07 agosto, 2011

Bella.


Gavino, l'Agavino.

Inteso come piccolo agave. Sottratto un pomeriggio di calma piatta, durante un'incursione al forte abbandonato a Punta Rossa di Caprera, due anni fa. Lui, Gavino, era il quinto di dieci fratellini, cresciuti alla rinfusa tutto intorno a Mamma Agave, maestosa e fiorita, nei pressi della Stazione Torpedini, un magazzino militare della Seconda Guerra, abbandonato e meraviglioso, una delle cose che più mi affascina di qui. Che male farò mai, mi sono detta, ce ne sono così tanti che anche se ne prendo uno... Errore Madornale, sibilò in Giardiniere, guardandomi malissimo, dell'Isola non si tocca nulla, dalle tartarughe alle piante grasse, agavi compresi. Ho chinato il capo, sentendomi in colpissima. Ma ho cresciuto e accudito Gavino come fosse uno dei miei figlioli, sistemandolo con grazia dapprima in un bel vaso con le conchiglie,  annaffiandolo con cura e mai, mai, mai trasportandolo in continente, lasciandolo qui sulla sua Isola Magnifica, all'ombra dei corbezzoli e dei mirti. Stamattina, poi, ho visto che il delizioso vaso gli stava diventando stretto, dacchè un altro piccolo Gavino ero spuntato accanto al papà. Così, con l'auto del Senior Ing., sbarcato da pochissimo, Gavino ha trovato posto nella sua terra, così come piace a lui, soleggiata e rocciosa, perfino un pò asciutta, in fondo al giardino, che ora ha, come quasi tutti i giardini della Costa, anche i più abbandonati e affascinanti, il suo bell'agave. Anzi, due. Gavino Senior e Gavino Junior. Uhm, mi ricorda qualcosa. 


02 agosto, 2011

L'Odore del Sole.


Si è camminato per un sentiero scosceso, conosciuto da pochissimi, anzi da quasi nessuno. Io me lo ricordavo, c'ero venuta tempo fa, un paio di volte, via terra e via mare, che è una cosa troppo differente e non è che se sai la strada via terra trovi facilmente un posto via mare e viceversa. Si è costeggiata la spiaggia semi affollata, non è mica il 2 agosto se guardi la gente che c'è, nessuno o quasi. Si è sceso per il sentierino, il mirto e i rovi a graffiarti un pò le gambe, le braccia, a impigliarsi nella gonnina tricot color amaranto. Si è trovato una spiaggia deserta, ma non con poca gente, proprio desertadeserta, solo noi. Avere per sè un tratto di sabbia e scogli e mare è puro lusso. Stare in spiaggia mi piace. Leggo, faccio la maglia, sto sdraiata ore ad ascoltare i rumori di fondo, la voce del mare, il rumore delle onde, l'odore che c'è. Annuso anche me che so di sole e di sale, e di Nivea della scatola blu e piatta, quella che mi mettevo anche a Sori, con mia cugina Elena, che era grande e bellissima, e aveva un bikini arancione che ancora mi ricordo e le invidiavo molto, io, che avevo ancora i costumi di spugna e la canottiera a righe rosse. Mi annuso e so di estate, da quando ho letto Suskind faccio attenzione anche all'odore che sento su di me, misto di limone e di vaniglia, che si mescola con l'odore dell'asciugamano, ammorbidente, forse, e del balsamo di ieri sera, e se sto attenta, anche del dentifricio di stamattina. Tutto l'insieme fa l'odore della mia estate, di una calma che non oso pensare, non oso mettere a fuoco, per paura che la calma si trasformi in un istante in tempesta di quelle toste, in mare in burrasca con tre ondine, tendente all'agitato, cioè il caos. Ho un libro che leggo distrattamente, uno scialle color corallo che va avanti con studiata lentezza, ma resto qui, sdraiata ad annusare, annuso intorno e annuso  me, e so che quel che sento più di tutti è sì la Nivea e il balsamo e tutto il resto, ma  più di tutti so di sole, di pensieri dorati,  di piccolissimi momenti di beatitudine perfetta, di piccolissime gioie, non troppo vivaci, non troppo chiassose, di una semplicità perfino noiosa, che adoro, di un sole profumato che sembra solo per me.

31 luglio, 2011

Lentissimo.

Un work in progress di un vaso, è la grande mania del momento, fra le Amiche del Knit, una focaccia al rosmarino nel forno, la frutta fresca, un vento sottile, sottile, ecco, è la parola giusta, che un pò c'è e un pò non c'è, a raffiche, si dice, oca, si ma le raffiche vanno veloci e queste raffiche qui sono una specie di carezza, non gli schiaffi delle raffiche, quelle vere. Lentissima domenica di mare e di nulla, fra poco la spiaggia ma con calma, si metterà nel cestino una bottiglia ghiacciata che si scioglierà piano sotto il sole, si proverà a fare un altro bagno, ma l'acqua del mare è ancora più ghiaccia di quella della bottiglia, non si sa come, quest'anno è freddissima, e chi lo sa. Lentamente, lentissimamente si alzeranno tutti quanti gli abitanti di questa casa, stamattina alle cinque qualcuno cucinava spaghetti e rideva sommesso nella cucina, che hanno lasciato uno specchio, c'è da dirlo. Lentamente si cambia colore, cambia la luce degli occhi, cambia persino il modo di guardare lontano, le rocce e il mare e ancora più in là altre rocce e altro mare, giorni in fila, azzurri e ventosi. Che siano semplici, che siano tranquilli e normali, senza grandi scosse, con mare e vento in forma variabile, con sabbia e sole in forma costante, pigri e lentissimi, come questo qua.

27 luglio, 2011

Anche se piove.

La pioggia non è uguale da nessuna parte al mondo. Nel Monferrato, a Londra, a Parigi, la pioggia è diversa. Qui è più diversa. Nel senso che è proprio pioggia, cioè sì, piove, ma è come se piovesse mare, come se tutto intorno fosse fatto d'acqua, ritornasse acqua, dalla distesa che si vede a colazione, alle bolle che fa sul terrazzo, perchè è così che piove, diluvia proprio e non è importante, ci sono le sedie da asciugare e allora sei lì, sotto la pioggia, la camicia da notte appiccicata, i capelli fradici, senti perfino il rumore delle gocce addosso, ma fa niente. Se piove qui, fai cose che se piove a casa nemmeno ti sogneresti di fare. Qui è un bel giorno. I Giovinastri dormono e dormono, rientrati all'alba come da tradizione, le Fanciulle sono sveglie da pochissimo, questa casa è a metà fra una colonia elioterapica e una famiglia allargata, ci sono figli dovunque, zaini dovunque, telefoni e cose, ma è tutto sotto controllo, tutto regolare, tutto un insieme di Ti Dò Una Mano, una divisione di compiti mai vista nemmeno nel team più affiatato e senza nemmeno bisogno di chiederlo. Per parte mia, mi beo. Di questi figli miei, la cosa migliore che abbia mai fatto in vita mia, i miei capolavori, diamanti purissimi e rari, lo so che è normale, i figli sò tranci e' pizza, lo sanno tutti, però ogni tanto bisogna anche dirlo, facciamo una volta all'anno. E mi beo anche degli amici dei figli, educati e bellissimi, ieri sera prima della festa erano così belli tutti che li fotografavo a raffica, nel mucchio, Ma Che Belli Siete. Anche se piove in questa casa c'è una luce che non si capisce da dove venga, c'è calma e caos, c'è pace e delirio in gusta misura, e rido così tanto al loro parlare, ai loro modi di fare, di essere che mi sembra di essere un pò una di loro, anche se ieri sera ho fato loro le raccomandazioni sulla porta, pure a quelli ultraventenni, Maestri di Sci e quasi Architetti, che mi guardavano con un'aria strana, Ti Rendi Conto Quanti Anni Ho? Non fa niente, ti conosco da quando avevi 5 anni, ti sei perfino rotto un polso a casa mia, sei anche tu un altro fratello, un altro figlio, come tutti quelli che ho qui. La luce di questa casa forse è un sentimento, forse un affetto invisibile, un calore sottile, che si annida fra i cuscini, si nasconde nel rosmarino, e piegato insieme alle lenzuola tutte uguali, un mantello che avvolge e scalda, anche se non lo vedi, anche se non lo sai. Anche se piove.

26 luglio, 2011

Diciotto.



Il colore dei pensieri.

Ci è voluto qualche giorno. Non certo ad ambientarsi, qui si arriva e si è subito sul pezzo, come dire, è come se mai si fosse andati via. Ma ci è voluto del tempo. A realizzare, a verificare lo stato delle cose e forse, ancora meglio, il proprio stato d'animo. Come se si volesse davvero essere sicuri di stare bene, prima ancora di ammetterlo anche solo a se stessi. Si è stati prudenti, di una prudenza che si è nutrita di sonni lunghissimi e di silenzi, stando ben attenti a non fare guai, come in allerta, come quando la notte si sente un rumore e si sta lì, senza quasi respirare e ci si chiede Cosa E' Stato, salvo poi scoprire che è stato uno scricchiolio senza importanza, un rumore da nulla, e ci si riaddormenta beati e il giorno dopo nemmeno ci si ricorda. Questi primissimi giorni sull'isola sono stati così. Guardinghi. Ho fatto da sentinella ai miei pensieri, li ho esaminati per bene, ho voluto vedere davvero di che colore fossero prima di tirarli fuori, e adesso che so che è un colore che mi piace, posso lasciarli liberi di andare dove vogliono. Potranno scegliere. Se accoccolarsi sul prato davanti casa, che era perfetto e lucidissimo fino a due giorni fa e che la visita di un'intera famiglia di cinghiali ha trasformato in una specie di campo arato di fresco. Potranno scegliere la via del mare, la spiaggia più ventosa, quella che quasi non  riesci a tenere gli occhi aperti e ti senti il vento addosso che ti spinge e ti trattiene, a secondo di come ti giri, e alza insieme goccioline di mare e granelli di sabbia che non distingui, se mare o sabbia. Potranno nascondersi dietro le dune, giocare con le onde, o spalmarsi sulla spiaggia, come in attesa, come a dormire, come a dire, Di Qui Non Mi Muovo. I bei giorni d'estate forse sono iniziati, l'inverno complicato ce lo si ricorda appena. Ora, ci si permette il piccolo lusso di pensare solo a sè, presto la faccia color seppia diventerà di un bel colore dorato, e dorati saranno anche i mie pensieri, qualcuno viola chiaro, qualcuno rosa, qualcuno di un blù un pò verde, un pò turchese, come questo mare che amo. I pensieri sono lì, si spingono fra loro per uscire fuori, sono lucidi e luminosi, di un colore che mi piace. Li lascio liberi, sapranno loro dove andare.

21 luglio, 2011

Via.

Non mi piace dirlo. Ma la sono. E anche tanto. Sono stanca. Non mi piace perchè è una frase che non ha risposta e io stanca non la sono mai. Mai. Gli ultimi tre giorni sono stati un delirio, anzi no. Non so nemmeno io come sono stati veramente perchè non ho avuto nemmeno il tempo di guardarli bene, presa com'ero a fare e fare e fare, che nemmeno me ne sono accorta. Succede sempre, ma quest'anno di più. ora, mi aspettano un pò di giorni belli, calmi, tutti in fila, fatti di niente, di beato niente. Le valigie non sono ancora pronte, cioè c'è un mucchio di vestiti ammonticchiati di malagrazia sul tappeto, nemmeno tanti, qualche camiciola, due golfini, e poco altro. E un sacco pieno pienissimo di cotone e lane pregiate, e schemi e pattern, una specie di lista dei desideri, il che significa, avrò una bella vacanza rilassante se riuscirò a riportare pochissimi di questi gomitoli a casa. Ho bisogno di giorni puliti, non so come dire, di sciacquarmi, di scrollarmi di dosso un inverno appiccicoso, ho bisogno di dormire senza svegliarmi ogni momento e guardare fuori, ho bisogno di pace, ma di silenzio, ma anche di confusione e di musica e di rumore, ma devo essere pronta a sentirlo e non deve infastidirmi. Se lo farà, vorrà dire che non va bene. Ci penserà il mare, ci penserà il vento, ci penserà il profumo del mirto, dell'erba, della sabbia e del sale. Mi laverà il mare, mi asciugherà il vento, e  solo a scriverlo sto meglio, solo a pensarci sto meglio e a pensarci bene non sono poi nemmeno così stanca.

19 luglio, 2011

Ode al Tratto Pen.


Che mi piacciano le cartolerie non è mistero. Che non è la stessa cosa della corsia del supermercato, quella riservata a penne e quaderni, dove di solito mi reco ad annusare la Coccoina. Oggi, i servizi che avevo da fare in città, perchè così qualcuno chiama far le commissioni, mi ha richiamato all'interno di una bella cartoleria del centro, quella dove vado a fare i fax, dacchè in casa nostra la parola fax è bandita dal lontano 1991, e si considera tale pratica obsoleta e assurda, tanto che, se proprio vi punge vaghezza di vedere il mio Illustrissimo e Degnissimo Sposo imbufalito, provate a dirgli Mi Faccia Un Fax. Qualche volta la mia Amica delle Perle viene in mio soccorso e mi manda qualche fax sottobanco, al mercato nero, una roba del genere. Fatt'è che in cartoleria mi trovavo e aspettavo il mio turno. Ho passato in rassegna le stilografiche, che anche quelle mi piacciono parecchio dai tempi della mia bella Pelikan Rossa, classe II A, Scuola Elementare Statale Giuseppe Maria Giulietti, eccetera. Le scatole di pastelli, le risme di carte colorate, i bigliettini di compleanno e poi. Li ho visti. Erano lì, nei loro bei contenitori rotondi. E li ho riconosciuti. Il Tratto Pen è una scoperta di metà anni 70 credo, non sono andata ancora a cercare quando siano nati, in realtà. So solo che me ne sono innamorata da subito: blù, rosso, e verde, il nero no, non ne ho mai avuto nessuno, non mi piaceva. Ci ho scritto di tutto. Il diario, per cominciare. E gli appunti, quadernate e quadernate di appunti. Addirittura, una volta ho fatto anche un tema scritto in verde, e mi è stato detto che no, non si poteva, ma io, candida, ho ribattuto che me ne ero accorta solo a metà della stesura e allora. Ci ho scritto un sacco di lettere. E cartoline, quando ancora si scrivevano le cartoline dal mare, dalla gita. Ho firmato i diari degli altri, le fotografie di classe, ma che orribili si è mai nelle foto di classe. Col Tratto Pen rosso scrivevo dei bigliettini che ripiegavo in quattro e affidavo alle preziose mani della Silvia, che andava al Liceo. Si dà il caso che al Liceo ci fosse uno dei miei sciagurati amori , quello dei 15 anni, e la Silvia aveva il compito di recapitargli le mie missive. LaSilvia, proprio lei, con l'articolo, che conosco tante Silvie, ma solo lei è LaSilvia. Che un pò mi dispiace di aver perso per strada, e sì che ci siamo incontrate ancora con tutti i figli, ma chissà come e perchè, alla fine non ci sentiamo più. Il Tratto Pen è un credo, una dottrina, un modo di essere, prima che un modo di scrivere. Un pò retrò, ha un suo rito, perchè non è penna e non è pennarello. E poi, ha il cappuccio. Che si deve togliere con grazia, e non con le mani, con la bocca. e va tenuto lì, fino alla fine dello scritto. Se no, se lo togli e lo lasci in giro, addio Tratto Pen. Oppure, se proprio si è troppo educati per non tenere un tappo in bocca, lo si rigira con stile fra le dita, per concentrarsi meglio, per sapere bene bene che cosa scrivere e come. Il Tratto Pen ti dona una scrittura tonda e buffa, che scivola via, più veloce della PennaBicPuntaFine. Di TrattoPen, questa mattina, ne ho comprati una manciata: rosso, blu, verde, ancora e poi viola e arancione e fucsia. Adesso devo solo decidere con quale colore scrivere. Come che cosa. Una lettera. Una lettera alla Silvia. Per dirle che la penso spesso e che le voglio sempre bene. Sempre. Fin dai tempi del Tratto Pen.

18 luglio, 2011

Strana? Ma no.

Che questa non fosse un'estate come tutte le altre, lo si era capito da un pezzo. Nel senso che erano i tempi che non combaciavano. Che non si fasavano. Che non erano allineati. Si passava da caldi torridi a temporali da salti nel letto, ma quello, in realtà, succedeva un pò tutte le estati. Solo, un pò più tardi. E poi, c'erano valigie da preparare e da disfare, come gli altri anni, del resto. Solo, un pò prima. O un pò dopo. E poi c'erano i libri da prenotare, ovvio, questo rimaneva uguale. Anzi no, da un bel pò non si avevano due licei, due corsi scolastici uguali, lassù, nella Casa in Collina. Insomma, riflettendo sulle sorti umane e cosmiche e sul senso della vita, Ella si accingeva ad iniziare una settimana all'insegna del corri di qui e passa di là, quattro giorni non sono molti per fare duemilacinquecentoquarantatrè cose ma, alla fine, uno deve farcela. Così si stilano elenchi di ThingsToDo, che appena ne cancelli una con sollievo e dici Ok, Fatto, subito ne devi aggiungere altre due/tre al fondo e allora la lista non finisce mai, e allora così non vale, ma a pensarci bene questo, solo questo, succede proprio tutti gli anni, d'estate, e allora non c'è nulla di strano, nulla di fuori dal normale, uno corre e corre, e fa e fa, in quattro giorni quel che riesce. Al resto, mi aiuti a dire, si penserà poi.

13 luglio, 2011

Il cielo che avvolge.

Che strana mattina, lassù, nella Casa in Collina. Ci sono strani colori e strani sentimenti, e strane cose da fare, qui si assiste, ormai è vacanza conclamata, si assiste e basta, chi lavora, chi studia, chi tornerà presto, chi alla fine pitturerà. Si è usciti sul mezzogiorno, non che facesse caldo, ma c'era quell'aria strana di melassa, appiccicata, quel senso di pesante sulla testa e tutt'intorno, si corre sì, sullo sterrato, sul sentiero, sulla stradina di ghiaia, si prova perfino a correre nel grano, quello appena tagliato, il contadino non c'è, è un bel rumore quello del grano tagliato da poco. Il cielo intanto guarda giù, senza colore e senza forma, senza nessun messaggio per me e per nessuno, senza nuvole, senza niente. E' una strana sensazione, quella di quando senti che sta per piovere ma che sai che poi alla fine nemmeno pioverà, è una continua attesa, allora, piovi o non piovi? così ci togliamo il pensiero e la finiamo qui. Invece no. Il cielo si allarga sempre di più, diventa cupola e coperchio, fondina a proteggere la scodella del latte dai moscerini, e ti avvolge ma non di un abbraccio, sarebbe troppo bello, ma di una pellicola trasparente e invisibile, che ti fa muovere a fatica, valigia all'aeroporto, avanzo nel frigorifero. Attenta, attenta davvero, corri un pò più forte e non farti catturare, il cielo va più veloce di te ma tu hai scarpe con stringhe magiche che riescono anche a sollevarti, dove necessario, e corri, corri più che puoi, la pellicola non ti prenderà, non ti costringerà, non ti fermerà, corri, sciocca, scappa finchè sei in tempo, passa dal frutteto che la strada è più corta, lo senti, una goccia, cinque gocce, dieci, mille. Alla fine, hai visto, piove.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...