21 settembre, 2009

Un regalo.

In anticipo di un pò sulla data del mio compleanno. Lo volevo da un pò. E adesso eccolo qui. In valigia, 3 libri, un lavoro a maglia e pochissimo altro. Perchè nient'altro mi servirà. Peccato il tempo schifido, ma sarò troppo impegnata a farmi pasticciare per avere il tempo di guardare fuori dalla finestra. Tornerò bell'e riposata, liscissima, come nuova. La Direzione ringrazia il Regio Isoscele Sommo Altissimo Profeta per cotanta benevolenza. E che adesso, con tutto l'amore e l'ossequio e la deferenza, giri lui come una trottola. Illustrissima e Regia, s'intende.

Non è più tempo.


Senti? Piove. E' da stanotte, da ieri sera, che mi sono addormentata di schianto, è stata una settimana lunga e faticosa, chissà come la stanchezza viene fuori sempre alla fine, quando ti fermi un pò, la domenica. Senti? Piove. E poi è stato un fine settimana un pò insolito, io e lei da sole, ho sempre così voglia di fare la figlia ogni tanto e la faccio così poco, così mai, che quasi mi dimentico di esserlo ancora, una figlia. Ho riscoperto gesti antichi ai quali non sono più abituata, il suo modo di girare quel suo ragù meraviglioso, che a me non verrà mai come il suo, eppure è uguale. Il suo sedersi sulla punta della sedia, il suo modo di legarsi il grembiule. Io non sono come lei, e questa lontananza di anni e chilometri non fa che accrescere la diversità, l'arrabbiarmi così tanto per certe cose che non comprendo, il suo schierarsi sempre e comunque da una parte sola, il suo non voler sapere quasi niente della vita che ho. Certo, mi manca, e anche se ho imparato negli anni a farne a meno, qualche volta mi verrebbe così voglia di sedermi con lei, e affidarle il mio destino, raccontarle le mille cose che mi girano nella testa, se ho paura o sono felice, o angosciata o entusiasta. Non è più tempo. Delle confidenze in bagno, della complicità che c'era, di quando al telefono la scambiavano per me. E rimane solo il tempo che passa, la consapevolezza di aver perso dei giorni preziosi, le porte sbattute in faccia, sulla mia, l'amarmi, certo, ma nascondendolo così bene che quasi non me ne accorgo. Ha perso tanto di me, della mia vita, dei miei figli e della mia storia, che pure ha inventato lei, e io non so se è colpa mia o colpa sua, e vorrei rimediare e cambiare tutto e ricominciare da capo, e ancora raccontarle e confidarmi, ma sarebbe un altro peso sui pesi che ha già, certo che non mi dimentico quanto ha sofferto, ma lo abbiamo fatto insieme e sembra non ricordarlo più, che il suo dolore era anche il mio, e allora che non si preoccupi per me, che per me mi preoccupo da sola, che alla fine una strada la trovo come sempre, e che a lei racconterò solo le cose che la fanno ridere, e quel che vuol sentire, perchè sono una donna fatta, ormai e ho imparato a non piagnucolare e che di consolarmi e difendermi e starmi vicina, forse non è più tempo.

19 settembre, 2009

Facce da knit.

Eccoci, alla fine. Raggiunte dalla delegazione torinese, con figliolanza al seguito, in un bel pomeriggio di sole, che ci ha permesso di stare bell'e apparecchiate di fuori, bell'e rilassate, belle, non c'è che dire. Diciamo che è stato un pomeriggio movimentato, per la scrivente. Figlioli chiusi fuori di casa, gatti da ritirare dal veterinario, l'Amica Milanese alla quale ho fatto da TomTom per arrivare fino a noi, la coperta fedifraga che non mi veniva manco a piangerci cinese. Insomma, un bel momento. Nessuno si è fatto scalfire dalla mia agitazione, emmenomale, abbiamo fatto progetti, ammirato estasiate i lavori di tutte le altre Primissime della Classe. E io, io sono quella dell'ultimo banco, quella che non gli viene più il Magic Loop, quella che la Zimmerman la odia, quella che si imbelìna (si può dire?) con segnapunti e affini, quella che avrebbe bisgono di un minimo di ripasso prima di affrontare un lungo inverno di knittaggio, quelle che sono tutte più brave di me, quella che non ha ancora provato a fare la Baby Surprise Jacket e invece le altre galline, dall'Amica delle Perle, a quella delle Provette, a Biancaneve stessa, la fanno sbadigliando davanti alla tv dicendo pure Uff, che noia. Senza contare i veri pezzi unici di Clarissa in Fuga, che dice che dalle parti sue, negli USA, va di moda così, e noi lì, a mascella scesa, a chiederci, invidiosissime, ma come diavolo si farà. E' stato uno splendido pomeriggio, che si è concluso a notte fonda, ore 22,35, con la pizza al volo e chiacchiere aggiunte. Bello. Peccato per chi non c'era, ma intanto, le iscrizioni sono già aperte per il prossimo. Ho un piano: mi dimenticherò i ferri a casa e farò finta di nulla. Perchè io, quasi quasi, quelle brave brave non le faccio più amiche. Così imparano.

16 settembre, 2009

Ossì.

Fatevi un nodo da qualche parte, segnatelo sul Blackberry, un post it, dietro alla lista della spesa, appiccicatevelo allo specchio. Domani, stesso posto, stessa ora, come si può agevolmente leggere nel calendario a fianco appositamente stilato, per vostra comodità. Domani ci si trova, si racconterà, si mostrerà, si imparerà, si insegnerà, si scambierà, si chiacchiererà. Di trecce e questioni spinose, di aumenti e faccende torbide, di magic loop e affari importanti, di cose disfatte di punti sbagliati, di misure prese male. E' incredibile come la maglia abbia affinità con la vita di sempre. Noi là saremo, al solito. Cuore di Maglia cresce e cresce. E il nostro gruppo magico, quasi come il loop, cresce insieme a lui.

15 settembre, 2009

Non passa.

Ha un esame domani. Ha studiato poco e lo sa. Me lo dice, anche. Ma non è solo questo. E' triste, da due giorni in qua, inconcludente, insofferente, silenzioso. Non è da lui. Non chiedo, giro intorno, faccio tentativi. Abbiamo aggiunto una coperta al suo letto, mi ha aiutato. Si è fermato di scatto e mi ha abbracciato forte, quasi mi fa male, con quelle braccia robuste che ho fatto proprio io. Mi abbraccia così solo quando piange. E infatti. Non chiedo. Non chiedo ma so. Io Non so Come Fare, Mamma, Ho Dei Pensieri Assurdi. E io so. So di che pensieri si tratta, che fa questo mio figlio, so di che burrasca tremenda è pieno il suo cuore, a volte meno, a volte di più. Oggi, di più. So di quel suo dolore, so di quelle lacrime ricacciate giù tante volte, o lasciate scendere quando nessuno vede, quando sono tra loro, tra amici, alle panchine. So che ne parlano tanto, ancora e sempre. Piange. Piange le sue lacrime di diamante che non vorrei vedere mai, che strazio per una madre un figlio che piange, soprattutto se da dire non c'è nulla, proprio nulla. Provo, azzardo un discorso strampalato, il senso della vita , il ricordo in chi resta, e l'amore, l'amore che è l'unica strada, l'amore che consola e scaldae accarezza e fa sentire più forti anche quando senti di non farcela più. Mi arrabatto, cerco di uscirne, in qualche modo, ma com'è difficile, e faticoso, sento le parole pesanti e senza senso. Si asciuga goffo gli occhi con la manica, lo fa sempre, e in questo gesto ritrovo il mio bambino a tre anni, eccolo qua. Come sarebbe semplice se ancora avessi tre anni, figlio, come sarebbe liscio e senza ostacoli il mio consolarti, il mio soffiare sul ginocchio, il mio fazzoletto bagnato sulla testa, il mio massaggio alla pancia. Passerebbe subito. Così no. Io non sono brava a consolare e non trovo le parole giuste, mai. Questo, poi, è un nodo tanto grande e impossibile da disfare, che nessuno al mondo sa darti la strada, la soluzione, un fazzoletto bagnato per sollevarti, accudirti e stringerti, e scolorire un pò questo dolore che non passa.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...