29 dicembre, 2015

Vattene.





Vattene.
Vattene via.
E non tornare mai più.
Certo che non tornerai, ma te lo dico lo stesso, così da esserne sicura, vattene dove vuoi, e restaci, restaci per sempre.

Vattene da me, dalla mia famiglia, dai miei affetti più belli sinceri, vattene anche da quelli che mi hai portato via, all'improvviso, un pomeriggio di giugno, una certezza sempre, un pezzo della mia vita e tanto, tanto del mio cuore.

Vattene dalle mie lacrime, da tutte quelle che ho pianto, perchè ho pianto così tanto e così forte che mi facevano male gli occhi e la testa e le spalle e l'anima, anche quella, che male sordo e appuntito è il male che senti nell'anima, e perfino mi tremavano le mani, le gambe, i pensieri, e il cuore e tutta me, davanti a quel marmo che nasconde molte delle mie giornate più belle, e tutto il mare, molti dei miei anni migliori, molte delle mie risate e molto di me, così molto che a volte ho ancora voglia di raccontarle delle cose, di chiamarla e dirle Venite Domenica  Pranzo, No, Venite Voi.

Vattene dai miei giorni di solitudine assoluta, vattene dalla malinconia che si è fatta crema, minestra da mescolare, miele acido e appiccicoso, vattene da queste stanze sempre pienissime di gente e di cose, di musica e di risate e di urla, anche, che amore è se non si urla , se non si litiga un pochino, ma appena appena, e raramente, litigare con me non c'è soddisfa, lo so.

Vattene dalle volte che ho sbagliato, da quelle in cui mi sono sentita persa e sola e stupida, stupida così tanto da sentirne l'odore, so di stupida, non di buono, stupida così tanto da non rendermene nemmeno conto, gli stupidi sono come le farfalle, sono bruchi e nemmeno lo sanno.

Vattene dalle volte che mi sono fermata ad aspettare, dalle volte che mi sono convinta e da quelle che invece non sapevo cosa fare. Non ho fatto nulla e ho avuto ragione.

E' stato un anno pesante e faticoso.
E' stato un anno sciocco, e crudele, crudele da morire, bastardo che sei.
E' stato un anno da dimenticare, come molti.
Questo, un pò di più.

Ho inciampato in sbagli e consigli, mi sono coricata su prati di petali e spine, sentivo solo i petali, ma le spine erano lì, sempre.

Mi sono avvoltolata su me stessa, mi sono chiusa come dentro un barattolo, come dentro una capanna, quelle fatte per giocare, con le lenzuola tra il divano e le poltrone, lasciatemi qui, quando il carico era troppo anche per me, anche per me che non fa niente, anche per me che va bene uguale, anche per me.

Ho poche, pochissime cose belle e me le tengo strette, me le tengo per me, le nascondo sotto al maglione per paura che me le portino via, come al solito, come succede spesso, è così che funziona, no?

Aspetto il nuovo anno senza grandi concerti, senza musica e senza sonno. 
Ne rimarrei delusa, come quando lo aspettavo coi campanelli e le scintille, quei bastoncini che sembra che brucino e invece no,  Il contrario succede sempre, ci pensi mai?

Aspetto il nuovo anno.
Cerco un anno nuovo da amare.
Duemilasedici, non mi piaci.

Ma innamorati di me.
Vediamo quel che posso fare.







21 dicembre, 2015

Apposto.

A posto?
A posto.
Anzi, apposto?, tutto attaccato e con le doppie, come mi chiedono i miei figli e le mie amiche su whatsapp.

Apposto, si.
Mi piacciono questi giorni semplici, che piove appena appena, che finalmente fai spese per reggimenti, stili liste di cose da fare, regali per, e tanto altro.

Mi piace che tutto sia così, esattamente com'è, detesto i cambiamenti, e il cielo solo sa quanti ne ho fatti e quante case e quante situazioni, anche quando tutto sembrava consolidato e fermo e dire, aaaah, ok, adesso ci fermiamo, e invece no, zero, tutto da capo, si rifà.

Mi piace che tutto sia illuminato in casa mia, le candele, le cose, il Natale Decostruttivista, come lo ha chiamato l'Architetto ieri sera, che cosa vuol dire lo sa lui soltanto,  in una di quelle sere con le tavole sontuose, coi bicchieri belli e i tovaglioli con le renne, e le bollicine che ti fanno ridere, e dire cretinate ma così felice come lo sei stata poche volte, da qualche mese in qua.

Mi piace quello che ho, quello che ho vicino e quello che ho lontano.
Perchè ce l'ho.

In tutta questa perfezione, trova posto anche una malinconia, una mancanza che si mescola all'allegria, perchè di questa allegria ne faceva parte da sempre, in questo febbrile preparare, i pacchetti di Natale, Passa in Negozio e Stai Un Pò Con Me,  e non c'è giorno che non ci pensi, che non mi manchi così tanto da farmi piangere, da sola da qualche parte, all'improvviso.
Soprattutto in questi giorni di festa e di lucine.

Ho il mio modo personale di essere felice lo stesso, perchè nulla la porterà più indietro, nè a me nè a nessuno.
Sono felice dei miei giorni, piango se ci penso, rido con le bollicine, mi mangio di baci la mia famiglia e gli amori grandi della mia vita.

E il mio è un modo tutto strano, di piangere felice, o di ridere soffrendo un pò 

 C'è un piccolo albero di Natale vicino alla sua fotografia in cucina, nella cornice con l'uccellino che mi aveva regalato qualche Natale fa.

Adesso sì, è tutto a posto.
Apposto?
Apposto.






14 dicembre, 2015

Il Freddo Chiaro.

E' freddo così.
è freddo che non si capisce.
Se nebbia e sole nascosto, e tramonto, appena appena, Esco a Vedere il Tramonto, che bella frase da dirsi. Si vede poco, le montagne sembrano lontanissime, ma c'è una striscia corallo che fa vedere che sì, il sole è qui, anche per me, mica solo al mare.

E' freddo bello.
Ci sono piccolissimi pensieri, lucide cose da tenere al caldo, ci saranno ritorni e viaggi e un sacco di gente avanti e indietro da questa casa, si contano già, Quanti Saremo? e già la domanda fa stare bene.

Ho piccoli regali da scartare, me li sono fatti da sola, e sono quelli più belli.
Sono i regali perfetti, quelli che non sbagli mai il colore, nè la misura, non sono mai nè troppo grandi nè troppo piccoli, E' Proprio Quello Che Volevo, càpita così di rado.

Ed è questo che volevo. Questa me.
Questa me ridanciana e un pò scema, che saltella e corre nel freddo che c'è, che esce a vedere il tramonto, che cerca le stelle cadenti d'inverno, perchè ci sono, lo sai, e se la nebbia non te le fa vedere, niente ci fa, ce le immaginiamo, e va bene uguale.

Ho finalmente voglia di questi giorni brillanti, non ci sarà niente di speciale, ma proprio per questo saranno straordinari, ritornare alla normalità anche se solo per qualche settimana, è cosa preziosa e bellissima.

Così, mi regalo tutto quello che mi viene voglia di regalarmi, cose minuscole e cose giganti, sensazioni, perlopiù, sorrisi chiari, di quelli che fai senza pensarci, si è mescolato così tanta pesantezza e tanto buio, adesso la luce chiarissima di questo freddo bello ti fa strizzare gli occhi e ti spaventa un pò.

Ma dopo il buio, abituarsi alla luce, è un attimo proprio.
Col freddo, lo stesso.


01 dicembre, 2015

Ciaodicembre.

Tuttoattaccato
forse maiuscolo
forse.

Ciaodicembre, così.
Freddo bello, mattine chiare, arriverà la nebbia, lo hanno detto alla tv, le tre righine sulla carta geografica non ce le facciamo mancare mai, e va bene, 

Ciaodicembre.
Non so se ho voglia che tu sia qua, questa volta.
Ci devo ancora pensare per bene.
Di solito, in questi giorni avevo già voglia di lucine e sberluccichiii, e porporina e brilli ovunque, e braccialetti tintinnanti con l'albero di natale e la slitta.
Stavolta, non tanto
non ancora, almeno.

mi sono preparata, ho cercato di averne voglia, ho comprato da settimane un pacco regalo con le lucine, anzi due, li vorrei mettere ovunque, li ho provati in cucina, si sono illuminati e mi hanno fatto un pò tristezza, come un colpo dritto al cuore, è durato un secondo scarso, ma c'è stato.

Vorrei cercare boule de neige di tutte le forme, inizarne una collezione, niente come le boule de neige mi fanno volare lontano, ci guardo dentro e vedo tutto quello che ci vorrei vedere, mica le casette e i pini di plastica, o Piazza San Marco, quando mai a Venezia ha nevicato, 

Ci vedo quello che piace a me, guardo la miriade di sfarfallii luccicanti o bianchicci, minuscole scaglie d'oro o bricioline candide, e immagino quello che mi piace, Dublino, quelle scarpe rosse, una sera pacifica con la casa piena di gente, Parigi e la sua malinconia, uno smalto rossissimo, il mare liscio e un'isola greca.

Così, mi siedo in cucina, vicino alla finestra, e guardo controluce la mia boule, un universo nella mano, i miei pensieri passano il vetro pesante, la giro al contrario e poi la rigiro, e se chiudo gli occhi, mi ci vedo anche io, lì dentro, in una piazza enorme con la neve, a farsi cadere i fiocchi sulla lingua, chiudere gli occhi e non pensare più.

Sembra facile, 
Magari funziona.
Ehi dicembre, ne sai niente, tu?


16 novembre, 2015

...e stringersi.

Non lo so,
Nessuno lo sa.
E chi crede di saperlo, magari si sbaglia.

I giorni che sono appena passati, i giorni che sono qui, i giorni che verranno,  pesanti e difficili e complicati e incomprensibili e inconcepibili. 
la paura, il non sapere che cosa fare, che non è una questione mia, o tua o sua.
E' il mondo.
E' la guerra, forse, chissà.

Faccio fatica a capire, faccio fatica a seguire fino in fondo le notizie del tg, e quanto dolore, quanto pianto, quanta insormontabile paura.
Cerco una strada, una soluzione stupida nella mia casa nel verde, chiudere il resto fuori non servirà.
Ma io mi stringo.
Alle persone che ho qui, adesso, alle anime chiare che per qualche giorno staranno qui, a casa con me.

Mi sono stretta in questi giorni alle persone che con me condividono un sogno bellissimo e insieme a loro ho fatto del mio meglio, abbiamo fatto del nostro meglio per cacciare via la paura, per non sentire il magone forte.

Mi stringo alle cose che ho, ho comprato candele bianche e le ho sparse per casa, la luce delle candele rassicura anche di giorno, anche quando fuori non è buio, ma è buio sempre, se ci pensi bene.

Non ho paura, ma mi stringo ai mie pensieri che ridono, butto il mio cuore oltre il vento, oltre la collina, lo faccio volare lontano, di là dal mare, e mi stringo lì, non abbiamo paura, non ne abbiamo avuta mai, nemmeno ora, nessuno di noi.

Mi stringo a cose colorate, qualcuno mi ha detto Ti Circondi Sempre di Cose Belle, e le cose belle sono loro, è chi mi chiama la sera tardi per dirmi  Che Cose Belle Che Fai, e un pò a me si stringe, anche lei.

Mi stringo ai miei progetti, faccio di questa casa una roccaforte inespugnabile di coraggio e fragilità, serve tutto per andare avanti, servono cemento e gerani per fare una casa, cose importantissime e cose che nemmeno un pò, ma va bene così.

Nessuno abbia paura, nemmeno di piangere, nessuno si faccia rincorrere dall'angoscia e dal non saper che fare.

Ci si deve organizzare, sforzarsi di trovare comunque cose belle da fare e da pensare, qualcuno con cui sorridere o ridere forte.

Si deve raccontare ed ascoltare.
pensarsi da lontano
cantare sottovoce,
e stringersi






02 novembre, 2015

Il Vestito di Pizzo.

Non erano gran giorni, quelli.
Il sole sì, una leggerezza sottile, si sorprendeva a cantare sottovoce, riordinando un cassetto, togliendo le foglie secche a tutte quelle piante viola del davanzale, avrebbe dovuto metterle al riparo, non avrebbero resistito al gelo del'inverno.

Erano giorni pesanti, con sforzi giganti per uscirne fuori, e grandi soddisfazioni nel vedere che sorriso chiamava risata, che leggerezza chiamava divertimento.

Era un pomeriggio faticoso, quello.
C'erano ricordi a schiacciarla, una solitudine più marcata, un magone fortissimo, di singhiozzi soffocati, quelli che proprio non trattieni, la certezza che proprio da lì non si sarebbe tornati indietro. La consapevolezza.

Aveva un abito di pizzo nell'armadio.
Lo aveva indossato a una festa, dove aveva ballato e riso, riso e ballato e cantato e riso, e ancora riso, tanto fino alle lacrime, che belle sono le donne che ridono e si sfanno il trucco, e tentanto di ricomporsi mente ancora ridono e ridono.

In quel pomeriggio difficile, ebbe voglia di ritrovare quella risata.
Aprì lentamente l'armadio, quello dei vestiti belli, dei vestiti delle feste, quello più in alto.
Il vestito di pizzo era lì, allineato accanto all'abito da sposa, ai vestitini belli delle comunioni, all'abito nero dei 40 anni.

Lo indossò e si guardò allo specchio. Certo, con le calze a righe, i capelli sfatti e quella faccia grigia da domenica pomeriggio non aveva lo stesso effetto.
Forse, tirava un pò sui fianchi, ma si fece una smorfia, un giro su se stessa, la gonna a ruota volò e volò, improvvisò una danza, una faccia da copertina, un pò da scema.

Immaginò ancora quella volta e quella festa, a chiudere gli occhi ne sentiva la musica, le voci di sottofondo, fotogrammi perfetti, c'era questo e c'era quello. E c'era lei.


Ridicola, nella cabina armadio, coi calzettoni  a righe un pò scesi e quell'improbabile abito di pizzo, finalmente si sorrise, sentendo su di sè un altro sorriso, da Dovunque Fosse.

Il Vestito di Pizzo tornò nell'armadio in alto, quello dei vestiti belli.
Ogni volta che vorrò ritrovarti, lo indosserò.






26 ottobre, 2015

Ci voleva la nebbia.

E quanta stamattina.
La strada che sparisce, le foglie gialle che spiccano di più, i fari che brillano male, come non messi a fuoco, non so come dire.
La nebbia mi piace.
Lo so che non si dice, ma è bella, a modo suo.

Ci ho inventato storie, fatto viaggi impossibili, ci ho corso dentro e sarà meglio che riprenda, si corre meglio dentro alla nebbia, l'ho guardata miliardi di volte, dal divano, dal letto, nei miei guardare fuori che fanno male, qualche volta, in piedi con la fronte stampata sul vetro, Ma Cosa Guardi? Non So.

La nebbia ha un suo perchè, una sua ragione ben precisa, nel disegno della natura e delle cose, nulla è lasciato al caso, nemmeno lei.

La nebbia è velluto incolore che ti fa uscire i pensieri più belli, non è vero che fa malinconia, certo, qualche volta sì, ma più spesso ti fa romantica e calma, non è pioggia a innervosire, o caldo afoso a stremarti, o neve candida che fa allegria. 

La nebbia racconta sottovoce le storie che sai a memoria ma che solo con lei saltano fuori, ti porta profumo di funghi e umidità, e castagne e noci da raccogliere sotto l'albero e spaccare con la pietra sul muretto.

Ti racconta di misteri e di segreti, di piccolissime magie, le cose che nasconde fino all'ultimo e che ti appaiono all'improvviso, come certi pensieri, come certe soluzioni a questioni con le quali ti lambicchi il cervello da giorni. Era così facile, come ho fatto a non pensarci prima.

Con la nebbia sono più tranquilla, mi piace  e non mi fa paura, ci sono nata, ha un fascino speciale per me che vengo dalla bassa, regala al mio giardino un mantello nuovo, opaco e morbido, certamente elegante, decadente e un pò nostalgico, non per questo triste o scialbo.

Lascio che la nebbia faccia il suo dovere, la guardo dalla finestra e me la prendo comoda, mi racconto una storia nuova così, giusto perchè c'è l'ora solare e farà buio presto, metto in fila le cose da fare e le faccio con calma, la storia sarà lunga, me l'ha raccontata la nebbia, e lei di storie corte non ne sa.





05 ottobre, 2015

Una Famiglia Sgangherata



Tanti
Belli
Bellissimi
Tutti
E sparsi
Sparsissimi
Quasi tutti.

Ho una famiglia numerosa.
Una famiglia numerosa e bellissima
Una famiglia numerosa, bellissima, e sgangherata.
Sgangheratissima. Uno di qui, l'altro di là.
Valigie e zaini. E borse. E contenitori per il ragù, gli agnolotti quelli buoni, il piumone da portare sù, che è quasi ora.
E il volo seguito sul computer. Atterrerà fra 5 minuti.
E Skype a manetta
E messaggi su whatsapp., Condividi la Posizione, così sappiamo dove sei e siamo tranquilli.

Il casino.
L'ansia a mille, qualche volta.
la solitudine di certe sere.

Forse, se avessimo fatto diversamente, se ognuno di noi si fosse sempre fatto i fatti suoi, chiuso nel suo mondo, adesso, forse staremmo meglio e non ci faremmo tanto caso.
Invece no.
Noi siamo quelli che stiamo tanto insieme, che  bussiamo alla porta di quelli che studiano per dire, Prendi Un Caffè Con Me e allora si scende in cucina e si parla per una mezz'ora, magari ci si azzuffa pure, 
Noi siamo quelli che siamo sempre tanti e abbiamo sempre qualcuno in più, fidanzati o amici, siamo quelli che tutti o nessuno, siamo la voglia di stare insieme sempre, dei viaggi di Natale, della casa senza tante porte, per vederci sempre e non chiudersi a chiave.
Siamo quelli che le questioni le discutiamo a cena, e volano paroloni e piatti sul soffitto, beh, quello una volta soltanto, e quando lo  raccontiamo e nemmeno si stupiscono tanto. Il mio Sposo urlava, io piangevo, scene da malavita, e a ricordarlo adesso ma che ridere.

Chi tanto ama tanto urla, si sa.
Siamo quelli del chilo di pasta, dei carrelli stracolmi, delle pentole da reggimento, quelli delle 60 polpette, quelli che il cambio di tutte le lenzuola è una roba tipo da hotel, quelli delle 20 uova.

Ora invece no.
ora, noi siamo quelli sparsi
Siamo quelli uno di qui e l'altro di là, come è giusto che sia.
Ma succede sempre tutto insieme e non è che vada tanto bene.
Amo questa famiglia di un amore infinito e purissimo, di quelle cose da mal di stomaco, insomma, quelle che per loro affronteresti leoni e iene, e pure il topolino minuscolo  che il gatto ti ha portato ieri mattina sulla zerbino, per dire, perchè nessuno ha il coraggio di toglierlo da lì.

Urlo ancora, ovvio, non a tutti insieme, però.
A uno per volta, che forse è meno scenografico.
Ma i vicini, i vicini lo sanno bene.


Prima siamo tanti e il giorno dopo solo due.
In attesa sempre, di essere di nuovo tanti, che dura sempre troppo poco.

Nel frattempo, si congelano ragù e cose, si mettono le lenzuola con le stelle di Natale perchè sarà a Natale che saremo ancora tutti insieme, si cerca di non badarci tanto e ci si concentra su quella volta che li avresti strangolati a turno,  tutti, per non ricordo cosa.

Che ridere, però.




Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...