Che non abbiamo bisogno di gentucola che frigna.
Di donnicciole stupide, di donne medie che non sanno
guardare più in là del proprio prato, di donne che non ce la fanno a farcela,
mai.
Io ce la faccio a farcela, da sempre. E qualche volta mi
piacerebbe essere una donnicciola di quelle che si lamenta e fa le smorfie di
disgusto e che si fa aiutare dal mondo e che e che.
Stamattina è una mattina pessima, di quel pessimismo
leopardiano che ritrovo negli altri e che mi fa ridere spesso, rido molto, io,
sono una che fra ridere e frignare preferisce ridere, sempre.
Oggi invece no.
Eppure, sono sicura che è tutto a posto o che ci sta andando piano piano, che questo puzzle bizzarro che è la mia vita degli
ultimi mesi, alla fine, si comporrà.
E sarà bellissimo, anche se non ho mai
capito bene che cosa si fa con i puzzle finiti, anni fa ne abbiamo tenuto uno di
Pippo e Pluto su un tavolino basso per un po’ indecisi sul da farsi, poi un
giorno non so quale dei figli ci è
franato sopra, sbattendo lin uno spigolo lì vicino e allora via di
spinaci surgelati sulla testa, di cremine, di NonE’Niente, e PassaSubito, e urla e
strepiti, preoccupata com’è ovvio più della testa del fanciullino che del
puzzle disintegrato. Che alla fine, fu spazzato via di malagrazia e non se ne parli più.
Oggi, sembra a me di aver battuto in qualche spigolo,
non so da che parte cominciare e sono sveglia da ore, e arrivano belle cose e
belle notizie e altre ne arriveranno, ma è la confusione che mi destabilizza, è
la distanza, la paura, l’amore anche, il coraggio che non ho, quello che non
trovo, la figliola a casa con l’influenza, e il resto sparso per mezzo mondo,
che grande è il mondo di ciascuno, e quanti cuori può contenere il tuo cuore, e
quanti ne riesce a tenere lì, al caldo e vicini, seppur lontanissimi.
Avrei voglia di una città che non ho mai visto, di un
tavolino al sole, una bancarella di libri usati e il mare. Magari un frullato, o una granita, per fare shhhhhh con la cannuccia alla fine. E bei pensieri e
belle cose.
Invece sto qui, con le cose da fare, il cielo seppia, i vetri sporchi e
nessuna voglia di lavarli, ma dai quali si vede il ciliegio che sta fiorendo.
Ecco, in attesa che il mio puzzle si completi per benissimo, e che non venga
spazzato via come quello di Pippo e Pluto, mi curo da sola, mi canto qualcosa
sottovoce, mi prendo un thè in cucina e guardo fuori, tutto quel rosa, tutti quei fiorelloni esplosi, la bellezza, la dolcezza, dai sù,
non abbiamo bisogno di gente che frigna e fa la scema, e si lagna e fa i capricci. Passerà, passa tutto o quasi, il ciliegio ti darà una mano.
Il sacchetto di spinaci surgelati, questa volta non servirà.
Lavare i vetri, forse sì.
Lavare i vetri, forse sì.