31 agosto, 2016

L'Amore Sparso.


                                ph. La Douleur Exquise

Ovunque.
Di là e di qua dal mare.
Oltre le montagne, semplicemente alla fine dell'autostrada. Comunque, lontano.

Semino amore e pensieri un pò dappertutto, ho un mappa nel cuore, me ne servirebbe una vera, per capire davvero dove devo mandarlo, una di quelle carte con le bandierine, uno qui, l'altro là.

Sta finendo l'estate. Forse è già finita e nessuno lo sa, e ci si illude che ancor abbia in serbo per noi qualche sorpresa di cristallo, lo stesso dei bicchieri belli, che li guardi e si rompono, nessun servizio resta da dodici per molto tempo, così le sorprese. Guai a desiderarle troppo, si frantumano in un secondo e resta solo il rumore delle scaglie finissime, mentre cerchi di raccoglierle. A modo suo, un concerto.

E'passata un'estate quasi normale, ma normale cosa, se non sono mai dove vorrei essere e con chi vorrei, o meglio sì, ma non ci sono mai tutti, e radunarli è sempre più complicato,  tengo a mente date e giorni, e biglietti fatti e biglietti che invece no, e week end che forse, ed è un lavoro faticoso che poi la gioia di un abbraccio fortissimo scioglierà. Fino alla prossima volta.

Spargo così tutto quello che ho, i miei consigli e le mie chiacchiere, parlo sempre troppo, ma è quando sto zitta che ci si deve un pò preoccupare, non il contrario. 

L'amore si lancia in aria come i coriandoli, si rovescia, come i brillantini per fare i biglietti di Natale, ne facevo di bellissimi da bambina e li distribuivo a tutto il vicinato, non sono sicura che piacessero davvero, forse erano troppo pieni di brilli e troppo colorati. Adesso me ne rendo conto.

Rovescio così il mio sentire, il mio amore accudente e protettivo, capriccioso e impegnativo, lo rovescio e guardo dove va, saprà lui dove arrivare, non c'è amore al mondo che non conosca bene la strada, e di amori, che io sappia,  non se ne è perso mai nessuno.
Lo lascio uscire dalla finestra, volare fin dove deve e dove sa, lo guardo fino a quando riesco, come si fa con gli aerei, alla fine diventano tutt'uno col cielo e non li vedi più.

E se l'amore che ho  somiglia un pò a me, che non so leggere le cartine e a volte mi perdo e non so mai bene quel direzione prendere agli svincoli , vorrà dire che disegnerò una strada.
magari coi brilli, che si vedono anche col buio.

L'amore, quello vero, non si perde mai.
Nemmeno oltre il mare.


01 agosto, 2016

Agosto, sì.

Non che lo ami particolarmente.
Non è un mese che mi faccia impazzire.
Sì, mi piace, ma non so dire.
preferisco forse giugno, forse dicembre.
Anche febbraio, magari.
E poi ottobre, che è il mio mese.

Agosto, sì.
Immobile e deserto,e  caldo.
E i saldi.
E il mare.
e le valigie.
e le carte d'imbarco.
ma per quelle, ci sarà tempo, non ancora.

E' il mese dell'ozio, del letto disfatto sempre, delle lenzuola di lino bianchissime.

E' tutto fermo, calmo, nemmeno sgradevole, è tutto dolce e normale, di quella normalità straordinaria, di quella quiete accesa che un pò spaventa e un pò affascina, di quell'essere dentro una semplicità che credevi un pò persa, sbiadita, e invece te la ritrovi  in fondo alle tasche, in fondo alla borsa, tra i centesimi, le briciole, le mollette e le carte di gomma da masticare. Qualcuna, con la gomma dentro.

E' tutto così, bello e normale.

Per questo, me ne sto a far niente da qualche parte, si prevedono arrivi e partenze nella Casa in Collina, non ho voglia di nulla per non correre il rischio di rovinare tutto, che vada tutto avanti così che per me va stra-bene, come dicono i miei figli, agosto arriva e ci si sente così normalmente straordinari, si comprato piatti in stra-saldo, libri, si pensa poco o tantissimo, a seconda di come gira il vento.

Agosto caro, stai per avere la tua grande ed unica occasione di dimostrare quanto sia ancora così bella questa estate bizzarra,  e di ben comportarti come ti ho insegnato.

nessuno conosce il segreto del mese di agosto, ma tutti sanno della sua magia sorniona, dei suoi poteri nascosti, dell'alchimia perfetta che sa inventare,  delle lune che tira fuori all'improvviso, dei temporali che tiene in serbo per le occasioni speciali.

e nessuno al mondo sa, quanto sia abile a trasformare il normale in straordinario.
nemmeno lui.


21 giugno, 2016

Gli esami finiscono.

E' una notte prima degli esami.
Una qualsiasi.
Non esattamente.

E' una sera, che la notte arriverà, e sarà forse silenziosa più di altre. O forse no. Ci si troverà in terrazza, le sere sono belle da qualche giorno in qua, e c'è profumo di gelsomino e una luna impossibile e così bella che staresti ore a guardarla e a pensare, bella scoperta, scrivere cose belle guardando la luna, non è tutta 'st'impresa, diciamolo.

No che non è una notte come le altre.
E' la quarta.
L'ultima, per me.
La prima, per la piccola di casa.
Che piccola, non è.

Domani, in questa casa iniziano per l'ultima volta gli esami di maturità.

E' stata una giornata fin troppo tranquilla, con un via vai di fanciulle con dizionari in mano, libri, fogli, chi si è fermato qui per la notte e ha fatto colazione nella mia cucina, con un gatto in braccio e gli occhi persi. Lei, invece, tranquilla.

L'ho scrutata nei giorni scorsi, coltivata un pochino, protetta, un pò viziata,  fatto finta di non vederla quasi,e invece, ad ogni scuotere di capelli, ad ogni sospiro, ad ogni guardare fuori dalla finestra, un punto indefinito del pratino, della collina, chissà, sapevo esattamente che cosa le passasse per la testa. Esattamente. Perchè lei è me. 

Sei me, figlia.
Sei me non solo perchè metti i miei anelli e mi rubi tutto, sei me perchè come me sei smarrita e forte, dolcissima e di roccia, sei me quando ridi, anche quando piangi e piangi poco per non farti vedere, sei me perchè sei ansiosa come nessuno al mondo e ostenti una sicurezza che non sai nemmeno dove vai a prendere e che qualche volta sembra vera. Non sempre, quasi mai, anzi mai. Chi ti ama davvero conosce il tuo segreto, ed è bello arrendersi, qualche volta.

Sei me perchè abbiamo le mani uguali, lo stesso sorriso, per questo lo riconosco, le volte che non è brillante luminoso come sempre. Sei me perchè sei una bufera, perchè parliamo allo stesso modo, perchè hai la camminata che un pò ciondola, come me.

Sei me. Per questo so.
So che domani è il tuo giorno, so quello che provi, che ne hai voglia e scapperesti, che non vedi l'ora che finisca ma forse no, che sai che a tratti sarà un trionfo o uno sfacelo, e ogni quarto d'ora cambi idea.

Vivi questa sera, figlia.
Perchè sarà una di quelle sere che non scorderai mai.
mai nella vita, mai.
Uguale solo alla sera prima di andare sposa all'amore della vita, e forse neppure. Lì non avrai paura, domani invece sì.

Non è vero che le paure fanno crescere, le paure fanno paura e basta, forse, l'unica cosa che puoi fare è un pò imparare, perchè dalle paure si impara, come dal freddo,che ti insegna a vestirti di più, come dall'amore, che ti insegna a non difenderti mai. Dalla paura si impara il modo per averne di meno.
E' complicato da spiegare, lo capirai da sola.

Fai di questa paura una delle più belle della tua vita, fai di quest'ansia l'ansia migliore che si possa avere, lo so che ti senti come dentro a una tempesta di vento, fa che sia allora il vento più bello e profumato e conosci. E' solo così che sarai salva. 

Domani non comincia e non finisce nulla, non si girano pagine e non si mettono punti, nè a capo, nè maiuscole. Domani, è un giorno speciale che vivrò insieme a te, nel modo migliore che so. nel modo che tu stessa mi insegnerai.
Ti aspetterò alla fontana davanti al liceo, per tutto il tempo del tuo tema, sei brava a scrivere e non sarà difficile per te, ti penserò così forte che i miei pensieri li vedrai passare dalla finestra, se guarderai fuori.

nessun esame sarà mai come questo.
ma io, io sarò in tutti gli esami che avrai, oggi e sempre, figlia che sei me.
















16 giugno, 2016

La Collezione di Pastelli Viola.

Ho una collezione di pastelli viola.

Qualcuno comprato, irresistibilmente. Quando vado in cartoleria per altro, esco sempre con le Bic Cristal d'oro e d'argento, e un pennarello o un pastello viola. Deve essere una patologia, non so.  Adesso, i pastelli  li vendono anche sciolti, non c’è bisogno di comprarne una scatola intera. ne basta uno, due al massimo,  Ne ho una quantità. Molti li ho sottratti dagli astucci delle elementari dei miei figli. Quelli che non sono dimenticati, intendo.

 Li tengo per me.
Sparsi nella borsa, sul tavolo, in mezzo al quaderno sul comodino, chi non cw l'ha, un quaderno a righe sul comodino, per scrivere prima di dormire o appena sveglia. Mi capita, ogni tanto. Quando sono tanto felice o tanto triste. A seconda.  Scrivo e scrivo. Incipit, capitoli di libri, sceneggiature brevissime.
Non rileggo mai.
Fra mille anni, ritroveranno il mio quadernino sul comodino e diventerà un best seller.
Ma i pastelli viola sono un’altra faccenda. Non li uso. Non coloro mai. Anche adesso che è diventato tendenza. Non coloro. Li guardo.

Li tempero ogni tanto, li rimetto a posto nel loro vasetto  trasparente, li metto in gradazione mentre parlo al telefono, per  concentrarmi o per distrarmi, chi lo sa, ma non li uso mai. Li guardo e basta.
Così come guardo i miei giorni di adesso, l’estate che non arriva, le cose che ho e quelle che non ho più, questi cieli impossibili che non sanno di caldo e di giugno, ma a me in fondo va strabene, io amo i temporali, le gocciolone sul terrazzo, i tuoni, i lampi, le saette nel cielo, l’odore dell’acqua, hai mai fato caso che il temporale ha un odore bellissimo. E poi, i temporali sono viola, lo sanno anche i sassi.
Guardo le cose mie come i pastelli viola del vaso, di marche diverse, alcuni quasi nuovi, alcuni usatissimi.
A volte mi viene voglia di usarli, di colorare le giornate che proprio non girano, di lilla chiaro, di viola intenso, di glicine tenero, di pervinca acceso. Niente. Non li tocco, li lascio lì. Ci sono cose che vanno lascaiate così come sono, perché non c’è una ragione né le puoi cambiare, né possono andare diverso da come vanno. Forse, nemmeno colorandole.

Guardo i miei pastelli come si guarda una mappa, meglio se di un tesoro nascosto da qualche parte che ancora non so dov’è, ma lo troverò presto,  ho questa sensazione, i tesori  si trovano sempre sulle spiagge e sono forzieri pieni di monete d’oro, e escono un poco dalla sabbia e tu hai la mappa in mano e dici, dieci passi di qua, sotto l’albero di là, scavi pochissimo ed eccolo lì.
Sono certa che il forziere sarà viola.

E se così non fosse, lo coloro io, che tanto, ho i pastelli.

13 giugno, 2016

La Leggenda Delle Improvvise Amarene.




Le amarene mi piacciono.
Sono forse una delle pochissime, ma mi piacciono.
Anche come temperamento, intendo. Maturano per gradi e non tutte insieme, non si danno troppe arie e insomma, hanno meno pretese delle cugine ciliegie. Sono più popolari, non so come dire.

Mi piacciono sì, ma non  ho mai piantato nessun albero.
Qualche anno fa, a  uno dei miei Figlioli, insieme all'Amata dell'epoca, punse vaghezza di piantare un albero di amareno agli Argini, a testimoniare il loro amore eterno. Lo trovai un bel gesto romanticissimo e fuori moda, per questo molto prezioso.
La storia d'amore naufragò burrascosamente sei mesi più tardi, ma l'Amareno del Figliolo e dell'Amata è ancora lì. Chissà, magari qualcuno ci fa pure la marmellata.

Questa mattina presto, mentre passavo in rassegna alcuni interventi da fare sulla siepe del Pratino, quale non fu il mio stupore nel vedere una miriade di bottoncini rosso rubino che mi guardavano, dalla siepe medesima.
Ma come.
nessuno vi ha mai piantato, qui.
Questo è il posto del ribes e delle more, questo è l'angolino dove la siepe di solito fiorisce, proprio qui qualche anno fa c'era il caprifoglio, che è morto al freddo e al gelo dell'inverno 2011.
Che qualcuno o abbia piantato a mia insaputa?
Impossibile.
Il mistero di infittiva vieppiù.
E tale rimarrà.

Il Mistero delle Amarene Improvvise, nate senza motivo al fondo di un Pratino qualsiasi, non dà segni di essere risolto, e va bene così.
Ne ho raccolte una manciatina, sistemate in una ciotolina sbeccata ma bellissima, adagiate con grazia in un letto di foglie verdissime e le ho messe a tavola, la Maturanda ed io, per il pranzo sotto all'acero in terrazzo. Calmeranno gli scleri prima degli esami e poi con quel bel colore rossissimo, fanno allegria.
Benvenute Improvvise Amarene, avrò cura del vostro alberino e dei frutti che vorrete regalarmi.

Non ci si deve mai chiedere il perchè delle cose, perchè il mondo gira uguale come vuole lui, e puoi dannarti e sbattere la testa al muro e girare su te stessa fino a non capire più niente, che tanto, sempre niente ci capirai.
 Il mondo va dove vuole, un pò come quei carrelli dell'Esselunga con le ruote bloccate e hai voglia a spingere e a tirare, la direzione la decide lui. Così, il destino.

E il mio destino ha voluto per me un albero di Amarene.
Improvvise.
Dolcissime.

la felicità è una cosa semplice.





09 giugno, 2016

Guardami.




Ho lasciato scorrere una quantità di giorni, di notti, di pomeriggi, di momenti belli, meno belli, di ansie tremende, di paure, di piccole felicità, quasi sottovoce, quasi a non volermi nemmeno rendere conto che il tempo passava e passava davvero, per forza.

Ho preparato viaggi, partenze e ritorni, vacanze, non tante in realtà, cene e pranzi della domenica, e merende, e apertivi, venite? Veniamo.

Ho provato a rendermi conto, a ripassare quel giorno, e i giorni prima, e ci ho pensato così tanto e così bene che sono riuscita a sentirmi ancora come quel giorno, Come accartocciata pronta ad esplodere, è così che ha mi ha fatto,  il dolore, quando una voce mi ha detto che dovevo essere forte, perché tu non c’eri più.

Ma come non ci sei più.

Con te dobbiamo fare una quantità di cose che non sta né in cielo né in terra, abbiamo ancora circa mille cene e un sacco di natali e la festa per il mio anniversario, e dobbiamo andare di nuovo a Londra, e ancora mille volte in vela ma stavolta senza tempesta e non più al Giglio, stavolta decido io e non mi importa se metti il muso, tanto il muso con me non lo hai messo mai, le volte che abbiamo litigato, circa tre, credo, siamo rimaste litigate un quarto d’ora, non c’è soddisfazione a litigare noi due.

Con te, Luisa ed io dobbiamo cucinare per capodanno e ballare il tango spostando il divano e tu che ridevi ma non sono sicura che ridessi solo così o se fossi anche un po’ sbronza, non sopportavi che il mio telefono continuasse a suonare, da allora ho tolto un sacco di cose e spesso tolgo anche la suoneria, anche se è del tutto inutile, oramai.

Con te dobbiamo ancora inaugurare quella casa così bella, devo ancora ricamarti una quantità di strofinacci, dimmi che canzone vuoi che ci scriva stavolta, e farti calze colorate e scialli e sciarpe, e il cappello per sciare che hai perso e quasi piangevi,  e lasciarti la mia borsa che ti piace un sacco, te ne do un’altra, quella piace a me, me la regali? Con te dobbiamo ancora parlare tanto, devo dirti tante di quelle cose che non sai, ti sei persa un anno intero di me, te ne sei andata senza salutare, senza dire, Eugi Andiamo, Che Sale La Nebbia,  senza dire niente.

Cosa hai pensato mentre volavi via, e da che parte sei passata, e cosa vedi da lassù, dalla nuvola dove ti sei seduta, le gambe incrociate e le Hawaianas che abbiamo comprato insieme, e quel costume viola che mi piaceva tanto, Hai Più Tette, mi dicevi, Non Ti Va.


Guardami Silvia, amica di tutta la mia vita o quasi, guarda giù, che ci hai lasciato tutti qui a cercarti dappertutto, e ad averti dappertutto, negli addobbi di Natale, negli armadi delle tovaglie, nella cornice con l’uccellino da dove adesso mi sorridi, ti ho messo davanti al lavandino e ogni tanto ti parlo e ti sorrido e mi viene da dirti che sei scema, e che mi manchi, mi manchi da morire, è solo un anno o diecimila, è solo un attimo o sono mille, Silvia, guardami, non mettere il muso se non andiamo dove vuoi tu, adesso resta qui che ho ancora così tanto bisogno del bene che mi vuoi, quello che ti voglio io è ancora qui, intatto e non sa dove andare, ho bisogno  di te che mi chiami Lau e mi dai sempre ragione con tutti, anche quando non ce l’ho, guardami  Silvia, lo so che non ti arrabbi, io e te non siamo mai riuscite  a litigare per davvero, ma tu, ovunque sei,  guardami, Silvia, guardami.


19 maggio, 2016

Sogno sempre il mare.

Ho bisogno di uno bravo.
Uno bravo a interpretare i sogni.
Sogno cose strane.
Tremende certe volte.
bellissime altre.
E spesso, il mare.

Quasi sempre. E mai calmo. 
Lo sogno in tempesta, come quella volta al Giglio, che mai più sono stata peggio di così, in mezzo al mare, intendo. Lo sogno con le nuvole, coi fulmini orizzontali, con le onde più grandi di me e io che voglio gridare e non ci riesco.
E poi, lo sogno da terra, da una balaustra che guarda giù, e si vede la ferrovia, e io che aspetto e aspetto, e cerco di leggere il nome del paese e non ci riesco, e pioviggina finissimo, e poi mi guardo le mani e sono azzurre, come se il cielo mi fosse piovuto sulle mani.

Che strana cosa sono, i sogni.
 Metti insieme cose e situazioni della vita reale, un compagno di scuola che non vedi da secoli, gente famosa, che magari ti sposi pure, è successo qualche sera fa, che ridere.
Io me li ricordo i sogni, anni fa qualcuno deve avermi detto che era belo segnarli su un quaderno appena sveglia, perchè se non te li ricordi è una delusione, Ho Sognato Ma Non So Cosa, ho sognato ma non mi ricordo. 
Io, invece, mi ricordo sempre.

I sogni forse sono la parte di noi che nascondiamo di più, quella che ci fa capire delle cose, per quanto ingarbugliati e strani siano, portano sempre un fondo di verità, qualcosa che si colleghi alla vita vera. O forse proprio no.
Sogno il mare perchè lo amo.
Sogno il mare perchè ne ho voglia, perchè mi guarisce dai pensieri pesanti e dalla malinconia. E mi ricorda cose bellissime, giorni bellissimi, e persone che non ho più. Forse, è proprio per questo che lo sogno così tanto, perchè mi illudo di ritrovarle.

Così, raccolgo i miei sogni, li scrivo fitti su un quaderno, e lo tengo lì. Non lo rileggo mai, forse non è ancora il momento, scrivo tante di quelle cose che non legge nessuno e che tengo per me, scrivere e leggere sono una terapia, forse lo è anche sognare il mare.

E forse, la tempesta che vedo è quella che si ha dentro, ognuno di noi ha una tempesta nel cuore, che gli piaccia o no, che la senta o no, le tempeste sono quelle che poi fanno il cielo più bello e il mare più calmo, liscio e di velluto, con le ondine leggere che fanno ssssshhhhhhh appena appena, non quelle rabbiose che si infrangono sugli scogli e  sono forza e bellezza, come quelle di Capo Testa che da terra sono uno spettacolo di energia che non ha uguali al mondo.

Forse, la mia energia la prendo proprio da lì, dalle onde che sogno le notti che qui c'è il vento e metto insieme il vento vero con le onde finte, e non so più bene se sono su quella balaustra a guardare giù o se sono nel mio letto, e comunque, chiudo gli occhi forte perchè non vorrei svegliarmi mai, perchè il sogno svanisce, le onde che hai solo immaginato vanno via e il vento vero ha solo scompaginato l'aiuola delle rose che adesso è tutto un tappeto di petali color pesca e rosa, e arancio e lilla.

Spero che il mio sogno sia rimasto sotto il mio cuscino.
Stasera, forse lo sognerò di nuovo.
Chissà.



10 maggio, 2016

Senza colore.

Maggio sì.
Maggio coi boccioli delle rose, coi vasi che stanno avendo ora i fiori che le mie amiche hanno già da mesi.
Non sono brava con i fiori.
Oggi, non sono brava con niente.
Nemmeno ieri in realtà.
Ho iniziato cento volte un lavoro, disfatto, iniziato un'altra volta, sbagliato, iniziato di nuovo, strappato e buttato.
Ho scritto cento cose, cancellate, rifatte, ho tirato sù una riga, io scrivo a penna, spesso, non con la tastiera, che cancellare con la penna sembra di cancellare un pò di meno, è vero che cancelli ma quello che scrivi resta sempre lì e lo puoi rileggere, così, vedi come si legge ancora?

Piove.
Piove finissimo, un pò sì e un pò no.
Piove e non si riprende.
Piove che non si trova una soluzione, una risposta, un bel niente.
Per questo amo i temporali.
Che piove da maledetto e poi finisce.
Non questa roba qua, che non è niente di sicuro, un pò c'è e un pò no.

Che pioggia sei se nemmeno fai rumore sui vetri, che pioggia sei se bisogna guardare cento volte contro l'acero e dire, forse piove, forse no, e poi guardare per terra, goccioline che non significano  niente, solo che hai lasciato fuori le lenzuola e sono inzuppate e lì resteranno perchè non hai nemmeno voglia di ritirarle le sciacquerò di nuovo, e chemmimportammè.

Ho voglia di colori, invece di questo cielo scemo che non sa nemmeno lui che cosa sia, se viola o grigio e lillino, no, lillino no, mi piacerebbe e invece è questo colore che non sai dire, se glielo chiedo, non lo sa nemmeno lui.

Di che colore sei cielo stamattina, coraggio, dimmelo tu, rispondimi, trova un senso alle cose che non so, alle risposte che non so dare, ma forse, le domande che non hanno risposta non vale nemmeno la pena farsele, o no?

Di che colore sei, cielo senza nuvole, che sei tutto uniforme e piatto e noioso, noioso come quei giorni che non passano mai, fra documenti e cose, fra i letti disfatti e la polvere e le ragnatele dell'ingresso, come se i ragni si fossero svegliati tutti adesso, e tutti qui. Io non uccido i ragni, li accompagno con grazia verso l'uscita, forse è per quello che a volta trovo costruzioni finissime di alto design.
Ma sempre ragnatele sono.

Ho voglia di colori, del blù del mare aperto, il candore delle vele, voglio il cobalto del cielo, il rosso di un tramonto infuocato su un'isola, voglio colori a manciate, pennelli diversi che colorino i miei pensieri che oggi sono di tutte le tonalità possibili dell'indaco e del niente, voglio pastelli temperati per colorare questo dieci di maggio che di maggio non ha niente se non il nome sul calendario, sono brava a colorare, non esco dai bordi, coloro concentrata e con mano leggerissima, e anche un paesaggio a matita diventa un'esplosione di colori lucenti.

Ma niente, non ho vernice, non ho pastelli, non ho niente di niente, solo il grigio del cielo, questa pioggia cretina come me che piove sulle prime rose dell'aiuola.

Il cielo resta lì, nel suo grigio impossibile, nel suo silenzio e nel suo mistero.

e io lo guardo senza fare niente, in un dieci di maggio che non ha alcun significato, che non ho nemmeno un pastello, nemmeno un colore, che un pò piove e un pò no.








01 maggio, 2016

Portami, maggio.


..le rose inglesi dell'aiuola, il profumo che mandano in certe sere quando fa caldo, un pò vaniglia e un pò limone, non è vero che sanno di rosa, non queste.

Portami la loro bellezza, quella perfezione di petali e fusto, dolcezza e forza, spine e velluto. Tutto il mondo è così.

Portami, maggio, quei cieli che sai, quella luna piena che aspetto, quegli azzurri sbiaditi dal sole a picco, portami il prato verdissimo, le ciliegie che sorveglio da settimane, perfino i ribes, che altro non sono che palline verdissime, ci vorrà ancora un sacco, ma almeno, sono lì.

Portami abbracci e cose belle, portami giorni lucenti, semplici, portami il ridere delle persone che amo, portami gli occhi trasparenti di chi mi guarda come sa, portami un pomeriggio su una spiaggia qualsiasi, il rumore delle onde e io seduta lì.

Portami le colazioni sul terrazzo, che l'acero nessuno lo ha tagliato ed è enorme e bellissimo e i rami arrivano fino sul tavolo ma nessuno osa toccarlo, forse perchè nessuno qui sa come fare, in realtà, e poi è così bello e le cose belle si lasciano così come sono. O forse no, perchè solo più belle, possono diventare.

Portami, maggio, le cose che mi piacciono, un sentiero non troppo difficile, dove possa correre verso cosa non lo so, portami una fontana di acqua fresca e un prato dove possa cadere di schianto, quando  sono così stanca e felice che non riesco nemmeno a respirare e non ho più gambe e non ho più sentimento, portami un posto dove possa chiudere gli occhi e riaprirli e dire, ok, è tutto a posto, che lo dico sempre e non succede mai.

E portami me, portami sempre le mia voglia di fare le cose, la mia dannatissima voglia di essere felice, anche con quasi il niente, portami la sensazione di sentirmi in pace, portami me come sono da sempre, fai in modo che le pentole di malinconia che mescolo ogni tanto non mi cambino mai, che mi facciano sempre essere entusiasta del mondo e delle cose e della vita e delle persone, e se non puoi portarmi quelle che non ho più, almeno lascia il loro sguardo fisso su di me, ovunque siano.

E benvenuto maggio, mese dolcissimo di fiori belli e felicità.
Toccami il cuore coi tuoi profumi e coi tuoi giorni, ti annuserò, sai di vaniglia e di limone, e forse, anche di rosa, forse.





29 aprile, 2016

Risvegli.




Non è solo aprire gli occhi.
non il muoversi, nel letto, il girarsi, dal fianco, al sotto, o da dove.
E' quell'attimo infinitesimale, impercettibile, insondabile.
La perfezione.

Si aprono gli occhi, a volte si strofinano, ci si stira un pò, giusto per controllare che tutto sia a posto, che tutti i muscoli siano pronti a un nuovo giorno.
Per il cervello, c'è tempo.

Piccoli riti preziosi, guardo fuori  il cielo che c'è, non che me ne importi, ci si bea di quegli istanti luminosi e ancora così pieni delle ombre della notte, mai provare a ricordare che cosa si è sognato e se, in questi momenti non viene in mente, non si è concentrati abbastanza, non ancora.

Si è in una specie di giardino segreto, un cartello indica Sono Sveglia Ma Non Del Tutto, e non c'è tempo di pensare a niente, nemmeno alla giornata che verrà, che di solito non è che sia tutta sta passeggiata fra le rose, ma almeno ci si tenta.
Si cerca con cura fra i  pensieri, quelli più belli da pensare. E ci si fa abbracciare per un pò.

Ci si culla, ancora 5 minuti, tempo ci sarà per correre e correre, non penso a niente, non sono niente, sono tutt'uno col mio letto e la finestra, col piumone che ancora non ho tolto, tutt'uno con i miei pensieri più lucidi, intatti, se chiudo gli occhi non c'è rischio di addormentarmi di nuovo, uhm, sicura?  Il cuore dice di sì, che forse c'è, la testa sta facendo due flessioni e dice E' Ora, ma il cuore no, il cuore è testardo e cocciutissimo, sta ancora così bene lì dov'è.

Perchè non accontentarlo, in fondo.

La testa può darsi tutte le arie che vuole e dire Si fa Così, Si fa cosà.
E' il cuore che vince, sempre.
Sempre.
Sopratutto la mattina presto.





21 aprile, 2016

Il Glicine della Caserma.






Lo amo sì.
Non è un mistero.

Lo amo perchè è complicato, bellissimo, del mio colore preferito.
Lo amo perchè ha un buon profumo.
Lo amo perchè appare all'improvviso, un giorno non c'è e il giorno dopo è lì.
Ne ho stilato perfino una mappa, precisissima, così da non perderlo mai.

Il glicine è la meraviglia.
Questo qui,si chiama Il Glicine della Caserma, ed è il più bello di tutti, da quando una mano demente ha sradicato quello enorme della Zuccherificio.
L'ultimo che ho avuto  ed era mio, si chiamava Nonostante. Qualche volta, lo sogno.

Che strano fiore sei, glicine, grappoli di tenacia e tenerezza, resisti a tutto, cresci ovunque ti si ami, entri ed esci dalle finestre delle caserme abbandonate, nessuno si cura di te, eppure, sei di una bellezza che toglie il respiro.

Che stano fiore sei, glicine, che non si si può cogliere, nè mettere nel vaso, ti si deve guardare e basta, da lontano, sentirne il profumo, di quelli così belli che devi sentire per forza chiudendo gli occhi, ci hai fatto caso?, i profumi che ti piacciono ti fanno chiudere gli occhi e sussurrare CheBuooono, appena appena, perchè nessuno deve sentire.

Che complicato sei, Glicine della Caserma, col tuo tronco sottile e le tue foglie verdissime, non si capisce dove nasci, chi ti ha mandato, chi ti ha piantato e in quale giardino, da fuori non si vede dove cominci, e quanto mi piacerebbe scavalcare il muro della caserma, sono esploratore urbano, lo faccio spesso,  ed entrare e vedere per bene, capire per bene, stare un pò con te, sapere fin dove puoi arrivare, fin dove puoi far fiorire quei tuoi fiori così belli. 

Ma lo so che resterai lì.
Non scavalcherò nessun muro, perchè è troppo alto e troppo in vista, i glicini son fiori complicati, si fanno gli affari loro e non si concedono, se non per pochissimi giorni all'anno. 
Ti guarderò da lontano, rischierò di andare a sbattere ogni volta che passo di lì, resterò un minuto in più sull'incrocio per guardarti meglio, per riempirmi gli occhi come faccio sempre, le volte che ho cose belle da guardare e non sono poi così tante.
Mi piaci da morire, glicine selvatico che nessuno cura, non so mica se c'è qualcuno che ti ami più di me.

Tu resta fiorito un bel pò, questo ti chiedo.
Vederti mi basterà.







13 aprile, 2016

L'incredibile Pioggia dei Petali Rosa

Si vedeva anche da lontano.
La nuvola rosa che in prospettiva era proprio accanto al lillà, si vedeva eccome.

Ma poi arrivò il vento.
E scosse i rami.
E i petali caddero, volteggiando, dieci per volta, qualche volta anche meno.

Il Ciliegio del Pratino è una Bugia.

è bello bellissimo per pochissimi giorni all'anno, fiorisce all'improvviso, come certi amori, come le margheritine del Prato Piccolo, come le viole.
Poi, svanisce.
Non può restare.

basta che un soffio di vento lo corteggi un pochino, basta che gli faccia due moine, Manda I Tuoi Petali a Ballare Con Me, e il ciliegio, stupido, li lascia andare.

Sono a tratti ciliegio e petali. E vento.
Sono forte come il suo tronco, non mi muovo, ci sono volte che sto lì immobile ad aspettare, ma aspettare che cosa non lo so, forse, non è nemmeno importante, è che aspettare mi piace, qualcosa succede sempre.

Sono petali che volano, che disegnano traiettorie morbidissime nel pezzo di cielo fra i rami e il Pratino, e ballano e ballano per pochissimo ma ballano e mentre lo fanno sono così belli che ti verrebbe voglia di raccoglierli tutti e di incollarli di nuovo e dire, Sù, Cadete di Nuovo.
E quante volte sono caduta io, sgraziata e impacciata, senza la dolcezza di questi petali perfetti, quante volte mi sono schiantata al suolo senza fare rumore esattamente come loro, e quante volte da sola ho cercato di riattaccarmi al ramo, ma non per cadere di nuovo, per stare lì.
 A rialzarmi forse, sono più brava che a cadere. 

E sono vento.
Vento profumato, vento rabbioso e prepotente, a tratti, vento dolcissimo che ti sussurra alla finestre, vento che non ti fa dormire, vento di mare che sa di sale e di schiuma, vento che ti avvolge, ti abbraccia anche quando nessuno può farlo, e nessun abbraccio mai sarà più caldo dell'abbraccio del vento, che solleva l'acqua delle onde in mille goccioline, sono il vento che fa cadere i petali in giardino, sono il vento che ti dice Vieni, Vieni a Correre Con Me sulla riva, vediamo chi va più veloce.

Oggi non so se sono vento, petali o ciliegio.
Forse sono tutt'e tre le cose.
Il Ciliegio del Pratino sarà anche una Bugia

Ma è la Bugia più meravigliosa che io conosca.
Per questo gli ho scritto una storia.




05 aprile, 2016

Dai, sù.

Che non abbiamo bisogno di gentucola che frigna.

Di donnicciole stupide, di donne medie che non sanno guardare più in là del proprio prato, di donne che non ce la fanno a farcela, mai.

Io ce la faccio a farcela, da sempre. E qualche volta mi piacerebbe essere una donnicciola di quelle che si lamenta e fa le smorfie di disgusto e che si fa aiutare dal mondo e che e che.
Stamattina è una mattina pessima, di quel pessimismo leopardiano che ritrovo negli altri e che mi fa ridere spesso, rido molto, io, sono una che fra ridere e frignare preferisce ridere, sempre. 

Oggi invece no.

Eppure, sono sicura che è tutto a posto o che ci sta andando piano piano, che questo puzzle bizzarro che è la mia vita degli ultimi mesi, alla fine, si comporrà.

 E sarà bellissimo, anche se non ho mai capito bene che cosa si fa con i puzzle finiti, anni fa ne abbiamo tenuto uno di Pippo e Pluto su un tavolino basso per un po’ indecisi sul da farsi, poi un giorno non so quale dei  figli ci è franato sopra, sbattendo lin uno spigolo lì vicino e allora via di spinaci surgelati sulla testa, di cremine, di NonE’Niente, e PassaSubito, e urla e strepiti, preoccupata com’è ovvio più della testa del fanciullino che del puzzle disintegrato. Che alla fine, fu spazzato via di malagrazia e non se ne parli più.

Oggi, sembra a me di aver battuto in qualche spigolo, non so da che parte cominciare e sono sveglia da ore, e arrivano belle cose e belle notizie e altre ne arriveranno, ma è la confusione che mi destabilizza, è la distanza, la paura, l’amore anche, il coraggio che non ho, quello che non trovo, la figliola a casa con l’influenza, e il resto sparso per mezzo mondo, che grande è il mondo di ciascuno, e quanti cuori può contenere il tuo cuore, e quanti ne riesce a tenere lì, al caldo e vicini,  seppur lontanissimi.

Avrei voglia di una città che non ho mai visto, di un tavolino al sole, una bancarella di libri usati e il mare. Magari un frullato, o una granita, per fare shhhhhh con la cannuccia alla fine. E bei pensieri e belle cose.
Invece sto qui, con le cose da fare, il cielo seppia, i vetri sporchi e nessuna voglia di lavarli, ma dai quali si vede il ciliegio che sta fiorendo.

 Ecco, in attesa che il mio puzzle si completi per benissimo, e che non venga spazzato via come quello di Pippo e Pluto, mi curo da sola, mi canto qualcosa sottovoce, mi prendo un thè in cucina e guardo fuori, tutto quel rosa, tutti quei fiorelloni esplosi, la bellezza, la dolcezza, dai sù, non abbiamo bisogno di gente che frigna e fa la scema, e si lagna e fa i capricci. Passerà, passa tutto o quasi, il ciliegio ti darà una mano.

Il sacchetto di  spinaci surgelati, questa volta non servirà.
Lavare i vetri, forse sì.

24 marzo, 2016

La forma del cuore.

Che bella forma ha il mio cuore quest'oggi.

è tonda e perfetta.
e ride. Lui, ride.

Ride dal mattino presto, ride da ieri, ha anche frignato un pò, ieri, come fa spesso.
Ho un cuore strano, sa fare tutto.

Sa ridere sì, morbidissimo, e poi sa piangere, molte più volte, uh, quante volte, spigoloso e ruvido, un cuore stupido, cocciuto, un cuore che non ammette sbagli mai, nemmeno alla sua padrona. 
Si dice, Padrona del Cuore? Non so.

Il mio cuore ha forme diverse, a seconda dei giorni, 
E a seconda dei giorni fa cose diverse.
Ieri, per esempio, ballava e saltava.
Oggi, si riposa un pò, ma ha sempre un bel sorriso stampato sulla faccia.
Ce l'ha una faccia, un cuore? Non so.

Il mio cuore è la parte di me che mi piace di più, ma se fosse davvero così dovrei smettere di maltrattarlo. A parte il ginocchio sinistro quando corro, è la parte di me che mi fa più male a volte.
è la parte di me che dovrei ascoltare di più
o ascoltare di meno
e ragionarci.
Si riesce a ragionare con un cuore? Non so.

le cose che so di lui non sono molte in effetti.
Ma lo amo.
Amo il mio cuore per come mi fa vivere la mia vita bizzarra, i voli che mi fa fare, fin lassù in cima al cielo e fin laggiù, più sotto le pozzanghere, le miniere, i burroni più profondi, le gole nascoste, gli anfratti che se non ti ci togli da sola nessuno al mondo mai ti troverà. e ti salverà. E quanto ai burroni lo sai, prima di caderci dentro, si vola.


Il mio cuore sa leggere e scrivere, e legge e scrive dentro ad altri cuori, che un pò mi appartengono, qualcuno l'ho fatto io, e ieri li ho visti ridere tutti, i cuori che ho fatto io, non occorre mestiere per fare dei bei cuori, i cuori più belli vengono da soli. Certo, li devi aiutare un pochino.
E poi ci sono gli altri cuori, i cuori degli altri, non tutti, quelli che leggono nel mio, che parlano col mio, quelli che dicono la stessa parola nello stesso momento, quelli che uno fa un pensiero e l'altro lo dice a voce alta.
I cuori miei.

Il mio cuore è in buonissima compagnia.
E oggi ha la forma della felicità, perchè di questo deve trattarsi, mi pare.
Perchè a dispetto delle volte che il mio cuore è stretto e non si muove, e non guarda da nessuna parte e se ne sta lì in mezzo al petto a fare nulla, nemmeno a battere, quasi, oggi il mio cuore ha voglia di correre e di ridere e di saltare, e di fare capriole nel prato, e fermarsi solo quando fa girare la testa.
Perchè la testa e il cuore litigano spesso.
Ed è tutto un HoRagioneIo, No, io. E Taci.

Ma poi, basta una capriola, un bel sorriso e fanno pace.









Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...