02 febbraio, 2008

Just relax.


Ossì che ci vuole. Il sabato in questa casa è certamente il giorno che mi piace di più, forse anche il venerdì, è una bella gara, ma di sabato tutto acquista una sana mollitudine che non so spiegare, una lentezza che scalda, un dire, Ma sì, lo Faccio Dopo, o Non Lo Faccio Proprio, e non ci sono orari se non quello moooooolto elastico del catechismo della Princess, che magari per la prima volta quest'oggi andrà anche al cinema pomeridiano con le sue amiche. Qualche figliolo a scuola, qualcuno a casa, qualcuno che riederà dal Politecnico in giornata, mi pare, ma niente è sicuro, abbiamo notizie nebulose dal Giovane Holden, faccia un pò quel che ne ha voglia. La grande magia del sabato mattina, intorno alle 10, è che questo fine settimana si può programmare al secondo o non programmare affatto, dire, possiamo andare al mare o stare sul divano a guardare in sù, possiamo cucinare un pranzo a 8 stelle o fare i toast o scongelare una pizza, magari, un hamburger al volo, un'insalatina velocissima o fare gli gnocchi. E poi, possiamo truccarci come la Callas o stare in camicia da notte fino a quando ci va. Possiamo leggere quel libro o ricamare cuori o preparare una torta. Ci si sente liberi, padroni in un certo senso di questa giornata speciale, ecco, decido io tutto, se togliere le tazze o lasciarle lì, se accarezzare il gatto o guardare fuori o cambiare il colore della cucina. Si assapora ogni secondo, di questo ozio dorato, di questo niente che è quasi tutto, in fondo, che permette di dare uno stop alla frenesia della settimana, ai pensieri, ai pesi sulle spalle che qualche volta ti sembra proprio di avere una decina di Castiglioni Mariotti proprio lì, sparsi addosso, un pò sul collo e un pò sul cuore, e non hai mica tempo di scrollarteli, nemmeno la forza, se ne stanno lì, impilati e pesantissimi. Oggi si avrà tempo di tirarli via, di spolverarli magari, di toglierseli di dosso e di metterli, per un pò, nel mobile basso accanto al divano, sotto il tavolo, nasconderli sotto i cuscini o la coperta fatta da te, coi ferri n.25 che hai comprato a Londra, che è pesantissima e se ce li metti nemmeno si vedono, o fuori, sul terrazzo, che tanto pioviggina e un pò si sgualciranno e poi qualcuno, magari, nella notte passerà e li ruberà, così lunedì mattina, toh guarda, non ci saranno più.

01 febbraio, 2008

Eran seicento.


Ma quante sono. E quanto pesano, seicento fragole tutte in fila? Forse, nemmeno i miei fruttivendoli di Piazza Marconi, Sahid e Mohamed, ne hanno mai viste tutte insieme. Seicento. Fa un pò impressione a dirlo. Oggi festeggio seicento post sulle Fragole. E siccome mi va di festeggiare ogni cosa, quest'oggi, mi invento una serie di feste e festine da perderci la testa. Quindi, seicento Fragole. Seicento volte in cui sono venuta qui a raccontare qualcosa, di me o di chissà chi e che cosa, seicento volte che ho scelto un titolo, una foto, e ho passato quei dieci minuti netti a scrivere, scrivere, scrivere, dire e non dire, piagnucolare, lamentarmi come una donna media, esaltarmi per una scemenza stellare, andare in brodo per un nonnulla, giocare, anche, chi me lo impedisce. Spengo così seicento candeline. E oggi festeggerò anche una quantità veramente indegna di cose: è febbraio, tanto per cominciare, e meno male che gennaio ce lo siamo tolto di torno, davvero, non lo sopportavo più. E poi festeggio che oggi ho una borsa nuova, non nuova del negozio, nuova perchè ho cambiato, travasando l'immane confusione che regna da una all'altra. E poi, vediamo... ah sì, festeggio anche che oggi passerò all'autolavaggio, che voglio una macchina lucida lucida per questo febbraio. E festeggio che è venerdì, festeggio che ho ripassato con la PrinciZuccherino il Trentino Alto Adige. Festeggio i miei capelli lunghi, un campioncino di lucidalabbra trovato in giro per casa, festeggio che sì, che dai, che sì che me la sfango anche stavolta, festeggio i pettirossi del mio giardino, che oramai sono una decina, festeggio la Coccoina che ho comprato ieri, la moto del Maturando che è aggiustata, l'esame del Giovane Holden che ha preso 28. E festeggio il sorriso del mio Sposo, i riccioli del Piccolo Liceale, il libro che mi è arrivato questa mattina e mi sa che per tutte queste feste qui ci vuole una torta. Indecisa sul gusto? Mannò! Alle Fragole, per forza di cose. Ma...ce ne staranno seicento?

30 gennaio, 2008

Pronte?

Se pronte, si va. Ah, signora mia, lei non sa quanto può essere terapeutico un pomeriggio da Josephine a knittare e a contarsela, meglio di una massaggio ajurvedico, meglio di uno smalto blu inchiostro, un occhiale nuovissimo, una scarpa luccicosa, un soprabitino che abbiamo adocchiato e che addosso ci starebbe un amore. Orsù, dunque. Si rechi senza indugio, senza esitazione, senza remora alcuna
giovedì 7 febbraio
dalle 15 alle 19
sempre da Josephine
in Via Parma 10 - Alessandria
Le elenco brevemente cosa potrà trovare: un gruppo sempre più numeroso di donne e fanciulle, forse bambine, anche, perchè no, al seguito delle mamme, intente a fare le cose che piacciono di più, pizzi e merletti, sciarpe direi di no, che abbiamo già dato a profusione, ma so di qualcuna che contrabbanderà al mercato nero uno schema per un cappellino di cotone, quelli da spiaggia, quelli che, insieme alla cesta di paglia e al pareo fanno già vacanza, e non faccia la difficile, non guardi in sù adesso, che c'è un'ostrica nel cielo e a parlare di mare, vento e sabbia qualcuno potrebbe, non visto, chiamare il 118 e farmi internare. Suvvia, si rechi colà, nel tempo e nel modo stabilito. Un tazza di thè caldo non si nega a nessuno e nemmeno una chiacchiera innocente, una lezione improvvisata, una risata fragorosa, dopo le tristerie di questo zerootto che abbiamo imboccato a marcia indietro. Ma ci riprenderemo. E se colà troverà qualcuna con un occhiale nuovo di zecca, un'altra con una scarpa sberluccica, un'altra ancora con un soprabitino che è un amore e le mani laccate di blù, vorrà proprio dire che ha trovato la strada ed è nel posto giusto. E non scordi i ferri: sbadata com'è, non ci sarebbe da stupirsi.

Zitta.


Taci. Taci che è meglio. Taci, non hai mai imparato a tacere quando è il momento, scegli sempre l'attimo sbagliato, diplomatica neanche un pò, taci, che parli sempre a sproposito, che anche un monosillabo qualche volta può causare un'esplosione, taci e taci, che non si fa così. Taci, e rimani lì, con la testa sorretta dalla mano, con le briciole davanti, la tazza del latte a metà, il cane che implora un biscotto, tu, riflessa nella porta finestra, e oltra la finestra il giardino e oltre il giardino la collina e oltre la collina, chi lo sa. Zitta. Che lo sai che andrà tutto a posto e tutto si appianerà ma tu non sei fatta per aspettare, procrastinare, rimandare, tu affronti, decidi, fai e disfi. E allora, fai. Continua a fare le cose di sempre, a dispensare baci e rimproveri, sperimentare il pollo thailandese, ricamare i tuoi stupidi strofinacci, aggiungere nuove canzoni all'iPod, ripassare storia e provare poesie. E scrivi, scrivi le tue sciocche cose, chissà perchè lo fai, per difenderti o per accusarti, per capire o non capire affatto, per prendere tempo, ma tempo per cosa, non ti piace il tempo che passa, e a volte lo adori, sei la contraddizione che respira, la confusione in forma umana, vai, vai a farti una doccia e a lavare via tutto, vai e dimentica, vai e anestetìzzati con l'acqua bollente e il bagnoschiuma alla vaniglia, vai, che le cose intorno a te, che tu ti sbatta o no, che tu lo voglia o no, vanno avanti per la loro strada. Tu hai solo da stare lì, buona buona, e i pensieri cacciarli nello scarico della doccia, e continuare con le tue sciocche cose, gli strofinacci e le torte salate, le amiche e le questioni di ogni giorno ma zitta. Solo zitta.

29 gennaio, 2008

La frusta.


Ho un'amica. In realtà ne ho qualcuna, ma nessuna come questa qua. E' come ritagliata da una favola, è il mio alter ego ragionevole, calmo, razionale, organizzato, pacifico. Io arrivo trafelata e lei, con tranquillità stellare, mi snocciola lì tre o quattro soluzioni. Ti Aiuto Io, mi dice. E' di una bellezza un pò nordica, biondarella e occhio ceruleo, di trucco nemmeno l'ombra, a fatica si passa il gloss, e quanto abbiamo riso noi, e che vergogna lei, quando quell'estate l'abbiamo trasformata, zeppe e hot pants, lei che ha sempre le ballerine e il twin set. Insomma, la semplicità eccelsa fatta a persona. Gestisce una famiglia non semplicissima, come la gran parte delle mie amiche, come si dice, chi si somiglia ecc. E', insomma, il prototipo della serenità, della calma cosmica, del raziocinio assoluto, della precisione, della tradizione, dell'innocenza, oserei dire. E proprio perciò, quale non fu la mia sorpresa quando, alla domanda "Cosa hai comprato da Eataly?" lei mi rispose, con indifferenza e candore "Una frusta".
Orbene.
So di essere in un momento particolare del mio percorso terreno.
So di essere in un momento in cui ogni certezza viene, come dire, shakerata e messa sottosopra.
So di avere, alla data, un equilibrio psicofisico non proprio d'acciaio.
Ma.
Per prima cosa, da quando Eataly è diventato un luogo dove si acquistano in tutta scioltezza deliziosi oggettini sado-maso-naso-presi-a-caso?
Senza avvisarmi, perdipiù?
E questo sarebbe nulla.
Ma Lei, Lei, la Dea del Candore, della Semplicità, che a battute da osteria arrossisce sempre un pochino, Lei, cachemire e solitario, girocollo e tweed, rasoterra e foulard, proprio non ce la vedo in guaina di pelle, guepiére rosso fuoco, tacco a stiletto e rossetto Hydrarouge, che intrattiene col suo Illustre Sposo, in piedi sul davanzale della finestra, un incontro carnale a suon di scudisciate.
Attimi di panico.
Durati poco, fortunatamente. Lei mi ha rassicurato. La frusta in questione altro non era che una frusta per uso alimentare, un frullino per la cioccolata, di quelli extralarge, che le permettono di omogeneizzare per bene latte e cacao senza grumi, soprattutto per le grandi quantità.
Sospiro di sollievo. Non tanto per le scudisciate, in casa propria ognuno fa quel che vuole, ma proprio perchè Biancaneve e la frusta, quella frusta, sono un ossimoro niente male. Resta un dubbio. Per quale uso sconcertante e scellerato preparerà tonnellate e tonnellate di cioccolata?
Mah! Mi sa che Biancaneve cova un segreto.
E pure torbido.

28 gennaio, 2008

Alba rosa.

Spettacolare. Da fermarsi a guardare appoggiate al davanzale. Da voler fotografare, anche se è tardi ma che non trovo la macchina fotografica e stamattina sarà un delirio di avanti e indietro, perciò. Un'alba preziosa, un cielo strapazzato di rosini e violettini, mi ci farei una gonna con una stoffa così, un pareo, magari. Un cielo da dedicare. A chi stamattina si è svegliato con un sorriso, nonostante. A chi ha passato la domenica a catalogare, sistemare, suddividere, riordinare, e a fottersi chi dice che riordinare fuori vuol dire bisogno di ordine dentro di sè, che dentro di me va bene così tutto com'è, incasinato e ingarbugliato ma così. A chi ha saltato la colazione e a chi l'ha fatta coi fiocchi e i controfiocchi, chi con l'argenteria chi con le tazze sbeccate. Dedico quest'alba lucida a chi sente che è già un pò primavera, che il sole, il tiepidino e tutto il resto, a chi ha già voglia di mare e fa programmi e progetti e itinerari. A chi cambierà e a chi non cambierà affatto, e a chi sta cambiando adesso, cucina, borsa, città o fidanzato: i cambiamenti vanno presi piano piano, come una medicina che fa schifo, vanno sorseggiati come il Moet Chandon Imperial, vanno affettati sottili come la bresaola. Non esistono cambiamenti senza scossoni, senza nervosismi e senza scazzi, ma sì che lo posso dire, per una volta. E infine, dedico quest'alba confetto e violetta di Parma ai miei figlioli, che si abituino a guardare in sù quando si svegliano, perchè è dal cielo che si può scoprire come sarà il giorno che viene, e tutti i giorni in fila fanno la vita e che devono trovare in ogni singola mattina, in ogni singolissima colazione, in ogni volta che aprono la porta per uscire di casa, una cosa soltanto, almeno una, che sia gradevole e da sorridere, e profumata, anche, e brillante e un pò rosa, come questa mattina qua. La felicità è cosa semplice ma rara, banale eppur preziosa, nascosta, ben nascosta, tra le nuvole del cielo. Da guardare, rubare e custodire, sia di notte che di giorno, sia il rosa che le stelle. Dedicato a chi stamattina sa che non è male, che in fondo in fondo va tutto come deve andare e a chi alle sette e mezza o poco più si è incantato a guardare questo cielo. Come me.

24 gennaio, 2008

Il mio giorno fortunato.

Meglio di così! Ci sono quei giorni in cui sembra che tutti, quasi tutti, o meglio, una notevole percentuale degli abitanti di casa tua ce la metta tutta per farti sentire a tuo agio. Interno giorno, ora di pranzo. Il Liceale, il Piccolo Liceale, quello dai risultati più da Totip che da pagella scolastica, riede dal luogo di cultura. Che forse, andrebbe ben meglio in un luogo di coltura, che so, zappare patate, occuparsi degli ibridi di orchidee in Riviera, e cose del genere. Ma si resiste, sostiene che ce la farà. Insomma, Egli riede alla mensa casalinga. Avevo preparato con tutto l'amore del mondo un tortino di alici, che so bene che era la prima volta e che insomma, non che mi fosse proprio venuto granchè bene. Lui, annusa. Buono, Cos'é? Un Tortino di Alici. Ah, ecco. Beh, Mamma, Buono Ma Non Buonissimo. Sa, come Dire, di Porto. Ma Attenta, Non Di Porto Rafael, del Porto di Genova, Quello Sporco.
Soddisfazione n.1.
Che faccio, lo strangolo? o mi cimento a capire dove diavolo ho sbagliato nell'esecuzione della ricetta?
Ma, a ben pensarci, non è stata l'unica soddisfazione della giornata.
Mattino, circa le 11, passo per un saluto al mio Illustrissimo Sposo.
Come Sei Bella.
WOW.
E che Buon Odore.
DOPPIO WOW.
Sai di... bah, non si capisce. Anzi, sì, Ecco cos'è, sai di...ROSMARINO!
Balbetto. C-C-C-Cooooooosa?
Ros-ma-ri-no???!!
Ma come. Va bene che non ho il mio profumo solito, è un periodo che sperimento, mi soffermo in profumeria e spruzzo e annuso, annuso e spruzzo, per trovare un profumo che rispecchi il mio mood del momento, accantonato per un secondo il buon, caro, insostituibile, adorato Feu d'Issey. Ma giuro che non sono passata nè nell'orto nè da Vissani e che non mi sono affatto profumata con un rametto, non sono mica un arrosto, una polpetta, un'orata al cartoccio, una teglia di focaccia!
Gran giornata, non c'è che dire. Pietanza che sa di porto, non inteso come vino da meditazione, e allure da gastronomia, cucina casalinga, prezzi modici. Bel colpo.
Ma adesso, chi glielo dice a Beyoncè?

23 gennaio, 2008

Ho vinto qualche cosa.





O forse dovrei dire che sono stata nominata? Per il Make My Day Award, intendo. Dedico questa vittoria a...no, che non va bene. Ringrazio....beh, sì, qualcuno devo pure ringraziare. Gallina, Raffaella e Cat. Che mi hanno nominata. Che hanno pensato a me. Che passano quasi quotidianamente a frugare nel mio cestino di Fragole. E che magari un pò sorridono, un pò ci pensano e un pò si preoccupano, anche, ma che cosa avrà mai questa qua, questa mattina e poi mi dicono, lo sai, succede anche a me, uguale. Bene benissimo, grazie di questi awards. Grazie di leggere e di commentare, o anche solo guardare le figure, non importa. le cose che scrivo sono una specie di cura, per me, una pillola, venti gocce di un'ambrosia che calma, o dà una scossa, o scrolla o consola, accarezza o scuote forte, rimescola raccontando dei pezzi di cose, delle storie che proprio favole non sono, ma uno può decidere, sì che sono vere, no che non lo sono. Così.
E adesso, gli Awards li devo dare io.
La regola è che si deve decidere, insomma sì, chi sono quelli che vado a cercare ogni mattina, chi sono quelli che dico, ok, andiamo a vedere che cosa ha scritto stavolta, che sono due giorni che non ci vado e magari mi sono persa qualcosa.
Sono solo cinque.
I miei cinque premi, le mie cinque medaglie, le mie strette di mano e la pacca sulla spalla, i miei abbracci e le mie congratulazioni vivissime. Perchè cinque? Per lo stesso motivo per cui linko soltanto quelli che leggo veramente e non per fare scambi di cortesie, io linko te, tu linki me e la cosa mi fa tanto Mastella e non mi piace per niente.
So, vai con la base.
Sesto Poteredi Johann Rossi Mason (suona benissimo, non trovi?)
Un Tocco di Zenzero di Sandra Gourmet, che ne avrà già ricevuti una milionata, ma pazienza.
Fux, che la Franci mi telefona se appena sente a naso che c'è qualcosa che non va.
Patio Andaluz, ma del resto, con l'arrivo di Antonio il blog lo facciamo al telefono, tra una pappa e una passeggiata, che facciamo prima.
Calme et Cacao, alla mia amica parigina, che presto, presto, presto, mi sa che mi accompagnerà medesimamente a comprare i macaron da Ladurèe. Ma il passeggino sui Champs Elysèes lo spingo io, cocca.
In realtà ci sarebbe anche Adrenalina, e Knitaly e un altra mezza dozzina, ma allora, facciamo che consegno il Make my Day Awards a tutti i miei link e non se ne parli più.
E distinti saluti.
Ho finito.

Luna accesa.

Ma come, ancora lì? Eppure è già mattina fatta, sono le 7 e 34 e lei è ancora lì, tondissima e luminosa, affascinante, come sempre, ho scritto così tanto della luna che nemmeno me lo ricordo, forse dovrei cercare bene in tutte le Fragole, di quante cose le ho detto, di quanti pensieri le ho regalato, poca cosa, in confronto a tutti quelli che si sono alternati a scriverle odi, poesie, canzoni d'amore. Stamattina era lì, ancora . E' stato un regalo. Nonostante avessi i capelli bagnati e fossi schizzata fuori come al solito, le cose in mano, le chiavi trovate all'ultimo momento e un libro perso, e un 3 da firmare, stamattina tutti miei i figlioli da condurre a scuola. Mi è bastato guardare in sù, un cielo lucidissimo come di vetro, è stato il venticello di questa notte, lo sentivo, con gli occhi semichiusi, che sussurrava alle finestre, Coraggio, Domani Ci sarà Il Sole, niente nebbia e niente freddo e niente caligine sulla città, niente grigio che ti stende e ti fa sentire pesante e insopportabile. E col sole, Lei. Una palla di luce lattiginosa, è luna piena, questa volta, la luna dei desideri e delle storie d'amore, dei lupi solitari, la luna nel pozzo, la luna delle fate e degli gnomi, degli incantesimi e delle follie. Un gioiello del mattino, a strappare un sorriso leggero leggero, i capelli asciugheranno in fretta e pazienza se saranno elettrici e ballerini. Sarà un bel giorno, lo so già. Merito e magia di quella luce nel cielo, di quel sofficino, di quella lampada da notte sul comodino che Qualcuno stamattina ha dimenticato di spegnere.

22 gennaio, 2008

Il brodo.


Un pò brodo un pò champagne, si diceva. Manca la definizione per quel che ci sta in mezzo. Si prenda una giornata tranquilla, non troppe le incombenze, i figlioli a scuola tutti in fila, ma quanti sono, accidenti, e io che dispenso baci e merende e Stai Attento e Sei Un Fiore sulla porta domestica, in camicia da notte e calzettoni rosa, un'immagine non proprio da calendario, ma che stamattina quel che ho visto nello specchio diciamo, mi è piaciuto. La mia faccia, intendo. No, non sono brodo nè medusa, quest'oggi. Forse neanche aragosta, ma ci sto lavorando. E sorrido, un pò di più. Canticchio, anche. Saltello. Faccio i gradini a due a due. Che è un bel segno. Diverso da quando mi trascino, da quando caracollo invece di scendere, da quando sbuffo e sbatto le cose e urlo, o sto zittissima, che allora, è meglio che urli, và. No, che non sono brodo. Sono acqua tonica, chinotto, forse, sono una dei quindici al mondo cui piace il chinotto, i miei figli fanno le smorfie, Ma è Amaro, Mamma! e allora? A me piace, fine. Sono una tazza di thè tiepido all'arancia e cannella, il giusto di dolce e di spezia. Sono un bicchiere di Ferrarelle, nè liscia nè gasata, un cucchiaio di sciroppo per la tosse che non ho, una caramella alla menta forte, una Golia, di quelle con la carta. Sono un biscotto Digestive, una fetta di crostata, quella dalla ricetta segreta di sabato sera. Sono un vino da meditazione, oggi, un Passito di Pantelleria, quello da chiacchierarci per ore, da servire nei bicchierini della nonna. Poche bollicine, ma estro da vendere, fantasia, credo, voglia, per forza. Mi riprendo in fretta, sono capace di altissimi e bassissimi nel giro di una mezz'ora, magari. No, più ci penso e più mi dico, nè brodo nè medusa, confermo. Più di là che di qua, più verso il bello che verso il nuvoloso, più Shuttle che pattini a rotelle, più Parigi che Quarto Oggiaro, più Vuitton che bancarella dei cinesi, più sushi che tortellino. In brodo? Giammai!

21 gennaio, 2008

Medusa.


Molle. Mollissima. Non velenosa, quello no, non pizzico e non ùrtico. Ma son medusa, pensieri da medusa, cioè nessuno, slancio di medusa, cioè meno di zero, attività cerebrale da medusa, inesistente. Certo, faccio e rifaccio, corro di qui e di là, ma lo faccio per inerzia, ho ben paura. Una specie di calamita mi attira nei luoghi che devo frequentare, un navigatore invisibile mi guida nelle strade che devo percorrere, svolta a destra e hai raggiunto la meta. Ma di mio, c'è poco. Confido, nell'influenza che gira e gira, sarà quello, mi dico, ma non ho nemmeno la tosse, nè sternutisco, nè ho i brividi. Sono sana. Fisicamente. Mentalmente e psichicamente un pò di meno. Ogni tanto cerco. Di fare un progetto, niente di complicato, per carità, una tovaglia per la colazione, una Cena dei Cuori come quella volta, che ne so, la centesima sciarpa. Rimane tutto lì. La testa di una medusa non è granchè, non permette di formulare più di due pensieri alla volta, non molto spaziosa, rimane solo posto in piedi, come una volta nei cinema d'essai. La volontà di una medusa è ridotta al minimo, lei fluttua e vola nel profondo degli abissi, pizzica ogni tanto, incede con eleganza nel blu più blu del blu. Io, medusa del Monferrato, procedo a tentoni nella nebbia a banchi, cerco di darmi un tono, cucino e cucino, non ho abbastanza testa per leggere più di tre pagine per volta, mi inebrio col detersivo dei piatti al pompelmo rosa e spero in un qualcosa qualsiasi, che la shakerata dei giorni scorsi non ha sortito effetto alcuno. Passa, eccome se passa. Nel frattempo, ho chiamato Mago Merlino, si attende incantesimo, la formula magica, l'abracadabra che trasformerà una scialba medusa in una strepitosa aragosta. E se si sbaglia e divento vongola? O peggio, cozza? Brrrrrrr, meglio non pensarci. Ecco, i brividi, avevo ragione. E' influenza, niente di più.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...