nel frullatore, di finirci io. E’ quanto mi è successo questa mattina. Capita che uno si sia svegliato in una qualunque mattina a scelta, si sia fatto una bella doccia rigenerante e preparatoria, e lì, sotto il getto trepidino, avesse ripassato mentalmente tutte le cose, non poche, signora mia, non poche, da portare a termine non già nell’intera giornata ma nell’ancor più breve lasso di tempo che copre la sola mattinata. In linea di massima non erano le solite 15 da compiere entro la una, diciamo soltanto sei. Peccato che, alle ore 8 e 40 erano già diventate quarantacinque. Nessuna preventivata, nessuna preparata. Bel colpo. Sicuramente c’è di peggio, la miniera, per esempio, o le piantagioni di cotone. Però, arrivate le 13 uno si chiede se e come arriverà all’ora di cena. Ci si consolerà. Del fatto che l’attività rende scattanti e pimpanti, tonifica chiappe e cervello, non permette ai neuroni di addormentarsi sbadigliando annoiati. E poi, comunque, la doccia di stamattina a qualcosa è servita. Saremo pure state frullate dagli eventi non previsti, avremo fatto la spesa a razzo che è finito il detersivo della lavastoviglie e non se ne era accorto nessuno, saremo anche andate a sentire dai professori del liceo che il tuo figliolo, miracolo, sembra aver messo la testa a posto, e tu non hai avuto cuore di chiedere se per caso si stessero confondendo, avremo gestito 3 o 4 grane noiosissime, ma avremo fatto tutto ciò e un centinaio di altre corbellerie, avvolte in un aurea di frutti di bosco che ci ha reso invitanti e appetitose come un cesto di more di gelso. Che, se ci annusiamo il braccio, un po’ si sente ancora. Cose da non credere.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...