27 ottobre, 2008

Cuore d'autunno.


A trovarla. Una sola, valida ragione per uscire fuori dal letto e ciondolando mettersi sotto la doccia e lasciar scorrere l'acqua, guardandola senza infilarcisi sotto. Che si è aperta la finestra stamattina e persino l'ultima solinga rosa dell'aiuola si era arresa e aveva lasciato andare giù quei suoi petali arruffati, sono rose inglesi, mica normali, hanno i petali sfioriti appena in boccio, cioè sembrano, non che lo sono veramente, ecco. Sfacciata, fuori posto, quasi, troppo colorata fra tanto marroncino, e profumatissima, come a concentrare su di sè tutto il profumo delle altre non fiorite. Che mattina noiosa, che risveglio affannato, che ansia e paura, anche, ma di che? mi chiedo e chiedo, ma mi conosco così bene, io, più me lo chiedo e meno trovo la risposta, anzi, più me lo chiedo e più questo peso si fa più grande e ingestibile che nemmeno urlare, che nemmeno respirare a fondo, che nemmeno avvolgersi in una sciarpa leggera che si ci affondo la faccia ci sento il mio profumo e mi fa dire questa è mia. Niente. Ma sì che è la stagione, d'autunno non è in forma nessuno, d'autunno ci si sente tutti già un pò in letargo, d'autunno si è un pò tutti come le foglie del ciliegio, i petali della rosa solinga, si sta sù finchè si riesce, finchè si può, e poi ci si arrende, mesti, ci si lascia cadere giù svolazzando un pochino, sulle cortecce di pino, sul pratino con la brina, e si sta lì, a prendere questa pioggerella leggera, a pensare e a pensare e a non trovare nessun modo, nessuna strada, nessun valido percorso per riuscire a ritornare sù.

23 ottobre, 2008

Buona la prima.

E non faccia quella faccia. Si dia un pizzico, una scossa, infili, che so, due dita nella presa della cucina, per finta, mi raccomando, ma che almeno questo le serva per raccogliere i pezzi, darsi una sistemata, una spazzolata ai capelli, un filo di gloss, e via! Lo sanno tutti, sono giorni di rara pesantezza, di raro grigiore, ma quale raro, se la nebbia qui d'inverno c'è un giorno sì e l'altro sì, sono giorni di rara mestizia, di giramenti, di scazzi, mi aiuti a dire, che è mattino presto e non sente nessuno. Ma lei, suvvia, non si faccia prendere dalle cose terrene, elevi il suo spirito, faccia finta di nulla, non si lamenti sempre come una scolaretta, non frigni, non si piagnucoli addosso, non faccia sempre quella che deh, me sciagurata, non stia sempre lì a pensare, pensare e pensare, a farsi venire l'ansia, il batticuore, il battimano e pure il battiscopa, già che c'è. Non abbia lo sguardo sospeso, smarrito, non è mica Bambi, lei, non si faccia buggerare, turlupinare, fregare, insomma, reagisca, eccheccavolo, si dia da fare, no? Che il suo bel daffare, signora cara, o sì sì che ce l'ha, c'ha una schiera di figli che potrebbe fare Bradford di cognome, un bel marito impegnativo e sognatore, una serie di grane e di noie, piccole e gigantesche, da poco e da moltissimo. E poi, guardi le cose belle che ha qui fuori, ha le sue amiche, che qualcuna, lo avrebbe mai detto? si butterebbe pure nel fiume, per lei, e sacrificherebbe uno dei suoi preziosi pomeriggi per accompagnarla a risolvere un'altra bella grana, e sabato la gita Wool&Biscuits, e restanti cose. Insomma, non stia lì a menare il torrone (do you know "to men the torron"?) che il torrone, il Cielo ci ascolti, è già negli scaffali al supermercato con le renne e le candele rosse, e già tutto questo le dà, come la comprendo, un sottile senso di nausea e prurito diffuso, e quindi, alzi il suo fondoschiena assicurato ai Lloyds e si tuffi nel mondo che c'è fuori, che c'avrà pure la nebbia, le foglie secche e un cielo di menta ma che in fondo è pur sempre un mondo bellissimo e allora, motore, azione, e buona la prima.

21 ottobre, 2008

Le impronte delle nuvole.

Che belle che sono. Le guardo spesso, mi piacciono, anche se portano pioggia o vento o neve o gelo, chi se ne importa, le nuvole sono belle, anche se nere, anche se grigie, soprattutto se bianche, morbidissime, di panna e di cotone, non saprei. Sono giorni strani e difficili e faticosi e pesanti, di quella pesantezza che non si pesa sulla bilancia, perchè la spaccherebbe, credo, di quella grevità che non si misura, che non si tocca, che non si quantifica. Sono i pesi sul cuore. Sono quando qualcuno dei tuoi figli ha la testa china e le parole non gli escono, e tu a lambiccarti, a cercare con gli occhi di scavare negli occhi smarriti che ha, che cosa c'è, che sembra la domanda più ovvia, e niente la risposta più immediata. Ma niente come, se non parli, se non mi dici, se non fai lo scemo come sempre, se non corri per le scale, se non litighi con tua sorella, se, se, se. Sarà l'età, ti dici, il periodo, la scuola, magari qualche ragazza, un cuore spezzato a quest'età è una tragedia vera, chi non lo sa. Che indagine tremenda è scrutare il cuore dei tuoi figli, che grande impossibile impresa è camminare in punta di piedi nella loro anima, frugare i cassetti invisibili della loro testa confusa, a fargli prediche e discorsi e magari anche arrabbiarti e urlare e poi arrenderti alle lacrime improvvise e sfacciate, due soltanto, che scendono tonde sulla tovaglia. Passa, ragazzo dal cuore sospeso, passano i magoni e gli smarrimenti, passa il senso di inadeguatezza, lo sconforto e la malinconia. E passeranno questi giorni ingrati e impossibili e ingestibili e tristissimi, che ti fanno sentire così come credo che tu ti senta, che indovino perchè non me lo dici, ma lo so perchè ti ho fatto io, pezzettino dopo pezzettino, e so. Passeranno e andranno via, veloci, e tu nemmeno ti ricorderai di questi pomeriggi, sarai un uomo grande e bello e forte e le vicende di adesso, i magoni che ti squassano, la tristezza che non sai da che parte arriva, serviranno solo a farti diventare quello che sarai. Un colpo di vento, un lampo nel cielo, un attimo e via, nessuna impronta, nessuna traccia, come le nuvole.

19 ottobre, 2008

Ti abbraccio.

E no che non sono i biscotti, che non vengono mai, che è meglio comprarli, gli abbracci, a me i biscotti vengono male, non so. Sono gli abbracci quelli veri, quelli che adesso si mandano anche per telefono, ciaounabbraccio. Sono gli abbracci che passano dalle braccia, appunto, che partono dal cuore e ti fanno stringere chi hai davanti, dondolandola un pochino, coraggio che ce la farai, Mi Aiuterai? Certo che ti aiuterò, sarò qui vicina, mi dispiace di vederti così, Amica Delle Provette e di tante cose insieme, mi dispiace di sapere che sei così, perchè so bene come sei, come stai, che cosa provi. Gli abbracci scaldano, ti fanno bene, ti proteggono per un secondo, quando ti abbracciano socchiudi gli occhi e non guardi da nessuna parte, perciò per un secondo ti sembra di essere invisibile come i bambini che si nascondono dietro al tovagliolo e fanno cucù. E quando abbracci forse guardi nel vuoto, ci hai mai pensato, si possono fare due cose insieme ma abbracciare no, guardi un punto che non c'è, se ti chiedessero che cosa vedi diresti, niente, non vedo niente perchè non guardo niente, abbraccio e basta. E le cose che si dicono negli abbracci, le parole che non sente nessuno, quelle che si sciolgono nei maglioni e nelle sciarpe, sono parole segrete e soffocate, parole che si sentono appena ma che rimangono lì, così appiccicate, per giorni e giorni ancora. Abbraccio, questa amica del cuore che ha il cuore spaccato, la abbraccio perchè è triste, e ha bisogno di noi qui, in questa chiesa con l'organo silenzioso e l'odore di incenso. Noi, le tue amiche, siamo qui su queste sedie, un pò più dietro di te, che se ti volti ci vedi, con le parole soffocate che si dicono dentro agli abbracci e con gli abbracci più stretti, silenziosi e fermi, quelli che di parole non ne hanno nemmeno bisogno.

16 ottobre, 2008

Il restyling.

Ma sì, che ogni tanto ci vuole, c'è da rinnovarsi, cambiare un pochino. Non troppo, quel tanto che basta per respirare cose nuove e lasciare tutto come sta. Si può cominciare un pò dove si vuole, se da noi stessi propri medesimi o se da ciò che circonda noi stessi propri medesimi. Noi qui, si è cominciato da lì, è già l'incipit di questo scritto la dice lunga sul come sarà. Si è cominciato a rinnovare un pò casa, si sposta questo da sù a giù, mentre ciò che era sù lo si mette giù. Poi si cambia colore a questo qui, poi si crea un angolo intimo e accogliente un pò più in là. Le tende non so, quel quadro lì mi ha stufato lì dov'è, non si potrebbe mettere là? Si prova, si studia, ci si consulta, persino il talamo nuziale verrà cambiato, che indecisi siam su un letto serissimo e uno con la faccia di Diabolik e Eva Kant, non so proprio se riesco a spiegarmi per bene. Dopo aver approntato le modifiche alla casa ecco che ci si appresta alle modifiche personali. Non si cambierà colore, non si sposteranno le cose da sù a giù, non si creerà un angolo accogliente (!) ma ci si limiterà, con eleganza, a un taglio di capelli un pò diverso, sempre lunghissimi ma con qualche modifica, un massaggio rilassante, magari, un fard illuminante, al rossetto abbiamo già pensato, insomma, qualcosa che faccia subito novità. Il restyling personale è quanto di più consigliato e consigliabile possa esserci mai. Fa bene al cuore e allo spirito, all'anima e all'intelletto. Non ci trasformerà, ma almeno ci darà un pò di brio, una scossa leggera, una spintarella verso il meglio, verso un semplice benessere, una lieve sensazione di serenità. E se poi non assomigliamo per niente ad Eva Kant, beh, fa niente, dai. Gli uomini, si sa, preferiscono le brune.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...