12 novembre, 2008

Venti.


Inteso come numero cardinale.
Dedicato a tutti quelli che dicevano che da lì a un mese sarebbe finito tutto.
Non mi pare...

11 novembre, 2008

Pittore, ti voglio parlare...

...anche se a casa mia di altari, proprio non ce n'è. Quel che c'è è unicamente, con licenza parlando, un grande, grandissimo casino, dacchè non v'è nella lingua italiana un sostantivo che riesca a rendere così bene quel che vedo intorno a me. E' un pò come il gioco del 15, chi non se lo ricorda, quel quadratino con i numeri da spostare e sposta uno che metti a posto l'altro, alzi la mano chi non ci ha mai giocato. E' tutto un prendi di qui e metti di là, ma non in quel là, in un altro là, perchè Loro, i Pittori, passeranno anche da lì. E sposta e ammonticchia, e nascondi e svuota, e porta giù quel che è sù, e giù giù quel che è giù. Si staccano tende, si arrotolano tappeti, uno soltanto, in verità, ma l'ho spostato almeno una mezza dozzina di volte e l'uno soltanto diventa venticinque se continui di qui e di là. I figlioli guardano di sottecchi, aiutano un pochino, Serve Una Mano? senza troppa convinzione, che ancora non si rendono conto che razza di delirio sarà qui dentro fra qualche ora: unica certezza,stanotte, avranno ospite la Princi in camera loro. L'inizio dell'operazione è prevista nel pomeriggio, ma già da stamane ci saranno in giro scale e teli, latte e lattine. Certo, noi si guarda il senso dell'avventura. Che meraviglia sarà mai pranzare in camera da letto (già, ma quale) errare raminghi per cercare un rifugio dove passare la notte, svegliarsi e verificare con chi hai dormito abbracciata questa notte, se il tuo sposo o il pinguino della PrinciPeluche, in una sorta di confusione generale, una specie di Isola dei Famosi casalinga. Sopravviveremo, certo, e alla fine, stanchi ma felici, avremo tutta la nostra magione coloratissima, a righe e a pois. Suvvia, che il deliro abbia inizio. Ma sarò più serena quando tutto sarà finito. Già, ma quando?

10 novembre, 2008

Un giorno in più.

Di ozio, si intenda. Di nessuna sveglia che suona, di pigiama fino a tardi, che se ne sono comprati una quantità, ultimamente, chissà perchè ciclicamente mi vengono queste manie, 3 alla volta, con precisione matematica, trecuscini, trepigiami, trepentole, trelibri, mi dovrò in qualche modo far analizzare o psicanalizzare e fosse solo per quello, mi aiuti a dire. Un giorno in più, di ciondolamento senza fine alcuno, che si fa, si pranza o si fa merenda, dacchè i figlioli lontani son dalle patrie scolaresche e/o regie università, ben perciò di orari veri e propri ben pochi ve n'è. Ringraziando e osannando il nostro Santo Patrono, oggi alla casa sulla collina sarebbe festa. Dico sarebbe. Perchè, nell'infinita sapienza e magnificenza del mio Illustrissimo Sposo, egli stesso medesimo ben ha pensato in questi giorni autunnali che, deh, perchemmai non cambiamo qualcosa qui dentro, ove per qui dentro si intenda la nostra umile magione sita sulla collina? Massì, cambiamo qualcosa, che si fa, si sposta una poltrona, si compra un tappeto? Ennò, signori cari, ingenuo popolo dei miei assidui lettori, mica siam qui a smacchiar ghepardi. Noi, se si cambia qualcosa, si cambia per bene. Detto fatto. Quanto ci ha stufato quel colore violetto alle pareti e poi, così scontato, percaritàdiddio, così volgare. Noi qui, questa volta, si va sul blù, e sul rosso cardinale, che anche il nostro Regio Architetto ha detto che va bene, e allora, suvvia, è ben cosa da pochissimo, svuotare una cucina con diciotto (dicesi diciotto) coperti, per fortuna coperti raramente al gran completo ma efficienti alla bisogna. Che è ben un gioco da ragazzi, toglier via tutto dagli armadietti tutti in fila, svuotar il sito delle pentole e di quell'infinità di piatti e tazze e tazzine e posate e posatine. In questo modo svanirà il mio sogno di ozio, una specie di domenica regalata. Un simil trasloco mi attende, a scatole e scatoloni, chè domani i Regi Pittori raggiungerenno la mia magione che è già tanto bella così com'è, armati di pennelli e pennellesse, rulli e nastro adesivo, e giù di colori e porporina e io, estranea, raminga e solinga guarderò con mestizia il mio tavolo giacere sotto una coltre di plastica trasparente a gocce miste di vernici passate e mi farà malissimo il cuore a dire, ma poi, tutto questo chi lo sistemerà? Così, in questa infinita, disperata rassegnazione si dipanerà il mio mesto pomeriggio che ozioso non sarà per un bel niente. E tante grazie a San Baudolino.

06 novembre, 2008

Endorfinica.

Salutare. Che non è un verbo all'infinito, ma un un aggettivo, mi aiuti a dire. Benefico, corroborante, esaltante in un certo senso. Cosa c'è di meglio di una passeggiata di corsa, o di quasi corsa, insomma, la mattina presto, o quasi presto, sole, o quasi sole, con un cane pigrissimo al seguito. FInalmente, di questa pioggia battente non se ne poteva già più e poi fuori c'è lo spettacolo imperdibile delle foglie, dei guai che ha fatto il vento coi rami e ci sono quei colori da sottobosco e di fango e di rossastro e di giallino e di arancio un pochino. Così, io e lei, abbiamo preso il coraggio a due mani e quattro zampe, e via! Non un giro lungo, per carità, nemmeno mezz'ora, il necessario per respirare un pò di quest'aria frescolinissima, di questo odore di acqua, di terra bagnata, di funghi, ma dove, di nuvole e di castagne, di noci e scoiattoli. Certo, bisogna avere fegato: all'alba quasi, chi sarà mai quella sdilinquita che cammina a passo marziale con un labrador poco convinto al guinzaglio? Voilà, c'est moi! E dopo, a casa, quando ancora le tazze della colazione abbandonate sul tavolo mi hanno fatto capire che era ancora mattina prestissimo, che l'orologio del forno segnava le ottoezerotrè, che lei si è accasciata stremata sul suo materasso a roselline, mi sono sentita, come dire, frizzante e bella contenta, orsù, una doccia a completare l'opera e via, che già tutti sono al loro posto di combattimento e che adesso, di foglie e di funghi e di scoiattoli ne abbiamo avuto abbastanza e poi, si sa, il regale fondoschiena magari ne avrà giovamento e allora, signora mia, perchè non farlo, alla fine?

05 novembre, 2008

Decide il vento.


Smetterà, prima o poi. Ieri sera, il vento squassava le persiane e ha perfino piovuto dentro, pensa un pò, proprio come quando piove secco, di traverso, non so come dire, non diritto, dal cielo alla terra, un pò di sghembo, storto, appunto, di stratempo, direbbe mia nonna. Il vento sulla terra è diverso dal vento del mare, è tutto un sibilo, uno sbattere, un senso di inquieto e di film dell'orrore, mette un pò paura, anche se in fondo è bello sentire il vento dal letto, lo vedi, fuori fa freddo e noi qui, al caldo, asserragliati in questa casa sulla collina, senti le gocce sui vetri, se sei attento riesci anche a distingure le foglie che strisciano sul marciapiede, che ballano nel pratino, ma in fondo non sai mai bene se sono quelle cadute o quelle ancora sù, attaccate ai rami. Sibila, questo vento, scrolla i rami del pino più alto, fuori è più che buio, devi sforzarti per bene, guardando, perchè non ti accorgi se piove o cosa fa, nemmeno a guardare per terra, è lucido, è vero, ma non si vedono le gocce che cadono, magari ha già smesso. Faccia un pò quello che vuole, che mi importa, se piove o diluvia o cosa. Domani sarà qui presto e ho un sonno che mi si appicciccano gli occhi insieme. Sono belle le mattine dopo il vento, c'è un azzurro elegante che si affaccia dalle nuvole stracciate, arrese, forse, tanto che mi fa dire che sì, oggi non pioverà. Il vento, il re del cielo, ha questo potere misterioso, porta le nuvole cariche di pioggia e poi via, ho cambiato idea, sciò, sciò, coraggio, via! che quest'oggi voglio un bell'azzurro che guardi giù. Il vento, sovrano indiscusso decide lui tutto. sia che venga da terra, sia che venga dal mare.

04 novembre, 2008

E quantunque.

Beh, che dire, niente male. Niente affatto male. Poca pioggia, per cominciare, e un sacco di musei, per finire. Cose che coi figlioli si possono fare poco, e andiamo di qui, no, andiamo di là. In due, è facile approvare un progetto all'unanimità. In sei diventa complicato. Questo mini viaggio è stato bello. Dettagli, più avanti. Rientro piuttosto traumatico, in verità, solite le cose da affrontare, eppure quando sono soli si gestiscono così bene, i figli, dico, com'è che quando si arriva è tutto un dimenticare libri e cose, per non parlare del resto, criptato come si conviene, eppure si capiva che c'era qualcosa che non andava, ma cosa non era chiaro. Love affairs, si chiamano. E scusate tanto questa inflessione londinese, ma ben si sa, l'inglese si impara sul posto, non lo pensa anche lei? Che mattina barbosa attende la scrivente, a rassettare, riordinare, disfare la mini valigia di una mini vacanza, che era partita semivuota, la valigia, ed è tornata strastrapiena. E poi, verificare i danni. Piove di una pioggia maleducata e rumorosa, ci saranno mille racconti da fare e da ascoltare, mille e mille cose da fare, non si capisce bene se si è stati via una settimana, due mesi e cinque minuti, se i figlioli hanno tirato un respiro di sollievo o si sono divertiti come pazzi, se si sono sentiti persi, se han combinato guai o tutto insieme. Quel che c'è è che meglio darsi una mossa. Come on, si dice.

28 ottobre, 2008

Ode alla clementina.

E' incredibile come, ad occhi chiusi in un supermercato, ci si renda conto in che periodo dell'anno ci ci trovi, solo dal profumo che ivi ci si sente .Acquistare il primo sacchetto di clementine della stagione, quelli verdini di rete con i buchini per infilarci le dita, dà un piacere sottile. Ci si avvicina con entusiasmo, i sacchetti di tela sono lì, uno in fila all'altro, coi loro frutti lucidi e perfetti, tondissimi, profumati di inverno, di già. La Clementina, da non confondersi con la deliziosa bimbetta dai fulvi riccioli, figliola alla mia Amica Castellana, ha nella sua conformazione di agrume invernale, un che di taumaturgico. Miracoloso. Ella costituisce con garbo una piccola merenda sul tavolo della cucina, che con questa ora solare è già buiabuia alle quattro o poco più. La merenda dei figlioli, infatti, in questa casa, costituisce un piccolo briefing: si interrompono gli studi , le scelleratezze, e qualunque cosa li occupasse in quel momento, per scendere ui cucina, dare un'occhiata alle pentole per indovinare che cosa riserverà loro la cena di stasera, per ricordare qualche appuntamento con la scuola, per sentire insomma, che aria tira in casa. Si chiacchiera, con calma, nessuno deve andare da nessuna parte, stasera, nessun allenamento o lezione che sia. Così, si merendeggia. Una clementina sbucciata con religiosa precisione, prima la buccia arancio, poi quella sottilissima bianca, piano piano, che fretta c'è, e condivisa, magari, Me Ne Dai una Fettina? è un minuscolo momento di famigliare intimità, seduti al tavolo che ancora non è apparecchiato, con il vaso delle margherite e il cestino con le castagne. La clementina, sapiente mix di dolcezza e acidità, invidiabile connubio di zucchero e vitamina, in questi giorni sciocchi di sciocca ansia, è quanto di meglio per tirarsene fuori. E quando i figlioli tornano di sopra alle sudate carte, noi si potrà tornare ai fatti nostri, quell'armadio che, dannazione, proprio non ne vuol sapere di riordinarsi da solo, magari un pensiero alla cena, che ancora è presto anche se è buio e dovrei sciacquarmi le mani, ma ho questo profumo così buono che mi mette in pace e allora mi sa proprio che la cena aspetterà.

27 ottobre, 2008

Cuore d'autunno.


A trovarla. Una sola, valida ragione per uscire fuori dal letto e ciondolando mettersi sotto la doccia e lasciar scorrere l'acqua, guardandola senza infilarcisi sotto. Che si è aperta la finestra stamattina e persino l'ultima solinga rosa dell'aiuola si era arresa e aveva lasciato andare giù quei suoi petali arruffati, sono rose inglesi, mica normali, hanno i petali sfioriti appena in boccio, cioè sembrano, non che lo sono veramente, ecco. Sfacciata, fuori posto, quasi, troppo colorata fra tanto marroncino, e profumatissima, come a concentrare su di sè tutto il profumo delle altre non fiorite. Che mattina noiosa, che risveglio affannato, che ansia e paura, anche, ma di che? mi chiedo e chiedo, ma mi conosco così bene, io, più me lo chiedo e meno trovo la risposta, anzi, più me lo chiedo e più questo peso si fa più grande e ingestibile che nemmeno urlare, che nemmeno respirare a fondo, che nemmeno avvolgersi in una sciarpa leggera che si ci affondo la faccia ci sento il mio profumo e mi fa dire questa è mia. Niente. Ma sì che è la stagione, d'autunno non è in forma nessuno, d'autunno ci si sente tutti già un pò in letargo, d'autunno si è un pò tutti come le foglie del ciliegio, i petali della rosa solinga, si sta sù finchè si riesce, finchè si può, e poi ci si arrende, mesti, ci si lascia cadere giù svolazzando un pochino, sulle cortecce di pino, sul pratino con la brina, e si sta lì, a prendere questa pioggerella leggera, a pensare e a pensare e a non trovare nessun modo, nessuna strada, nessun valido percorso per riuscire a ritornare sù.

23 ottobre, 2008

Buona la prima.

E non faccia quella faccia. Si dia un pizzico, una scossa, infili, che so, due dita nella presa della cucina, per finta, mi raccomando, ma che almeno questo le serva per raccogliere i pezzi, darsi una sistemata, una spazzolata ai capelli, un filo di gloss, e via! Lo sanno tutti, sono giorni di rara pesantezza, di raro grigiore, ma quale raro, se la nebbia qui d'inverno c'è un giorno sì e l'altro sì, sono giorni di rara mestizia, di giramenti, di scazzi, mi aiuti a dire, che è mattino presto e non sente nessuno. Ma lei, suvvia, non si faccia prendere dalle cose terrene, elevi il suo spirito, faccia finta di nulla, non si lamenti sempre come una scolaretta, non frigni, non si piagnucoli addosso, non faccia sempre quella che deh, me sciagurata, non stia sempre lì a pensare, pensare e pensare, a farsi venire l'ansia, il batticuore, il battimano e pure il battiscopa, già che c'è. Non abbia lo sguardo sospeso, smarrito, non è mica Bambi, lei, non si faccia buggerare, turlupinare, fregare, insomma, reagisca, eccheccavolo, si dia da fare, no? Che il suo bel daffare, signora cara, o sì sì che ce l'ha, c'ha una schiera di figli che potrebbe fare Bradford di cognome, un bel marito impegnativo e sognatore, una serie di grane e di noie, piccole e gigantesche, da poco e da moltissimo. E poi, guardi le cose belle che ha qui fuori, ha le sue amiche, che qualcuna, lo avrebbe mai detto? si butterebbe pure nel fiume, per lei, e sacrificherebbe uno dei suoi preziosi pomeriggi per accompagnarla a risolvere un'altra bella grana, e sabato la gita Wool&Biscuits, e restanti cose. Insomma, non stia lì a menare il torrone (do you know "to men the torron"?) che il torrone, il Cielo ci ascolti, è già negli scaffali al supermercato con le renne e le candele rosse, e già tutto questo le dà, come la comprendo, un sottile senso di nausea e prurito diffuso, e quindi, alzi il suo fondoschiena assicurato ai Lloyds e si tuffi nel mondo che c'è fuori, che c'avrà pure la nebbia, le foglie secche e un cielo di menta ma che in fondo è pur sempre un mondo bellissimo e allora, motore, azione, e buona la prima.

21 ottobre, 2008

Le impronte delle nuvole.

Che belle che sono. Le guardo spesso, mi piacciono, anche se portano pioggia o vento o neve o gelo, chi se ne importa, le nuvole sono belle, anche se nere, anche se grigie, soprattutto se bianche, morbidissime, di panna e di cotone, non saprei. Sono giorni strani e difficili e faticosi e pesanti, di quella pesantezza che non si pesa sulla bilancia, perchè la spaccherebbe, credo, di quella grevità che non si misura, che non si tocca, che non si quantifica. Sono i pesi sul cuore. Sono quando qualcuno dei tuoi figli ha la testa china e le parole non gli escono, e tu a lambiccarti, a cercare con gli occhi di scavare negli occhi smarriti che ha, che cosa c'è, che sembra la domanda più ovvia, e niente la risposta più immediata. Ma niente come, se non parli, se non mi dici, se non fai lo scemo come sempre, se non corri per le scale, se non litighi con tua sorella, se, se, se. Sarà l'età, ti dici, il periodo, la scuola, magari qualche ragazza, un cuore spezzato a quest'età è una tragedia vera, chi non lo sa. Che indagine tremenda è scrutare il cuore dei tuoi figli, che grande impossibile impresa è camminare in punta di piedi nella loro anima, frugare i cassetti invisibili della loro testa confusa, a fargli prediche e discorsi e magari anche arrabbiarti e urlare e poi arrenderti alle lacrime improvvise e sfacciate, due soltanto, che scendono tonde sulla tovaglia. Passa, ragazzo dal cuore sospeso, passano i magoni e gli smarrimenti, passa il senso di inadeguatezza, lo sconforto e la malinconia. E passeranno questi giorni ingrati e impossibili e ingestibili e tristissimi, che ti fanno sentire così come credo che tu ti senta, che indovino perchè non me lo dici, ma lo so perchè ti ho fatto io, pezzettino dopo pezzettino, e so. Passeranno e andranno via, veloci, e tu nemmeno ti ricorderai di questi pomeriggi, sarai un uomo grande e bello e forte e le vicende di adesso, i magoni che ti squassano, la tristezza che non sai da che parte arriva, serviranno solo a farti diventare quello che sarai. Un colpo di vento, un lampo nel cielo, un attimo e via, nessuna impronta, nessuna traccia, come le nuvole.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...