21 maggio, 2012

Se non piovesse.

Pesante. Un fine settimana come non ce ne dovrebbero essere mai. Che se non piovesse, ti chiederesti perchè non lo stia facendo, così ho letto su Twitter. Ore tristi, segnate da una specie di peso, di malinconia impercettibile, non tanto perchè non si senta ma perchè non sai bene da che parte arrivi, certo che lo sai invece, dalla tv e dai giornali e dalle cose che senti e dai pensieri che non finisci, a metterti nelle situazioni degli altri, se fosse successo a me, a pensare e adesso, non importa tanto chi è stato, importa cosa ho fatto, chi si è portato via, la forza della natura e la malvagità degli uomini, gli uomini malvagi non è vero che esistono solo nelle favole, ci sono, ci sono eccome. Ci si raccoglie, ci si stringe alle cose e alle persone care, si chiamano i figli per sapere dove sono e quando tornano, come se fuori ci fosse pericolo, come se averli a casa ti facesse stare meglio, state qui che fuori piove, che fuori è buio, che fuori la terra trema e scuote, che è un sabato triste per tutti, che aveva solo sedici anni, che era una ragazzina come te. Ci si crea in questi casi un bunker di affetto e di vicinanza, si sta tutti insieme in cucina, e se qualcuno è sparso lo si va a vedere spesso, studi? una fetta di torta, vuoi un caffè? e  loro ti guardano e sorridono, Tranquilla Mà, sanno come sei, sanno cosa pensi, e il loro sorriso dice che sì, lo sanno eccome e che ci hanno pensato anche loro e che domani a scuola ne parleranno tanto e che, e che. Fuori piove e piove, il vento dei giorni scorsi ha frantumato il vaso della lavanda e i cocci sono ancora lì, sparsi nel pratino inzuppato. E' la malinconia a farti circondare di cose, a mettere le candele nei vasi vuoti della marmellata, i tuoi gomitoli, niente tv se non un film vecchissimo di quelli restaurati, chiacchiere sottili sul divano di casa. Ci si tiene stretti, agli altri e alle cose, si cercano risposte che non arriveranno mai, è domenica ma sembra un giorno senza nome, di quelli che non vorresti sul calendario, in un mondo arido e cattivo sembra così strano pensare che le lacrime di chi non ha più una casa potrebbero essere le tue, e quel padre distrutto col maglione blù mi verrebbe da abbracciarlo fortissimo ma non saprei che cosa dire, nè cosa fare, e a lui và il mio rispetto e il mio stupido pensiero, in una domenica terribile per tutti, dove tutti si sentono così incerti e in pericolo, una domenica che a casa tutti bene, certo, ma che se non piovesse, ti chiederesti perchè non lo stia facendo.

18 maggio, 2012

L'astronave.

Partirei. Così, senza biglietto, senza check-in, forse solo un bagaglio piccolo, una piccolissima borsa, quella con i cupcakes disegnati che mi ha cucito Miranda, uguale a quella di Cristiana. Ci metterei dentro una maglietta e una felpa, nello spazio farà freddo, lo spazzolino, un libro, già ma quale, il mio profumo, una mela. Partirei, un'astronave mi aspetta giù, in fondo alla discesa, vicino alle benne della plastica e del vetro. E' parcheggiata lì, ha una spia luminosa che gira, proprio in cima, illumina a tratti la strada, a tratti i campi da tennis, a tratti quell'aiuola che mi si stringe il cuore ogni volta e che trovo assurda e inutile e così insignificante, per il suo significato così terribile e per quel dolore ancora così presente, negli occhi di mio figlio grande, quando se ne parla, passa veloce come un'ombra in quegli occhi di sottobosco e io che sono sua madre lo so e lo sento che è così . L'astronave mi aspetta, non ho tempo di scrivere ancora, certo non starò via molto, ma avrei proprio voglia di guardare tutte le cose dall'alto, volare via, alzarmi piano e vedere la terra che si allontana, diventare tutto un puntino laggiù. Andrei lontano, lontano dall'IMU e dallo spread, dalla cucina in disordine, con la processione delle formiche che va a finire dove non so , ma chi telefona alle formiche per dire che proprio lì c'è il barattolo dello zucchero. Andrei lontano, chissà come si vede da lontano la Casa in Collina, con i fiorellini ai davanzali e quella distesa di rose profumatissime, ne ho già colte un sacco e disseminate un pò dovunque, perfino in bagno, sui libri, sulla scrivania dell'Illustrissimo, nelle camere dei ragazzi. Andrei lontano, guarderei dall'oblò, lo so bene che le astronavi non ce li hanno i finestrini, si guarda giù facendosi scudo con le mani, dagli oblò non si guarda fuori come dalle finestre, è tutt'altra cosa. Si vedrebbe anche il mucchio delle scarpe smesse, della Princi e mie, in questi giorni è di moda rifare gli armadi, che è una pratica che mi intristisce, comincio di gran lena e poi mi intristisco via via, e mi viene male a pensare che dopo, tutto quello che tiri fuori va rimesso dentro o perlomeno, gli và data un'altra destinazione, ma io mi separo a fatica dalle scarpe, e farei come faceva Caterina, che ho conosciuto bambina e ritrovo donna fatta, che  fotografava le sue scarpine, prima di buttarle via o regalarle.  La mia astronave parte fra pochissimo, dicono che pioverà, vedrò i lampi e i tuoni sul mio giardino e anche sul mare, che non è mica così lontano da qui. E' un'astronave speciale, faremo un giro su una stella, quella più vicina, voglio vedere se c'è davvero la polvere luminosa, ho con me un barattolo, ne porto via un pochino e torno presto, giusto in tempo per cena, ho voglia di volare e guardare tutto da un'altra prospettiva, da un'altra situazione da un altro mondo che invento lì per lì, dicono che pioverà ma da che mondo è mondo, alle astronavi, che piova o no non gliene importa nulla.

13 maggio, 2012

Il vento della domenica.

Una vera e propria tempesta, un vento così forte come non si vede spesso qui sulle colline, al massimo un pò di brezza profumata, niente di più. La domenica più ventosa del mondo, accade oggi, lassù nella casa in collina, dove una raffica ha fatto rotolare il vaso dove era appena stata piantata la lavanda, disintegrandolo. Un vento che è entrato di nascosto ma nemmeno tanto da una finestra lasciata socchiusa nella camera di uno dei ragazzi, portando con sé rametti e foglie, batuffoli di pioppi che vagano da giorni, perfino petali di rose. Un vento che sibila da sotto la porta, sembra sempre ci sia qualcuno che voglia entrare, è tutto un carezzare la porta d'ingresso, toccarla appena, ti vien da guardare e dire chi è. Non risponderà nessuno. Il vento non risponde mai. Puoi chiedergli qualsiasi costa, il vento ascolta è basta e parla parla parla, ti racconta da dove viene e da dove va, ma non ha nessuna risposta per te, nessuna certezza, nessun sentimento. Puoi provare a sedurlo, puoi sederti davanti alla finestra, indovinarne le traiettorie invisibili,  la strada che fa, abbracciando il pino, scuotendo il ciliegio passando dall'acero e poi tornando indietro a spettinare l'erba, prima di qua e poi di là, ma le sue strade non si capiscono mai, non si comprendono mai fino in fondo e quando ti sembra di averlo in pugno ecco qui, si calma un secondo, non sibila più, non canta, non tocca la porta, sussurra e basta. Ti Ho Preso, puoi pensare, ma non dura molto. Un secondo dopo eccolo di nuovo, a tormentare l'aiuola, a fare danze impossibili sulla siepe che si arrende, a far finta di nulla piegando le ortensie, sottomesse. Ancora non so dire se il vento mi piace oppure no, forse mi piace quello che lascia dopo, la pace, il silenzio e anche i rami spezzati, vuol dire che è tutto finito, tutto passato, e forse quando è andato via un pò mi manca, peccato, mi piacevano i suoi giochetti in giardino, avevo tante cose da chiedergli, ma tanto, lo sanno tutti, il vento non risponde mai.

07 maggio, 2012

La Primavera Non Si Tocca.

Questo mi ha detto poco fa, il mio figliolo mediano, quello che dovrebbe avere l'esame di maturità, quello spettinato, quello magrerrimo, quello bellissimo. E' vero, la primavera non si tocca, alla fine arriva, nonostante tutto. Arriva coi suoi profumi, coi colori nelle vetrine, i sandali, i vestitini di voile, e arriva anche nella testa, nel modo di pensare, di porsi, di prendere le cose da un certo lato, i sentire. E' una giornata magnifica da queste parti e lassù, nella Casa in Collina, si è già avuto modo di riempire ben 3 volte l'Abiurato Stendino, perchè, come ho già detto, se stendi di fuori ormai il più è fatto. E' incredibile come il sole, la luce, il profumo dei fiori condizioni la vita di ciascuno. Tutto ci sembra già essere un pò più facile, un pò meno pesante, qualsiasi cosa sia. Basta pochissimo, le prime rose che sono già sbocciate nell'aiuola, le foglioline verdissime, sono già state colte e sistemate nel Riciclato Vaso della marmellata, ingentilito da un nastrino di raso color crema. Il silenzio di questa casa è una medicina per animi acciaccati, per ansie immotivate, adatto a lenire tristezze che vengono da lontano, pensieri al nero di seppia, pesi sul cuore che fanno male e via così. Si è sistemato tutto per benissimo, comprato una scatola colorata per i gomitoli da tenere accanto al divano, persino un piccolo regalo per un'Amica, non dirò quale, sarà una sorpresa nella sorpresa, un pensiero piccolissimo di poco valore, ma non per questo meno prezioso. Ci sono giorni che sono lenti che fanno fatica a passare ed è questa la loro bellezza chiara: ci si sente un pò miracolati, salvi da un naufragio, magari fra poche ore si sarà nel  mezzo di una tempesta, ma che importa, in fondo, qui e adesso sono le parole che vogliono cucirmi addosso, senza pensarci troppo sù. Stasera per cena l'insalatina fresca del contadino, la finestra che dà sul giardino socchiusa, spiando la luna per essere la prima a vederla quando appare, le rose sul tavolo, la tovaglia profumata, asciugata di fuori, ma guarda, è già ora di tagliare il prato. L Primavera Non Si Tocca. E già.

02 maggio, 2012

Il Cielo al Mirtillo.

Si sente il bisogno, ogni tanto, di nascondersi un pochino. Di concentrarsi un pò sulle cose vere, sulle persone, sulle sensazioni, su sè stessi. Si pensa che aver sempre tutto sotto controllo ci renda perfetti e potenti e invece qualche volta bisogna lasciare andare un pò le cose come devono andare, sbattiti di qui e di là, tanto poi le cose fanno sempre come vogliono loro, in un certo senso, e il tuo sbatterti non sarà servito a un bel niente. Son stati giorni di vacanze lente lassù, nella Casa in Collina. Non si è andato da nessuna parte, se partire si intende prende un volo, una macchina, una barca e via. Ci si è coccolati un pò con le persone care, tutte tutte, si è trascorso del tempo insieme a chi ci piaceva, a chi ci piace di più in assoluto, si sono fatte piccole, piccolissime gite, un giro di shopping, tante chiacchiere con le Amiche, si è perfino sfidato il diluvio per andare a vedere da vicino come si fa a tingere la lana con i colori naturali, e colà si è incontrato, anche se  per pochissimo, gente che ci piace. Mi sono nascosta dai giorni pesanti dei mesi scorsi, mi sono nascosta bene, non so se riusciranno a trovarmi. Ho imparato delle cose, ho pranzato sola con i miei figli maschi e mi sono sentita come al Pub Britannia 25 anni fa, ho provato trucchi con mia figlia e mi sono resa conto di quanto sia uguale a me, non soltanto per gli occhi, che peraltro ha verdi e non castagna, ma insomma. Ho avuto giorni di una serenità pacata, morbida, senza scosse, di seta. Ho scoperto che a riguardare Insonnia D'Amore per la centesima volta ti vien voglia di ritornare a New York. Ho definitivamente conclamato il mio amore per Baricco. Il cielo di oggi è un gelato al mirtillo, un pò viola, un pò bianco, variegato, non piove ma sta per. Se guardo bene, laggiù in fondo, lontano, c'è un sorriso azzurro, uno squarcio nel cielo di un turchese che ci vorrebbe uno smalto, così. Mi sono nascosta bene, i pensieri pesanti non mi troveranno e se lo faranno,  mi concentrerò su quell'azzurro, lontano, ma nemmeno poi tanto, e li spazzerò via.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...