21 maggio, 2008

La leggenda del caprifoglio.



Lo aspettava da tempo. In un certo periodo dell'anno, l' assetto olfattivo della piccola aiuola cambiava. Beh, certo, c'erano le rose inglesi, con il loro profumo di limone, misto vaniglia, misto rugiada, misto caramella mou. Ma poi, a questo, si aggiungeva un altro aroma, pungente, insistente e inebriante, tanto da farti dire, qualora fossi arrivata bendata davanti alla porta, Ok, Questa è Casa Mia. Quell'anno, invece, nulla. La pioggia battente e le giornate novembrine, benchè fosse maggio inoltrato, avevano in qualche modo rallentato l'arrivo di codesto fiore. Anzi, di codesti, qualcuno giallino, qualcuno bianco, perchè si sa, un vero caprifoglio ha sempre due fiori diversi, due gusti, due baci. Ma la siepe non ne voleva sapere. Qualcuno aveva azzardato pronostici catastrofici, Quest'anno Non FIorirà. 
Qualcun altro scrutava non visto tra le foglie, per vedere se per caso ci fosse qualche bocciolino timido e nascosto, o magari scoprire un'infestazione di rarissimi parassiti transoceanici, arrivati fin lì chissà come. Nulla. Nulla di nulla. 
Solo foglie e foglie. 

Così, quale non fu lo stupore generale, quando, un bel mattino, aprendo la finestra appena dopo le 6 e 30, ella avvertì che, alla sinfonia di vaniglia, caramella eccetera si era unito anche il profumo tanto atteso di sapone e limoncello.
 Fece i gradini quattro a quattro, scapicollandosi giù dale scale, e corse fuori, all'aiuola. Il caprifoglio era lì, esploso, rigoglioso, profumatissimo, perfetto. Come se qualcuno, nottetempo, avesse incollato per bene i fiorellini col vinavil, che, giuro, ieri non c'erano, e spruzzato una generosa di dose di profumo dell'Erbolario, nel genere. Morale: inutile sbattersi tanto, dannarsi e preoccuparsi, sorvegliare e controllare. Il mondo che ruota intorno a te fa lo stesso quello che vuole. Esattamente come il caprifoglio.

20 maggio, 2008

Senti.

Non voleva uscire nemmeno il gatto, stamattina. Diluvio e venticello, forse anche più di un venticello a giudicare dai petali delle rose sparpagliati ovunque, un tappeto e non è mica che passi la processione. Che bel rumore fa la pioggia sui vetri, che bello vederla da dove arriva, proprio, dal cielo, non quando è già caduta, non so come dire. Uno si corica in grazia di finestra e guarda in sù, e le gocce che scendono le vedi appena nate o quasi, appena uscite dalle nuvole, ancora intatte e trasparenti e pure, chi lo sa quanta strada hanno fatto prima di arrivare sul pavimento del terrazzo, sulle foglie sulla lavanda piantata di fresco, lì vicino alle menta, chissà se terrà, stavolta. Che bel rumore la pioggia sul tetto, bisognerebbe stare qui, a ciondolare per casa, fare una sorpresa ai ragazzi, stamattina niente scuola, lo faccio spesso quando c'è la neve anche se con la pioggia, in tutta sincerità, mi sembra un tantino esagerato, ma stamattina andava così, quanto avrei voluto stare lì, a niente fare, a cincischiare, a bighellonare per casa, a cucinare un pò, con la radio sommessa, cucino sempre con la musica, mi concentra, mi fa canticchiare rompendo le uova, improvvisare una piroetta aprendo il forno, fare un acuto pesando la farina. Che donna vanesia, che donna leggera, che donna sognatrice e un pò zuccona, che beata fra le beate, che sciocchissima fanciulla. E intanto piove, le Regie Autolinee hanno consegnato a destinazione, sparpagliandoli nelle patrie scuole, i Giovani Virgulti di questa inconsueta casa. La Princi con suo zaino a pinguino in gita scolastica verso Milano, i Due ai rispettivi licei, venticinque parole in due, mi sembra un bel record. E intanto piove, una mattina che si scioglierà velocissima, le cose di sempre, le Sorelle del Corso, magari, che una spesuccia, signora mia, sempre bene ci sta, terapeutica e rasserenante, quanto se ne ha bisogno, non crede? E intanto piove, quella piccola malinconia si accantona con delicatezza per non farla esplodere come una bomba, guarda che luce viola che c'è, senti che fresco che fa, senti che odore di acqua e senti, senti che bel rumore.

19 maggio, 2008

Panna e pioggia.

E nebbiolina. E nessuna voglia. E musi. E occhi, fra lo spiritato e lo smarrito, Non c'è Niente Che va Bene. Si immaginano diversi, di solito, i mattini di maggio. E invece. Chi decide il tempo che farà, dovrebbe anche tener conto che esso, il tempo, è parte fondamentale nell'inizio di un'altra settimana. Stamattina gira male. Ha girato male il week end, ha girato male la pizza della domenica sera, ha girato male il risveglio di oggi. A nulla sono servite le quintalate di panna da affondarci le fragole, il pane fragrante, lo sforzo disumano per rendere tutto più gradevole. Acqua a scrosci e silenzi, il mio Sposo ed io a guardarci e a dirci, boh!, passerà. Si è molto concentrati sulle facce dei figlioli, in questi giorni, si scrutano, si studiano a carpirne un qualche segreto, le cose non dette. Si cerca di farli parlare un pochino, con scarsissimi risultati. Il Beato Giovane Holden è il più ridanciano, il più ciarliero, il più frizzante. Nemmeno la Princi, questa mattina, che proprio i monti della Calabria non le entravano in testa. Ohibò, passerà. Passa la luna piena, passa la tosse, la nebbia e il vapore dei fusilli nel lavandino. Passa l'allergia, passa l'estate, il compleanno, l'influenza e la noia e Natale, pure lui. Ci si aiuterà, in qualche modo, questa mattina. A spingere fuori questo velo di malinconia sottile, questo scatolone ingombrante che non si riesce a sollevare, appunto, si spinge, così, questo senso di Non Ci Posso Fare Niente, se non spremute, vitamine e abbracci silenziosi. E quintalate di panna e una torta leggera, magari, d far trovare sul tavolo, sul piatto bello con le rose. DI più, proprio non so che fare.

16 maggio, 2008

Private garden.

Immortalato così, appena bagnato, alle 7 più o meno, sì, avevo la macchina fotografica proprio sul tavolo della colazione, tra la marmellata di fragole e le vitamine, è stato un attimo. Sono i vasi che guardo al mattino, che osservo bene per vedere se sono diventata almeno un pò brava e non la solita killer di piante e piantine, in buona fede, però. E poi, questi vasi bellissimi, qualcuno regalo della mia Amica della Pastiera, a me il decoupage non è mai piaciuto, giuro, ma questi qua sono così belli e semplici e colorati il giusto che mi sembrano i vasi più belli del mondo. La menta, poi, Un regalo anche quello, sa? Ricevuta proprio ieri in uno di quei bei vicoli della città, quelli col sole e i tavolini per il caffè, al volo, una chiacchiera, uno sfogo, una confessione, avendo cura di stare in equilibrio sugli argomenti, le donne intelligenti si capiscono da qui, massì, tiriamocela per un momento, è venerdì, si può dire di tutto fino alla mezzanotte, siamo o non siamo già nel week end. Che forse adesso dovrà ben cambiare nome e si chiamerà la mia Amica della Menta, che speriamo che lei, la menta, infesti per bene quel bel vaso decorato col glicine, lei, l'Amica, che il glicine ce l'ha per vero (!) sul terrazzo. Pensieri confusi che si affacciano in questo mattino appena iniziato, le piantine da accudire non sono mica solo quelle verdi dentro ai vasi colorati. Sono quelle che ho in casa, com'è difficile certe volte, che momento è quando si indugia dopo cena, e che discorsi impegnati e faticosi e duri da tirar fuori o digerire, quando i piatti non ci sono più e resta solo la tovaglia con le briciole ammucchiate per bene in un angolo con gesti un pò maniacali per trovare i coraggi, che sono due, quello per parlare e quello per ascoltare. Che fatica è innaffiare una piantina stanca e sfiduciata, un'altra confusa e malinconica, un'altra ancora che al telefono ti dice Sono un Pò Giù. Si prenda un innaffiatoio, un pò colorato, va bene. E ci si sciolgano dentro tutte le parole, tutti i caldi abbracci, tutti gli sguardi a dire Sono Qua, Siamo Qua, Siamo Una Famiglia di quelle normali, più o meno, siamo una grande fortuna, siamo un'azienda, un esercito, un plotone, una squadra di calcio, un equipaggio per la Luna. Siamo qui, c'è da parlare e da ascoltare, a medicare, piccole e grandi ferite di cuori e di anime, oltrechè di ginocchia, col monopattino giù dalla discesa. E per queste, un cerotto e un bacino, ma per le altre, Gesù, com'è difficile. Così, annaffio in camicia da notte le violette, la menta e le petunie del mercato, e penso fra me alle altre mie piantine, da accudire, da farci attenzione, da tenerci lontane le erbacce, di accarezzarne le foglie quando un pò si accartocciano su se stesse e un pò seccano e non ne vogliono sapere di fiorire, piantine così belle e colorate, così forti e così fragili che si innaffiano col cuore.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...