20 novembre, 2009

Il cuore che salta.


Salta eccome. Tintinna, come le charms dei braccialetti, come i campanellini. Rotola, fa strani giri su se stesso, si raggomitola in un angolo, si nasconde, qualche volta. E poi sta lì, seduto, a sonnecchiare, come in castigo, come chiuso in una stanza, è difficile da dire. Al mondo non esistono ammaestratori di cuori, nel senso che non c'è nessuno, ma proprio nessuno che può dire a un cuore, Ecco, Fai Così. E non esistono Manuali per Cuori, ne ristamperebbero milioni di edizioni, Manuale per Cuore Stanco, Manuale per Cuore Triste, Manuale per Cuore Innamorato. Non so che manuale scriverei io, questa mattina. Forse nessuno, forse tutti e tre, magari anche per cuori scemi, preoccupati, insonni. E ridicoli, buffi, smarriti. Il cuore di ciascuno è uno strano, beffardo muscolo, non sai mai che sorprese possa riservarti, in un banalissimo venerdì, che hai dormito poco e nemmeno tanto bene, che ci vorrebbe una gru questa mattina per sollevarti in alto, e non importa se soffri di vertigini e a guardare giù ti senti male e ti vien voglia di buttarti di sotto. Sì, va bene che la vertigine non è paura di cadere eccetera, però, a lui, al cuore, chi glielo spiega che stamattina non ho niente che funzioni a dovere, che il mondo fuori da questa finestra non mi interessa, che ho tanti pensieri confusi e aggrovigliati, che sono così brava a sciogliere i nodi e ho un sacco di pazienza ma che stamattina strapperei giù tutto e butterei via, nell'indifferenziata, tutto, il gomitolo dei pensieri, le cose da fare, gli scontrini che ho in fondo alla borsa, i biglietti dei parcheggi, questa malinconia stupida e leggera, questa non voglia di alcunchè, e questo cuore, sciocco cuore di donna aggrovigliata, arrotolata su se stessa, assurdo cuore che salta e che ride e che solo un attimo dopo è lì in un angolo a guardare nel vuoto, le foglie secche e la tempesta nel bicchiere.

19 novembre, 2009

La filosofia della coccinella.

Che buffi esserini, le coccinelle. Strano poi che vengano in mente in una stagione come questa, non è che di coccinelle è pieno in giro, chissà cosa ho sognato questa notte per svegliarmi pensando alle coccinelle. Strana filosofia, la loro. Scelgono un posto e ci stanno un pò, con piccoli passi precisi fanno pure un giretto. Poi, sall'improvviso, come se fosse loro squillato il telefono, senza un motivo apparente, puff! volano via. E' una mattina tranquilla, per una mezz'ora scarsa, in realtà, ma ci si può concentrare un pochino e fare le cose con calma, di schizzare fuori dalla porta, coi capelli bagnati e mille cose da fare, già in ritardo prima ancora di cominciare, oggi non se ne ha voglia. Così, ci si bea di questi minuti regalati, si leggono i giornali, e ogni tanto si guarda fuori dalla finestra, il pino dell'aiuola grande, che se si vede, vuol dire che non c'è la nebbia e se non si vede, invece, vuol dire che c'è. E' una mattina lenta, centellinata, di solito il giovedì è un giorno così, ci si prende un attimo di respiro, di quiete, ci si dedica alle cose semplici, di quelle che non si deve necessarimente correre di qua e di là, o se proprio si deve, si cerca di correre piano, una cosa alla volta, in pace, come i passi precisi e minuscoli delle coccinelle. Le mattine come questa sono gemme preziose, brillantini trovati per terra, da rigirare piano tra le dita, con calma. Si pensa meglio, si fanno le cose meglio, e anche le decisioni prese in mattine così hanno un altro sapore, un altro significato, una specie di valore aggiunto. Non che non corro questa mattina, mi regalo il lusso di fare le cose che piacciono a me, una volta ogni tanto, che male c'è. Così, la giornata già da subito sembra più luminosa, cosa importa se poi le cose che dovevano essere 3 saranno millecinquecento. Farò mia la filosofia della coccinella. Calma e tranquillità. Se poi si deve volar via, beh, sarà un attimo.

17 novembre, 2009

Tiffany scopre i cavalli.

Deliziosa lo è. Un pò petulante, qualche volta, dispettosissima, snob, principessa, altezzosa. E bella, bella da morire. Stamattina, nella quasi quotidiana passeggiata sulla collina, questa cosa che non è cane, non è gatto e che non sa nemmeno lei bene che cosa è, ha scoperto i cavalli. Ed è, com'è ovvio che sia, uscita di senno. Ora, vàlle a spiegare che i cavalli sono mansueti sì, e se ne stanno lì nel loro recinto al maneggio ai piedi della collina, belli e pacifici a brucare l'erba con la rugiada, che si sa, è quella più ambita, ma che se si imbizzarriscono, i cavalli medesimi, e si stufano di avere intorno un fagotto di pelo che abbaia e abbaia, essi, appunto, ne possono fare polpette di un Cavalier King petulante. Nulla. Non ha voluto sentire ragioni. E ci ho messo una buona mezz'ora a chiamarla, e richiamarla, e a dire, Dai, Che Ho Freddo e devo tornare in casa, perchè il giro in collina si fa vestiti da casa e col piumino, senza calze, ovvio, e c'è la rugiada e la brina e sì che affondo la faccia nella sciarpa ma non basta. E allora, sbrìgati, cagnino minuscolo che scompari nell'erba alta, e che corri, corri, con le orecchie che ti girano a elica, guarda che ti dà una pannocchia, non erano la tua passione, fino a due minuti fa? La mattina volge al termine, si è fatto molto, in verità, progettato, scritto e persino, bleah! stirato e una mezz'ora persa nel Prato Grande, con l'erba bagnata, le foglie cadute e un cielo discreto, ma dimmelo tu che male può fare.

Stelle a manciate.

Stanotte, sì. E lo so che non è agosto e non si è in mezzo al mare, che di solito, è da lì che si guardano, o coricati nel patio di casa, i ragazzi in gruppi sparsi alla vedetta, da dove si sorvegliano gli incendi, è il punto più alto di quel luogo che si adora, l'estate, nell'Isola che era Atlantide, lo sai? lo ha detto anche Voyager, ieri sera. E' insolito, vederle qui, le stelle che cadono, e stasera, si dice, ne cadranno una quantità tale che sarà uno spettacolo vero, bellissimo, inusuale, anche se succede ogni anno, il diciassette novembre, maddai, sai che non lo sapevo? Si organizzerà una piccola spedizione, forse uscire nel pratino non basterà, se spettacolo deve essere, chessìa, nella collina dietro la casa, nel Prato Grande, o alle Rose Selvatiche, laggiù, accanto all'Alloro Gigante che sembra una Sequoia, non è di nessuno e nessuno lo taglia mai, è enorme, disordinato, bellissimo. Farà freddo, stasera, ma in grazia di Dio quel che non ci manca sono sciarpe e sciarpone, di ogni foggia, filato e qualità, a ben pensarci ne potrei vendere, se volessi, ma le ho messe già e hanno ancora il mio profumo, non si fanno mica regali così. Di stelle ne cadranno a tonnellate, esclusive, riservate, per chi non soffre il freddo e guarda pochissimo la televisione, per chi si incanta a guardare il cielo, la Luna, le nuvole che corrono, per chi annusa il vento e ama il rumore delle foglie calpestate, della pioggia sul terrazzo e contro i vetri, per chi guarda l'alba e si affascina e innamora, ogni volta un pò di più. Per chi come me si sveglia e sorride, per chi ha un cuore colorato che salta gli ostacoli e la paura, per chi esprime desideri impossibili, guardando le stelle d'autunno.

16 novembre, 2009

Ode al melograno.

E' un frutto così superbo, austero, nella sua complicata semplicità. E' un controsenso di frutto, ha un colore così insulso, dorato, beige, non si capisce, beh? non è che in questo autunno scombinato hai pure disimparato a distinguere i colori? E' un colore senza senzo, il melograno da fuori. Certo, che scoperta, non è mica da guardare da fuori, ma da dentro. Ci vuole mestiere anche ad aprire un melograno, non è che prendi un coltello e voilà, ci vuole arte, cura e tenerezza, non è da tutti. Il melograno lo apre uno solo dei commensali, di solito, e uno solo basta per tutti, facciamo due, se a tavola siede un reggimento come quello che occupa la casa in collina. Non occorre tanta scena, il melograno si mangia con le mani, si succhia perlopiù, non è che abbia un gusto così deciso, ci sta bene nell'insalata ma solo perchè ha un bel colore, per il resto non è determinante. La disposizione dei chicchi mi ha sempre affascinato, messi lì per bene, con ingegnerisitica precisione della quale ne sono totalmente e assolutamente priva. Perciò mi affascina. Così mi innamoro dei chicchi messi in bell'ordine, di quel rosso rubino che incanta, di quel gusto sottile di selvatico e corteccia, dolcissima, certo, ma aspra, e acidula, qualche volta. Sorprendente melograno, scrigno fatato di gioielli perfetti, lucido frutto di questo autunno scombinato e perfetto, caldo e nebbioso, pigro ed esaltante, un controsenso, pure lui.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...