24 giugno, 2009

Troppo mare che c'è.

Di un colore mai visto. Sono giorni turchesi, e bianchi, e azzurro intenso che non è turchese, ma quasi. Sono giorni di vacanza, lontani da casa, così lontani? da quando hai guardato per bene la cartina, accidenti, siamo lontani per davvero. Si mantengono comunque i legami con il mondo lassù, con i figlioli che studiano per gli ultimi esami e che tra poco saranno qui. Vacanza, che fa rima con relax totale, nessuna ansia, nessun pensiero. Già, questa poi. Non c'è modo di fare un bel pacco dei pensieri che ci restano appiccicati addosso e buttarlo in fondo al troppo mare che c'è, non c'è modo di allontanarli del tutto, sono lì, come panni stesi ad asciugare. Li ritrovi ogni tanto, a guardar lontano nel troppo mare che c'è, quasi non osi a dirti Sto Così Bene, pensieri e pensieri, e chi non ne ha. Ma qui c'è il grande vantaggio che puoi decidere se pensarci oppure o no, e puoi concederti i lusso di dire no, a questo penserò domani, fra un mese, chissà, perchè sarebbe peccato mortale pensarci qui e adesso, troppo turchese e troppo bianco, e bouganville e stradine strette, e casine di calce e chiese, così tante chiese che non ho mai visto tutte insieme. E allora, guarda avanti, nel turchese e nel vento, e regala questi pensieri alla corrente, alle onde rabbiose che si spaccano sugli scogli, lasciali andare, lontano, così lontano da non ritrovarli più, spariti, affondati, persi per sempre nel troppo mare che c'è.

22 giugno, 2009

Mykonòs.

Azzurro turchesissimo e bianco abbacinante. E, a volte, qualche bouganville. Fine. Quest'isola è così, bella bella, un pò troppo turistica, che forse ci piaceva di più quella selvaggia, ma è così strana e affollata, e si sente la musica greca un pò dovunque, e si potrebbe comprare una quantità di cose così belle, insomma, mi piace. SI è cenato su una piazza spazzata dal vento, con un improbabile , altero, non simpatico pellicano, tale Pedro, che passeggiava lì per lì, accanto a me, che ho paura anche dei piccioni di piazza Marconi quando compro la frutta da Sahid. La vera scoperta di oggi, la cosa mi fa essere così ridolina e ciarliera e un pò scema, anche, è un liquorino da bere ghiacciato, che sa di un profumo Etro che usavo tempo fa, che sa del ghiacciolo azzurro all'anice che costava 50 lire in latteria. Questo assenzio si chiama Ouzo, sembra essere il liquore tipico della zona ove mi trovo: và giù con una facilità estrema, tipo acqua del rubinetto, e un pò si annusa e un pò si beve, solo che dopo ci si sentono le gambe molli e un sonno, ma un sonno, e mentre lo dici ridi e ridi e i tuoi figli ti dicono Mamma Ma Stai Bene? e io sì, che sono lucida e presente a me stessa ma questa specie di oblio all'anice è una vera meraviglia e che bella che è questa Mykonòs, ma poi, Pedro, non è mica un nome greco. Sospendere l'Ouzo, efharistò.

21 giugno, 2009

Ci vuole.



Ci vuole eccome. Anche se non siamo in città, anche se non siamo nemmeno di Alessandria, anche se, anche se, noi qui sono giorni che questo Grigi Alè Alè ci rimbomba nelle orecchie, dacchè il Liceale e il suo Degno Compare che con noi dividono questo viaggio nella cultura greca (!) non cantano altro. Ben perciò, anche da quaggiù, da questa sperduta isola dell'Egeo, arriva il nostro supporto ai Grigi, che proprio oggi hanno una partita importante per passare in serie C o una roba del genere. Alla fine, mi sa che a furia di calciomercato, rigori e assist, e compriamo questo e vendiamo quello, mi hanno coinvolta. Un pò, ma mi hanno coinvolta.

20 giugno, 2009

Syròs, Ermoupolis.


Golosissime. Belle da vedere. A zonzo per questo paesino di cartapesta, bianco e azzurro, ma dai?, bello, bello, bello. Io non sono un'appassionata, nel senso che non è che ci vada pazza per queste cose, non ne so di venti e di mari, so soltanto le paure che mi fanno le burrasche, forse perchè non ne ho mai beccata nessuna, e per forza, che c'abbiamo una linea diretta con Nettuno là sotto, Che Vuoi Fare? Mare Calmo, please, Che ci Dobbiam Spostare. Io non so fare i nodi, a malapena il nodo piano, la gassa se ci provo una decina di volte, ma sono perdonata, credo. Io non so di venti e maestrali e meltemi e boline e laschi tranquilli e lasca e cazza, giuro, non è una parolaccia. Io non so di correnti e non mi vanto di saperne, se non ne so non ne so, fine. So però tutta la magia che c'è nell'arrivare in un nuovo porto, nel fare le due cose in croce che so fare, due, lo giuro, non di più. So la bellezza dell'acqua così trasparente che non l'avevo mai vista, so il profumo del mare che c'è qui, so che le lucine che si accendono improvvise, che non è ancora buio e tutto intorno sembra un presepe gigantesco. So che la notte mi sveglio e vado fuori e il cielo non è più un cielo, ma una specie di puntaspilli di velluto nerissimo e gli spilli sono un miliardo di stelle e stelline che così tante tutte insieme non le ho viste mai, o così di rado che non mi ricordo nemmeno. E allora, il non sapere di vento e di correnti, di nodi e di andature, non è mica così importante. Imparare? Sì, forse, non c'è fretta. Intanto, mi godo questo puntaspilli e questo profumo e questa Syròs che sembra bellissima con le sue chiese e i suoi profumi, i rosari ortodossi, le cupole azzurre, le scale di pietra e tutta la pace che c'è. Marmellate comprese.

19 giugno, 2009

A Wind Pork.

Così, in inglese, dacchè una vera signora non può farsi beccare in castagna a dire volgarità, ma il vento che soffia da queste parti da due giorni in qua è proprio quel che si dice un vento porco, e quindi, vabbè. Noi ben fermi che siamo qui davanti, noi e un'altra barchina che si vede laggiù laggiù. Stamattina giro in spiaggia ma c'è talmente un bel niente da vedere, che mi son dedicata con impegno e solerzia al riassetto del veliero. Lesta a sbattere i piumoni e i cuscini, a sistemare le stanze, a raccogliere briciole, ritirare i piatti lavati ieri sera. Durata dell'operazione tutta: undici minuti. E poichè qui ben si è ancorati, incollati e cementati, dacchè la nuova àncora non teme neppure i mostri a 8 teste, e non ci si schioda finchè tutto questo delirio non è un pò passato, ecchediamine, abbiamo mica chi ci insegue, la giornata di oggi, meravigliosa, tersa e luccicante, sarà dedicata ai compiti della vacanze, a letture di varia natura, magari brasandosi, protezione millecinque, cappelluccio tricot e burrocacao. Il vento porco ha i suoi vantaggi, in fondo.

18 giugno, 2009

La chiesa.

Non ci si fa mancare nulla quaggiù. Tanto per cominciare una colazione non proprio così buona, cappuccino, si chiama, ma per me che abituata son al cremosissimo cappuccino del mattino con le Amiche, quella roba che ho bevuto stamattina in una taverna affacciata sul porto, per la modica cifra di euro 3, no che non era nemmeno suo cugino, del cappuccino intendo. Poi, in ordine sparso son venute le urla del Capitano, toh, ancora non lo avevamo sentito, perchè qualcuno aveva rovesciato una cucchiaiata di cous cous nel frigorifero, che meraviglia. E di seguito, una bella passeggiata sù sù per la collina, sotto il sole cocente, in visita a un reperto preistorico che più preistorico non si può, e poi, via, raggiungiamo quell'altra baia e onde e staffilate di vento, e ussignur mi viene da vomitare e allora cantiamo che magari ti passa e infatti alla fine, eccoci qui, davanti a una distesa di candidi sassolini, in una baia riparatissima per la notte. E i progetti di pesca, dovremmo pescare la Balena Bianca e pure Achab con l'attrezzatura che abbiamo ma ahimè solo un avulso pesciolino dalla faccia seria seria, ah, e nel frattempo mi ha pure morsicato una vespa. Per oggi direi che è abbastanza. Ed ero pure passata in chiesa. Ma forse, le chiese ortodosse non valgono. Dovevano avvertirmi.

17 giugno, 2009

Kea.

Alla fine, il viaggio ha avuto inizio. Questo delirante itinerario che il mio Capitano oh mio Capitano ha studiato nei minimerrimi dettagli per tutto l'inverno, è finalmente iniziato. In verità, in verità ci dice, Egli, il Capitano, che sarà una roba strana, lontana come sarà dalle mete canoniche, dalla pazza folla, dai villaggi vacanze and so on. La Fanciulla ed io avevamo testè stanziato una piccolissima somma per comprarci un cappellino vezzoso, che so, un sandalino greco di quelli alla schiava che fanno la gamba affusolata e col suo perchè, inosmma, un quaccheccosa. Questo l'unico bazar che abbiamo trovato. Qualche vetusto cappellino di paglia, abitucci senza pretese, cestini di paglia ma abbiamo già dato. E quindi? E quindi, nulla. Ci si riposa prima della cena alla trattoria con la tovaglia a quadrettoni, souvlaki e moussaka come se piovesse, magari un accenno di sirtaky e un attimo di Papadoupolos (e qui terminano ahimè, le mie conoscenze della lingua greca) e la serata si concluderà a leggere un buon libro o a chiacchierare fitto con il resto della scombinata ciurma. Nessuna spesa folle, per il momento. E mi sa tanto che niente affatto sarà una vacanza di shopping. Così come pure mi sa che il Capitano, Mio Capitano, lo abbia fatto apposta. Ho come la sensazione.

16 giugno, 2009

Calimera.

Così si dice. Sappiamo quattro parole in croce, il Giurisprudente che ha fatto gli studi classici non è ancora qui con noi per aiutarci. Persino al supermercato la parola Melanzane è scritta in greco. Una meraviglia. Fermi per una meltemata, signora mia, che vuol dire un'indigestione di vento che si chiama meltemi, e che glielo dico a fare , so bene che non capirebbe e nemmeno capisce bene da che parte del mondo sono, lei non vede nient'altro che il suo balconcino, coi gerani e le lenzuola stese, la tenda a fiori dentro e verde fuori, il cestino per l'umido, la cassetta del gatto, la sdraio di plastica e lo zampirone per le zanzare, chissà come posso ancora perdere tempo con lei. Ma siam qua. Oggi grande gita senza vendita di pentole, bel sole a picco, ciurma affiatata e beneducata, rispettosa e ubbidiente, affamata come un esercito locuste, allegra e ciarliera. Si va di inglese, ma che bello dire calimera, calimera, ha un suono così bello e poi mi ricorda la moglie di Calimero. Gulp. Ho dovuto spiegare ai miei figlioli chi era Calimero. Devono aver pensato che la costruzione della foto l'abbiano progettata ai tempi miei. Ingrati fanciulli, ma non eravate beneducati e rispettosi?

13 giugno, 2009

Diamanti e stendini.

Niente è più prezioso. Si è dormito un pò di più, non molto, con la tonnellata di cose d fare, le pagelle, i libri delle vacanze, le cose, i giri. In anticipo comunque, su una rutilante tabella di marcia di questo ultimo giorno delle vacanze vere, quelle bianche e azzurre, quelle della crema solare, dei tuffi, del vento e delle onde. La calma della mattina presto nella casa in collina, si sorseggia insieme al caffelatte, col gatto che si struscia, le rose un pò passate ma meravigliose lì sul tavolo, un mazzo di lavanda che ogni tanto strofini e annusi, le ultime notizie, un foglietto dove scrivere le cose da fare, per non dimenticarne nessuna. Fuori, un profumo di menta e gelsomino, un sole brillante, che illumina il pratino tagliato di fresco e di fresco innaffiato, come se vi si fosse rotta una collana di diamanti, per dire, e sparse le pietre ovunque, luccicanti. Tutta questa poesia è lievemente alterata dallo stendino , che volgarità, dove l'ennesima lavatrice prima della partenza aspetta di asciugare, e il cinguettio delle cinciallegre è appena appena disturbato dall'odioso rumore della centrifuga di un'altra lavatrice che sorveglio, e che mi accingerò testè a stendere essa pure. Così, in questa beata calma apparente prima del delirio completo, meglio che finisca in fretta la colazione, che lasci perdere rose e lavande, diamanti e cinguettii, che tralasci con grazia immagini di romantica semplicità e, tacabanda, mi dia un mossa. Ben meglio sarà.

11 giugno, 2009

La fine.

Ma come, non è cominciata solo l'altroieri? Non è due giorni fa che è iniziata? No, bellezza, sono nove mesi o giù di lì, nove mesi di sveglie, carrucole per tirarli sù, giustifiche, libri dimenticati, voti, note, udienze che odio con tutta l'anima, quaderni, spartiti, ripassi, quei dannati PromessiSposi nelle vacanze di Natale, fogli da disegno che non compro mai quelli giusti, compassi e dizionari. Fine. da oggi pomeriggio, signori miei, si conclude questo delirio. Un giorno memorabile, dacchè di vera e propria seratona si parla, concerto sulla pubblica piazza e poi domani la cena di classe e poi ancora e ancora e ancora. E oggi, il Knit Cafè, l'ultimo per la Scrivente prima dell'estate. Insomma, c'è da fare. Noi qui ci si è organizzati per bene, si cerca di ammucchiare da qualche parte cose e cose da portare via, in vacanza, sono giorni che si stilano elenchi ben attenti a non dimenticare niente di indispensabile ed insostituibile, il piano ferie di questa scintillante famigliola è cosa da studiare con attenzione a tavolino, che la Chrysler di Marchionne è una partita a rubamazzo. Ben perciò, la fine della scuola arriva giust'appunto come una benedizione, ecco una cosa cui non dovrò più pensare da domani, da oggi, anzi, da questo preciso istante che è l'ultimo giorno di scuola e che domani dormiranno finalmente e io non dovrò chinarmi sui loro letti con baci e pazienza prima, e poi sgolarmi dalle scale, Siete Svegli??? Insomma, si starà meglio. Ma. C'è sempre un ma alla fine di ogni anno, è vero, appena iniziata si aspetta che finisca, ma poi, alla fine, si è contenti sì, ma di quella contentezza che non si chiama proprio felicità, di quella allegria controllata, sì, finisce la scuola, va bene, però un pò mi dispiace e poi quei tigli lì davanti lungo il viale, che mi ricordano gli stessi delle elementari, quando uscivano col grembiulino e le trecce, dovrebbero farli fiorire a dicembre, i tigli, e sarà per quello che li associo sempre alla fine della scuola e a un pò di malinconia, un pochino mi dispiace, non so bene come e perchè, ma mi dispiace e forse, dico forse, un pò dispiace anche a loro, e sono certa che sia così, ma loro non me lo diranno mai ma io so, loro sanno che io so, e allora va bene.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...