13 giugno, 2016

La Leggenda Delle Improvvise Amarene.




Le amarene mi piacciono.
Sono forse una delle pochissime, ma mi piacciono.
Anche come temperamento, intendo. Maturano per gradi e non tutte insieme, non si danno troppe arie e insomma, hanno meno pretese delle cugine ciliegie. Sono più popolari, non so come dire.

Mi piacciono sì, ma non  ho mai piantato nessun albero.
Qualche anno fa, a  uno dei miei Figlioli, insieme all'Amata dell'epoca, punse vaghezza di piantare un albero di amareno agli Argini, a testimoniare il loro amore eterno. Lo trovai un bel gesto romanticissimo e fuori moda, per questo molto prezioso.
La storia d'amore naufragò burrascosamente sei mesi più tardi, ma l'Amareno del Figliolo e dell'Amata è ancora lì. Chissà, magari qualcuno ci fa pure la marmellata.

Questa mattina presto, mentre passavo in rassegna alcuni interventi da fare sulla siepe del Pratino, quale non fu il mio stupore nel vedere una miriade di bottoncini rosso rubino che mi guardavano, dalla siepe medesima.
Ma come.
nessuno vi ha mai piantato, qui.
Questo è il posto del ribes e delle more, questo è l'angolino dove la siepe di solito fiorisce, proprio qui qualche anno fa c'era il caprifoglio, che è morto al freddo e al gelo dell'inverno 2011.
Che qualcuno o abbia piantato a mia insaputa?
Impossibile.
Il mistero di infittiva vieppiù.
E tale rimarrà.

Il Mistero delle Amarene Improvvise, nate senza motivo al fondo di un Pratino qualsiasi, non dà segni di essere risolto, e va bene così.
Ne ho raccolte una manciatina, sistemate in una ciotolina sbeccata ma bellissima, adagiate con grazia in un letto di foglie verdissime e le ho messe a tavola, la Maturanda ed io, per il pranzo sotto all'acero in terrazzo. Calmeranno gli scleri prima degli esami e poi con quel bel colore rossissimo, fanno allegria.
Benvenute Improvvise Amarene, avrò cura del vostro alberino e dei frutti che vorrete regalarmi.

Non ci si deve mai chiedere il perchè delle cose, perchè il mondo gira uguale come vuole lui, e puoi dannarti e sbattere la testa al muro e girare su te stessa fino a non capire più niente, che tanto, sempre niente ci capirai.
 Il mondo va dove vuole, un pò come quei carrelli dell'Esselunga con le ruote bloccate e hai voglia a spingere e a tirare, la direzione la decide lui. Così, il destino.

E il mio destino ha voluto per me un albero di Amarene.
Improvvise.
Dolcissime.

la felicità è una cosa semplice.





09 giugno, 2016

Guardami.




Ho lasciato scorrere una quantità di giorni, di notti, di pomeriggi, di momenti belli, meno belli, di ansie tremende, di paure, di piccole felicità, quasi sottovoce, quasi a non volermi nemmeno rendere conto che il tempo passava e passava davvero, per forza.

Ho preparato viaggi, partenze e ritorni, vacanze, non tante in realtà, cene e pranzi della domenica, e merende, e apertivi, venite? Veniamo.

Ho provato a rendermi conto, a ripassare quel giorno, e i giorni prima, e ci ho pensato così tanto e così bene che sono riuscita a sentirmi ancora come quel giorno, Come accartocciata pronta ad esplodere, è così che ha mi ha fatto,  il dolore, quando una voce mi ha detto che dovevo essere forte, perché tu non c’eri più.

Ma come non ci sei più.

Con te dobbiamo fare una quantità di cose che non sta né in cielo né in terra, abbiamo ancora circa mille cene e un sacco di natali e la festa per il mio anniversario, e dobbiamo andare di nuovo a Londra, e ancora mille volte in vela ma stavolta senza tempesta e non più al Giglio, stavolta decido io e non mi importa se metti il muso, tanto il muso con me non lo hai messo mai, le volte che abbiamo litigato, circa tre, credo, siamo rimaste litigate un quarto d’ora, non c’è soddisfazione a litigare noi due.

Con te, Luisa ed io dobbiamo cucinare per capodanno e ballare il tango spostando il divano e tu che ridevi ma non sono sicura che ridessi solo così o se fossi anche un po’ sbronza, non sopportavi che il mio telefono continuasse a suonare, da allora ho tolto un sacco di cose e spesso tolgo anche la suoneria, anche se è del tutto inutile, oramai.

Con te dobbiamo ancora inaugurare quella casa così bella, devo ancora ricamarti una quantità di strofinacci, dimmi che canzone vuoi che ci scriva stavolta, e farti calze colorate e scialli e sciarpe, e il cappello per sciare che hai perso e quasi piangevi,  e lasciarti la mia borsa che ti piace un sacco, te ne do un’altra, quella piace a me, me la regali? Con te dobbiamo ancora parlare tanto, devo dirti tante di quelle cose che non sai, ti sei persa un anno intero di me, te ne sei andata senza salutare, senza dire, Eugi Andiamo, Che Sale La Nebbia,  senza dire niente.

Cosa hai pensato mentre volavi via, e da che parte sei passata, e cosa vedi da lassù, dalla nuvola dove ti sei seduta, le gambe incrociate e le Hawaianas che abbiamo comprato insieme, e quel costume viola che mi piaceva tanto, Hai Più Tette, mi dicevi, Non Ti Va.


Guardami Silvia, amica di tutta la mia vita o quasi, guarda giù, che ci hai lasciato tutti qui a cercarti dappertutto, e ad averti dappertutto, negli addobbi di Natale, negli armadi delle tovaglie, nella cornice con l’uccellino da dove adesso mi sorridi, ti ho messo davanti al lavandino e ogni tanto ti parlo e ti sorrido e mi viene da dirti che sei scema, e che mi manchi, mi manchi da morire, è solo un anno o diecimila, è solo un attimo o sono mille, Silvia, guardami, non mettere il muso se non andiamo dove vuoi tu, adesso resta qui che ho ancora così tanto bisogno del bene che mi vuoi, quello che ti voglio io è ancora qui, intatto e non sa dove andare, ho bisogno  di te che mi chiami Lau e mi dai sempre ragione con tutti, anche quando non ce l’ho, guardami  Silvia, lo so che non ti arrabbi, io e te non siamo mai riuscite  a litigare per davvero, ma tu, ovunque sei,  guardami, Silvia, guardami.


19 maggio, 2016

Sogno sempre il mare.

Ho bisogno di uno bravo.
Uno bravo a interpretare i sogni.
Sogno cose strane.
Tremende certe volte.
bellissime altre.
E spesso, il mare.

Quasi sempre. E mai calmo. 
Lo sogno in tempesta, come quella volta al Giglio, che mai più sono stata peggio di così, in mezzo al mare, intendo. Lo sogno con le nuvole, coi fulmini orizzontali, con le onde più grandi di me e io che voglio gridare e non ci riesco.
E poi, lo sogno da terra, da una balaustra che guarda giù, e si vede la ferrovia, e io che aspetto e aspetto, e cerco di leggere il nome del paese e non ci riesco, e pioviggina finissimo, e poi mi guardo le mani e sono azzurre, come se il cielo mi fosse piovuto sulle mani.

Che strana cosa sono, i sogni.
 Metti insieme cose e situazioni della vita reale, un compagno di scuola che non vedi da secoli, gente famosa, che magari ti sposi pure, è successo qualche sera fa, che ridere.
Io me li ricordo i sogni, anni fa qualcuno deve avermi detto che era belo segnarli su un quaderno appena sveglia, perchè se non te li ricordi è una delusione, Ho Sognato Ma Non So Cosa, ho sognato ma non mi ricordo. 
Io, invece, mi ricordo sempre.

I sogni forse sono la parte di noi che nascondiamo di più, quella che ci fa capire delle cose, per quanto ingarbugliati e strani siano, portano sempre un fondo di verità, qualcosa che si colleghi alla vita vera. O forse proprio no.
Sogno il mare perchè lo amo.
Sogno il mare perchè ne ho voglia, perchè mi guarisce dai pensieri pesanti e dalla malinconia. E mi ricorda cose bellissime, giorni bellissimi, e persone che non ho più. Forse, è proprio per questo che lo sogno così tanto, perchè mi illudo di ritrovarle.

Così, raccolgo i miei sogni, li scrivo fitti su un quaderno, e lo tengo lì. Non lo rileggo mai, forse non è ancora il momento, scrivo tante di quelle cose che non legge nessuno e che tengo per me, scrivere e leggere sono una terapia, forse lo è anche sognare il mare.

E forse, la tempesta che vedo è quella che si ha dentro, ognuno di noi ha una tempesta nel cuore, che gli piaccia o no, che la senta o no, le tempeste sono quelle che poi fanno il cielo più bello e il mare più calmo, liscio e di velluto, con le ondine leggere che fanno ssssshhhhhhh appena appena, non quelle rabbiose che si infrangono sugli scogli e  sono forza e bellezza, come quelle di Capo Testa che da terra sono uno spettacolo di energia che non ha uguali al mondo.

Forse, la mia energia la prendo proprio da lì, dalle onde che sogno le notti che qui c'è il vento e metto insieme il vento vero con le onde finte, e non so più bene se sono su quella balaustra a guardare giù o se sono nel mio letto, e comunque, chiudo gli occhi forte perchè non vorrei svegliarmi mai, perchè il sogno svanisce, le onde che hai solo immaginato vanno via e il vento vero ha solo scompaginato l'aiuola delle rose che adesso è tutto un tappeto di petali color pesca e rosa, e arancio e lilla.

Spero che il mio sogno sia rimasto sotto il mio cuscino.
Stasera, forse lo sognerò di nuovo.
Chissà.



10 maggio, 2016

Senza colore.

Maggio sì.
Maggio coi boccioli delle rose, coi vasi che stanno avendo ora i fiori che le mie amiche hanno già da mesi.
Non sono brava con i fiori.
Oggi, non sono brava con niente.
Nemmeno ieri in realtà.
Ho iniziato cento volte un lavoro, disfatto, iniziato un'altra volta, sbagliato, iniziato di nuovo, strappato e buttato.
Ho scritto cento cose, cancellate, rifatte, ho tirato sù una riga, io scrivo a penna, spesso, non con la tastiera, che cancellare con la penna sembra di cancellare un pò di meno, è vero che cancelli ma quello che scrivi resta sempre lì e lo puoi rileggere, così, vedi come si legge ancora?

Piove.
Piove finissimo, un pò sì e un pò no.
Piove e non si riprende.
Piove che non si trova una soluzione, una risposta, un bel niente.
Per questo amo i temporali.
Che piove da maledetto e poi finisce.
Non questa roba qua, che non è niente di sicuro, un pò c'è e un pò no.

Che pioggia sei se nemmeno fai rumore sui vetri, che pioggia sei se bisogna guardare cento volte contro l'acero e dire, forse piove, forse no, e poi guardare per terra, goccioline che non significano  niente, solo che hai lasciato fuori le lenzuola e sono inzuppate e lì resteranno perchè non hai nemmeno voglia di ritirarle le sciacquerò di nuovo, e chemmimportammè.

Ho voglia di colori, invece di questo cielo scemo che non sa nemmeno lui che cosa sia, se viola o grigio e lillino, no, lillino no, mi piacerebbe e invece è questo colore che non sai dire, se glielo chiedo, non lo sa nemmeno lui.

Di che colore sei cielo stamattina, coraggio, dimmelo tu, rispondimi, trova un senso alle cose che non so, alle risposte che non so dare, ma forse, le domande che non hanno risposta non vale nemmeno la pena farsele, o no?

Di che colore sei, cielo senza nuvole, che sei tutto uniforme e piatto e noioso, noioso come quei giorni che non passano mai, fra documenti e cose, fra i letti disfatti e la polvere e le ragnatele dell'ingresso, come se i ragni si fossero svegliati tutti adesso, e tutti qui. Io non uccido i ragni, li accompagno con grazia verso l'uscita, forse è per quello che a volta trovo costruzioni finissime di alto design.
Ma sempre ragnatele sono.

Ho voglia di colori, del blù del mare aperto, il candore delle vele, voglio il cobalto del cielo, il rosso di un tramonto infuocato su un'isola, voglio colori a manciate, pennelli diversi che colorino i miei pensieri che oggi sono di tutte le tonalità possibili dell'indaco e del niente, voglio pastelli temperati per colorare questo dieci di maggio che di maggio non ha niente se non il nome sul calendario, sono brava a colorare, non esco dai bordi, coloro concentrata e con mano leggerissima, e anche un paesaggio a matita diventa un'esplosione di colori lucenti.

Ma niente, non ho vernice, non ho pastelli, non ho niente di niente, solo il grigio del cielo, questa pioggia cretina come me che piove sulle prime rose dell'aiuola.

Il cielo resta lì, nel suo grigio impossibile, nel suo silenzio e nel suo mistero.

e io lo guardo senza fare niente, in un dieci di maggio che non ha alcun significato, che non ho nemmeno un pastello, nemmeno un colore, che un pò piove e un pò no.








01 maggio, 2016

Portami, maggio.


..le rose inglesi dell'aiuola, il profumo che mandano in certe sere quando fa caldo, un pò vaniglia e un pò limone, non è vero che sanno di rosa, non queste.

Portami la loro bellezza, quella perfezione di petali e fusto, dolcezza e forza, spine e velluto. Tutto il mondo è così.

Portami, maggio, quei cieli che sai, quella luna piena che aspetto, quegli azzurri sbiaditi dal sole a picco, portami il prato verdissimo, le ciliegie che sorveglio da settimane, perfino i ribes, che altro non sono che palline verdissime, ci vorrà ancora un sacco, ma almeno, sono lì.

Portami abbracci e cose belle, portami giorni lucenti, semplici, portami il ridere delle persone che amo, portami gli occhi trasparenti di chi mi guarda come sa, portami un pomeriggio su una spiaggia qualsiasi, il rumore delle onde e io seduta lì.

Portami le colazioni sul terrazzo, che l'acero nessuno lo ha tagliato ed è enorme e bellissimo e i rami arrivano fino sul tavolo ma nessuno osa toccarlo, forse perchè nessuno qui sa come fare, in realtà, e poi è così bello e le cose belle si lasciano così come sono. O forse no, perchè solo più belle, possono diventare.

Portami, maggio, le cose che mi piacciono, un sentiero non troppo difficile, dove possa correre verso cosa non lo so, portami una fontana di acqua fresca e un prato dove possa cadere di schianto, quando  sono così stanca e felice che non riesco nemmeno a respirare e non ho più gambe e non ho più sentimento, portami un posto dove possa chiudere gli occhi e riaprirli e dire, ok, è tutto a posto, che lo dico sempre e non succede mai.

E portami me, portami sempre le mia voglia di fare le cose, la mia dannatissima voglia di essere felice, anche con quasi il niente, portami la sensazione di sentirmi in pace, portami me come sono da sempre, fai in modo che le pentole di malinconia che mescolo ogni tanto non mi cambino mai, che mi facciano sempre essere entusiasta del mondo e delle cose e della vita e delle persone, e se non puoi portarmi quelle che non ho più, almeno lascia il loro sguardo fisso su di me, ovunque siano.

E benvenuto maggio, mese dolcissimo di fiori belli e felicità.
Toccami il cuore coi tuoi profumi e coi tuoi giorni, ti annuserò, sai di vaniglia e di limone, e forse, anche di rosa, forse.





Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...