Visualizzazione post con etichetta Chiacchiere confuse. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Chiacchiere confuse. Mostra tutti i post

24 febbraio, 2014

Il cuore scomodo.

succede, ogni tanto.
di solito se si è più stanchi, più in ansia, più sospesi del solito.
una ragione vera non c'è.
Il cuore, invece di star morbido e sciallo al suo posto, ecco che decide di far esercizio, di arrotolarsi su se stesso, di girarsi e rigirarsi come a trovare la giusta posizione, da un lato, da un altro, a pancia in sù, a pancia in giù, come quando non si riesce a dormire. Il cuore non dorme, ma vaglielo a spiegare.

Sono stati quattro giorni di fatica e di bellezza, non so dire se più bellezza o più fatica, a tratti mi sembrava di essere su una stella luminosa, a tratti invece, il mondo, l'universo, il Creato tutto mi erano contro, come a schiacciarmi e niente, niente, niente che andasse per il giusto verso. 
Lontano da casa, poi, tutto sembra gigante e insormontabile.

In tutta questa faccenda, il cuore stava scomodo.

E lì a farsi domande, sul perchè e sul percome, i cuori come il mio tendono sempre a darsi un pò la colpa, anche quando colpa non ce n'è.

Ho un cuore maleducato e villano, dove villano era il mio insulto più temuto da bambina, Villana! mi si diceva, e io a chiedermi a 8 anni o poco più se fosse stato meglio di cretina o scema. Mi sfuggiva il significato e fra me pensavo che villana doveva essere proprio una specie di mostro, perciò me ne stavo zitta e buona, mortificata in un angolo per dieci minuti buoni, per poi tornare alle attività che mi erano valse quell'apostrofarmi, senza fare una piega. La mortificazione, alla fine, era di breve durata.

Ho un cuore villano e malandrino, che non si spiega molte cose, che si danna a capire e capire non sa, che fa fatica, che se ne sta rattrappito in un angolo, scomodo come sulle sedie di legno dei vecchi cinema, come sull'autobus strapieno, come in fila alla posta.

Ho bisogno di un divano morbido, un pò sfondato, di quelli di velluto liso ma  dove ci si sta così bene. Ho bisogno di un posto comodo per il mio cuore un pò stupito, un pò sorpreso e un pò ferito.
Ho bisogno di una coperta leggera e una tazza di bei pensieri lì vicino, una specie di sicurezza, non so dire, qualcosa che mi faccia dire che è tutto a posto, che va tutto bene, che tutto è bene e che andrà sempre tutto bene. Non sarà vero mai, ma ci si prova.

I cuori come il mio passano ad abbracciarti quando sei lontana da casa, non sanno che sei tu e ti parlano di te. E ti fanno sorridere e pensare alla grande fortuna che hai.
I cuori come il mio passano sopra a disavventure e ladri e tornano, tornano sempre.
I cuori come il mio ti portano monili e sassi dall'altra parte del mondo e sanno bene come vanno certe cose.

I cuori villani hanno la presunzione e la certezza che il mondo sia pieno di cuori uguali.
E che basta solo cercare un pò.

troverò un divano sfondato e liso per questo cuore scomodo che capire non sa.



17 febbraio, 2014

Aspetto.

Perfino le orchidee stanno ferme.
Ne ho una quantità sparsa per tutta la casa, alla ricerca di luoghi strategici. Nemmeno Brigida, che tante soddisfazioni mi ha dato in questi due anni, sembra ne voglia sapere di fiorire.
Bocciòli, un sacco. Fiori, nessuno.
Si dice che si debba aver pazienza, che le orchidee son delle tipe strane, non devi dar loro troppa attenzione, nè troppo poca.
Mi adeguerò.

E' un lunedì banale, da sei meno, indeciso, come i bocciòli delle ortensie.

Fuori, il clima senza slancio di una stagione che non sai, che non ami e non ti ama, che non hai decifrato ancora.
Dentro, il disordine compunto di una domenica già passata, delle Olimpiadi alla tv, ci si scopre un pò tutti esperti di curling e  pattinaggio su ghiaccio, per una mezz'ora almeno.
 E poi, progetti, alcuni davvero grandiosi, in primavera.

Più dentro, la sensazione di essere un pò in bilico, come a camminare su una fune, come appesi a un elicottero che vola e vola, come a guardar giù da una cascata, con la voglia di buttarsi dentro e la paura di caderci. 
Aspetto il sole, quello vero, non questo sciocco lumino che ogni tanto si fa vedere da dietro le nuvole, e illumina solo ma non scalda. Aspetto giorni lucidi con l'erba nuova, le viole, i pantaloni a fiori, le ballerine senza calze, la vespa. Aspetto, non so cosa e non so chi, sono come sospesa su un mare azzurrissimo, arrivo a sfiorarlo ma non mi ci tuffo, è pieno di pescecani là sotto, pieno di meduse magnifiche, trasparenti ed infide, le meduse sanno bene come incantarti, son come le sirene più o meno. Là sotto è pieno di scogli, e pezzi di legno e relitti affascinanti, anfore romane e tesori nascosti, uno scrigno di monete d'oro e tanti destini.

Aspetto, chissà, il tempo che passa, i giorni migliori, la prossima puntata, raccolgo piccole cose come i bollini dell'esselunga, e chissà quale sarà il mio premio, questa volta, raccolgo e metto lì, i momenti che rido e quelli che invece no, i giorni con la pioggia e quelli col sole, le cose belle e quelle meno, le volte che ho sbagliato e quelle che invece sono stata perfetta, già ma quando, che non mi ricordo.

Sul mio tavolo c'è una tazza di thè quasi gelato, una stilografica e tanti pensieri. Li annaffio come annaffio le orchidee, fioriranno prima loro, la prossima volta mi compro dei giacinti, sono quelli che fioriscono sempre, e nella sezione Delusioni non attaccherò nessun bollino.
Staremo a vedere.

11 febbraio, 2014

Il pittore sul ponte.

Non ne avevo mai visto uno.
Cioè sì, ma non qui, su questo ponte, a dipingere questo fiume.
Questo fiume non è amato, non rappresenta, non dice nulla. E quando dice qualcosa , esonda.
Perciò nessuno lo dipinge.
Nessuno tranne l'omino di questa mattina, tela e tavolozza, in piedi,  a dipingere il fiume.

C'è un sole tenero e festaiolo, quest'oggi qui.
Viene voglia di correre, di andare per viole, di fare un giro sull'erba se non fosse per il fango, di sedersi su un muretto e guardarsi intorno, magari chiacchierare con qualcuno.

Il signore del ponte dipingeva il fiume.
L'ho trovato romantico, un pò demodè, da lungo Senna, non saprei.
Sono passata troppo in fretta, dal ponte non è che ci passi spesso a piedi, e non ho visto molto di quello che già era sulla tela.
Ma ho visto tanto azzurro.
Eppure, il fiume oggi ha un colore marrone verdastro, e non è che sia un bel fiume, non ha canoe o barchette colorate, non ha un bel niente.

Il pittore, però, guardava il cielo sullo sfondo. Azzurro, azzurrissimo, di un turchese così bello che quasi non me lo ricordavo, dopo tanta pioggia.

Ho bisogno anche io di un tubetto di azzurro.

Non so dipingere, ma lo userei per colorare le cose che non mi piacciono, tutte le cose marroni e verdastre come il fiume, tutte le cattiverie, tutte le menate, tutte le perdite di tempo, tutto l'astio, tutte le parole dette a vanvera, tutte le questioni di principio, tutto.

Un tubetto di azzurro come il cielo che c'è, tirato a lucido, incerato quasi, il cielo è così anche quando piove, solo che non lo vedi, solo che si nasconde.
E' lo stesso cielo che c'è al di là del fiume limaccioso e triste. Basta guardare più in là.

Vorrei ritrovare quel pittore e chiedergli di insegnarmi a dipingere.
A trasformare i miei pensieri opachi in nuvole bellissime, i miei magoni in prati verdi che lambiscono la riva, le mie delusioni in barchette di carta che plànino sopra l'acqua limpida, andando lontano. E a farci un bel sole.

Ma forse, un tubetto non mi basterebbe, io non so dipingere e di certo, a quest'ora, il pittore sul Tanaro non ci sarà più.
Però, che peccato.





07 febbraio, 2014

Oggi mi regalo...

una giornata per me.
Ho tante cose da fare, ma mi regalo la lentezza nel farle, la calma, un pò di pace, nessun impegno pressante, nessun appuntamento serio, nulla.

Mi regalo un minimo di tranquillità, il lusso di fare tutto ma farlo come piace a me, senza girare come una trottola imbizzarrita, senza imprecare, senza arrampicarmi su scale, dedicarmi a lavori odiosi, senza dirmi E' Tardi, ma tardi per cosa.

Mi regalo un giorno bello, dove posso guardar fuori e dire Che Schifo di Cielo, ma poi se guardo bene il cielo color sogliola ha un suo fascino in fondo, e allora cancello e mi dico Ma Guarda Che Bel Cielo Che C'è.

Mi regalo dei bei pensieri.
Che forse è la parte più difficile, i pensieri non è che li vedi in vetrina e scegli i più belli, non sono i broccoli dell'Esselunga, che stai lì a scegliere quello più coreografico e poi non sai mai da che parte infilare il broccolo nel sacchetto, dal gambo o dalla testa, è una roba complicata.

I pensieri non si scelgono, ti arrivano alle spalle e nemmeno ti chiudono gli occhi da dietro per farti una sorpresa, Dimmi Che Pensiero Sono, no. I pensieri ti arrivano direttamente nella testa, qualche volta passano prima dal cuore e poi dal cervello, quasi mai il contrario, e si sdraiano per bene, si allungano fino ad arrivarti sullo stomaco, e schiacciano che quasi non respiri. Non sono mai belli, i pensieri che fanno così.

Scelgo però di fare la guardia, di mettermi sulla porta e far passare solo i pensieri leggeri, quelli da accarezzare come si fa coi gatti, quelli da coccolare, da bere piano, da tenere sul ripiano della cucina e da guardare ogni tanto, per essere sicuri che ci siano ancora. Quelli colorati e morbidi, i pensieri che ti fanno bene all'anima, non il passato, non le cose che verranno, ma le cose che hai, qui e ora, perle di una collana infinita, di giorni uno sull'altro, di piccole battaglie, di qualche vittoria, di un pò di delusioni che fanno più forte chi non vuole farsi schiacciare, chi vuole il meglio, chi non si siede a aspettare.

Oggi mi regalo pensieri così, pensieri che si schiantano nel cielo color seppia in un'esplosione di brilli e stelle filanti, e diamanti purissimi e perle lucide, ho una teiera nuova di zecca e due gomitoli morbidi, ho un'amica da far sorridere e un'altra con cui vedermi, più tardi, verso sera, non so.

Resto così, in equilibrio fra le mille cose da fare e una musica che mi balla in testa da ieri, non ho fatto la spesa e inventerò un pranzo regale con quello che ho, il silenzio di questa casa è una medicina preziosa, il letto è ancora disfatto, ho montagne di asciugamani e lenzuola da riporre negli armadi, con calma farò tutto, mi regalo perle di saggezza al mattino presto, cose belle solo per me, anche se fuori il cielo è di seppia, oggi è vietata la malinconia.

Che poi i broccoli. Meglio la vaschetta.

04 febbraio, 2014

Tutta colpa del divano.

già uno non ha tutta questa voglia.
in più, se si autoflagella con lavori assurdi, ecco che il quadro è completo.

Cambiare le fodere dei divani, lavarle, stirarle e rimetterle sù.
Un lavoro da massaie provette.
Quale io non sono.

che non era giornata lo sapevo già, lo si capisce dal mattino che giornata sarà, se già ti svegli appiccicosa di sogni assurdi, di pensieri strani, di angosce immotivate, di ansie che non sai da che parte voltarti, non basta la doccia tiepida a lavare via tutto, ti specchi e ti vedi una faccia che prenderesti a sberle, che faccia c'hai stamattina, e farsi le smorfie non migliora, non migliora un bel niente.

poi, ti punge vaghezza di lavare le fodere del divano. 
Errore. Errore Madornale.

Già a toglierle non è uno scherzo da nulla, poi il divano sfoderato dà idea di disordine, sciatteria, i teli che metti fanno tanto casa di nonna Speranza, crepuscolare sì, sono una donna crepuscolare e incazzata stamattina, insopportabile come solo le donne sanno essere certe volte, giro come una trottola e non combino un bel nulla, sono insoddisfatta, irrisolta e invisa e me stessa, ho sognato male, ho dormito male, mi son svegliata male stamattina, storta, di traverso, e adesso ci si mette pure il divano, un tira di qua e tira di là che non sopporto, e me ne rendo conto quando l'ho già disfatto per metà. Il punto di non ritorno.

Che donna bizzarra quella che si aggira per casa mia questa mattina di febbraio che piove umido e acqua e schifo, che qualcuno deve aver rubato il cielo e i fiori e le nuvole, anche, e tutti i colori.

Che donna sciocca va sù e giù per le scale di casa mia, spettinata e scazzata, che vorrebbe essere a diecimila miglia di qua, cosa c'è a diecimila miglia da qua, che viaggio devo fare, a quale gate, ho solo bagaglio a mano faccio in fretta, mi imbarco e via.

Che donna disordinata e insofferente sono stamattina, senza coordinate, senza cartina, senza nulla. Le cose si accumulano, i pensieri anche, è una di quelle tre giornate all'anno in cui non ce la faccio, in cui mi verrebbe da sedermi in giardino e guardare sù, se ancora ci fosse, il giardino, se si vedesse qualcosa guardando in sù.

Mi passa.
Passerà, certo.
Passa la tosse, la tormenta, passa l'odore di fritto dalla cucina, perfino la neve se ne va.
Passerà anche oggi.
E allora, ecco, ci sarà  ancora profumo di fiori, e il pratino verde e l'erba nuova, e allora, sì che sarà bello sedermi in giardino e guardare il cielo, che nel frattempo, qualcuno ha colorato coi pennarelli Carioca, quelli coi colori più belli, che ti regalavano a Natale.
Nel frattempo, il Dannato Divano è lì che mi aspetta, metà fodere da togliere, l'altra metà accatastata sul pavimento,  zero voglia e la frase killer Ma cosa Mi è Venuto In Mente.

Che poi, le cartine, nemmeno le so leggere.





20 gennaio, 2014

Ho imparato a sognare.

Perchè si impara, sì.
E anche quando non te lo aspetti, quando non sai, quando non capisci nemmeno da che parte tu sia voltata, si dice così, lo dico spesso, NonSoNemmenoDaCheParteSonVoltata, per spiegare che non mi ci trovo, che non capisco, che ho mille cose e in fondo niente.

Ho imparato a sognare.

Ho dei sogni, sì, ma non li tengo nel cassetto, che orrore. I sogni son materia speciale, se li tieni nel cassetto sanno di segatura e di chiuso e di vecchio, come certe credenze, come certi mobili del rigattiere appena li compri, sanno della vita di prima, della casa di prima e adesso sono lì, spaesate insieme ad altre credenze,  fra comò e sedie sbrecciate e salotti buoni scoloriti che vengono da altre vite, e dalle altre vite hanno assorbito profumo di sugo, di lavanda, di disinfettante, chissà, cassetti foderati con la carta coi gigli, fermata con le puntine da disegno. Arrugginite, adesso.

I sogni son fatti di lucido e di bello, di fresco e di profumato.
Perciò, li tengo accartocciati da qualche parte, come le banconote in fondo alle borse di certe amiche mie, che mai metteranno giudizio, lo so, e hai voglia a venderne, di lampadine.
I miei sogni li tengo in frigo, fra il barattolo della marmellata di arance che arriva da Trento e l'insalata già lavata. 
Li tengo lì, non si consumano, non vanno a male, sono lì.

Ho sogni normali. Sono passata quasi indenne fra cerchi di fuoco e foreste amazzoniche senza nemmeno un'accetta o un fucile, fra sentieri scoscesi di sassi e vetri rotti, fra strade infinite senza cartelli, senza indicazioni, senza niente.
Ho attraversato il deserto, ho valicato montagne di dolore e di malinconie, di giorni pesanti e sguardi persi, mi sono smarrita qualche volta, ma ho sempre ritrovato la strada, la mia strada.
Ho qualche cerotto, qualche piccolo livido che nemmeno si vede, qualche graffio leggero, nessuna cicatrice visibile, se non si vedono te ne dimentichi alla fine,  mi han chiesto giorni fa quale fosse un mio pregio. Ci ho pensato un pò, non è mica facile. Ecco, sorrido, ho risposto, sorrido molto. Adesso, forse direi : Ho Dei Sogni.

I miei sogni sono perle preziose, li tengo sotto al cuscino insieme al pigiama piegato sempre a rovescio, li tengo nel cestino dei gomitoli, nella scatola dei biscotti, nel bicchieri degli spazzolini, così li trovo ogni mattina.

Amo i miei sogni come si amano le cose fragili e preziose, anche se fragili non lo sono poi tanto, li ho da tanto tempo e sono ancora tutti lì, in fila, ordinati qualche volta, scompaginati certe altre, e quando li cerco li ritrovo tutti, belli e trasparenti come appena sognati.

Non mi servirà nè accetta nè fucile, nè cartelli nè indicazioni, se avrò i miei sogni con me.


03 gennaio, 2014

Oro.

Diciamo che non ne ho avuto il tempo.
I regali da scartare, le briciole del panettone, c'è sempre qualcuno che scarta l'uvetta e i canditi.
E poi abbracci e baci e divani pieni zeppi di persone, quelle tue, quelle che hai dentro, appiccicate addosso.
E poi bigliettini e candele e neve, quanta neve, soffice, intatta e bellissima e menootto e menosette, l'annocheverrà, e gli amici di sempre, quelli veri, quelli belli, quelli che ci cucini insieme e gli rifai il letto, mentre ci sei, e ci ridi così tanto che ti vengono le lacrime ogni volta. 

Non ho avuto tempo.
Di pensare a quello che si pensa di solito, i primi giorni di gennaio, che cosa farò, che cosa faremo, che cosa vorrei, chissà.
Non ne ho avuto il tempo, lo trovo ora.

Non ho grandi desideri, in effetti, e forse è la prima volta.
Duemilaquattordici cosa voglio da te.
un bel niente, mi vien da dire.
Niente che non siano le cose che ho qui, le persone che amo, niente che non siano le mie passioni, le mie idee i cinquecento progetti che ho.
Voglio il tempo.
per fare le cose che mi piace fare, per scrivere, leggere, imparare tutte le cose che mi piace imparare e sono così tante.
Voglio la forza.
per altri dodici mesi di cose, che non sono sempre di pizzi e trine, anzi, non lo sono quasi mai, ma che ho imparato a gestire al meglio, a farmi un pò scivolare addosso le cose, con una filosofia fatta in casa, tirata a mano come la sfoglia, al mattarello. Le cose della vita pizzi e trine lo sono raramente, ma ci vuole un attimo a trasformarle. Ecco.
Voglio la ragione.
Non averla, ma usarla. Qualche volta, non sempre.
Voglio la leggerezza e la melodia, voglio pomeriggi pieni di cose normali, voglio la radio bassa la mattina presto in cucina, le finestre spalancate sul pratino sfatto dall'inverno, voglio un cestino di profumi di casa, le mele, la cannella, la legna bruciata,  la lavanda dentro al gufo, il thè che sa di bosco.

E voglio il cuore, il sentimento, i pensieri che penso prima di dormire, le poesie di Fosca sul comodino, voglio chiacchiere leggere, voglio vicino le persone che scelgo, che piacciono a me, che sono come me, vicine, simili, non proprio uguali ma quasi.. E' il segreto della felicità.
 voglio un anno pieno di cose semplici e bianche, non ho bisogno d'altro, non voglio altro, solo questo.

Preziose per me son le cose che voglio.
Voglio il bianco della neve, bianco come il tavolo grande, bianco come il litro di latte che scaldo al mattino quando siamo tutti, bianco come l'anima quando l'anima è bianca, bianco come il cielo certe mattine di gelo, bianco come la nebbia che mi ostino ad amare, bianco come un foglio vuoto, da riempire, un disegno, una faccia o mille parole, per inventare una storia, ne invento una adesso, subito, così, La Storia del Bianco Diventato Oro.
Voilà.
Buon anno.
Bianco, oro, o tutt'e due.








04 dicembre, 2013

Canto in macchina.

E forte anche.
E bene anche.
Spesso con mia figlia, che invece canta meglio. E spesso mi faccio cantare quella canzone di Brahms che ha imparato a coro, che ogni volta mi vengono i lucciconi.
Canto, canto spesso anche in casa, lavando il pavimento, stendendo le lenzuola in quel marchingegno su cui mi devo arrampicare, in lavanderia, e mi sa che un giorno o l'altro mi gioco una tibia, me lo sento.
Canto perchè sono contenta, canto perchè sono bei giorni di sole d'inverno e il sole d'inverno sotto Natale mi fa felice e luminosa, come il giardino appena sveglio, chi ha seminato diamanti invisibili nel pratino?

Sono giorni lisci di cose belle, amiche a chiacchierare in quel posto che ci piace tanto, un pò casa un pò laboratorio, un pò confessionale un pò salone delle feste. Avevo bisogno di loro, come hanno fatto a capirlo, come fanno le mie Amiche a sapere esattamente quando e come e dove e perchè.

Canto, struggenti canzoni d'amore, con tutti gli uuuh uuuuuu uuuuuuh, e pure canzonacce da osteria, come alla festa coi miei compagni di scuola venerdì scorso, che ridere.
Canto da Tiger, dove c'è sempre una musica bellissima, i Beatles, Marvin Gaye, chissà chi la fa la selezione da Tiger, secondo me lo fanno apposta per farti stare di più e riempire il cestino di cose inutili e bellissime, graffette a forma di pinguino, quadernini delizia e carte colorate e altre cose mai più senza.

Canto per tirarmi fuori, perchè ne ho bisogno, perchè so una quantità invereconda di canzoni a memoria, perchè mi piacciono i miei giorni di adesso, perchè so che le cose fanno giri strani e ti fanno sentire male malissimo e bene benissimo nel giro di pochissimo, e tutti questi superlativi assoluti per dire che io vado avanti, che canto sì, qualche volta perchè così mi passa tutto, e che lo so che la vita è fatta di cose belle e di cose bellissime, ma anche di cose tremende e terribili, che ci sono quei giorni in cui piove di tutto dal cielo, e allora io ci canto sù, mi aiuta e mi fa stare meglio, e mi fa vedere le cose nel modo giusto per non impazzire, per dare a tutto la giusta dimensione, per riuscire a vedere non la brina e il gelo ma diamanti invisibili proprio lì, nel pratino.





16 ottobre, 2013

I pensieri ammaccati.

Mi succede sempre.
Con le fragole, con l'uva, perfino con i cachi, quell'unica volta che li compro.
Li schiaccio, li ammacco, non che siano da buttare certo che no, ma son brutti da vedere, è regola aurea che nel carrello, ci finisca sopra la bottiglia dell'ammorbidente, quello da due litri, pesantissimo, o ci plani sopra il barattolo della marmellata. E schiaccio tutto.
I miei pensieri di questi giorni sono così.
Non brutti, non tristi ma nemmeno belli, nemmeno allegri, nemmeno lucidi, nemmeno brillanti, non so.

Quando ho pensieri ammaccati di solito mi faccio un thè.
O un giro in collina.
O un maglione.

I pensieri ammaccati sono quelli che ti ritrovi intasca come certi scontrini accartocciati, come  i punti dell'Esselunga che non valgono più, come le carte delle caramelle, o i TicTac scivolati fuori dall'astuccio.
Non ti fanno del male, questo no, ma ti danno un'aria pensosa, non felice, non niente. Ammaccata, pure tu.

I pensieri ammaccati si combattono con poco sforzo, non ci sono grandi complicati passaggi a seguire, basta far finta di niente e passano da soli, come il raffreddore, un lavoro inutile cercare di scacciarli, inutile come asciugare i piatti e spalare la neve.

Ho pensieri ammaccati da qualche giorno e ho fatto barili di thè, qualche giro in collina e ho inziato un maglione di un verde che è un amore.

Li ritrovo ogni volta che mi fermo a pensare, ogni volta che qualcosa prende il giro contrario di quello che dovrebbe essere il suo giro, ogni volta che cerco e mi applico e mi danno l'anima e il cuore, quando so bene che non serve a niente.
I pensieri ammaccati sono sempre lì.
E li ritrovo ogni volta, dentro al sacchetto dell'uva e mai, mai, mai che, dentro il carrello,  la bottiglia dell'ammorbidente caschi da un' altra parte.



10 settembre, 2013

Le Promesse di Settembre.

ci sono dei giorni dell'anno, dei periodi della vita che sono più belli di altri.
bella scoperta

si è passati indenni da un'estate faticosa, più di testa che di fatica fisica, che poi è quella che ti stanca di più, alla fine, come se avessi arato un campo a cucchiaiate, ecco, una roba del genere. credevo peggio.

I giorni dell'inizio della scuola sono giorni bellissimi, che hanno il profumo dei quaderni nuovi e delle matite temperate, e le promesse di un bell'autunno e dei colori scuri, degli smalti nuovi delle collezioni più glamour, delle lane più preziose.
L'inizio della scuola porta con sè una serie di piccoli riti, abitudini proprie di questa casa, della mia famiglia, piccole cose che nessuno sembra notare ma che se ti sbaglia non fare tutti a chiederti Come Mai. Si ripongono i piatti dell'estate, quelli colorati e si tira fuori il servizio coi melograni, e i fichi e l'uvaspina. Tempo ci sarà per ritirare gli arredi del giardino, ancora non è male star fuori a guardare le colline e il vento e i nuvoloni e i fiori e l'orto e l'acero che tra poco darà il meglio di sè, da tanto rosso che sarà.

E' iniziata la scuola.
una sola Liceale parte da casa mia bella come il sole, uno chignon sapientemente sfatto, i libri in mano e quella meraviglia che hanno le ragazze alla sua età. Una soltanto. Lontani sono gli anni in cui da casa mia uscivano in fila indiana 4 figlioli, in 4 scuole diverse, dal liceo alla materna, con merende  e dizionari e cartelline e grembiuli e pennarelli e trecce e compassi e flauti e quadernoniConGliAnelli, perchè la maestra li vuole così.

E' il tempo che passa, dolcezza.
e mi piace.

oggi mi lascio cullare da questa giornata bella, come lo sono le giornate belle dell'inizio della scuola, tra non molto tutta questa magia svanirà e tutto sarà dovere e menate e freddo porco e ritardi e libri e firme e giustificazioni. 

Le promesse di settembre sono quelle che valgono di più di tutto l'anno, più ancora di quelle di Natale e dell'anno nuovo.
Buoni propositi e tante cose belle, piccole gioie inanellate una dopo l'altra, di poco conto, certo, ma così preziose nella loro semplicità.

Le Promesse che ti fa settembre sono di un bell'autunno colorato, bordeaux come il vino novello e marrone come le castagne.
Le Promesse che ti fa settembre sono piccoli messaggi di benessere, piccoli, piccolissimi diamanti incastonati nel cartone, sul marciapiede, e te le trovi così, all'improvviso, e all'improvviso ti fanno bene come uno sciroppo miracoloso, come una pastiglia per il mal di testa, come una carezza.

Le Promesse di settembre vanno cercate con cura, trovate e messe da parte, in un cestino di vimini, in un barattolo di vetro, in un piccolo angolo solo nostro.

Non si ha notizia di nessun settembre che non sia stato romantico e meraviglioso, pieno di uva, libri nuovi foglie gialle appena appena e belle cose per l'anima.

E' dal settembre che si capisce l'inverno che sarà.

che bel settembre che sei, di già, per me.


08 aprile, 2013

Questo lunedì.

Non proprio un lunedì come tutti gli altri.
Pesante sì. Forse. Piove come se non avesse piovuto mai, come non dovesse smettere mai.
E' un lunedì e non potrebbe essere un altro giorno, a vederlo da qui.
Non ricordo nessun lunedì che mi sia piaciuto, mai.

Questo lunedì non è affatto un lunedì come tutti gli altri, è proprio la settimana che è diversa, sabato e domenica prossima ci sarà un evento che si prepara da mesi, cui si pensa da mesi.

Non ci sono regole precise per affrontare l'inizio di una settimana, nessuno ha mai scritto Il Manuale del Perfetto Lunedì, non potrebbe essere, non si può.
Il mio lunedì è iniziato già in salita, in ritardo col servizio lavanderia di questa casa, a stirare non ho avuto nè tempo nè voglia, ci sono cose nella vita e nell'universo, nel cosmo e nel firmamento tutto molto più importanti che stirare una decina di camicie. O almeno, questa è la mia bislacca teoria.

Il mio lunedì è iniziato con un thè alla vaniglia e lo sguardo stralunato dei miei figlioli a colazione, persi quanto me, in salita quanto me, con la sola unica voglia di rimanere a casa scialli sul divano e non affrontare verifiche, viaggi, segreterie di università e affini.

Comincia per me una settimana importante, dove le cose a fare una milionata o giù di lì, dove a un certo punto ci si guarderà e ci si renderà conto che si sta per essere sopraffatti, come schiacciati dalle cose, ma sarà un attimo, succede sempre così, alla fine nessuno sarà schiacciato da nulla, e tutto, magicamente, andrà al suo posto.

Festeggio il mio lunedì in salita con un'altra tazza di thè, senza guardarmi intorno, ma concentrandomi calma sulle orchidee del davanzale che non ne vogliono sapere di sbocciare, sulla casetta che gli uccellini stanno arredando con gusto, rametti e fili d'erba, o scrutando con cognizione di causa le gemme del ciliegio. Dopodichè, stilerò con calma una lista delle cose da fare, e compunta ne depennerò una dopo l'altra, stendere, fatto, svuotare lavastoviglie, fatto, colazione sparecchiata, fatto  e via così. 
Non funzionerà, non funziona mai, ma ci provo ogni volta.

Nel frattempo, il mio lunedì piovoso e confusionario, pieno di cose e di faccende, di appunti e di post-it a forma di cuore sullo sportello del forno, è iniziato davvero, e sarà meglio che mi dia una mossa di quelle giuste, che inizi gagliarda il mio cammino, che mi renda conto che la mattina non dura dieci ore anche se tale mi servirebbe, che ho mille e mille cose da fare, oggi più di sempre, oggi più che mai, oggi per davvero e che sarebbe così bello star qui a parlare di orchidee e di cose frivole ma che è il caso che la smetta e parta, sul serio.

davvero non c'è tempo per la terza tazza di thè?



11 marzo, 2013

La Morale dei Toast Carbonizzati.


Il lunedì mattina non è cosa da poco, lassù, nella Casa in Collina.La calma indolente della domenica è presto spazzata via da un frenetico preparare e prepararsi, valigie e libri e computer e documenti e cose, perfino la giustifica di un ritardo, un bollettino pagato di cui non si trova la ricevuta, la busta della biancheria pulita, le chiavi, vi aspetto in macchina, dov'è la sciarpa beige, baci sulla porta, voilà.
 Questo lunedì altro non è che la copia fedele di molti lunedì, non foss'altro che stamattina ho bruciato i toast. E allora? Non che sia tragedia o momento da descrivere o da ricordare, solo, non mi capita mai. Metto un'attenzione meticolosa nel preparare la colazione di tutti, apparecchio con cura, secondo i gusti di tutti, mai thè al bergamotto nella tazza del mio Sposo Illustre, mai zucchero in quello della Princi, caffè nero per i figlioli maschi, insomma, stamattina sono scivolata sui toast. Carbonizzata che ebbi la quarta fetta, mi sono fatta qualche domanda.
Che sia la macchina difettosa?che non abbia io più lucidità di calcolare tempi e modi e che sia perciò questa l'inizio della fine?che mi imbamboli come una scema a vedere se piove, dimenticando quel che sto facendo?risposta, ahimè, non ho trovato.

Ma è la mia reazione che mi ha stupito.Se tempo fa mi sarei dannata il sentimento, mi sarei fatta centomila sensi di colpa, mi sarei data dell'imbecillescemadeficiente per una mezz'ora buona, stamattina no. Proprio no.
Mi sono sì lievemente contrariata, ma appena appena, giusto il minimo sindacale.Con fare sapiente ho gettato senza pietà le fette carbonizzate nel secchio dell'umido, e canticchiando sommessamente ho fatto ripartire l'operazione tostatura, con un minimo di attenzione in più stavolta e senza il minimo senso di colpa.
Mi sono perdonata da sola.
La vita è troppo breve per sprecarla ad arrabbiarsi con sè stessi per la bruciatura di un toast.Cosa è in fondo, un pane bruciacchiato confrontato all'eternità?
Lassù, nella casa in collina, anche se piove  e non si ha nessuna voglia, anche se musi lunghi dei figlioli stralunati e assonnati, anche se, anche se, io cerco di prenderla alla leggera, alla leggerissima, certo non mi faccio intimidire da due fette abbrustolite, e che sarà mai, alla fine, carbonizzata una fetta se ne fa un'altra.
Farò di questa massima la mia filosofia di vita, capita di sbagliare, capita di non riuscire, capita di trovare sul proprio cammino fette di pane immangiabili, irrecuperabili e indigeste. Il secchio dell'umido le accoglierà con benevolenza. E noi, fiere di aver lavorato così bene su noi stesse, non ci sentiremmo in colpa, nè inadeguate, nè imperfette, nè nulla del genere, il mondo gira uguale anche senza i miei toast perfetti, i miei figli non ne avranno danni psichici irreparabili, il cosmo, dei miei toast, ma sai quanto gliene importa.
 Anche oggi ho imparato qualcosa. Mai avrei creduto che anche i toast bruciati potessero essere custodi di tanta verità. Posso così iniziare la mia settimana in grazia di Dio. E domani, a colazione, magari le Nastrine, và.


26 febbraio, 2013

Invisibile.

Io non so cucire.
Attacco a malapena i bottoni che scappano dalle camicie, dacchè si sa, in questa casa se c'è qualcosa che non manca, ecco, appunto, sono le camicie. Ma a cucire, sono un disastro. 
Certo, faccio la maglia discretamente e ricamo magistralmente, oggi si ha voglia di certezze e autocelebrazioni lassù, nella Casa in Collina.
Zero voglia, quantunque. Nonostante il sole, il cielo bello, ma quant'è che non lo si vedeva, un cielo bello così, anzi, proprio non si vedeva il cielo.
Malaticcia, inconcludente, giro e giro su me stessa come la scema del villaggio, non finisco, lascio a metà, senza forze, senza sentimento.
Mi piacerebbe saper cucire. farei una quantità di cose belle, piccoli astucci, sacchettini, porta cose, di quelle che fanno le mie Amiche che invece a cucire ci mettono un secondo, Cosa ti Serve, mi dicono, e in un giorno o due me lo fanno, esattamente come volevo, come la foto che ho mandato, come quel cartamodello comprato a Parigi, perchè lo compri se non sai cucire, così, per averlo, ci sarà qualcuno poi che lo cucirà per me.
Quel che mi piacerebbe oggi è un vestitino a fiori piccolissimi, di una cotonina leggera, coi bottoni dietro, senza maniche, da metterci un golfino e le ballerine celesti, e un cestino di paglia, di quelli piccoli, come quello che aveva mia mamma per andare al mercato, con il foulard legato a un manico.
Oggi vorrei essere invisibile, avere un mantello magico che mi fa sparire, vedo e sento tutto, ma nessuno vede e sente me, sentire non importa, tanto non parlo, ma a vedermi, ecco, nessuno mi vede, proprio.
Osserverei tutto, guarderei tutto, anche da vicino, ma nessuno si accorgerebbe che ci sono, nessuno vedrebbe l'espressione della mia faccia, sono invisibile, dev'essere una sensazione bellissima e tremenda, non saprei. Invisibile per guardare meglio le cose che non capisco, invisibile per non farmi notare, invisibile per vedere l'effetto che fa.
Oggi, mi cucio da sola un mantello che mi nasconde, che fa di me un niente, non ho voglia di andare là fuori, non ho voglia del mondo e dei suoi tranelli, non ho voglia nemmeno del sole, che scioglierà la neve e lascerà fanghiglia e pantano un pò dovunque.
Invisibile sì, per stare tranquilla, per non farmi trovare da nessuno, ho la tosse e mi sento a pezzi, vuoi vedere che stavolta mi son beccata l'influenza, dovrei stare al letto al caldo e bere piano una tisana bollente e leggere fino a svenire e invece ho mille cose da fare e giro giro su me stessa e non concludo niente, e non ho voglia di niente, forse vitamine, forse una spremuta di mille arance, o forse quel mantello magico, quello che rende invisibili e invincibili e forti e coraggiosi e pronti, chissà se le mie Amiche che cuciono ne han pronto uno per me.

18 febbraio, 2013

La vita è una frolla.

Il sole di stamattina presto sbucava appena dalle nuvole, una specie di polenta tondissima, non so nemmeno se fossero nuvole o solo nebbia o tutt'e due insieme, ma non fa differenza, alla fine. E' un giorno pesante, di quelli che non sai da che parte cominciare, ma che hai in te una scorta di buonumore, di cose belle che hai fatto e visto, di sciallamento totale che chissà quando ricapiterà, ogni tanto scappare un pochino fa bene, ci si organizza, la città che ami tanto non è poi così lontana, e quella fiera che volevi tanto vedere alla fine è stata ancora più grande e più bella di come l'avevi immaginata tante volte. La casa è immacolata, hanno persino cambiato le lampadine dell'ingresso, fulminate da tempo immemore. Ora tocca a me. E' un lunedì tranquillo e un pò felice, ci sono tante cose da fare ma si mettono in fila e si faranno una per una, senza troppo sbattimento, in fondo non ci sono scadenze o altre menate, si inizierà con qualche piccola pulizia, una lavatrice di sicuro, forse due, magari le tende a cominciare le pulizie di primavera che speriamo arrivi in fretta, le notizie meteo non sono rassicuranti per nulla, di neve basta, ma di freddo ne arriverà ancora e un sacco, e allora non è che si possa fare molto. C'è in programma perfino un'infornata di biscotti, che ieri si è fallita miseramente la ricetta e si è stati pubblicamente fustigati da chi di biscotti se ne intende un sacco. Pazienza. Non smetteranno di volermi bene per aver cannato la quantità di zucchero e di aver fatto palle invece di panetti, qui si è alla Sorbona del Biscotto, basta un nulla e sei fuori. 
Un bel lunedì a chi passa di qua, a chi sorride fra sè e sè, a chi di sorridere non ne ha proprio voglia, a chi ha dimenticato come si fa. 
Il segreto della vita non lo conosce nessuno, ma c'è chi giura che forse sorridere un pochino aiuta a non affondare, a non perdersi di vista, a non smarrirsi per la strada.
Il segreto della vita io non lo so, oggi sorrido e sorrido molto, non conosco quello della pasta frolla, figuriamoci quello dell'universo. 
Ma quel che di certo so è  che è tutta una questione di equilibri, di miscele perfette, come lo zucchero e la farina, di piccoli regali per l'anima.
Oggi, riprovo la ricetta. Se ancora non viene, farò un'altra crostata. E mi farò un sorriso.
Il segreto dell'universo, forse, è tutto qui.

07 febbraio, 2013

Le cose quadrate.

Stirare non è pratica affascinante, questo si sa.
Ma qualche volta, aiuta.
Una specie di esercizio di meditazione zen, una specie di yoga, gesti ripetuti e sempre uguali, un sapiente gioco di spruzzini, appretti e tasto del vapore fissato su High.
Le cose quadrate fanno il resto.
Le cose quadrate sono quelle che stiri quando non c'hai sbatti, quando devi stirare ma non hai voglia di impegnarti, e allora scegli con cura le tovaglie, le lenzuola, i fazzoletti, gli asciugapiatti e vai di ferro, senza troppo pensare a qual che fai, tanto, a stirar cose quadrate mica ci vuole mestiere, solo pazienza e metodo.
Nel frattempo, puoi fare ciò che vuoi, Buttare un occhio a una replica di Masterchef, per esempio, che a Cracco, si sa, una stiratina gliela darebbero in molte, con o senza appretto, non fa differenza. Le cose quadrate ti danno la possibilità di avere il massimo risultato con il minimo impegno, mentre puoi pensare a centomila cose insieme ma anche a nessuna, non importerà se il lenzuolo immacolato avrà una piegolina, non è una tragedia. I pensieri che vengono stirando le cose quadrate sono quadrati anch'essi, semplici, gradevoli, quasi  piacevoli, in verità. I pensieri quadrati sono quelli che pensi volentieri, quelli che ti fanno perfino un pò sorridere, non vista, mentre sei all'undicesimo tovagliolo e il dodicesimo chissà che fine ha fatto, ma come, non erano solo i calzini a sparire? I pensieri quadrati sono quelli che si appianano anche solo a pensarli, non sono grane, non sono guai, non sono dolori o malinconie. Sono piuttosto cose belle che farai o ti piacerebbe fare, un piccolo viaggio, quel fine settimana, e quella volta che, sono quelle piccolissime frivolezze che non fanno male a nessuno, che smalto andrà questa primavera, che colore farò il prossimo maglione e a quale figlio, che giro in collina farò domani, se non c'è il gelo più gelo. I pensieri quadrati fanno bene al cuore, di solito arrivano dopo giorni di pensieri triangolari, trapezoidali e ottagonali, di quelli che non sai da che parte prendere, di quelli che ti pesano sull'anima come scogli appuntiti, come sassolini fastidiosi, come la scheggia che hai preso mettendo la legna nel camino. Auguro a tutti una giornata di pensieri quadrati e morbidi, lineari e graditi, semplici da stirare, piegare e mettere via, come i fazzoletti coi pnguini, come gli strofinacci con le frasi, come le lenzuola col glicine. E se nei pensieri quadrati rientrano anche pensieri torbidi su Cracco, mentre sfiletta magistralmente un salmone, beh, non è un problema. Che male si fa, alla fine? 


30 gennaio, 2013

Asfalto che scricchiola.

Sono i giorni della merla, bella scoperta che faccio un freddo di quelli tenaci, che ti avvolgi in cose e cose e hai sempre freddo, le mani soprattutto, nonostante i guantini della tua Amica Afef, che tanto non legge, lo so, quella è distrattissima e su una rama, dicono da queste parti, o forse fa finta, non so. Fa un freddo di quelli che ti entra nel cervello, che ti congela anche le idee, le cose belle, le cose da fare che stamattina erano una saccata, la fila alla posta, meno male che Trichomonas non c'era, lo so, non è un bel soprannome per una impiegata della posta, ma insomma è talmente fastidiosa e odiosa e con aria da scienziata, che gliela manderei una Direttrice della Posta, di quelle GRAZiose che piacciono a me, che sono sempre carine e misurate e sono certa che non ti guardano come se avessero appena isolato il bacillo del vaiolo, per dire.
Comunque. 
Stamattina scricchiolava l'asfalto sotto alle ruote nella discesa della collina, e sotto alla scarpe, sul corso. E' il gelo di questi giorni, ci ha provato il sole ad uscire ma il gelo no, non gliel'ha data vinta, così il sole se ne è andato o forse c'è da qualche parte, solo che non si vede, il sole è timido, non è mica prepotente.
L'asfalto scricchiola, ha gelato tanto questa notte, è una cosa che mi affascina, il gelo rende immobile, non come la neve, il gelo non è così divertente.
A camminare, sembra di avere un tappeto di vetri o di diamanti, a seconda.
Vetri, come le cose del mondo, le menate infinite, passi in un cerchio di fuoco come al circo e dici ok, ma poi un altro, un altro e un altro ancora, ma che circo è mai questo se mai una volta volo sul trapezio, solo cerchi di fuoco mi fate saltare?
Diamanti, come i messaggi dei miei figli, come gli sguardi dell'Illustre Sposo che mi spiano, come le cose nuove che farò, le idee, i progetti, gli schemi francesi che ho trovato nella cassetta della posta stamattina, il portacandela che ho fatto con la buccia di mezza arancia, l'ho visto su Pinterest, ho immaginato che il profumo di arancia e chiodi di garofano potesse essere un antidoto, un disinfettante contro le malinconie e le pesantezze, forse aiuta anche ad affrontare un asfalto che scricchiola, se di vetri o diamanti non importa, anche i vetri alla fine luccicano come i diamanti.

22 gennaio, 2013

Martedì a Colori.

Non mi è piaciuta questa neve. Troppo poca. Se deve nevicare deve nevicare secco, o 1 metro o niente. Questa cosa qui è solo disagio e pavimenti sporchi. Vorrei di quella neve che fa silenzio tutt'intorno, che attutisce i rumori, che riempie di bianco ogni cosa. Invece no. Ci sono mattine in cui vorresti che tutto intorno si fermasse per un pò, che smettesse un pò di girare e girare, e che tutto restasse immobile e perfetto, come la neve appena caduta. Le cartoline che offre gennaio non sono granchè, il pratino è squassato da erbacce e buchi della Talpa, che ci si ostina a lasciare lì, agire indisturbata, a costruirsi un resort che alterna buchi e mucchi. Il bianco della neve è quasi sparito, di bianco è rimasto solo il cielo, come rubato, come cancellato da un mago burlone patito di azzurro, Me Lo Porto Via, e a voi lascio solo color albume misto grigio. Se poi  ci si mette anche la nebbia, è come vivere in una bolla opalescente, e al mattino presto potresti essere dovunque, se guardi fuori non riconosci, non vedi, non sai.

Mattine opache come questa non sono rare lassù nella Casa in Collina. 
Perciò, ci si mette d'impegno a colorarle in qualche modo. La mia scatola di pastelli ha ogni genere di sfumatura, ogni genere di viola, ogni tonalità di verde e di rosa, tutta la gamma dei rossi e dei blu.

Si comincerà con calma, ci si darà il tempo necessario per essere lucidi e presenti e poi via, a dare un senso a un martedì qualsiasi, che chi lo sa, potrebbe diventare speciale. 
Il mio martedì di oggi non è nulla di speciale, e proprio per questo cercherò di dargli io una qualche scossa di meraviglia, i miei martedì sono uguali ai martedì del resto del mondo o di buona parte di esso, e forse questo non è un male, così come non è male che fuori sia tutto bianco, dal cielo all'aria, così puoi dargli il colore che vuoi tu, lilla come il MiniTwist per Cuore di Maglia oppure rosso scuro, come il terzo maglione che ti accingi a fare, uno per figliolo e ancora ne manca uno. Il mio martedì è un pò arancione, come le lingue di fuoco del camino e la brace affascinante che rimane la sera, bagliori e ombre sulle pareti che è un peccato andare a dormire ma rimanere lì a guardarle uno spettacolo casalingo che ti incanta. Il mio martedì voglio che sia un pò blu, come il cielo che lo so, da qualche parte si nasconde e il saperlo lì dietro mi dà un senso di sicurezza, Lo So Che Ci Sei. Un martedì che mi aspettavo, che farò come voglio, cui darò la forma che voglio, il colore che più mi piace. Voglio un martedì viola, color glicine della vecchia casa che se chiudo gli occhi sento ancora il profumo e quella festa di calabroni e api e il loro ronzio, per nulla rassicurante ma così bello, per me. E ancora, rosso ciliegia per uno smalto allegro, che sia di buon augurio per un giorno semplice e senza troppe menate, rosso come le mie Amiche che vedrò oggi, rosso rossissimo per dire al cielo bianco che non importa che tu sia lì, ho pastelli e pennelli e colori a manciate, ho fantasia e piccolissimi sogni, colorerò il bianco della neve e sconfiggerò la nebbia e il grigio e alla fine ci saranno così tanti colori che mi faranno male gli occhi. Ma sarà dal ridere. 

17 gennaio, 2013

Quando un caffè.

Ci vuole.
A metà della mattina, nel bel mezzo di una mattina faticosa, immersa in cose non magnifiche, non leggére, non belle in generale, certo che c'è di peggio, eccome se c'è, ma ci sono mattine come questa che preferirei fare tutt'altro che non stare al telefono con quelli di Sky e chiedere ma come mai mi mandate per 3 volte la stessa fattura che ho già pagato, e che ti chiedono ossequiosi stile maggiordomo Riesce a Darmi La Sua Data di Nascita? certo, ancora non ci sono completamente rimbecillita, forse lo diventerò, ma ancora sono lucida e presente a me stessa e ancora ragiono ogni tanto. 
Le mattine come questa qui portano con sè la voglia di scappare lontanissimo, magari al mare, come dico sempre quando sbatto contro il muro come le macchinine telecomandate dei miei figli piccoli, che non trovo via d'uscita se non scrivere un minuto, giusto per mettere in ordine i pensieri, che la casa è in ordine e perfetta, cosa rarissima di questi tempi, che il mio Illustrissimo Sposo, col quale riesco ad avere alterchi anche su Whatsapp, che non è da tutti, ogni tanto si guarda intorno e dice Tanta Roba, ma non nel senso che si intende tutti, proprio che c'è tanta roba in giro, sciarpe dimenticate sulle sedie, il cacciavite accanto alla Nespresso, lo smalto accanto al cestino con le arance, la scopa lasciata lì,  ma è di un bel lilla chiaro, sta un amore con la parete arancio, libri un pò dovunque, gomitoli e da ultimo, il presepino di terracotta che ancora non ho avuto cuore di spostare dalla cima della scala, che sta lì a dire, Nessuno Che Mi Dia Un Passaggio fin di Sotto? e noi tutti siam qui a sperare che alla fine, il bue e l'asinello si mettano una mano alla coscienza e scendano le scale fino al garage. 
Le mattine come questa qui bisogna prenderle a piccolissime dosi, ora mi faccio un caffè di quelli strong che mi dia una sferzata di quelle giuste, che mi scaldi un pochino, che mi faccia passare la paura e questo vuoto qui, che da un pò non mi veniva e passa in fretta, ma è così sgradevole quando viene ma ho imparato che bisogna sedercisi accanto, non cercare di combatterlo ma aggirarlo, un giro di valzer, una passeggiata in collina, un caffè fortissimo e caldissimo che mi stronchi sul nascere ogni genere di lamentela e frignamento, che di tempo non ce n'è per stare lì a lagnarsi, che adesso su Whatsapp, dallo Sposo Illuminato  non arrivano che baci e cuori, eppure, il caffè ancora non l'ho bevuto.

11 gennaio, 2013

Imparo da me.

Imparo sempre. 
Sapere le cose mi piace, quelle che voglio io.
Imparo da me, dai miei giorni bellissimi e dai miei giorni orrendi. Forse, più dai gorni bellissimi. Chi ha detto che dagli errori si impara forse non ne ha mia fatto nessuno, perchè non è vero. Dagli errori non si impara niente, perchè spesso si è pronti a rifarli, uguali e maggiori, qualche volta.
Imparo leggendo, imparo scrivendo, imparo il mondo, la vita, parole nuove, canzoni nuove, gusti, modi di dire, una ricetta.
Imparo dalle persone che ho vicino, anche se qualche volta mi sento sola contro tutte, l'incubo di parlare una lingua che non conosce nessuno, o la conoscono in pochi, i pochissimi che hanno i miei riferimenti, cu non devo perdere tempo a spiegare, ecco vedi volevo dire così, eccheppalle.
Imparo dai miei figli, la leggerezza e la profondità, dai temi perfetti di mia figlia, dagli sguardi ombrosi, seducenti, profondi e bellissimi dei miei figli maschi, imparo parolacce e gesti, che ridere fanno i miei ragazzi quando sono tutti in cucina e io li guardo da sopra e mi sento privilegio e fortuna, regalo e delizia, tutta la mia vita, il mio essere, è tutto lì, seduto sulle sedie colorate.
Imparo. Dalle cose che so fare, dalle cose che so, ho imparato a conoscere limiti e possibilità, confini e spazi alternativi, capacità che mai avrei creduto, i conti quelli no, non me li fate fare, posso farvi un saggio breve in una mezz'ora e un tema su Ariosto in un'ora scarsa, ma i conti no, per favore no.
Imparo dai miei libri, quando leggo e leggo fino alle convulsioni, fino alla nausea, libércoli da nulla o tomi da mille e passa pagine, mi ci metto dentro, mi ci infilo come dentro a un armadio, e da lì non esco finchè non succede qualcosa, finchè non mi chiamano, o mi viene sonno o sta per succedere qualcosa nella storia e allora smetto per un pò, 5 minuti, mi ci stacco per prepararmi, per sentire tutto il gusto di quello che leggerò.
Strana, lo so. Ma non conosco un altro modo per leggere un libro, se non diventarne parte.
Imparo cose nuove, con le persone nuove, ultimamente ho imparato a fare i biscotti e forse mi serve un ripasso, ho imparato gli short rows, a fare i detersivi ecologici, a preparare cibo per gli uccellini del ciliegio, a trasformare un barattolo di vetro in un regalo prezioso, a stirare una camicia in 2 minuti scarsi.

Il mio mondo non ammette limiti, vorrei sapere tanto di tutto, sapere di più, non sopporto chi si vanta di non sapere le cose, di non avere interessi, di stare lì a guardarsi passare, non reggo chi mi dice Quando Andrò in Pensione Lo Farò, ma come, e adesso? Non reggo chi dice Non Ho Tempo come scusa per non vivere davvero, come alibi per stare fermo, passivo al mondo che gira e che gira e che cambia e non si ferma, e loro ancora lì, il gettone in mano per telefonare alla cabina pubblica, seduti su una panchina ad aspettare il carretto dei gelati.

Rifletto oggi che è un venerdì che di tempo per riflettere ne ho avuto tanto, che ho pulito il pulibile di questa casa sterminata, che ho rinvenuto ragnatele che non credevo possibili in casa abitate da umani e non da vampiri, che ho steso lo stendibile e adesso mi fermo, e riordino i pensieri che ho affastellato senza cura, che pensieri vengono mai quando sei in bilico su una scaletta o svuoti il cestello della lavatrice, nessuno ti spia, nessuno ti chiede nulla e allora puoi pensare a quel che vuoi, puoi pensare a qual che sei, fingere magari di essere un'altra persona, anche se mai vorrei una vita diversa dalla mia, imperfetta e altalenante ma così meravigliosa, piena di cose e di pensieri, piena di gente e di affetti, di amori senza fiato e di quei dolori che non scordi, ecco forse sì, è da quelli che si impara. 

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...