Cielo nero, e Nuvola lo sa. Ma sa che cosa. A guardarlo fa paura, nessuna stella o luce o costellazione, nemmeno la luna, che c'è, ma è velata e non sorride, si è vestita di stracci e non ha luce, non ha riflessi, non ha nulla. Cielo nero, e Nuvola lo sa che il vento soffierà, per lei. Il vento arriverà, lo so, e spazzerà ogni cosa, porterà via questo sentire, che niente sembra calmare, io lo so che passerà, già ma quando e come e fino a quando si avranno sogni di burrasche e giostre e barche affondate, e fino a quando si apriranno li occhi e si guarderà il soffitto invece che gli alberi di fuori, il soffitto se lo guardi ti si schiaccia contro e si fa pesante e fa pesante te contro il materasso, e ti spinge giù, fin sul pavimento e dal pavimento alla cantina e dalla cantina a dentro la collina, che guardi il soffitto che si allontana e allontana, ma hai terra dappertutto e la mastichi e la sputi ma la terra fa così. Cielo Nero, senza sonno e senza senso, pensieri e pensieri e storie intrecciate e il mondo che sembra rallentare e accelerare in un secondo e distruggersi e ricrearsi, gonfiarsi e sgonfiarsi. E dove, dove troverò la forza mai, di scrostare tutto questo, di togliere la ruggine, la cenere dal camino, il caramello del pentolino bruciacchiato, nessuna luce e nessuna stella e nessun vento riuscirà, nessun vento spazzerà, nessun vento riuscirà mai.
23 giugno, 2010
21 giugno, 2010
Cold June.
Che giorno è esattamente. Solstizio, equinozio o cosa diavolo. E' un giugno con la felpa, il golfino, come, non doveva essere Giugno La Falce in Pugno, è una filastrocca che non so più, o forse è una delle massime di mia nonna, me le ricordo tutte e questa no, ce n'era una per ogni mese. Son giorni che girano e girano, confusi, un pò vacanza e un pò lavoro, non so se giro io o se gira tutto intorno e me e io sto ferma e immobile, una giostra, tipo, e tutto mi sembra cambiare, così velocemente che non ho nemmeno il tempo di stringere la cintura del seggiolino e guardare sorridendo chi sta giù, chi non ha il biglietto, chi non gli piace andare in giostra e chi a girare così forte gli vien da vomitare.
18 giugno, 2010
Salta giù.

Dài, fai un salto. Non è una roba complicata, devi solo chiudere gli occhi, fare un passo e giù, ti butti e via. Salta, nel vuoto, sentirai che il buco allo stomaco che senti ora sarà ancora più grande, si sentirà di più. Niente trucco e niente inganno, non le funi, non le corde, nessuno che ti tenga, via, non fare quella faccia, sarà un attimo, vedrai. Saltando, potrai vedere le nuvole al contrario, i prati sulla testa, la cascata che va all'indietro, non è mica roba da tutti i giorni. Ma chi l'ha detto che mi piacerà. Chi vi ha detto che sono così coraggiosa. Chi vi assicura che sarà così bello. Dove sta scritto poi, che lo devo proprio fare. Io non sono mica per queste cose qua, io sono una stupida creatura di campagna, persino un pò imbranata, non son tagliata per il rischio, i voli, le cose. Io sono un elemento semplice, il mio libretto di istruzioni ha solo una pagina, sembro solo complicata ma non la sono affatto, sembro sono spavalda, ma sotto sotto sono un coniglio, quelli che scappano appena si muove un filo d'erba, quelli che stanno immobili se sentono un rumore da nulla e si fanno pesanti e invisibili e credono di esserlo e invece li vedi lì, accanto al tronco, credono di essersi mimetizzati e invece no, i vedono tutti e se passa il cacciatore sparerà su quel codino bianco a ciuffo e addio coniglio scemo e i conigli scemi non si fanno uscire nella brughiera col cacciatore nei paraggi, i conigli scemi devono stare ben chiusi nella tana, è lì il loro posto, non ce n'è un altro dove possano andare e si credono così furbi e sfrontati, e hanno quella faccia un pò così e quel naso che muovono e muovono come a dire Io La So Lunghissima, e invece no, i conigli non sanno niente, nulla del mondo, nulla della vita e della brughiera, e far loro del male non c'è soddisfazione, men che meno farli saltare nel vuoto.
17 giugno, 2010
Nessuno oltre me.

Si guarda fuori, le gocce, l'erba e quei fiorini bianchi che mi ha regalato Biancaneve, un vaso per tutte, che bel pensiero. Si guarda fuori, il tutto e il niente, prova tu a concentrarti su una goccia sola, su un filo d'erba, è tutto mischiato, lì fuori, la prospettiva cambia se guardi da eretta o da stesa, in ogni caso non ce la fai. Piove sommesso, piove a chiedere scusa, è giugno eppure piove, dovrebbe essere una fiera di sole e di grano e di papaveri e caldo e pic nic e biciclette e prati, persino il fiume, mi piacerebbe andare a un fiume qualunque, mica a farci il bagno, a camminarci dentro, l'acqua è così gelata che non sai, eppure è bello, i sassi grigi, non la spiaggia, mica come al mare. Nessuno ancora in giro per casa, fra poco porte che si aprono e scalpiccii, adesso no, nessuno a guardare me che guardo fuori, che piove vero e piove falso, piove sugli spruzzi dell'irrigazione del pratino, stolta che sei stata a non spegnere per tempo, quello si attiva alle 8,28 ogni mattina, e il prato è già fradicio di suo, piove da un bel pò, non era necessario. Così come non è necessario questo tuo stare di ora, attraverso i vetri le goccioline sono brillanti, brillanti falsi a manciate sulla finestra della cucina, brillanti da mercato, da uovodipasqua. Sembra e non è, finto e vero, vero e falso, viene dal cielo o dal rubinetto, sarà bene o sarà male, scegli una carta, ti porterà fortuna, pioverà o smetterà, è autentico o è un tarocco, fatti un sorriso nello specchio del bagno, ne hai bisogno davvero, nessuno oltre te, te che non sai che il fiume coi sassi no che non è il mare.
16 giugno, 2010
Sciallàte.

Non si parla d'altro, ultimamente. Di sicuro, buona parte della colpa è sua. E' Lei la fedifraga, Lei che inventa schemi di scialli sempre diversi, Lei che li porta con una disinvolture e un'eleganza da passerella, Lei, che li crea. E noi, che forse non aspettavamo altro, che al Camp ci siamo innamorate un pò tutte dell'Azzu e del Forest della Manu, del Mormor e di tutti quei nomi bellissimi che hanno gli schemi degli scialli che si trovano sul web. E poco importa se qualcuno è davvero complicato, noi ci mettiamo del nostro, applicandovi le nostre personalissime modifiche, per renderlo unico, dice Emma, per nascondere un buco che non doveva essere lì, diciamo noi. Così, c'è presa secca, come dico sempre. Anche qui nel Basso Monferrato, lo scialle mi va, eccome se mi va. Lo fa l'Amica delle Provette, finchè può sui ferri dritti: poi, quando proprio non potrà più, si è già iscritta a una lezione privata di ferri circolari, tenuta dalla Scrivente, lassù, nella casa in collina. Prezzi Modici. Lo fa L'Amica delle Perle,sciallatissima, è proprio il caso di dirlo, in un bordopiscina del Chiantishire, che ci vorrebbe una foto, una che knitta in piscina è troppo da immortalare. Lo fa Afef, nei ritagli di tempo, tra una corsa e un Pilates, Lo fa Biancaneve, con un filato giapponese da perderci la stessa, brilloso e rigoroso, sembra nato per lei. E lo fa la MedesimaStessa, due per volta, come già dissi. Lo scialle incontra, avvolge e sostiene, coccola e accarezza. Sia di seta cangiante che di cotone rustico, sia croccante di lino, che morbidissimo in fibra di latte, lo scialle mi va ad essere uno dei must have dell'estate che viene. Dai colori più classici a quelli più improbabili, pareo di giorno e scialle di notte, differenza non v'è. Non si hanno notizie però dello scialle della Vice. Secondo me, trama qualcosa. Mi aspetto però di girare l'angolo in autostrada e di vedere un viadotto tutto knittato, e di un bel color corallo. La Vice, si sa, non ha mezze misure.
15 giugno, 2010
Impara chi sei.

Non è poi tanto difficile Ci vuole cura e attenzione, e del tempo, anche, non è che si esaurisce tutto in una sola lezione, ne devi fare di corsi, bambina, e studiare e studiare, per impararlo bene. Ti bocceranno pure, qualche volta, se non avrai dei dubbi, e nessuno mai ti rispiegherà la lezione, Dimmi Dove Non Hai Capito. non funziona così, mi duole comunicarlo. Impara e impara, a nascondere, dire e non dire, fare e non fare, non coinvolgersi, mai affrettarsi, mai preoccuparsi, le cose piovono dal cielo così come i fiocchi di neve, piccole astuzie, l'impermeabile per le mezze stagioni, sempre una biro e sempre un quaderno, la cucina scura che non si veda lo sporco, la gonna a pieghe, che orrore, impara, trucco leggero, scarpe basse, mai mezzo tacco, mai, mai rossetti perlati, smalti sbeccati, calze smagliate Mai orli scuciti, mai dire Tra Virgolette, mai fare il gesto con le dita, peggio mi sento. Mai parlare con gli sconosciuti, ma chi l'ha detto, poi, è così bello qualche volta. Impara chi sei, e imparalo bene, non ci vogliono vent'anni e forse nemmeno trenta, e chi dice di saperlo bene, chi è tutto un Io, Io, Io, chi ce l'ha sempre più bello e più lucido e l'ha già fatto mille volte prima di te, qualunque cosa sia, chi sa tutto di tutto, beh, impara a non credergli, impara anche questo, imparalo, è meglio.
14 giugno, 2010
La fine.
Intesa come scuola. Finita non ho capito bene quando, dacchè è da giovedì scorso che assisto a festeggiamenti e sdilinquimenti, a figliole rientrate zuppe e con uova spiaccicate sulle chiome, bene, l'uovo si sa rendei capelli lucidi e setosi, meglio di qualunque balsamo, ad avvertimenti del tipo, Vado a Scuola in Costume, sai com'è, poi Noi Si Va in Piscina. Belli sono belli, niente da dire. Invidio un pò questa loro leggerezza, questo soffice essere così come sono, così puri e trasparenti, così semplici nel loro essere maledettamente complicati e di difficile gestione, qualche volta, allegri da contaminare ogni cosa, e ombrosi e cupi da rendere impossibile ogni tentativo di comprendere, di farsi spiegare, anche solo di aprire la porta della loro stanza. La fine della scuola, lassù nella casa in collina, coincide ogni anno con il profumo del caprifoglio che si mischia a quello delle rose, con la sospensione pressochè totale di regole, orari e norme da rispettare, fatto salve quelle della buona creanza, dell'educazione e della decenza. Figli che vanno e vengono, amici e amiche in visita pastorale, a pranzo, cena, mezza pensione, pensione completa, bed & breakfast. E lo stesso fanno i miei in altre case, in altri letti, in altre famiglie. Si tenta di tenere un piccolo registro, anche soltanto mnemonico, ma capita che qualcosa sfugga. E' già successo che il mio Sposo, vedendo scendere dalle scale un giovane sconosciuto ospite del Liceale, lo abbia apostrofato con la famosa frase E Tu Chi Sei? e che il malcapitato abbia esposto balbettando paternità, trisavoli e antenati e forse abbia anche aggiunto Vengo in Pace, il mio Sposo si sa, ha fama da orco presso i compagni di merende del mio zoppicante Figlio quasi diciassettenne. Oppure, che mi prenda un colpo a vedere un letto intonso la mattina, ah già, dormiva da Tizio, me l'ero scordato. Questo è. Nel frattempo qui si espletano piccole cerimonie, la consegna della pagella al Conservatorio, pizze, feste e concerti, ricchi premi e cotillon. Io osservo quieta. E proteggo questi loro giorni di benessere assoluto, di pensieri morbidi e di feste, di zaini abbandonati e di indolente beatitudine. E osservo compiaciuta la tavola della colazione che ho preparato per loro, una crostata a metà, cereali e nutella, le rose nel bicchiere. E le tazze. Quante? Già. Quante?
11 giugno, 2010
La leggenda del Prezzemolo Rinato.
Sembrava proprio morto. Secchissimo, una sfilza di steli giallognoli, tristissimo nella sua cassetta di terracotta, bella, vecchia, con tutti i ghirigori e le macchie bianche dell'acqua e del tempo, in certi punti un pò scrostata. Era un vaso trovato nella cantina della Sontuosa Casa, due case in collina fa. Ma al prezzemolo non gliene importava granchè di dove fosse stato piantato, e, data l'incuria della sua sua sgangherata padrona, aveva deciso di lasciarsi morire, così, una mattina qualunque di fine maggio. La Sgangherata, in realtà, si era alla fine messa una mano alla coscienza, Ma Come, si disse, Posso essere sempre e solo definirmi la Serial Killer delle erbe aromatiche e delle piante, io son zingara, non barbara, ho parenti slavi e macedoni, furbi contrabbandieri, non ho Unni o Visigoti nel mio DNA, lo so per certo.
Così, ci si applicò.
Lo potò con maestria, rasandolo fin quasi alla terra, applicando lo stesso principio dei capelli, se li tagli a zero, ricresceranno più forti. Se ne prese cura, innaffiandolo ogni mattina, in una specie di rito che si era inventata da sola, appena dopo l'uscita dei figlioli verso le patrie scolaresche, e appena prima della sarabanda. Innaffiava con cura, non una goccia e via per fare prima, ci stava un pò, col suo bell'innaffiatoio tutto specchi e pietre preziose.
Due giorni fa, il miracolo. Tra gli spuntoni degli steli ingialliti ecco far capolino un bottoncino verde, smeraldo in mezzo al nulla, due foglioline tenerissime di prezzemolo appenissima nato, è così che si dice.
La Sgangherata ci si appassionò così tanto, che ogni mattina, nel terrazzo sul pratino, controllava con solerzia e apprensione i nuovi progressi. Lui, il Prezzemolo, cresceva e cresceva, si faceva strada nel deserto del vaso di terracotta, che veniva ripulito con chirurgica precisione dalle foglie secche della precedente vita.
E crebbe e crebbe, accanto alle ortensie e alle viole del pensiero, alle rose bianchissime, alla menta, al timo.
Gli fu messo nome Lazzaro.
Non vissero tutti felici e contenti, non per il momento, almeno. Nella casa in collina si ha a che fare con un volo cinematografico dallo scooter, da varie vicende di fine anno scolastico, da grane e grane, questioni scassamenti vari, malinconie improvvise, magoni e minchiate in francese.
Ma la storia di Lazzaro ha una morale tutta sua.
E la Sgangherata, lo sa. Oh, se lo sa.
10 giugno, 2010
Suona.
Sono giorni di studio e studio, lassù nella casa in collina, l'esame di pianoforte arriva come il profumo dei tigli nel viale che porta in città, passando dalla strada stretta, quella in campagna, che ci si deve fermare per far passare i trattori. E' una fine di scuola incerto, questo qua, vorrei che arrivasse e che non arrivasse mai, non so, è una strana sensazione di vuoto imminente, di vertigine, come un burrone, come in cima a un grattacielo, come non so. Lei suona. Suona veloce e senza incertezze, le note scivolano fuori dalla sua stanza, dalla finestra con le tende leggere che dànno sulle rose, dalla camera colorata e in disordine, pile di libri, bigliettini, fotografie e mucchi di scarpe, ha la stessa mia mania, le scarpe e il disordine, eppure era così ordinata da piccola. Ma piccola non lo è più da un pezzo, lo si capisce da quei suoi bronci, dai magoni, dai silenzi a tavola, dalle litigate feroci coi suoi fratelli, non sta più zitta, ribatte, tiene testa, un caratterino. Lei suona. Suona la sua vita, suona i giorni di questa età così bella e spietata, suona i suoi capelli che vorrebbe un giorno più lunghi e il giorno dopo più corti, suona i suoi pensieri segreti, le cose che non dice, i suoi spartiti serissimi accanto alle stringhe coi teschi, le mollettine coi fiori, la maglia I <3 NY. Suona e suona, Principessa della Rose, suona e raccontami la donna che diventerai, suona e sorridi, per niente al mondo mai vorrei vedere le lacrime che ti scendono giù, silenziose, gli occhi bassi sull'orlo del piatto, sono di un verde disarmante quando piangi, sono lucidi di pioggia preziosa, brillano smarriti e io non so nemmeno che strada dirti di fare, per uscire dal bosco. Suona, bambina, suona per gli altri abitanti di questa casa, che nemmeno respirano quando ti sentono suonare, sono note profumate di bellezza, sono note rotonde e colorate che rotolano sotto i letti, esplodono contro il soffitto, scendono dalle scale, se guardi bene le vedi rimbalzare in cucina, in giardino, sul prato arruffato con l'erba già troppo alta. Suona per noi, suona per me, mamma smarrita come e più di te, mamma confusa e inafferrabile e incapace, suona e suona, Figlia del Cielo, mio cuore disegnato, mia copia più chiara, suona per me, bambina, sarete tu e la tua musica a indicare a me la strada sicura per uscire dal bosco.
09 giugno, 2010
Mò mi ripiglio.
In effetti a ripigliarmi ci vuole poco. Diciamo che non è stata una mattina divertente, e dichiariamo conclusa e archiviata l'intera faccenda. Ho fatto un giro in ospedale, và, nulla di grave, fine della questione. Solo, il Medico Eccelso mi aveva consigliato, Mi Raccomando, Signora, Adesso Vada a Casa. Sì, le balle, alla faccia della Signora. L'onnipresente Amica delle Perle, al corrente della brutta situazia, mi attendeva trepidante all'ingresso del nosocomio, manco stessi uscendo da Rebibbia, sezione femminile. Colazione con tutti i crismi, persino il croissant al miele, signora mia, lo so che a metà giugno si deve abiurare il carboidrato, ma insomma, a tutto c'è un limite, avevo due occhi laceri e stanchi e una faccia color nespola, potevo forse pensare alla prova bikini? Mi sono ripigliata, e via, disattendendo le istruzioni del Medico Eccelso, ho iniziato a sfrecciare con grazia per le strade cittadine, un pò rimbambita, in verità, ma chi lo fa se no, a ritirare le camicie immacolate del Divino Sposo, un libro per la PrinciCorista, e mentreCisei, raccatta pure il Liceale e i suoi compagni di merende che escono da scuola proprio tra pochissimo. Ah, e la spesa, ovvio. Ed è lì che mi son fatta un regalo, anzi due. Dentifricio menta e gelsomino, arciduchessa, non è una delizia? in realtà non ricordo tanto che sapore abbia, so soltanto che nel mio bagno, viola e lilla e lilla e viola, sta un amore. Sono una semplice donna, alla fine. Non rompo le scatole, non mi lagno quasi mai, non sporco, non disturbo, non latro e non ululo, non chiedo, non dò fastidio. E per farmi felice, mi bastano due tubetti di dentifricio del mio colore adorato. Prezzo dell'operazione, circa 4 euro. E sono anche economica. Ma qui, mi sa che il Divino Sposo scuoterà il capo. Un difetto, signora mia, ma me lo volete lasciare?
Non bello.
Non è sempre Natale, Pasqua e feste comandate. Non è sempre tutto bello, profumato, dolce, morbido e carino, e gradevole. Non è che è sempre domenica, ho un regalo per te, una sorpresa, un pacchetto da scartare, un mazzo di fiori, un vassoio di dolci, non è sempre cioccolata o marmellata, non è sempre Gucci e Prada, non è sempre tutto lucido e perfetto e stirato e in ordine e carino e bello da guardare.
Qualche volta ci sono cose da fare che proprio ne faresti a meno, eppure van fatte, eppure si va.
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