E' un frutto così superbo, austero, nella sua complicata semplicità. E' un controsenso di frutto, ha un colore così insulso, dorato, beige, non si capisce, beh? non è che in questo autunno scombinato hai pure disimparato a distinguere i colori? E' un colore senza senzo, il melograno da fuori. Certo, che scoperta, non è mica da guardare da fuori, ma da dentro. Ci vuole mestiere anche ad aprire un melograno, non è che prendi un coltello e voilà, ci vuole arte, cura e tenerezza, non è da tutti. Il melograno lo apre uno solo dei commensali, di solito, e uno solo basta per tutti, facciamo due, se a tavola siede un reggimento come quello che occupa la casa in collina. Non occorre tanta scena, il melograno si mangia con le mani, si succhia perlopiù, non è che abbia un gusto così deciso, ci sta bene nell'insalata ma solo perchè ha un bel colore, per il resto non è determinante. La disposizione dei chicchi mi ha sempre affascinato, messi lì per bene, con ingegnerisitica precisione della quale ne sono totalmente e assolutamente priva. Perciò mi affascina. Così mi innamoro dei chicchi messi in bell'ordine, di quel rosso rubino che incanta, di quel gusto sottile di selvatico e corteccia, dolcissima, certo, ma aspra, e acidula, qualche volta. Sorprendente melograno, scrigno fatato di gioielli perfetti, lucido frutto di questo autunno scombinato e perfetto, caldo e nebbioso, pigro ed esaltante, un controsenso, pure lui.
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