16 luglio, 2007

Fermè pour Corse.


Stavolta si và. Fatta una specie di cambusa, salatini e biscottini, crema solare protezione mille, una manciata di costumi presi a caso. Lette e rilette le previsioni del tempo, Météo France, mica noccioline, avremo una settimana magnifica, mare calmo e ahimè poco vento, ma va bene. Organizzate gite ed escursioni, se ne avremo voglia, e se no va bene uguale. Ho vaghe notizie di mercatini sulla spiaggia, di collane di conchiglie da perderci la testa, di scogliere bianchissime, di mare trasparente e di paesini affascinanti. Non mi farò scappare nulla, immortalerò, relazionerò e racconterò. Ca va sans dire.

13 luglio, 2007

Bella scoperta.


Massì, che ogni tanto ci vuole. Si deve uscire dai soliti percorsi, fare un uovo fuori dal cesto, come spiegarlo in altro modo? Così, a naso, alla domanda, ma con cosa diavolo ci si asciuga i capelli sull'Isola? Ah, signora , non ci crederà: sull'Isola i capelli li asciuga il vento. Ma non quello della spiaggia, che tutt'al più ti riempie di sabbia, ma ci si atteggia un pochino, un pò Caccia Al Ladro, ecco. Così, per andare a ritirare la PrinciStellaMarina, intrattenutasi con le amiche sulla battigia per vedere il tramonto, ecco che, uscita testè dalla domestica doccia, la scrivente si è procurata un asciugacapelli di tutto rispetto. Lussuoso, anzichenò. Una volta tanto, si può fare. Così, mentre il vento mi scompigliava i capelli, io, posizionata con garbo e rara grazia al volante di una rombante quattroruote, nel baule della quale stanno a fatica 6 uova, un auto scoperta, come lo sono certi assegni, e come ci si trova in un lettone quando ci si dorme in tre, ho fatto la mia bella e sciagurata figura. Alla fine della corsa, mi sono trovata con una capigliatura fluente e boccoluta e soprattutto, asciutta. Ma quale phon, ma quale bigodino, signora cara, lei mi è rimasta alle guerre puniche: per la messimpiega sull'Isola, quest'anno mi và il cabrio. Solo, un accorgimento: tenga, per ogni evenienza, un golfinetto nel sedile posteriore, un maglioncino, anche non di cachemere, che questo venticello impunito e malandrino non me la racconta giusta, e che il bacillo della broncopolmonite è sempre lì, bello sereno, in agguato e pronto a colpire. Perchè va bene far la diva, va bene avere il boccolo selvaggio, ma si deve consumare la vicenda senza il naso che cola. Che scoperta? Ecco, per l'appunto.

11 luglio, 2007

Ingestibile.


Lo sapevo. L'avevo detto, io. Me lo aspettavo. Sono espressioni che non sopporto, ma mai come in questo caso sono efficaci e veritiere. Dura la convivenza con il Liceale. Passa dallo stato di euforia a quello della più greve delle tristezze catartiche. Vive, in simbiosi col computer e il telefono. Si apparta, mesto, in una nicchia di casa, le cuffie nelle orecchie, i ricci scomposti, lo sguardo vacuo. Se potesse, inalbererebbe un cartello, di quelli da corteo: non rompetemi i.... E noi, la sua affettuosa famigliola, che non sappiamo bene che cosa fare, ci inventiamo pozioni magiche, atteggiamenti da tenere, ci riuniamo la sera, a dirci, meglio farlo parlare, no, meglio lasciarlo in pace, no, meglio che faccia quel che vuole. Ma quel che vuole lo sappiamo, o meglio chi, e per il momento, le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi, non si avvistano all'orizzonte. Per qualche giorno ancora. Nel frattempo, ci si sopporta. Lui noi, noi lui. Sopportiamo i suoi scazzi, i suoi scatti di ira furibonda, i suoi silenzi musoni nel ristorante che gli piace tanto, è entrato e uscito venticinque volte, suo padre mi guardava, con sguardo fra l'interrogativo e il furibondo.. Qualcuno giura di averlo visto sorridere, una volta. La Princi, di aver visto i suoi occhi di bosco brillare, leggendo una lettera scritta in fuscia, con la grafia tonda e da fumetto che hanno le fanciulle. Io, osservo. E cullo questo suo male d'amore, nessuno al mondo sarà mai più come questo, tondo e infinito, così dolce e così struggente. Quando è accanto a me, sento il suo cuore che batte nel mio e vorrei stringerlo forte e dirgli tieni stretta questa malinconia e questo amore acerbo e sterminato, cucitelo addosso e tienilo lì, ci penserai per tutta la vita, ancora e ancora e mai si staccherà da te, nemmeno quando altri amori e altre dolcezze ci saranno. Cùralo, come si fa con le piantine, con i micetti che trovi per la strada, ascolta questa solitudine che ti sembra insopportabile e fanne tesoro. E quando rivedrai la tua Fanciulla, fa che possa sentire, abbracciandoti, tutte le notti che l'hai sognata, tutte le volte che avresti voluto essere con lei e del cielo stellato, della spiaggia bianchissima, della luna e del mare turchese, financo di Cannavaro a 2 cm, non te ne importava un accidente. Per fortuna, fra pochi giorni, la Fanciulla dei Sogni arriverà, bionda e lucente, in qualche parte dell'Isola. Nel frattempo, noi qui si sopporta, si fa finta di nulla e un pò si invidia tanto amore, tanti sms a cuori e stelle e tanta splendida mancanza. Ma non ditelo all'Orlando Innamorato. Diventerebbe, in men che non si dica, Furioso.

Ode alla Nivea.


Qualora me lo chiedessero, non saprei dire con assoluta esattezza che cosa il profumo della Nivea mi ricorda. Forse una quantità talmente vasta di cose che a focalizzarle una per una ci vorrebbe uno di quegli aggeggi che usa la Margherita Hack, forse. Ci si può provare. Riviera Ligure, primi anni 70. L'omino che vende i krafen sulla spiaggia, estraendoli da un cestino unto che, a farlo ora, verrebbe arrestato all'istante. Gli aeroplani che volano radendo il mare e che buttano giù le sorprese Galbani. Il materassino rosso da un lato e blù dall'altro e di nessun altro colore al mondo. I sandalini alla schiava misura 33. Il prendisole con le margherite cucito dalla zia e indossato con orgoglio per il rito serale del ghiacciolo al tamarindo. La merenda con la focaccia. L'insalata di riso mangiata sulla spiaggia. E infine, quel giochino pazzesco, le due palline che facevano click clack, le mie erano arancioni ed ero campionessa Mondiale ed Intercontinentale con un personalissimo record di 4 minuti. In tutto questo, la Nivea era lì. Non quella del flacone blù, si badi benissimo, non quella liquida che ai primi di luglio è già esaurita al supermercato. Quella vera, la unica e sola, nella inconfondibile scatola, sempre blù, ma piatta e lucida, di latta, sono così poche le cose che ancora conservano la loro forma originale, persino il bambino del Kinder è cambiato, ma dove andremo a finire. La Nivea sa d'estate, di mandorle, un pò, di panna montata che lo so che non ha nessun odore, ma forse la consistenza la ricorda molto e allora viene facile a pensare. Si spalma a fatica, ma è assolutamente lussurioso il gesto di affondare tre dita della mano in quel lago intatto e cremoso, candido e perfetto, che già solo il pensarci ti fa stare bene. Protegge, ripara, conquista. E' abbronzante, idratante, prima del sole, durante sole e doposole. Impareggiabile. Insostituibile. Elegante e raffinata, discreta e senza tempo, al di là del glamour e delle tendenza, la Nivea c'è. Occhieggia con impavida semplicità negli scaffali, accanto alla cugina liquida, alle creme setificanti, superidratanti, autoabbronzanti e sberluccicanti. Quasi nessuno la compra più. Distinguersi bisogna. E a poco meno di tre euro ci si può assicurare nella cesta della spiaggia un pezzo di storia, di anni settanta, di sciocca e dolcissima malinconia, quella piacevole da riascoltare.

10 luglio, 2007

Grandi manovre.


Ma certo, di tempo ce n'è. Non abbiamo nient'altro che tempo. Per farci perdonare, anche. Mi capita spesso di ripetere ai miei figli l'importanza di parole come grazie, scusa, perdono. E per vicende non gravissime. Quest'oggi perdono lo chiedo io. Per un'inezia, ma che ha la sua bella fetta di importanza. Perdono. Perdono di aver trascurato. Perdono di aver trascurato Santa Polenta.Che imperdonabile errore, che gravissima mancanza, che nefasta sciagura. Come si potrebbe fare a continuare senza le mie ricette senza senso? Senza i miei esperimenti? Senza le mie dosi tirate a caso, senza le mie unità di misura, tipo un pochino, abbastanza, così ad occhio? Nulla di meglio che questa giornata di ozio per rifarmi alla grandissima. Ancora non so cosa proporrò, se dolce o salato, se appetizer o finger food, se roba complicata o di una banalità rivoltante. Meglio la prima, direi. In perfetta tradizione Santa Polenta. E sorrido, pacifica, perchè so per certo che mi avete già perdonato e che, se tutto ciò ha la sua bella fetta di importanza, codesta fetta non può che essere di Polenta. Meglio se Santa, voilà.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...