30 marzo, 2012

Il violino del Corso.

C'è un omino che suona, ogni mattina, sul Corso. Sempre lì, tra la banca e la farmacia. Non so da dove venga, credo sia slavo, non saprei. La gente del Corso va di fretta, quasi nessuno si ferma a guardare, men che meno a buttare qualche moneta nella custodia sdrucita, foderata di un velluto che un tempo doveva essere rosso e che adesso è lisa e consunta. Il violinista del Corso ha una giacca lucida sui gomiti e una cintura che tiene sù dei pantaloni di due taglie più grandi, forse. Suona. Niente è più struggente delle note del violino, sono graffi melodiosi, suonassero anche la musica più allegra del mondo c'è sempre un pò di malinconia, alla fine, hanno un retrogusto amaro come certe caramelle, come di nocciole acerbe, come di nostalgia, come di infinita tristezza mai cancellata, non so. Ieri mattina ho sentito le note del violino già da lontano, perchè sono così acute che ti entrano nelle orecchie anche se l'omino ancora non lo vedi, anche se sei ancora lontana, anche se pensi ad altro, e le note ti squassano e fanno ballare i tuoi pensieri, non già di gioia, ma li scuotono e li buttano in aria e li fanno spiaccicare sul pavimento, senza riprenderli, non sei un bravo giocoliere, ti hanno insegnato qualche volta, con le arance, ma mai una volta che ne prendessi una, così i pensieri girano e girano e poi sbattono per terra, e quando pensi di farcela, quando pensi di aver trovato il giusto ritmo, niente, non fai le cose per bene, la gravità, la distrazione, e le arance voilà, ti scappano di mano e rotolano sotto il tavolo e devi ricominciare da capo. Non amo i violini, una volta ho visto un matrimonio di due che neppure conoscevo, ero in vacanza e passavo di lì, c'era un violinista in frac che suonava sul sagrato, fra le gardenie e i paggetti, di quei matrimoni da tv, e io piangevo, se c'è da piangere non mi tiro indietro, ma di certo era il violino. La prossima volta che passerò dal Corso lo dirò al violinista slavo, gli dirò che la smetta con quelle sue note, che mi rotolano nella testa e mi spaccano il cuore, che mi pesano dentro alle tasche come i sassi del fiume, che mi fan bruciare gli occhi e l'anima, ma forse la sua malinconia è molto più grande della mia e allora me la racconti, a consolarmi, ad alleggerirmi, lascerò una monetina nella sua custodia rovinata.

Nessun commento:

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...