09 giugno, 2015

Corri.



Corri
così tanto da perdere il respiro
e il sentimento
da stravolgerti
da sentirti velocissima e leggera
e tenere, tenere la strada, tenere il ritmo, senza ridere con le tue amiche, che loro tra un pò ti mollano e volano, a farne 10 in meno di un'ora.
tu no
corri, corri forte, parti bene e dopo un pò  fai finta di non sentire che non hai più gambe, non hai più niente, non senti nemmeno se fa caldo o no,se hai sete o no, se vuoi fermarti o no,  ti guardi intorno e ti dici, SonoProprioIo, SonoProprioQuestaQui, qui e adesso.

così, corri e basta

forse, non sei più nemmeno tu a comandarti, ma la strada, l'asfalto, il cielo e tutte queste squinternate con la maglia color albicocca con la Tour Eiffel disegnata sopra, sono loro a spingerti, e quelli lungo la strada che gridano, e guardi in sù, i palazzi, i gerani, le bolle di sapone che ti sparano contro.

e non pensi più
non ragioni più
non sai nemmeno più chi sei, anzi sì

Sono una che vola
sono una che ha lasciato da qualche parte un fardello più grande di lei e corre, corre e basta, corre senza pensare a niente, una che corre e non sa dove, ma sa già che dove arriverà sarà un posto bellissimo.

Che bei giorni sono quelli che passi lontano anche da te
lontano dalle cose
lontano dai pensieri e dalle menate.

torneranno tutte, una dopo l'altra e forse anche di più, 
per ora, le ho lasciate da qualche parte che non ricordo, forse le ho nascoste in una siepe o non lo so.

per adesso, non ci penso e volo,
non respiro e volo
corro e volo







04 giugno, 2015

Se riesci.

Non è mica detto.
Provaci, e vedrai.
è il solo modo che hai per vedere se ci riesci veramente

Nessuno ha detto che sarebbe stato semplice.
Nè che lo sarà
Devi solo provarci. Provarci e riprovarci.
E ogni volta, scoprire che sì, alla fine ci riesci.
Ci riesci sempre.
ma non è che ne hai sempre voglia.
di riuscirci, intendo.

Passi attraverso foreste e giardini fioriti, tra fiumi limacciosi e ruscelli trasparenti di sassi lucidi
passi dall'inferno alla luna, e dalla luna di nuovo all'inferno, dal mercato del pesce alla boutique di Tiffany sui ChampsElysées. Dai chiodi alla seta, dal pane vecchio alle ostriche. Che nemmeno mi piacciono.

Passi, apparentemente indenne attraverso giorni che sembrano immobili e invece corrono più di te, che lavi i vetri anche col sole, non lo sai che non si fa, che ti fermi a guardare la luna alle 4 del mattino, che c'era ancora, e allora erano le 4 di notte, la luna c'è di notte, non di mattino.
Passi notti che dormi pochissimo, che leggi, che guardi fuori, passi giorni che non sai nemmeno come hanno fatto a passare, se eri proprio tu quella lì, lo vedi, ci sei riuscita,  chi l'avrebbe mai detto.

Non voglio più continuare a riuscirci.
Voglio sedermi e dire basta, che qualcuno faccia le cose al mio posto mio, come quando non è il mio turno a sparecchiare, Chi Cucina Non Sparecchia è la regola di questa casa e vale sempre, da sempre, con chiunque. Così, chi soffre non ha da piangere, chi sta male mercoledì  non è che debba stare male anche giovedì, è la regola, chi si sente perso la mattina è vietato che vi ci senta anche al pomeriggio.
E' impossibile, è un ritmo troppo teso, non ce la fa nessuno.

E invece, ci riesci tu.

Hai la medaglia d'oro, argento e bronzo, tutte insieme, vinci tutto in queste cose, sei sdraiata sul podio, e occupi tutti i gradini, hai vinto tutto, nessuno come te.
Occorrerebbe che ti dessi un tono, che dicessi, no oggi no, che imparassi a dare alle cose la forma giusta che hanno, non quella della tua mente stolta, del tuo cervello liso, della tua anima strappata, rattoppata mille volte. 
E male, lo sanno tutti che non sai cucire.

Provaci.
provaci ancora
Prova ancora a sollevarti, a guardare nella direzione giusta, da dove arriva il vento giusto che ti fa andare di bolina stretta, che ti fa volare, farfalla stropicciata, intrappolata nel retino o fra due mani chiuse, senza polverina sulle ali, non è mica quella che fa volare.

ma tu provaci
vediamo se ci riesci






01 giugno, 2015

I Dolori che Sai.

Sono improvvisi, troppo rapidi da gestire.
Troppo veloci per capirli bene.

Arrivano in giorni che sono un pò di festa, di vacanza di sicuro, arrivano all'inizio di quella che dovrebbe essere una bella estate.
Ognuno, si comporta con essi come può, come sa.
Come gli hanno insegnato.
Come a sua volta, insegna.

Sono in questa casa che mi ha visto bambina ribelle, la più piccola dei cugini, quella un pò fuori, sempre.
Quante cose belle in questa casa con le rose, gli alberi da frutto, i gerani ordinati e fioritissimi.
Anche adesso, che lei non c'è più. Da ieri.

Sono venuta in questa casa per abbracciare forte le persone che ha lasciato qui andando via, nemmeno convinte, nemmeno ben consapevoli. Smarrite. L'Ha Fatta Grossa, Stavolta.

Ci sono dolori che non vanno via.
Restano lì, non li senti per un pò e tornano a galla con altri dolori, mancanze che si sommano ad altre mancanze, quante, nella mia famiglia di prima, ed è il giro normale delle cose della vita, certo, ma se succede troppo presto, con le mancanze e coi dolori ci hai a che fare da subito, ne diventi esperta.
E non va tanto bene.

Questa casa ha pezzi della mia vita, sparsi, nelle fotografie, nelle persone che sorridono dalle cornici, dal mobile della sala, dove si pranzava la domenica, ogni tanto, o quando venivano in visita gli zii da Genova,  l'insalata russa, la 600 celeste, i miei quaderni di prima elementare da portare in visione, come a dire, E' Scellerata, Ma è Ordinata e Scrive Bene.

La casa dei miei zii era enorme, in quel corridoio lunghissimo abbiamo fatto gare di scivolata, ci siamo avvolti nel tappeto, abbiamo rotto un vaso prezioso, mio cugino ha pensato anche alla vetrata, esibendo poi con orgoglio una ferita sul braccio, ricucita in ospedale. Un evento, per l'epoca.

Non è cambiato tanto.
Oggi c'è un pò più di silenzio, odore di fiori e di non sapere tanto che cosa fare.
Ma da fare non c'è niente.
Ci sono dolori nuovi che ne riportano altri, così vicini che ti sembra di toccarli, e da fare non c'è niente, se non abbracciare senza dire nulla, scuotere la testa e dire Coraggio.

E sorridere un pò, cercare di parlare d'altro, e ricordare, ricordare ancora, e trovarci le persone che non ci sono più, da troppo tempo, in questa casa dove riconosci i disegni della tappezzeria, persone che sono ancora qui, adesso, e che se chiudi gli occhi li senti ridere in cortile, se chiudi gli occhi senti i loro abbracci, troppo pochi,  e li vedi sorridere sì, ma solo dalle cornici belle, in sala da pranzo, quella della domenica.



22 maggio, 2015

La Leggenda delle Ciliegie Presuntuose.

Si parlava a frasi fatte
Niente è per caso
Niente è per sempre
Niente e basta

Era tempo di ciliegie, lassù, alla collina
Non si coglievano, no, non ci si armava di cestini o ciotoline da riempire.
Si coglievano dall'albero e si mangiavano lì, sul posto, accanto al Gelso, quello dove ci si poteva nascondere sotto, e da lì vedere tutto, non visti.

Ma da vedere non c'era niente.
Solo colline,cielo, case lontane e un prato incolto lasciato andare chissà perchè, erbacce e soffioni, e fango quando pioveva, e zolle arse dal sole che sì, sarebbe arrivato a luglio, perchè luglio arriva sempre, non lo sai?

Niente.
I temporali degli ultimi giorni avevano fatto la loro parte, avevano squassato il cespuglio della salvia fiorita, sparpargliato i petali delle rose, fatto casino ovunque, casino si può dire.

Le ciliegie invece no.
erano rimaste lì, attaccate ai rami, rubini preziosissimi di un gioiello troppo grande, senza fare una piega, senza dire ba, erano rimaste ben ancorate, solinghe, in fila per  due, qualche volta a gruppi.

Anzi.
Il temporale le aveva lucidate per bene, come prima di una festa, e sembravano ora più belle di prima.
Belle e dolcissime.

Sembrava facile.
Le ciliegie erano tante, sì, ma quelle che si raggiungevano agevolmente dal prato stavano per finire.
A guardare in sù, un migliaio di sfere rossissime, si pavoneggiavano fra le foglie, contro il cielo mauve quasi viola del pomeriggio,  o nell'azzurrissimo della mattina presto. Erano più belle nel verso sera.

Le Ciliegie Presuntuose, nessuno le avrebbe colte mai.
Troppo belle, troppo in alto, troppo complicate.

Si sarebbe potuto provare, con una scala a pioli, o ad arrampicarsi sul tronco instabile del ciliegio più Grande
Ma era un rischio da non correre.
Nessuno al mondo sa, quanto infido e traditore sia un albero di ciliegio, ancorchè carico di preziosissimi frutti.

Le Ciliegie Presuntuose, disilluse e immacolate, sarebbero rimaste lassù, sarebbero diventate catering per banchetti di uccelli voracissimi e golosi, avrebbero dato il meglio di loro stesse a party di api e calabroni, pur belle e lucide e dolcissime, nessuno le avrebbe colte mai.

Ci si accontentò delle ciliegie sui rami bassi.
A guardare bene, fra le foglie e i rami piccoli, ce ne erano tante anche lì.

Le Ciliegie Presuntuose si lasciano dove sono, contro il cielo del temporale, mauve che sembra viola, nel verso sera.



14 maggio, 2015

Non mi siedo mai sulle panchine.



E' una cosa che notavo.
Non mi siedo mai sulle panchine.
Eppure, ne ho qualcuna, in giro per il posto dove vivo, nella città dove gravito, perfino in fondo al sentiero, ma proprio in fondo, quasi al paese vicino, dove è raro che arrivi correndo, è troppo sterrato, ho rischiato di cadere più di una volta. 

Ieri sera, mi ci sono seduta.
Ad aspettare mia figlia che arrivava da fuori.
In un'ora insolita, per me, quasi ora di cena e ancora sei in giro.
Con una bell'aria lucida.
Profumo di maggio.
Dicono che grandinerà domani. Ma come fa.

La piazza davanti al liceo è una piazza così bella.
Ieri avevano tagliato l'erba di freschissimo.
I palazzi liberty, le rose fiorite.
Peccato solo per la fontana, spenta, sempre.

Che pensieri ridicoli ti vengono, quando sei su una panchina.
E' come dire, sono qui, non ho niente da fare, devo solo aspettare e non fare niente, posso guardare le macchine passare sullo spalto, solo in questa città le strade si chiamano spalti, dovrò capire bene perchè.
E salutare chi conosco e passa in bici e mi guarda MaCosaCiFaiQuiTuAQuest'Ora.

E chissà chi abitava lassù, chissà se qualcuno suonava il pianoforte, e le poesie imparate a memoria, e i compiti sul tavolo della cucina. E profumo di minestrone sulle scale. 
Chissà quanti baci rubati sotto quel portone coi leoni, chissà le fughe, gli appuntamenti, chissà se da quei vetri qualcuno vede me, non visto, chissà quando la guerra da qui è passata davvero, e la fontana, c'era già questa fontana?  E Napoleone, è passato anche da qui, dopo aver piantato il platano sulla statale?

Niente è più seducente di una panchina a metà maggio.

Le cose che pensi ti scivolano via come acqua fresca, puoi pensare tutto e il contrario di tutto, e forse è meglio che, stranamente, tu non abbia nessun libro da leggere o nessun appunto da prendere, per permettere ai tuoi pensieri di essere un pò come te, stasera, leggera, indolente, che aspetti e basta, che nessuno aspetta te, e allora resti lì.

Non mi siedo mai sulle panchine.
mi sa che dovrò farlo un pò più spesso.




Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...