Nel senso di calza, com'è ovvio che sia. Eccheccavolo, vogliamo tirarci un pò sù, in maniera del tutto innocente e casta e pura? Chi l'ha mai detto che le autoreggenti siano sinonimo di postribolo, storie torbide e donne di malaffare? So di donnine con l'espressione di Bernadette che indossano intimo da urlo, ogni mattina, senza per questo aver annotato in agenda Dentista quando invece si recano al motel più vicino. E' una pratica del tutto consentita. In realtà non sono una grande estimatrice di siffatto articolo. La gommina degli elastici mi dà allergia, ho sempre la sensazione che mi scivolino giù, e, diciamolo, non è proprio una bella esperienza. Però piacciono, eccome. E lei, signora mia dalla faccia stupita e scandalizzata, sappia che, se si fa un giro da Calzedonia, le fantasie più belle e più cool sono proprio del genere autoreggente, con un pizzo alto e fascinoso, sexissime, coprenti il giusto e dai colori più eleganti. E quindi? E quindi si rechi. Acquisti a man bassa la fantasia a piccoli pois, oppure quelle righine lì che sotto al tailleur traslucido stanno che è un amore, le abbini unicamente a ballerine ultraflat per scongiurare l'effetto Raccordo Anulare e via. E cosa importa se così apparecchiata stile Mamma dello Sposo si spinge solo fino al mercato a comprare i mandarini di Sicilia. Sotto sotto si sentirà irresistibile, una specie di Michela Brambilla di noialtri. Come dice? teme un raffreddore? Ohibò. Ma come devo fare io, con lei?
25 ottobre, 2007
24 ottobre, 2007
Lezioni di volo.
No, anzi, di guida. E nemmeno tanto lezione, in verità, che cosa devo insegnargli, se guida già come me o quasi? Và detto che la mia macchina è molto simile a quella degli autoscontri, schiacci e vai, non devi star lì a scalare, cambiare, grattare con la frizione, andar su di giri, partire in quarta e cose del genere. Si chiama cambio automatico, bellina. Comunque, oggi, mi è successo. E mi sono trovata lì, un pò ebete, a guardare questa sventola di figliolo, bello, bello e ancora bello, vestito come me alla sua età, il pullover a punta e la Lacoste, bello come si può essere belli a diciassette anni, bello come lo sono in pochi, fuori dal liceo per me che sono la sua mamma, è maledettamente ovvio, è figlio mio. Ma anche per la Biondina Casco d'Oro, mi sa tanto, e un'altra mezza dozzine di figliole sparse di qua e di là in varie scuole cittadine. Non vuole che parli di lui, si arrabbia sempre o fa finta, mi sbarra quegli occhi a fanale, colore della nutella, colore delle castagne selvatiche, quelle da mettersi in tasca per scacciare il raffreddore, quelle che non si mangiano, colore della palude d'estate, un pò verdastri un pò marroncini, un pò di mio e pò di suo padre, che li ha verdi come il lago. Si arrabbierà anche stavolta. Ma oggi che guidava, con quell'espressione concentrata e strafottente, e fiera anche, Lo Vedi, So Già Guidare, che abbiamo fatto il giro dl villaggio che è tranquillo e non c'è nessuno e non è da arresto immediato, oggi, anche oggi l'ho visto un pò più grande. E adesso non menerò il torrone, dicendo che sigh, quanto è già grande e che non vorrei, ma solo confessargli che ho fatto una grande sceneggiata e che non andava affatto veloce, e che l'ho visto sicuro e capace e che non ho avuto paura nemmeno per un istante, nemmeno quando facevo finta di, e che è bello, bello, bello come il sole. E che io, la sua mamma, lo amo da morire. E adesso, si arrabbi pure.
Il ferro da stiro.
Si capisce da subito. Dalla pesantezza che hanno le gambe a scendere dal letto, dai minuti in cui si indugia sulla sponda, guardando fuori, gli alberi, il cielo e poi di nuovo gli alberi e poi di nuovo il cielo, senza spinta, senza voglia, senza e basta. In realtà, qualcosa non funzionava già da questa notte, quando scalze ci si è spinte fino in cucina, a fare uscire il gatto e a bere, bere, bere tonnellate di acqua per mandarlo giù. Ma lui non si è mosso. E' rimasto lì, appeso al suo solito posto, ben accomodato, pesante e ingombrante, sul petto. Un peso sul cuore. Una nostalgia, non so di cosa. Una specie di tristezza ma no che non sono triste, allora è preoccupazione? ma nemmeno, no, non mi preoccupa niente che non sia di ordinaria amministrazione, le solite sciocche cose di una vita comune e semplice. E allora. Allora è lui, questo fardello che ho, il ferro da stiro che non stira ma sta lì, una specie di stanchezza, una specie di mille sensazioni che non si decifrano, ma nessuna gradevole, in ogni caso. CI si sente un palloncino sgonfio, un soufflè squacciato, una lattina di Coca Cola aperta da due giorni. Si cercherà. Di sciogliere questo ammasso di ferraglia, di spostarlo almeno un pochino, di sorridere, magari e non di stare lì a pensarci sù, e a dire, ecco, lo sapevo, eccolo di nuovo, e adesso? Ci si attrezzerà, in qualche modo, che cosa si fa per spostare i ferri da stiro, si spruzzano quintali di appretto sul collo della camicia, così da farlo scorrere meglio, no? E tu spruzza, coraggio, che il ferro scivolerà. Spruzza, muoviti e sospira, vuota fanciulla che ancora non sai che il cuore, bellezza, no che non si stira.
22 ottobre, 2007
Che ne sarà di voi.
Vedo viola. E compro. Senza un progetto preciso, senza dover dire, devo fare un maglioncino, una sciarpa, un copriteiera, uno scaldanaso, insomma, Così, mi capita di avere tonnellate di lana multicolore, in ogni sfumatura, con brilli e senza,acquistata di slancio, senza pensarci troppo, sprimacciandola per bene come si fa con i cuscini, per sentirne la morbidezza, annusandola, per sentirne il profumo di fabbrica che ha la lana nuova, appena tolta dal sacchetto o dalla scatola trasparente e rigida, passandomela sulla guancia per immaginare che tipo di sensazione potrà mai darmi, una volta addosso a me, o ai miei figli. Così, ecco la fornitura di queste ultime settimane, viola, viola e ancora viola. Di quella più complicata, pelosetta e morbidissima, sottile con dei minuscoli fiorellini di ciniglia attorcigliati al filo, un delirio se la disfi, ma così bella che sembra una specie di nuvola, ne sto facendo un...un... una...beh, ancora non si capisce cosa. Ho messo dei punti e vado sù. E vado in giro coi pensieri, senza muovermi da casa mia, volo, volo e volo, per di qua e per di là, mare, scuola, crucci e magoni, e risate, qualche volta. Sono giorni di strana confusione mentale, strano, inconscio disinteresse alle questioni terrene, una sorta di sonnolenza diffusa, di malavoglia malcelata, di cattivo umore cacciato giù col Supradyn del mattino, di nervoso tenuto sotto controllo riempiendo l'agenda di cose da fare, qualcuna fondamentale, altre così superflue che mi viene da chiedermi se sono scema o cosa. Intanto, un altro giorno eccolo qua, un'insegnante di greco mi attende dalle 10 alle 11, dovrò chiamare l'elettricista e sistemare lo scaffale delle tovaglie, e poi e poi e poi. Che ne sarà, quindi di me. E dei miei gomitoli, anche.
21 ottobre, 2007
Se è domenica.
C'è uno splendido, irripetibile momento, che dura un battito ma che fa stare così bene ed è quel preciso istante in cui si aprono gli occhi e si realizza con voluta sorpresa che è domenica. Così, gli occhi si richiudono e si realizza, al tatto, che forse il tuo sposo è già sveglio da ore e ha chiuso la porta per lasciarti dormire ancora, senza che gli attacchi di figli, e/o cane e/o gatti possano in qualche modo turbare il tuo risveglio. Si sta lì, a pensare a niente, a guardare fuori, o trovando un'altra posizione, rigirarsi sotto al piumone, fuori è freddissimo, speri, così questo calore è ancora più prezioso. Se è domenica ci si alza piano, senza schizzar fuori dal letto e senza fare rumore. Di sotto si preparerà una tavola vera, da colazione vera, tranquilla, senza mai guardare l'orologio del forno. Pranzeremo a mezzogiorno, alla una, alle due? E chi lo sa. Se è domenica, hai il lusso assoluto di poter decidere che cosa fare, se sistemare i vasi dei fiori, se fare maglia o leggere, se guardare un vecchio film, vedere gli amici o se fare proprio un bel niente. Se è domenica, i ragazzi si svegliano tardi e già chiacchierano, non come il giovedì, per esempio, con la loro collezione di MHN e BOH coi quali rispondono ad ogni sollecitazione esterna effettuata prima di uscire di casa. Se è domenica si può anche decidere in tutta calma il menù, lasagne, di solito, che fanno impazzire il Giovane Holden che riede nella casa paterna, dopo una settimana di studio e di pasta al burro. Si sfoglieranno senza troppa attenzione i libri di cucina per improvvisare qualcosa di mai provato, e si farà tutto con ricercata lentezza, sentendo la musica, e canticchiando piano. Il tutto, rigorosamente in camicia da notte e calzettoni,certo non il massimo della seduzione ma in fondo, mica devo fare un calendario. Il pomeriggio sarà all'insegna del casalingo, ci si godrà la propria casa e i suoi abitanti, un thè verso le 6 e una cena improvvisata, salata e dolce insieme, forse la pasta fredda del pranzo, che sa così di domenica sera, uno strascico di festa, come a non farla andare via. Ogni regola viene ribaltata e adattata a quel che più ci piace, forse non son cose che fan tutti, e qualcuno forse avrebbe da ridire per questo metodo un pò selvaggio un pò misantropo. Ma ogni cosa, ogni comportamento astruso e fuori dall'ordinario viene perdonato e testè condonato, se è domenica.
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