13 dicembre, 2006

Al mio segnale...


...scatenate l'inferno. E via, con la danza dei regali e del traffico e del parcheggio che non esiste e della voglia che in fondo, tutto passi prima ancora di cominciare, se non fosse per i bambini, già, i bambini, anche quelli più cresciuti, che ai piccoli c'è già qualcuno non autorizzato che dice che Babbo Natale non esiste. Scatenate l'orda incontrollata di renne e zampognari, e suonatori di strada e mendicanti e furti e signorine in tailleur a far pacchetti d'artista e vetrine precise, con la neve e i fiocchi e nessun simbolo, per carità. Scatenate i vostri ricordi più segreti. Quando i doni li portava un Gesù Bambino biondo e scalzo, con la vestina candida e i ricciolini. Quando l'albero di Natale dell'8 dicembre era vero e profumava di pigne e di umido, e aveva la punta rossa e le palline di vetro, che si si disintegravano se cadevano. Quando la Vigilia si andava a messa a mezzanotte, il freddo polare e tu, bimbetta, stranita di vedere la piazza e la chiesa e tutta la gente ad un'ora così insolita, per te. Quando si invitavano gli zii da Genova, i cugini e tutti a tavola a fare festa, l'arrosto e l'insalata russa, e quel panettone conservato come una reliquia fino a quel giorno. Ora è tutto consumato più di fretta. Volendo, però, si può continuare a rispettare le tradizioni. Con qualche piccola differenza, ahimè. Il calendario dell'Avvento si compra da Muji, e dentro ci si mettono le frasi delle canzoni che ci piacciono di più. E il panettone, beh, si fa fatica a non comprarlo, dato che si avvista nei negozi già dalla fine di ottobre. Sforziamoci di fare le cose più semplici che si può, di non spendere cifre ingenti in assurdità, di guardare e non toccare, per non essere anche noi catturati dall'ingorgo, dall'inferno che si scatena ogni anno, nostro malgrado. Riproporre un Natale come i nostri, quelli che vivevamo da piccoli, potrebbe essere una soluzione. Farò così. Tutto il più semplice possibile, normale, sentito, se si può. E se proprio vorrò scatenare l'inferno, stasera, Il Gladiatore è alla Tv. Non male come programmazione, la sera di Santa Lucia. Ma io, chevvelodicoaffare, stasera, sarò al corso di cucina. E l'inferno, cara la mia signora, lo scatenerò laggiù.

11 dicembre, 2006

La luna è un sofficino.



Che strana forma, la luna, ieri sera. Ci ha seguito in autostrada, fino a casa, in una sera spazzata da un vento discreto, le stelle d'inverno, i paesini illuminati come manciate di porporina sul velluto nero. Che bella la luna, ieri sera. Un sofficino gigante, sembrava stesse per cadere, a pancia in giù, e ti veniva voglia di raccoglierla, fare una conca con le mani come quando si beve nei ruscelli, per non farla cascare. Amo la luna, lo sanno tutti, oramai. Mi incanto spesso, la fisso, la studio, ci parlo, qualche volta. E' bella ed elegante, furba e maliziosa. Guarda, luna, i miei giorni di adesso che vorrei fermare. Ascolta, luna, i miei segreti e le mie preghiere, le filastrocche a memoria e le canzoni sbagliate. Raccontami, luna, le cose che sai, i misteri del mondo e le cose che vedi. Farò lo stesso io. Guarderò la tua forma cambiare, mi mancherai quando non ci sarai e ti accoglierò felice, quando ti vedrò spuntare, di nuovo, una lunetta d'oro che si vede appena. Ascolterò, le parole che sai dire anche stando ferma lì, non so se hai dei segreti ma certamente ne custodisci molti e allora tienili e non dirli a nessuno, nemmeno a me. Ti terrò vicina nei viaggi come ieri sera, servirà a illuminare la strada troppo buia, a sentirsi più al sicuro, più sereni e meno soli. Che bella luna, ieri sera. Una luna perfetta e a metà, di una forma strana e di un colore dorato e magnifico, una luna così carina e buona che nemmeno si offende se le dico che somiglia a un sofficino.

10 dicembre, 2006

La patente.


Ho promesso a me stessa che il prossimo Babbo Natale che vedo arrampicarsi ad una finestra, penzolare mestamente da un balcone o intento a fare free climbing in una vetrina, giuro, lo libero. Presidentessa ad honorem del CLBN, Comitato Liberazione Babbi Natale. Li trovo tristi, scontati, e decisamente, troppi. Visti dovunque, in questo primo assaggio di vacanze natalizie, il ponte dell'Immacolata, quando si comincia un breve giro di ricognizione in centro, per vedere le lucine, le vetrine tirate a lucido e per immergersi un pochino in un'atmosfera natalizia, come da tradizione. Almeno, si tenta. Personalmente, quest'anno regali in controtendenza, tutti home made, o quasi. Ovvio che non posso svelare l'arcano, molti destinatari dei suddetti pensieri leggono qui, e allora addio sorpresa. Eletta per un giorno Gran Visir delle Feste Natalizie, oltre a slegare tutti i Babbi rampicanti, sottoporrei i cittadini ad un piccolo Esame di Addobbo. Chi non ha i requisiti, metta unicamente la scopettina scacciaguai alla porta, e fine. Ma a quel signore che in giardino ha messo due renne luminose, tre angioletti con la tromba, l'albero intermittente, la slitta, due campane e sei comete, consiglierei in bel modo di ripassare il manuale. Poco, elegante, discreto. Magari un pò zen. E se poi devo anche spiegargli cosa significa zen, siamo propio malmessi, signora mia.

07 dicembre, 2006

Cooooosa?????


Son strani giorni. Si incontra un sacco di gente a zonzo per la città, quelli che non vedi mai o quasi. Ci si sente in dovere di chiedere come stai, come va, tutto bene, a casa, i ragazzi, insomma, quel rosario di domande che non aspettano necessariamente una risposta, ma che van fatte, si sa. Chi mi conosce almeno un pochino sa che non son usa a questo tipo di finte domande, men che meno alla finte risposte. E questo, non me lo si perdona. Oggi mi è quasi preso un colpo. Non mi hanno fatto la solita solfa di domande avulse, ma una sola, più subdola, un tantino sadica, a parer mio. "Sopravvivete?" Che cosa? Sopravvivere a che? Le mie non rudimentali nozioni di lessico mi fan ben intendere che si sopravviva alle carestie, alle guerre, alle inondazioni, alle epidemie di colera, di spagnola e di peste bubbonica. Star zitta non so. E sfoderando il migliore dei miei sorrisi, quello che mette così bene in evidenza i miei denti un pò storti ma così carini (!), mi sono guadagnata da questo personaggio un abbonamento alla dannazione eterna, una maledizione così su due piedi, un panettone farcito di invidia cosmica, spiegando in tutta scioltezza che non sopravvivo affatto ma vivo, splendidamente e felicemente, e sorrido e canto e ballo se mi va, e parlo con gli sconosciuti alla Posta, e mi complimento per il foulard a pois dell'impiegata, che non prendo l'ombrello perchè mi piace la pioggerellina sottile che sembra un pò nebbia e un pò neve, perchè faccio una marea di cose che mi piacciono e che è il segreto della felicità, che sono stata contenta che oggi, tornando a casa, mio marito aveva finalmente sistemato il camino e me lo sono abbracciato da fargli male in ingresso, perchè mi fa felice sentire quel profumo di legno e di fuliggine che solo i camini danno alle case, e che oggi aspetterò mia figlia e mi farò aiutare a fare l'albero e a mettere in giro per la casa una quantità assurda di renne e candele, che ho visto da lontano la mia casa con le tendine di stelle illuminate e mi sono intenerita a pensare a chi c'è dentro. Ci sono giorni in cui non gira, in cui vorrei essere mille miglia lontano, e giorni, come questo, che farei capriole e giravolte, con le persone che mi amano e che amo, che tutto mi sembra bello e semplice e ne farò scorta per quando mi servirà. Io vivo, bellezza, io cammino con le cose che ho, le tengo vicine, mi lamento poco, invento molto, amo da morire, piango tanto e non rinuncio mai. E' il mio segreto. La mia strada nel bosco. Il mio faro nel mare. A sopravvivere, grazie altrettanto, proprio non ci sono portata.

Arrivato!!!!

Eccolo, il mio Pacchetto della Felicità. Grazie a Fiordizucca per aver messo in piedi una simile festa, e soprattutto, grazie, grazie, grazie a loro, Daniele e Pilar di Huevo Blanco, che mi hanno letteralmente ricoperto di prodotti pugliesi. Peperoncini, taralli, la cotognata, un dolce tipico pugliese, cartellate, mi sembra. Mi sembra, sì, perchè la letterina a pennarello rosso, very Christmas, si è un pò scolorita per via del liquido del Kefir che non ha sopportato il lungo viaggio. Ma non temete, è tutto in perfetto stato, oggi stesso sperimenterò questi fermenti, la scatola era un pò fradicia, ma tutto è giunto a destinazione, scartato, festeggiato, annusato e...consumato, dalla mia vorace famigliola. Grazie anche per il mirto, davvero squisito. da non credersi che sia home made. Un abbraccio ai miei nuovi amici e un augurio di serene, tranquille giornate di festa. E ancora, grazie. Di cuore.

06 dicembre, 2006

I chiodi.


Non si capisce. Se sia ansia, rabbia o un attacco estemporaneo di depressione o di esaurimento psicofisico, o di che diavolo: nessuna di queste patologie è così palesemente dichiarata, men che meno motivata, insomma, è tutto a posto, va tutto bene, e sono le frasi da non dire mai o dire sottovoce, appena appena, per paura che una tegola qualsiasi, un bel vaso di gerani, ti cada all'improvviso sulla testa. Quel che c'è è che è fastidioso. Anzi, di più, ti fa stare proprio male. Ti svegli e controlli, dal letto, se sia tutto in ordine, dunque non sono raffreddata, non ho mal di gola, testa, denti, pancia, stomaco, le gambe rispondono, le braccia pure, ci vedo e ci sento. Per il resto, un delirio. E' difficile da decifrare, da spiegare, persino, al cospetto del dottor Balanzone, o il Dr.House, magari, cosa si sente? Già, cosa mi sento? Mi sento che non mi sento. Di uscire fuori di qui, me ne starei seduta su questa sedia, davanti alla tazza vuota del caffelatte, le gambe raccolte, le braccia intorno alle ginocchia, come ad abbracciarmi da sola, lo faccio spesso quando mi sento un pò persa, da sempre, me ne starei a guardare fuori il ciliegio che ha perso le foglie, la casa del pettirosso, le ortensie violacee, l'erba un pò ghiacciatina, l'avulso rosmarino e l'acero che si è vestito di rosso, per farmi piacere. Ma non serve. Pioviggina un pò, anche se il pò non serve, se pioviggina, lo fa e basta, senza un pò. Vorrei un acquazzone. Di quelli coi goccioloni, che fanno tac! sulle piastrelle del terrazzo, e allora sì, uscirei fuori, e guardando in sù spalancherei la bocca, come fanno i bambini con la neve, per vedere se la pioggia rabbiosa riuscisse a lavar via i chiodi che ho piantati proprio qui, quasi sul cuore, occhio e croce. E così. Qualcosa mi verrà in mente, durante la giornata. Se il sintomo persiste, consultare il medico. B B B B Barilla Batitstuta Balanzone...Balanzone....ma dove troverò il numero, accidenti?

03 dicembre, 2006

Ode al panettone.


Direi che è il momento giusto. Appartengo a quel plotone di persone che non aspetta la sera della Vigilia per assaggiare una fragrante fetta di questo prodigioso dolce natalizio. Anche perchè, è vero che la tradizione va rispettata, ma avere un panettone sul tavolo fa già Natale un mese prima e poi, diciamolo francamente, c'è qualcosa di più trasgressivo e paradisiaco e certamente caloricissimo ma assolutamente celestiale di una fetta di panettone intinta con abilità e mestiere in una fumante tazza di caffelatte? No che non c'è. E' stata la nostra colazione di questa mattina, infatti. Fuori una nebbia della forca, dentro, in casa, sul tavolo della colazione già vestito a festa, coi tazzoni a fiocchi di neve e i piatti rossi, la morbidezza sorniona di Messer Panettone. Un mutuo, praticamente. Si può consumare la propria porzione, una fetta sottile, per carità, che già sono a dieta e che è meglio non esagerare in vista di aperitivi, merende, cene e cenoni delle feste. Poi, però, si comincia a raschiare con indifferenza, chiacchierando, la parte della nostra fetta rimasta attaccata al corpo principale, si aggiunge un candito, si pizzica un pò di uvetta. Si continua a parlare, distratti e tranquilli, si raschia per bene la carta marroncina, si raddrizza la fetta, vorrai mica lasciarlo tagliato tutto storto, non sta bene. A piccole rate, a tasso variabile di pasta e canditi, di uvetta e crosticina, la nostra fettina diventerà una fettona, di quelle che potremmo stare digiune per tutta la giornata, e non saremmo comunque denutrite. Il Panettone, si sa, è un vero gentiluomo. Non lo dà a vedere. E sì, abbiamo accumulato 1350 chilocalorie, ma lui, morbido e incantato, profumato e festaiolo, continuerà a lasciarci credere che la nostra era solo una fettina, lasciandoci ignare e soddisfatte. Per un mutuo così, dove devo firmare?

02 dicembre, 2006

La Signora della Lampada.


Vabbè, è andata. Alla fine, il giovane Holden è ritornato a casa, stampellato, gli occhi segnati, pallidissimo. Un pochino sofferente. Certo, non è cosa da nulla, lo sento raccontare ai fratelli ammirati e inorriditi, strane pratiche di tendini e ossa, e drenaggi e tubicini, e iniezioni sottocutanee che la medesima ha dovuto effettuare, armata di coraggio, dacchè il mio sposo se l'è data a gambe. Sì, è toccato a me. Che sono ansiosa è notizia vetusta. E anche apprensiva, agitata e vagamente psicopatica. Così, le scene per fare al piccolo unversitario la suddetta puntura nella pancia, signori miei, mica nel sedere, erano doppie: le sue di lui, che doveva riceverla, le mie di me, che dovevo farla. Insomma, il delirio. Ho respirato profondo, preparato con cura l'aggeggio (che c'è da preparare, son siringhe già pronte, un gioco da ragazzi), preso tutto il coraggio di cui dispongo e zac!, l'iniezione è stata fatta. Ne deve fare 21. In casa mia, Natale In Casa Cupiello è una recita scolastica, in confronto. Ho fatto l'infermiera tutto il giorno. Spremutine, biscottini, aggiustatura di cuscini, sento se hai la febbre, ma ho avuto il crociato, mica la polmonite. Lui, dolorante. Ma tranquillo. Sarà un pò il principe di casa, in questi giorni. E oggi, sua sorella la Princi, per intrattenerlo, gli ha fatto scrivere la letterina di Natale. E' stato discreto, seguendo il mio consiglio. Giacchè cammina deambulando in malo modo, ha bisogno di un nuovo paio di scarpe. E la rieducazione, come fai a non saperlo, riesce molto meglio in scarpe Prada. Suo padre mi ha fulminato con gli occhi. Ma io, che son più furba di una faina, ho retto il suo sguardo. Sono o non sono Florence Nightingale ? Non osare contraddirmi, bellezza. Sulla Croce Rossa, non si spara.

01 dicembre, 2006

Glitter.


Mi chiamano Gazza Ladra. Mi piacciono i brilli, i lustrini, le cose che luccicano. Le scarpe che splendono, i trucchi che illuminano, gli orologi impossibili, con il quadrante pieno di polverina argentata, che devi scuotere per vedere l'ora, e sembri un pò pazza Che Ora E'? e tu lì a dare colpetti sul quadrante per vedere le lancette. Mi piacciono i brillini sugli occhi, anche in pieno giorno, è una specie di magia, che copre le cose di tutti i giorni e le fa diventare un pò speciali, diverse, più belle, di sicuro. Mi piacciono le penne che scrivono in glitter, ci ho scritto lettere e auguri di Natale, le ho di mille colori, viola, in sovrannumero. Il brillio mi fa sentire bene, in ogni momento dell'anno e con qualsiasi temperatura. Col freddo, scalda. E' salutare. Permette di iniziare un fine settimana che sa un pò di festa, domani riede dall'ospedale il giovane Holden, saremo lì tutti a coccolarlo e a farci raccontare la sua mirabolante avventura.Il brillio ti fa sentire una diva anche se hai una faccia stanca, inespressiva e color sogliola, come dire, la tira sù. Una passata di terra sberluccicosa, un gloss da Fata Turchina e il mondo ti sembra già un luogo meno buio, i sorrisi più luminosi, il sole più brillante. Questo Primo Dicembre duemilasei non poteva cominciare meglio di così. D''oro e d'argento. Glitterato. Brillantissimo, anzichenò.

30 novembre, 2006

Figlio del cuore.


Sì lo so che non è niente e che lo fanno tutti i calciatori. E che nemmeno gli faranno l'anestesia totale e che non sentirà male, me lo hanno ripetuto in mille, solo un pò di fastidio dopo e la lagna della riabilitazione, il tutore eccetera. Un intervento al legamento crociato, soprattutto se fatto da un luminare, oggi rappresenta un inghippo paragonabile all'estrazione di un dente suppergiù. Ma non è questo. E' che io non distinguo. Il mio cuore non distingue. Che di figli ne ho avuti tre e ne ho vinti altri due, e che questo, questo qui che ha 21 anni e mi abbraccia stretto come ne avesse 7, come quando era un bimbetto sdentato che non sapeva se guardarmi con ammirazione o con sospetto, quando gli insegnavo a disegnare le fragole coi puntini, nei week end in cui stava col padre e quindi con me, questo ragazzo che è un uomo, oramai, che studia da ingegnere e che si siede in cucina a parlare con me, che mi chiama Là e che racconta, non molto in realtà, ma che so da come apre la porta se qualcosa gli è andato storto, questo figlio acquisito che non è un "astro", suffisso bandito nella nostra famiglia, che mi dice Parla Tu Con Papà, e mi scrive nei post it Grazie e io ci piango come una scema, che conservo ancora quella melanzana salterina che mi ha regalato per la festa della mamma dieci anni fa. A lui, che stamattina ho fatto ridere sulla porta con le mie stupidaggini alle 6 del mattino, che aveva un pò paura ma non lo dava a vedere, ma sa che io so, a lui vorrei mandare, adesso, il più stretto dei miei abbracci, quelli che scaldano e danno coraggio, anche se è grande e sa che non è niente e che domenica sarà già qui, a casa, a casa sua. Non sono sua madre, ma da undici anni è come se. Il cuore non distingue, se i figli vengono dal cielo o dal mare. E i figli del cuore, col cuore, lo sanno.

29 novembre, 2006

Il cappotto di astrakan.


Maccerto, non è mica di astrakan, non sono mica scema, e poi, sotto il sole turco, ma mi volete dire chi se lo mette l'astrakan? Era solo così, per vezzo, perchè mi sembrava un bel titolo, rubato alla storia della cinematografia italiana, e per giunta, girato a Pavia, la città dove sono nata. Ma passiamo oltre. Vi era mai capitato di vedere un papa col cappotto? A me no. Certo, fa la sua figura. Da che mi ricordo, e io di papi ne ho visti 4, da Paolo VI in giù, passando da Papa Luciani e giungendo a Woiytila, per poi approdare a Ratzinger, nessun pontefice aveva mai osato tanto. Avevano il loro bel vestitino candido, magari osavano un cappellino o una giacca a vento quando erano in vacanza, ma nelle visite ufficiali mai. Si vede che non ho guardato bene. E dire che io della figura papale ho sempre avuto un pò soggezione, da quando, giovinetta e militante di Azione Cattolica, mi sono recata in visita alla Basilica di San Pietro e ho incrociato gli occhi di Paolo VI, che passava nella navata centrale e guardava proprio me. Avevo 13 anni, creatura, ed è stata una grande emozione, che ancora ricordo e porto con me. Ho traslato quindi su tutti gli altri la stessa aura di santità, come è giusto che sia, pur non avendoli mai visti così da vicino. Solo Ratzinger all'Angelus, lo scorso anno, nei primissimi giorni del suo Pontificato. Su di lui si è detto molto, ovvio, fatto vignette satiriche e al limite del blasfemo. Io non farò niente di tutto ciò. Mi proprongo solo per un piccolo regalo. A lui, nessuno farà nulla per il Santo Natale, no? Magari padre George arriva con una scatola di cioccolatini, ma, povera Santità, nemmeno un pacchettino da scartare per indovinare che cosa c'è? Così mi è fulminata l'idea che vado ad esporre: una bella sciarpa, fatta ai ferri, magari di un bel rosso ciliegia (rosso cardinale no, non va mica bene, non lo vogliamo mica far retrocedere di grado), che ben si intoni alla scarpina Prada che sfoggiava scendendo la scaletta in suolo turco. Che poi, curiosamente, nelle immagini del Tiggì, si è intravista l'interprete ed era proprio lei, Serra Yilmaz, l'attrice turca preferita da Ferzan Ozpetek, quella de le Fate Ignoranti e La Finestra di Fronte. Ma non divaghiamo. Eravamo rimasti alla sciarpa rosso ciliegia. Secondo me sarebbe gradita al Pontefice. Con tutta quell'aria che si prende da quella finestra, signora mia, con tutte stè bronchiti che ci sono in giro, non sarebbe meglio si coprisse un pochino, il nostro caro Benedetto? O, in alternativa, se l'idea della sciarpa fosse troppo come dire, plebea, si potrebbe ricamare su una tovaglietta di lino per le colazioni,il suo nome, abbreviato però, che per intero è troppo lungo e non ho tempo, con tutto quello che ho da fare. Basterebbe "Ben". Come dice? Ricorda troppo la Petacci? Meglio di no, allora. Non mettiamoci nei guai. Facciamo così, firmo anche io il bigliettino di Padre George e chi si è visto si è visto. Speriamo solo che la cioccolata non gli faccia male.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...