27 gennaio, 2007

A sei mani.


Lo avevamo deciso da settimane. Solo, non avevamo ancora individuato la sera giusta, con tutti presenti e non via per lavoro, per diletto o dove diavolo. Una cena a sei mani è quanto di più stimolante e divertente possa esserci per movimentare di un pochino le sere d'inverno, il venerdì, per la precisione, che a mio parere ha il titolo di essere il più bel giorno del week end. E' la vigilia della vigilia, si possono fare una serie di progetti e congetture e programmi che nel novanta per cento dei casi vengono disattesi, ma che fa, in fondo il divertente è pensarli, mica farli per davvero. Che poi il sabato ci sono varie commissioni da fare, magari, e la domenica si ozia con classe, si guarda un film, si gestiscono senza troppo impegno compiti e lezioni, si firmano cose, ma poi già col pensiero si è al giorno dopo e tanta della magia è già andata via. Ma il venerdì è qui, intatto e lucido, pronto da vivere. Ognuna di noi ha fatto qualcosa. E vedere arrivare le mie Amiche coi cestini e le patate per i gnocchi, e la pentola del coniglio appena tolta dal fuoco, mi dà un piacere sottile. E' come dire sì, guarda, ho cucinato a casa mia e ti ho portato questa meraviglia, questo trionfo di profumi e stiamo insieme, questa sera, i figlioli grandi in settimana bianca arriveranno domani, qui ci sono i piccoli e i grandi-grandi. Possiamo chiacchierare fino a tardi, spettegolare un pochino, appena appena, programmare un giro in barca a vela tutti insieme la prossima estate, raccontarci qualche segreto e qualche spavento, passato, per fortuna, e qualche sogno, perchè ne abbiamo tanti e metterli in fila sono come perle, tonde e perfette, ed è così bello tirarli fuori, stasera. Abbiamo preparato gnocchi per un reggimento, ma in fondo un reggimento eravamo, siamo sempre e allora va bene. E torte e pane e ragù da rivista e il coniglio che ha mandato tutti in visibilio. Semplice e grandioso. La cena a sei mani necessita per forza di cose un menù non troppo elaborato, una tavola apparecchiata con mazzi e contromazzi, e degli amici. Veri, vicini, di sempre. Niente di più si aggiunga.

25 gennaio, 2007

Chiedi chi era Braccobaldo.



Ci sono volte in cui ci si sente troppo grandi. Un po’ obsoleti, come dire. E tutto quel fantastico bagaglio che è costituito dai nostri ricordi bambini, non è nient’altro che una specie di termometro per capire quanto si è diventati grandi e in troppo poco tempo e quante cose ancora fare e da spiegare e da provare, sperimentare, insegnare. Anche se in fondo si è rimaste un pò oche, ecco. Troppa filosofia, stamattina. Ma ieri, la Princi mi ha sbalordito. Non sono giurassica, sono nata nei primissimi anni 60, dico sempre per tirarmela, figlia del boom economico, con la 500, la lavatrice e le gite fuori porta. E mi è rimasto molto di quegli anni, come a tutti, credo. I miei figli sono figli fortunati, sono sani, piuttosto furbi e, com’è ovvio che dica, bellissimi. Ma si sono persi molto. Per esempio, la TV dei Ragazzi. Cominciava alle 4 e finiva alle 5, se non sbaglio, sul primo canale. Io impazzivo per Giocagiò, una specie di Art Attack che richiedeva in ogni esperimento la famigerata forbice con le punte arrotondate che io non avevo mai. Credo di aver riportato seri danni psichici per questo, insieme alla tristissima vicenda del Dolceforno. Ma tutto questo giro di parole per dire che ieri sera, appena prima di dormire, giocavo con la Princi sotto il piumone, appena prima di quel bacio che accompagna i bambini nel loro viaggio attraverso i sogni di zucchero e di brillantini, che li scorta e un pò li protegge, tra i peluche e il cuscino e il pigiamino coi bottoncini a cuore, e i denti lavati e i capelli spazzolati, e quel vago sentore di borotalco e di inchiostro e di quaderno nuovo che hanno tutti i bambini prima di andare a dormire, che te li baceresti per delle ore, e nemmeno quando pungono di barba e brontolano e un pochino ti respingono perché sono grandi e non si fa più, smetteresti mai. Ieri sera, appunto, cantavo alla Princi “Siamo tutti qui, e tutti insieme, vogliam vedere, Braccobaldo Bauuuuuu!”. Orrore. Chi diavolo è Braccobaldo. Come. Era il mio cartone preferito. Era un cagnetto delizioso, un po’ sfigatello, in realtà, col nasone e la cravatta. Lo adoravo. E tu, Principessina che usi il computer quasi come me, che non riesci a concepire una vita senza telefonino e senza bancomat, e senza supermercato, che i gettoni telefonici non sai nemmeno che cosa sono, che una volta mi hai chiesto se quando andavo a scuola io esistevano già le penne biro, tu, bimbetta quasi decenne che hai un canale tutto per te e che se solo hai voglia di guardare un cartone basta che accendi il decoder e non devi aspettare come noi bambini, le 4 perché inizi il tuo programma, che prima ci sono le previsioni del tempo di Bernacca e dopo Sette Giorni al Parlamento, tu…..mi vieni a chiedere CHI E’ BRACCOBALDO???? Ma hai ragione tu, cuore della mamma. Io ci provo a non farti vivere troppo nel tuo tempo, ti compro Piccole Donne da leggere e ti ho regalato un diario con lucchetto, da scrivere con la penna, e ti ricamo il nome sul grembiule della scuola, dove si va senza lucidalabbra e senza minigonna e senza cellulare, che si usa solo nelle emergenze, e quindi mai. Ma non so quanto resisto. E non so se faccio troppo bene. Forse, è il solo modo che ho per farti capire di tenere quel tuo cuore di bambina così com’è, per molto tempo ancora, e di non fartelo troppo annacquare dall’aridità degli sms, dagli automatismi dei copia e incolla, dalla freddezza delle mail. Scrivi biglietti e lettere, e ricopia a mano, amore mio. E ricordati delle canzoni dei tuoi cartoni preferiti. Le canterai, fra vent’anni, a un’altra bambina, che avrà i tuoi occhi, e che saprà di borotalco e di inchiostro, e che avrà un pigiamino coi bottoncini a cuori. Lo conserverò per lei.

24 gennaio, 2007

E chi lo sa.

Pioverà, non pioverà, ma tu dimmi chi lo sa. E se poi nevica, alla fine? La vicenda mi tocca poco, quasi niente, se non fosse per il Giovane Principe, in settimana bianca con la scuola media, felice e poco incline a chiamare a casa, Mi Diverto un Casino, Mamma, serve che si aggiunga dell'altro? Giornate tranquille, nessunissimo attacco di ansia e/o panico diffuso, un pò di lavoro da casa, il riassettare e riordinare che ha anche i suoi bei lati positivi, mi sento un pò una donna anni 50, mi manca solo la gonna a ruota, il tacco a cono e la messinpiega boccoluta, per il resto ho quasi tutto. Il mio sposo dice che mi vede una faccia distesa e rilassata, e infatti, modestia a parte, la tengo. Ho cucinato una torta salata da primato, certo, un bel niente di straordinario, ma a vederla lì sfrigolante nel forno, accanto ad una mini teglia di lasagne al pesto, mi fa sentire bene. Mi sto aggravando? Non credo. Che male c'è ad innamorarsi un pochino di più delle proprie cose, a viverle in un modo diverso, non di sfuggita e di lato, come si faceva prima. Bisogno di lentezza, di tranquillità e di cose normali. Un libro, un ricamo, ma anche la spesa, le amiche al telefono, figli, marito e frivolezze, certo, anche quelle, ma in una vita serena fatta di semplice quotidianità. E' la normalità la vera rivoluzione? Beh, Muccino aveva già ragione tempo fa. Che figliolo lungimirante!

22 gennaio, 2007

Passa in un attimo.



Non che sia un fiore di maggio, quest'oggi. Certo, nulla di grave, un raffreddore in piena regola, mi sento un pò scentrata e anche un pò rincoglionta, si può dire? anche perchè mi sono ostinata in questo inverno tardivo a circolare sulle strade del Monferrato senza calze. Vabbè, c'è di peggio. E dato che io appartengo a quella categoria di persone che non sta MAI male, neppure quasi partoriente e/o con nascituro pronto a diventare neonato, il fatto che io sia, come dire, fuori fase, rappresenta un'assoluta novità per me e per gli altri abitanti della mia casa. Coccolata, ecco. Mio marito è premurosissimo, acquista per me confettini per il mal di gola e si è offerto volontario di gestire tutte le transumanze dei figlioli, pur di compiacermi. ATTENZIONE. Questa magia durerà soltanto fino alla mezzanotte di oggi. Dopodichè, il mio sposo scuoterà l'amato capo e sentenzierà che forse non è il caso di farla tanto lunga per un raffreddore da niente, e che, cribbio, non era nemmeno il caso di andare in giro discinta in pieno inverno, e che forse, a quarant'anni e spingi, madre e moglie esemplarissima, un pò di sale in zucca lo dovrei testè apporre, no? Come dargli torto? Ma, signora mia, il collant è così out nella stagione invernale duemilasette! Che fare? Idea. Ho acquistato giorni orsono, in un anonimo discount, un termometro di rara bellezza, viola, appunto, bellissimo ma costantemente fermo sui 39 gradi. Dopotutto, per 1,99 euro, cosa pretendevo? ma ecco che mi accorre in soccorso. Mostrerò al mio sposo il termometro e dirò che sì, son cagionevole di salute, mi trascinerò caracollante al più vicino supermercato per fare la spesa, ma come vede, tale sforzo potrebbe essermi fatale. Non voglio uscire. Voglio stare qui, al caldo del divano, coi fazzoletti, i giornali, il pc e la tv, voglio fare il pieno di trasmissioni trash, cercando di resistere almeno una mezz'ora, voglio sorseggiare compunta thè fumanti e tisanine, spremute e bustine al sapore di menta. Coccolatemi ancora un pochino, vi scongiuro. Scriveranno per me Ode all'Amica Risanata, se soltanto Foscolo abitasse due isolati più in là, ma vi prego, lasciatemi soffrire in silenzio (buuuuu, per un raffreddorino?). Verò è che stanotte avevo un criceto che mi girava nelle orecchie e un riccio di mare al posto delle tonsille, ma nessuno in casa mia tollera di vedermi fuori fase per più di ore 24. Tanto per cominciare, domani ho un bell'appuntamentino a Milano. E la mia influenza, voilà, sarà già passata. Per amore o per forza. Ma, mi sovvien, non è forse ancora stagione di saldi? Molto bene benissimo, mi recherò con gioia. E farò incetta, manco a dirlo, di calze e collant. Di cachemire, però.

19 gennaio, 2007

Pericolosissimo.


Potrebbe suonare alquanto strano, ma questa settimana tra le domestiche mura me la sono proprio goduta. Sollazzata, direi. In realtà sono una casalinga impropria, nel senso che chiunque, vedendomi all'opera, direbbe che tutto son, fuorchè casalinga. Il look, innanzitutto. Bigodini e vestaglia gettati alle ortiche, ci vuole un certo glamour anche con l'aspirapolvere, signora mia. Un bel jeans Cavalli direi che va bene. E un velo di gloss, e un'idea di fard, ma di questo ne avevo già parlato. E poi, la mattina si snocciola via con serenità e metodo, senza farsi prendere dallo sconforto di fronte alla rivoluzione russa che regna nella mansarda dei figlioli, e nel mucchio selvaggio lasciato dal metti e togli della Princi, che prova abbinamenti di nuance alle sette e venti del mattino con un occhio critico che neanche Krizia ai bei craxiani tempi d'oro. Ma vabbè. Si aggiunga ancorchè il momento più atteso della mattinata, che in realtà sono due: le pause. Sì, perchè se fisicamente in ufficio non ci vado, resto però in contatto con il mondo esterno e professionale attraverso il pc. Ed è un rispondere a mail, telefonate, ricerche su internet eccetera. Ecco, appunto. Il pericolo è testè individuato. Secondo un complicato e diabolico piano, accantonati con grazia strofinacci e spruzzini, scope e piumini, io sorseggio beata il mio thè all'arancia di metà mattina e nel frattempo...compro. Sissignori. E' di una magia ineluttabile e piacevolissima scoprire come, ad una leggera pressione di un insulso tastino, ti vengano recapitate a casa ogni sorta di meravigliose corbellerie. Libri di ricamo dalla Francia, caffè da Londra, e come non parlare delle aste on line, dove riesci anche a trovare il pathos del rischio e dell'attesa, e dove ti puoi accaparrare in tutta scioltezza, improbabili bicchierini da liquore, manifesti di vecchi film, zuppiere della nonna e Gucci vintage da oltreoceano. Le americane, si sa, si stufano assai presto dell'Italian Style, e se la borsa non la vedono più al braccio delle loro attricette filiformi e plurimaritate, via! via!, si cambia soggetto.Compro. Per gratificarmi, per rendere meno solinga la mia mattinata, per tirarmi un pò sù. Invero, non ne ho granchè bisogno, ho ancora necessità di una leggera organizzazione, ma, c'è da crederci, sono già ad un ottimo punto. I miei figlioli felici come Pasque, che non trovano il solito appiccicoso fusillo al sugo Barilla, perchè magari riesco anche a lanciarmi in un sugo degno. Ma vedo lievemente preoccupato il mio Sposo. Ti stuferai, mi dice sconsolato, e dovremo ricominciare a cercare qualcuno. Ma per l'amor di Dio! Non ancora, Maestà. L'asta di quel bauletto Dior scade giusto fra 6 giorni. Fino ad allora, mi dispiace, di qui non mi muovo. Al resto, ci penseremo.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...