07 maggio, 2013

La Mala Pianta.



Ci sono leggi non scritte lassù, nella Casa in Collina.
Regole che nessuno ha mai deciso, che nessuno ha mai discusso, ma che si osservano con scrupolosa diligenza e guai a sgarrare.
Oltre a Chi Apparecchia Non Sparecchia, che pare essere stata adottata in più di una famiglia, e quella della rimozione della differenziata, carta alla Princi, vetro ai figlioli maschi, plastica alla scrivente, lo Sposo, Egli, è esonerato, esiste la regola del primo taglio del pratino. Ecco, quello spetta a me.

In realtà, il taglio del pratino è stato fatto qualche giorno fa, in un intervallo dalle piogge incessanti degli ultimi tempi, è una noia vera, il prato era una giungla disordinata, stremata, confusa, e il fatto di vederlo tagliato e liscio dava la speranza che in fondo, avrebbe piovuto di meno. Balle.

Tagliare il prato è una roba che mi piace. Mia nonna direbbe L'è un Mastè Da Om, simultanea  per i non lombardi,  E' Un Mestiere da Uomo, ma a me piace. Mia nonna perderebbe la speranza, quel maschiaccio di nipotina che fischiava, giocava agli indiani e catturava lucertole, ora in effetti fa cose da uomo, tipo guidare per ore o tagliare il prato. Ma ricamo, cucino e faccio la maglia, forse mi sono salvata, o persa, chissà.

Com'è, come non è, l'altro giorno mi accingevo a debellare la giungla del pratino antistante, che bella parola desueta, antistante, comunque antistante casa mia. O retrostante, a secondo di come la guardi, casa mia.

Erano giorni che la osservavo. Un'erbaccia di quelle cattive, da estirpare appena spunta, si era sviluppata a tal punto che era diventata una bella siepina, un bel ciusco, simultaneo per i non lombardi, una piccolo mazzo ma con le radici, ciusco, appunto.
Tra le fogli, qualche fiorino giallo ormai sfiorito, qualche soffione, e lunghe, lunghissime foglie puntute, rigogliosissime, di un bel verde scuro, lucide e perfetto.


Non ho avuto cuore di tagliarla.
Ho girato torno torno con il tosaerba, ho avuto cura di non rovinare le foglie che stavano alla base di questo cespuglio inatteso e l'ho lasciato lì, come la più rara delle piante, Altro non è che un'erbaccia, andrebbe eliminata col napalm, mi sa, ma adesso, non proprio al centro ma un pò discosta, diciamo che fa la sua bella figura, perfino lo Studente di Design, sorseggiando un bicchier d'acqua e osservandola con fare critico ha sentenziato Ci Sta, con quella sua S adorabile.

Ora, la Mala Pianta è lì.
Sono giorni di felicità spicciola e semplice, senza un motivo vero e apparente, come senza un motivo vero e apparente sono i giorni in cui  si sente tutto il peso del mondo dentro alle tasche e ferri da stiro sul cuore.


La Mala Pianta mi guarda dal pratino tagliato di fresco, forse mi ringrazia per non averla ranzata senza pietà, come forse avrebbe fatto un uomo.
Ho aggirato l'ostacolo, di erbacce ne son pieni i pratini e le vite, basta solo guardarle con altri occhi e altri sentimenti.
E anche se ho fatto un mestiere da uomo, mia nonna mi sa che è contenta.






29 aprile, 2013

La Mappa dei Glicini.


Qualcuno dovrebbe stilarla, prima o poi.
Una cartina dove trovarli, intendo. Anche se forse è così bello trovarli all'improvviso, guarda laggiù, un glicine.
Il glicine fiorisce all'improvviso, non dà il tempo di abituarsi alla sua presenza, un giorno è verde e il giorno dopo esplode, in tutta la sua aristocratica bellezza, pur essendo un fiore tanto semplice, fuori moda, oramai raro.
Il glicine è uno di quei fiori che amo da sempre,  ho avuto una casa con una cascata di fiori che adoravo, così come adoravo la casa e tutto quello che ci era successo dentro, ma le case sono di mattoni, come dice il mio Sposo, e non va bene affezionarsi così tanto, son le persone che fanno le case e non il contrario, è vero, ma metterlo in pratica non è così semplice.

Vedere un glicine è per me una gioia per gli occhi e per l'anima.
Amo il suo colore, la composizione complicatissima dei suoi fiori, il suo profumo di buono e di bello e di sicuro, non so.
La mia personalissima Mappa dei Glicini inizia in fondo alla Strada Lunga che porta a casa mia, dove una siepe magnifica stamattina mi ha dato il buongiorno, un'infilata di grappoli umidi e lucenti, incuranti della pioggia, ancora più viola contro il cielo grigiastro e triste di oggi.

Prosegue poi, lungo tutte le case vecchie dello stradone, anche su quelle diroccate e abbandonate, testimone di una cura antica, il glicine davanti casa doveva essere una cosa di moda nelle case di campagna degli anni 30 o giù di lì. Forse anche prima. E in città, ancora glicine, lungo il muro in fondo al Viale, e ancora e ancora.

Dura poco, il glicine.
Perciò mi riempio gli occhi ora, per averne quando sarà sfiorito, quando i petali saranno lungo il marciapiede o sul prato, quando un temporale avrà scosso i grappoli e non ci saranno fiori, non più, ma solo foglie verdissime e tronco e rami.

La mia Mappa dei Glicini ne ha qualcuno più importante, che rimane attaccato a me dovessero passare mille anni, se chiudo gli occhi sento il ronzare dei calabroni, il sole forte e uno dei miei figli che cammina appena, mentre un altro impara lo scivolo e un altro ancora lancia sassolini nella fontana.
E poi ho questo, improvviso e insperato, un glicine speciale che avrà fiori solo quest'anno, mi sa e che nessuno sapeva ci fosse.

La Mappa dei Glicini non è una cartina o un disegno.
La Mappa dei Glicini si tiene col cuore.
Da lì, nessuno al mondo mai te la potrà portare via.

28 aprile, 2013

Sorprese Infinite.


Nell'assoluta confusione dei giorni scorsi, si è pensato alla propria sopravvivenza, rimandando di qualche giorno l'apertura di pacchi e pacchettini provenienti dal Camp di Cuore di Maglia, contenti oltre a una miriade di corredini, tutto il materiale servito per l'organizzazione, striscioni, adesivi, manifesti e via così. Si era lasciato tutto in un angolo, con la promessa di sistemare tutto un pò per volta, con calma.
Mai decisione fu migliore.
Tra un pacco di copertine e una miriade di Minibody provenienti da Firenze e dalle sapienti mani dell'Adriana, così, con l'articolo, come ama chiamarla la Mirella, fu rinvenuto un pacco a me indirizzato, tutto fragole e cuori, una cosa che solo lei sa fare, la sua calligrafia spigolosa e puntuta, l'uso del nastro adesivo invisibile e perfetto, stile inconfondibile, ormai.

All'interno del pacco due tovagliette all'uncinetto For Strawberries Only, perfette, con tanto di tovagliolino abbinato. 
A Trento, anche se in ritardissimo, grazie Renata per questo regalo prezioso.

23 aprile, 2013

Sing a Song.

Gli aforisimi non mi piacciono.
Trovo che sia impersonale scrivere delle frasi già dette da altri, pur condividendoli, mi sembra che nessuno voglia pensare da sè e che faccia propri i pensieri degli altri. Opinione personale, ovvio.
Eppure, qualche giorno fa ho letto da qualche parte una cosa del genere: A Volte il Volume della Musica Deve Superare Quello dei Pensieri. O una cosa così.
Funziona.

Stamattina è stata una di quelle mattine dal risveglio difficile, il Dannato Cucù ha traslocato Sul Pino Grande davanti alla mia finestra, il mio Sposo Illustre già nei progetti dall'alba, una Liceale impensierita dall'Ostico Greco, insomma non proprio il Mulino Bianco. Ho depositato la Figliola Treccioluta davanti a scuola e nel tragitto verso casa ho cercato mentalmente di scrivere la brutta di questa giornata, cose solite, fare questo, pagare quell'altro, chiamare l'altro ancora, stendere una lavatrice, che espressione buffa, la lavatrice mica si stende eppure le Desperate Housewife Leggenti mi sa che han capito più che bene: la lavatrice si stende, fine.

Ci sono canzoni che ti accompagnano per tutta la vita, e che per tutta la vita ti ricordano delle cose, belle o brutte che siano. Questa qui è una che amo particolarmente, non che mi ricordi cose meravigliose, anzi, forse non mi ricorda proprio nulla se non il periodo, Palazzo Nuovo, il Bar Elena, le ballerine con le lune di Jerry Mazzone e i Closed da Il Giro Del Mondo. Cose che sono le torinesi fourty something possono ricordare. 

Stamattina me la sono cantata dall'inizio, da quel gorgheggio iniziale che fa subito allegria, ho alzato il volume al massimo, come a stordirmi, le donne cantano tutte in macchina, anche se stonano, anche se non sanno le parole. Cantano e cantano, chissenefrega se ti guardano, nessuno o quasi sa chi sei, e poi cosa ti importa, alla fine.
Cantare in macchina è una terapia che funziona, soprattutto con gli Eurythmics, dalle note all'inizio fino all'assolo di armonica.
Mi prescrivo perciò una sana cantata ogni mattina, di quelle che accompagni pure tenendo il tempo sul volante, di rientro dalla calata in città per portare la Princi a scuola. 
E con gli Eurythmics nella testa sono pronta a fare le cose che devo, ivi compreso stendere la lavatrice.
Chi l'ha detto che non si dice?

19 aprile, 2013

Il Linguaggio Segreto dei Fiori.

Si era deciso di fermarsi un pò.
Di staccarsi un pochino da connessioni e social, indispensabili dopo il delirio di sabato e domenica, ma che non mi hanno trovato pronta a gestire tutto come si conveniva. Perciò, l'ho presa bassa, bassa non proprio se dopo tanta bellezza dello scorso fine settimana mi sono trovata a gestire questioni e questioni, così, come a pagare il prezzo di tanto benessere, di tanta pace. Ma si tiene botta, come si dice.

Qui intorno è tutto un fiorire, un colorare, un'esplodere di tinte pastello e gialli decisi, di bianco nuvola e rosa confetto. A vivere in collina certo i colori non ti mancano.
Sono i fiori.
Sono i fiori a raccontarti storie, sono i fiori a dire e non dire, sono i fiori, sentinelle magnifiche di stati d'animo e meraviglie, portatori di bellezza e allegria e sentimento, anche.
I fiori mi piacciono tutti, anche quelli gialli, anche i girasoli, anche le forsizie, non parliamo di viole, anemoni e rose lilline al profumo di vaniglia. 
I fiori sanno.
Ho un fascio di rose candide sul tavolo, ho trovato un vaso adatto, dei fiori mi piace vedere anche i gambi che si intrecciano nell'acqua, sarò ben strana.
E mi piacciono i fiori che trovo nel pratino, perfino quelli delle erbacce, le violette chiarissime o scurissime, a seconda di dove decidano di nascere, se sotto al lillà o nella riva oltre il Prato Grande, di fianco al noce.

Ascolto le loro storie.

Sono storie che mi invento da sola, quando ci sono quelle volte che non ho la forza e la lucidità e tutto mi sembra così nebbioso e complicato e faticoso e difficile.
Le storie più belle sono quelle che raccontano le margherite, che a camminarci sopra è un sacrilegio.
E anche quelle del ciliegio vicino e dei ciliegi lontani, quelle nuvole rosa e bianche nella collina di fronte.

Non mi lascio ingannare.

Spesso le nuvole soffici e bianche degli alberi fioriti e vederle da vicino non sono fiori perfetti ma un insieme di petali che se li tocchi cadono giù, e foglie  rami sottili e nodosi e che nemmeno li puoi cogliere, per dire, ma li può solo guardare da lontano. E che fiore sei, se non ti si può cogliere.

Al contrario, quegli insignificanti fiorini che trovi dovunque ti danno una lezione che non immagini, colori schietti e gambi lunghi, le violette stanno giorni e giorni nel vaso della marmellata cui hai lavato via l'etichetta e  messe lì, nell'angolo del tavolo, fanno subito dolcezza e calma e cose belle.

In questi giorni mi dedicherò con passione ai vasi del terrazzo e dei davanzale, rianimerò i gerani che hanno passato l'inverno al caldo del garage, sceglierò al vivaio la macchia di colore che più mi piace, li prenderò con cura scrutandoli bene, fioriti ma non troppo,  li trasporterò con attenzione e li pianterò con guanti e mestiere. Li sceglierò con attenzione, senza paura di sbagliare. 
I fiori nel vivaio sono loro a scegliere te, non il contrario, devi solo aver cura di avvicinarti bene e stare ad ascoltare.
I fiori non urlano. Sussurrano, piano.



15 aprile, 2013

Dopo la festa.

Il giorno dopo non è mai un bel giorno.
cioè, non proprio, può essere bellissimo e tremendo, dipende da che parte lo guardi.
Oggi il mio giorno è uno di quei giorni bellissimi, dove non ti riesce di pensare a null'altro che non siano sorrisi e ferri e scarpine e ciliegine e lana leggera e scoppi di risate da qualche parte e stanchezza felice e cappellini che stanno su una mano e cose così.

Il giorno dopo una festa è un delirio dopo il delirio.

Dopo 5 mesi di preparativi e cose, ci si sente contenti, forse un pò svuotati di qualcosa, ma con un bel pò di energia bella accumulata, scambiata, ammucchiata, trovata nel Salone delle Feste, che mai credo abbia ospitato un gruppo così variegato e bellissimo, trovata sulle sedie del giardino, intorno alla fontana, sui tavolini del bar, su quei divani dove a un certo punto qualcuno si è quasi addormentato al sole dal benessere, dal ben stare, dal tanto chiacchierare e progettare e inventare.

A chi ha imparato a fare le ciliegine, a chi ha usato per la prima volta attrezzi da maglia mai visti prima, a chi ha deposto trionfante il suo primo cappellino nel cesto bianco, a chi ha pianto rendendosi conto, a chi si è fatto la tisana in pigiama, a chi ha dormito e riso con chi non aveva mai visto prima, a chi non ci credeva, a chi ha pensato Ma Dove Sono Capitata e poi ha magonato per andare via, a chi si abbracciava più che un parente, a chi ha capito, a chi ha fatto divertire divertendosi, a chi ha cambiato le regole della tombola, a chi si è intromesso, a chi ha ricevuto fiori misteriosi, a chi ha condiviso, a chi ha comprato il mondo, a chi ha vinto una formaggiera, a chi non è riuscita a dire, a chi faceva la maglia a tavola, a chi arrivava da lontano, a chi non ha dormito, a chi mi ha portato le conchiglie, a chi è venuta per vederci da vicino, a chi non ci credeva, a chi pensava dov'è il trucco, a chi mi ha detto Dalle Foto Sembri Più Bassa, a chi aveva i tacchi altisssssssimi, a chi ha cucito giorno e notte, a chi è candidata per condurre Sanremo, a chi ha lasciato davvero il suo pensiero pesante in fondo alla discesa....

...che bella cosa è stata.

10 aprile, 2013

Se fiorisce il ciliegio.

Lo scrutavo da giorni.
E Fiorisci! gli ordinavo tra me. Nulla. Il Testardo Ciliegio del pratino rimaneva uguale a se stesso, come nel più lungo degli inverni, l'inverno non passa, ha un bel dire il calendario, l'inverno non passa mai.
Che strano giorno hai scelto per fiorire, Sciocco Ciliegio di casa mia, nuvola rosa nella quale affogare gli occhi e la testa e i pensieri, così pesanti oggi, forse la febbre, forse la stanchezza, ci si stanca anche a far meraviglie, lo sai?, non si sente subito, ma appena ti fermi un attimo, quando pensi che tutto sia a posto e che non rimangano che pochissimi dettagli, la stanchezza ti afferra, ti ha rincorso fino a qui, e ti ha raggiunto, alla fine.
Il sole di oggi nemmeno l'ho visto, io non mi arrabbio mai, è una condizione che non mi appartiene, posso essere triste o in collera, ma la rabbia vera non è scritta nei miei quaderni, non l'ho imparata, non la so.
e' un giorno rabbioso che per me potrebbe anche grandinare o piovere a secchi, ed esserci di quei venti spietati che sibilano da sotto la porta, che ti portano perfino i rametti e le foglie secche, non importerebbe nulla, non mi è importato nulla del mondo da stamattina, perchè dovrebbe importarmi ora?

E' un giorno rabbioso che meno male sta per finire, ho un mal di testa che mi si è appiccicato addosso, proprio dietro agli occhi, e nemmeno mi vien voglia di guardare fuori, che mi guarisce sempre,  guardar fuori.

eppure

eppure c'è un'aria bella, entra piano dalla finestra socchiusa, oggi è quasi finito, domani ci saranno nuove viole nell'aiuola e io starò meglio, mi farò coraggio, ho mille cose belle nella vita, nel mio cuore e fra le mani, il mondo di fuori non se la prenderà se a me di lui oggi non ne è importato nulla, domani sarà meglio, ci saranno nuovi fiori rosa dove affogare lo sguardo e farlo volare, dove perdersi un pò e dimenticarsi di tutto, non ci si può intristire, non ci si può lasciare andare, se fiorisce il ciliegio.


08 aprile, 2013

Questo lunedì.

Non proprio un lunedì come tutti gli altri.
Pesante sì. Forse. Piove come se non avesse piovuto mai, come non dovesse smettere mai.
E' un lunedì e non potrebbe essere un altro giorno, a vederlo da qui.
Non ricordo nessun lunedì che mi sia piaciuto, mai.

Questo lunedì non è affatto un lunedì come tutti gli altri, è proprio la settimana che è diversa, sabato e domenica prossima ci sarà un evento che si prepara da mesi, cui si pensa da mesi.

Non ci sono regole precise per affrontare l'inizio di una settimana, nessuno ha mai scritto Il Manuale del Perfetto Lunedì, non potrebbe essere, non si può.
Il mio lunedì è iniziato già in salita, in ritardo col servizio lavanderia di questa casa, a stirare non ho avuto nè tempo nè voglia, ci sono cose nella vita e nell'universo, nel cosmo e nel firmamento tutto molto più importanti che stirare una decina di camicie. O almeno, questa è la mia bislacca teoria.

Il mio lunedì è iniziato con un thè alla vaniglia e lo sguardo stralunato dei miei figlioli a colazione, persi quanto me, in salita quanto me, con la sola unica voglia di rimanere a casa scialli sul divano e non affrontare verifiche, viaggi, segreterie di università e affini.

Comincia per me una settimana importante, dove le cose a fare una milionata o giù di lì, dove a un certo punto ci si guarderà e ci si renderà conto che si sta per essere sopraffatti, come schiacciati dalle cose, ma sarà un attimo, succede sempre così, alla fine nessuno sarà schiacciato da nulla, e tutto, magicamente, andrà al suo posto.

Festeggio il mio lunedì in salita con un'altra tazza di thè, senza guardarmi intorno, ma concentrandomi calma sulle orchidee del davanzale che non ne vogliono sapere di sbocciare, sulla casetta che gli uccellini stanno arredando con gusto, rametti e fili d'erba, o scrutando con cognizione di causa le gemme del ciliegio. Dopodichè, stilerò con calma una lista delle cose da fare, e compunta ne depennerò una dopo l'altra, stendere, fatto, svuotare lavastoviglie, fatto, colazione sparecchiata, fatto  e via così. 
Non funzionerà, non funziona mai, ma ci provo ogni volta.

Nel frattempo, il mio lunedì piovoso e confusionario, pieno di cose e di faccende, di appunti e di post-it a forma di cuore sullo sportello del forno, è iniziato davvero, e sarà meglio che mi dia una mossa di quelle giuste, che inizi gagliarda il mio cammino, che mi renda conto che la mattina non dura dieci ore anche se tale mi servirebbe, che ho mille e mille cose da fare, oggi più di sempre, oggi più che mai, oggi per davvero e che sarebbe così bello star qui a parlare di orchidee e di cose frivole ma che è il caso che la smetta e parta, sul serio.

davvero non c'è tempo per la terza tazza di thè?



04 aprile, 2013

Riso Bollito e Nòccioli di Ciliegia.



Sembra un pò Pomi d'Ottone e Manici di Scopa.
Ho un figliolo malaticcio. Quello grande, con gli occhi di bosco, di stagno limpido. Quello che studia diritti e leggi e ha le mani belle, la camminata strana e quegli sguardi profondi che non ti danno scampo, e che ti salvano, certe volte. E' uomo fatto, fifone come la gran parte degli uomini. Malaticcio di un malessere da nulla, stagionale e passeggero. Nessuno dei miei figli è  mammone nel senso letterale del termine, essendo la metà di mille non era possibile che lo diventassero, nemmeno la piccina di casa, anzi, lei meno di tutti proprio.
Ma i figlioli, si sa, benchè ingegneri o ventitreenni quasi, e fuori casa e incamminati nelle loro vite lontano da qui, sempre figlioli restano e qualche volta, diciamolo, un pò se ne approfittano.
La diagnosi di questo malessere  stata data ieri in mattinata, spossatezza, nausea e mal di stomaco han fatto sentenziare al dottor Balanzone che  regna in ogni madre del globo terracqueo, E' Influenza. 
E una madre, si sa, le cure per l'influenza le conosce molto bene.
Divano e coperta, per cominciare, un thè leggero con due fette biscottate, e se proprio si vuole esagerare una tachipirina, che male non fa. Annullati gli impegni universitari e lavorativi, me lo sono tenuto con me, già stilando la comanda per il pranzo, Riso Bollito per P., e aggiungendo alla lista delle cure Nòccioli di Ciliegia.

I nòccioli di ciliegia sono una scoperta non recentissima, ad opera della mia amica Donatella, la mia Amica del Lago, che me ne regalò un sacchettino qualche Natale fa. 
I nòccioli di ciliegia, nel loro bel vestitino di lana, sono una mano santa per il mal di pancia, per il male al collo e pure per il mal di schiena, insomma, per il male in generale, ma anche per il freddo, la malinconia, la tosse e la paura del buio.
Passati nel microonde qualche minuto, riscaldati e profumati di legno e foresta, i nòccioli di ciliegia sono coccole croccanti per un figliolo smarrito che si sente la febbre ma che non ce l'ha, che ti guarda con quegli occhioni e dice Non Ho Dormito.

Le cure di casa sono quelle migliori, un paio di giorni e il mio figliolone alto e bello sarà come nuovo.

Quanto vorrei aver la cura per tutto, figlio, quanto vorrei sapere per te esattamente le cose che vorresti sapere, quanto vorrei avere per te le cure che ti fan passare la rabbia triste che ogni tanto hai, che ho visto chiara nei tuoi occhi qualche giorno fa, in quell'anniversario che ti ha messo davanti un dolore grande e insondabile, impossibile da comprendere al mondo, figuriamoci ai tuoi anni perfetti.
Per questo dolore, per questa ferita che ti porti addosso e dalla quale nessuno può guarirti, il mio stupido riso e i miei stupidi nòccioli non servono a nulla.

Ma una madre sa, guarda, sta zitta e sa, ti abbraccia, sta zitta e sa.

02 aprile, 2013

L'infinito Inverno.

Non è bello cedere ai capricci del tempo.
Non è bello cedere ai capricci di nessuno, men che meno a quelli delle nuvole e del cielo.
Lo chiamano Mal di Primavera, ma dove, ma quale, quale primavera e quale male. 
certo è che ci si trascina.
Sono stati giorni di pace e di niente fare, giorni in cui ci si è beati fra libri e cose belle, e si è cercato in ogni modo di non guardar fuori dalla finestra, di non tener conto di questo quadro triste, di questo cielo pesante, di quel vento profumato di sabato sera, sono uscita in terrazza per guardarlo meglio, ma il vento non si guarda, il vento si annusa e ci si arrotola dentro, che bello il vento di sabato sera, ho chiamato il mio Sposo fuori, Vieni a Sentire che Bel Vento che C'è. 
L'inverno non passa, non vuole passare, e ci si sente fermi e inconcludenti, e le cose da fare diventano massi a schiacciarti, fango che ti impantana, acqua che ti fradicia, e il cielo poi, come nascosto.
Si ha voglia tutti di un bel sole chiaro, di luce e di bellezza, di fiori da raccogliere e di ordine nel pratino e sul davanzale, ci sono solo vasi vuoti con qualche erbaccia, nemmeno le primule resistono a tanto accanimento.

nemmeno io che non son primula.

farò di questi massi pesanti scogli lisci, e degli scogli lisci sassi rotondi e dei sassi rotondi sassolini minuscoli e dei sassolini minuscoli sabbia fine di quel mare che so. E dai massi alla sabbia, forse anche il sole, alla fine.


26 marzo, 2013

Alle viole non importa.

fa ancora così freddo.
è incredibile come il tempo atmosferico possa condizionare i giorni di tutti, si guarda fuori e si dice, Ma No, ancora brutto, ancora vento gelido e nessun fiore, ma come, chi si è rubato la primavera, i colori, i profumi di pulito.
Solo loro non ne tengono conto.
Ieri, un giro veloce nel prato grande dietro casa, per vedere che aria tirava, per vedere se davvero la primavera se ne  stava legata e imbavagliata da qualche parte, per vedere se davvero a marzo inoltrato non ci fosse il minimo cenno di risvegli e nuove cose.
In effetti, sì. rami secchi e fogliame, solo l'alloro aveva qualche foglia più chiara, di quel verdino tenero di foglie appena messe.
L'alloro e loro. Le viole.
Lungo tutta la siepe e ancora più in là, intorno al cespuglio del ribes e delle fragoline selvatiche, le viole, le primissime, offrivano il loro sorriso timido a chi passava di lì. A me, nella fattispecie.
Alle viole non importa se il sole tarda a farsi vedere, alle viole non importa se c'è il vento che le scuote e piove e piove. Loro trovano riparo sotto la siepe dell'alloro, sotto le foglie del tarassaco, si fanno scudo fra loro, non abbassano la testa mai, restano lì a sfidare il freddo inusuale di questo marzo sfacciato, coraggiose macchie di colore in un prato stremato da tanto inverno, da tanta neve, da tanto fango e foglie umide.
Le viole resistono, non si impicciano delle forsizie che proprio non ne vogliono sapere, nè del ciliegio che si è ammutinato, neppure del lillà che ha ancora i rami grigi come il cielo sopra di lui.
le viole non soccombono alle intemperie, han da fiorire e fioriscono, nonostante tutto.
Mi sa che un pò viola sono anch'io.

21 marzo, 2013

Spring.

Ieri mi hanno chiesto Ma è Fiorito il Tuo Giardino?
No, purtroppo no.
Ancora troppo gelo e tropo inverno e troppa neve e perfino un attimo di nebbia, questa mattina e ancora ghiaccio, quello da grattare via dal vetro che sembra granita al limone, per dire.

Nessun fiore, poche gemme, almeno quelle sì.
Ma voglio fare di questa primavera una primavera speciale.
colorata e allegra e un pò rumorosa, un pò incasinata ma di cose belle, canzoni e festicciole, niente di opulento, piccole cose, una festa la si può inventare in 5 minuti, non occorrono cartoncini di invito o telefonate, è festa se stai bene, è festa se sei con chi ti va, è festa che fai le cose che ti piacciono, e le cose che invece non ti piacciono tu le riesca a fare con leggerezza, con un minimo di grazia, senza sbuffare, senza lamentarti, senza dire E Sì Però.

Farò della mia primavera una primavera di cose belle.
di belle parole
di bei pensieri
di belle genti intorno a me
di belle intenzioni 
di belle passeggiate
di bei progetti
di bei messaggi come questo, di un attimo fa. Sei Dolce Mà.

anche senza i fiori in giardino,la mia primavera è già iniziata.

19 marzo, 2013

Sognare il sole.

Corro.
Corro sempre.
Non scappo. Corro e basta.
Sogno sempre di correre. A prendere un treno, a un check-in, a prendere i bambini a scuola.
Corro , a volte velocissima che prendo il volo, a volte che non riesco e mi impantano e mi infango ma devo correre, correre piu' forte.
Non so interpretare i sogni e nemmeno ci credo.
Che strani i miei sogni della notte anche se credo di sognare solo alla mattina presto, appena prima di svegliarmi, tanto i miei sogni sono lucidi e reali e me li ricordo cosi bene.
Il sole di oggi e' un regalo del cielo, e' una piccola carezza nel pantano che c'e', che se guardi bene non e' vero ma abbiamo imparato cosi' bene a lagnarci che adesso non la finiamo piu'.
Voglio avere solo bei pensieri oggi.
Voglio ridere di gusto e giocare un po'.
Voglio le cose che mi piacciono e le persone con cui sto bene.
E stanotte forse non sognero' di correre e correre.
Stanotte, voglio sognare il sole.

17 marzo, 2013

Tunnel of...socks.


Succedono tante cose in una pigra domenica pomeriggio.
Si whatsappa con le amiche più e meno lontane, che sembra di averle lì, sedute sul divano.
Si twitta, ci si tiene informate sulle cose del mondo, si legge, uh quanto si legge in domeniche così, si fa persino la prova a scrivere sulle Fragole dal telefono. esperimento riuscito.
Ma questo fine settimana verrà ricordato pe run altro esperimento, di quelli che ci perdi il senno, di quelli che credevi impossibili e invece alla fine, di quelli che c'è stato una vera esplosione, un vero trend, un vero dirsi Ma Và? Hai Provato?
Si ho provato e ce l'ho fatta.
Ho imparato a fare le calze, che di per sè è una cosa di poco conto, soprattutto per chi non capisce l'nsana passione che muove tutto questo, che c'è già una rete di informazioni che nemmeno il KGB, e quale filato e quali ferri, se carbonio o bambù, mica cose da nulla, signora mia, non è che noi si comprano i ferri di alluminio alla merceria della piazza, o dal Pesce, e solo chi è del mio paesello può capire questa cosa qui, quella del Pesce, intendo.
Ho imparato a fare le calze.
Ho disfatto, rifatto, ridisfatto e ri-rifatto e questo in un giorno, che mi ci si sono incaponita e che non avevo voglia di impegnare la mia testa in altre cose che non fossero ssk e magicLoop, e ogni tanto tutto questo aiuta, aiuta davvero e questa SockTerapy funziona, funziona alla grande, che fuori nevicava come a Natale e noi qui si facevano calzini, ma non solo io, almeno altre 3 o 4 sparse nella penisola, collegate a parlare di lana speciale, attrezzi speciali e tutte a dire, Ma Che, Davvero? e che roba è mai questa, ma le persone che frequento io sono così, sono quelle che si elettrizzano per queste cose e c'hanno mille mazzi e lazzi, e si concentrano a fare delle cose che non tutti possono capire, a che gusto ci sia a fare così, a sdilinquirsi su uno schema, a diventare bell'e scema perchè hai deciso che ce la vuoi fare e basta. e poi è domenica a la domenica uno la può passare proprio come vuole, o no?

Ho imparato a fare le calze.
la mia domenica è andata via così, ha galleggiato in un bel pomeriggio di casa e casa, di figlioli, di complicità calda e serrata, di cose belle, di progetti, ancora e ancora, perchè se metti insieme la passione e la tecnologia allora viene fuori una cosa gigante come questa qui, che mi sembra enorme e che forse la è davvero, e allora, tutto questo dannarsi su uno schema, tutto questo imparare cose nuove e sentirsi un pò diversa, gente strana che non sono altro, e con me tutte le altre, allora a me piace essere come sono e non mi importa se poi alla fine c'è chi ti dice Che Cooooosa? Le Calze? Ussignur.

A me non importa.

Sono entrata ufficialmente nel tunnel dei calzini fatti a mano, con lane speciali, tinture speciali, ferri speciali, e amiche speciali con cui condividerle, in ogni modo possibile, Twitter, Tumblr, Blogger, ce li ho proprio tutti,  sono troppo social, come dice la mia amica Silvia scuotendo la testa, ma tanto lo so che presto un paio di calze le vorrà anche lei e allora va bene.


15 marzo, 2013

Futuri e Maiuscole.

i giorni scivolano via così veloci che nemmeno ci si rende conto.
senza ritegno, senza rispetto, senza darti il tempo nè la voglia di fare tutte le cose che devi fare, che sono una quantità invereconda, certe gradevoli e certe invece no.

si assiste muti al cambiare della stagione, anche se di primavera poche tracce, in verità, nessun fiorellino nessuna gemma, nessun niente. E questo certo, non aiuta.

ho nel cassetto un migliaio di progetti, un migliaio di idee e una manciata di pensieri pesanti, di una sorta di piccole, piccolissime malinconie, un paio di rimpianti, nessun rimorso, nessuna angoscia che si possa chiamare così, nessuna cosa non detta. o almeno così pare.

i miei giorni sono giorni semplici, semplici e faticosi, qualche volta, semplici e meravigliosi, altre. Qualche volta, tutto insieme. 

in mattine come questa, dove nemmeno faccio la maiuscola andando a capo, dove apro il cassetto dei progetti e non ne trovo nessuno, solo quella manciata di pensieri, mattine dove niente mi riesce, dove il rumore dell'idraulico di sotto mi rimbomba nel cervello, dove il mio parlare è pieno di condizionali, dovrei andare, dovrei fare, dovrei preparare, dovrei scrivere, mi verrebbe in mente solo di sedermi in giardino, se non facesse troppo freddo, o di andare a vedere se alla fine qualche fiorellino è spuntato alla fine della collina, o se davvero l'albicocco non ha nemmeno una gemma.

e invece sto qui, il pavimento non è ancora asciugato e spero ci metta un secolo, lo laverò un'altra volta per avere la scusa di star qui a leggere i giornali e a guardare belle foto e a scrivere cose senza senso e a farmi rimbombare nel cervello i rumori dell'idraulico di sotto.
il cassetto dei progetti si chiude male, succede spesso anche al Cassetto del Tutto che ho sotto il forno e quando è così, lo svuoto per bene e butto via delle cose, ricette che ormai so a memoria, biglietti e scontrini, brutte di temi o fogli di appunti.

farò lo stesso.
butto quella manciata di pensieri che ogni tanto salta fuori, butto i miei momenti che non funzionano, butto le mattine che non mi riesce di fare niente.
e al posto dei condizionali dei bei tempi futuri.
i pavimento asciugherà, e quando asciugherà avrò mille cose da fare, e le farò al meglio.
alla fine, anche le gemme spunteranno.
E con loro, futuri e maiuscole.


11 marzo, 2013

La Morale dei Toast Carbonizzati.


Il lunedì mattina non è cosa da poco, lassù, nella Casa in Collina.La calma indolente della domenica è presto spazzata via da un frenetico preparare e prepararsi, valigie e libri e computer e documenti e cose, perfino la giustifica di un ritardo, un bollettino pagato di cui non si trova la ricevuta, la busta della biancheria pulita, le chiavi, vi aspetto in macchina, dov'è la sciarpa beige, baci sulla porta, voilà.
 Questo lunedì altro non è che la copia fedele di molti lunedì, non foss'altro che stamattina ho bruciato i toast. E allora? Non che sia tragedia o momento da descrivere o da ricordare, solo, non mi capita mai. Metto un'attenzione meticolosa nel preparare la colazione di tutti, apparecchio con cura, secondo i gusti di tutti, mai thè al bergamotto nella tazza del mio Sposo Illustre, mai zucchero in quello della Princi, caffè nero per i figlioli maschi, insomma, stamattina sono scivolata sui toast. Carbonizzata che ebbi la quarta fetta, mi sono fatta qualche domanda.
Che sia la macchina difettosa?che non abbia io più lucidità di calcolare tempi e modi e che sia perciò questa l'inizio della fine?che mi imbamboli come una scema a vedere se piove, dimenticando quel che sto facendo?risposta, ahimè, non ho trovato.

Ma è la mia reazione che mi ha stupito.Se tempo fa mi sarei dannata il sentimento, mi sarei fatta centomila sensi di colpa, mi sarei data dell'imbecillescemadeficiente per una mezz'ora buona, stamattina no. Proprio no.
Mi sono sì lievemente contrariata, ma appena appena, giusto il minimo sindacale.Con fare sapiente ho gettato senza pietà le fette carbonizzate nel secchio dell'umido, e canticchiando sommessamente ho fatto ripartire l'operazione tostatura, con un minimo di attenzione in più stavolta e senza il minimo senso di colpa.
Mi sono perdonata da sola.
La vita è troppo breve per sprecarla ad arrabbiarsi con sè stessi per la bruciatura di un toast.Cosa è in fondo, un pane bruciacchiato confrontato all'eternità?
Lassù, nella casa in collina, anche se piove  e non si ha nessuna voglia, anche se musi lunghi dei figlioli stralunati e assonnati, anche se, anche se, io cerco di prenderla alla leggera, alla leggerissima, certo non mi faccio intimidire da due fette abbrustolite, e che sarà mai, alla fine, carbonizzata una fetta se ne fa un'altra.
Farò di questa massima la mia filosofia di vita, capita di sbagliare, capita di non riuscire, capita di trovare sul proprio cammino fette di pane immangiabili, irrecuperabili e indigeste. Il secchio dell'umido le accoglierà con benevolenza. E noi, fiere di aver lavorato così bene su noi stesse, non ci sentiremmo in colpa, nè inadeguate, nè imperfette, nè nulla del genere, il mondo gira uguale anche senza i miei toast perfetti, i miei figli non ne avranno danni psichici irreparabili, il cosmo, dei miei toast, ma sai quanto gliene importa.
 Anche oggi ho imparato qualcosa. Mai avrei creduto che anche i toast bruciati potessero essere custodi di tanta verità. Posso così iniziare la mia settimana in grazia di Dio. E domani, a colazione, magari le Nastrine, và.


08 marzo, 2013

Oggi.

Oggi, 8 marzo, la mia giornata sarà così.

Avrò questo:
rifletterò su questo

e penserò a questo
Poi farò questo
perchè oggi le donne stanno insieme da

e alla fine...


e lui.
A tutte le donne, una giornata di pace e tranquillità, un pò di festa, qualche pallino di mimosa, una fetta di torta, una risata bella, le persone che ci piacciono intorno e l'augurio di bei giorni e bei pensieri.

06 marzo, 2013

Piove sottile.

Piove.
Piove che non mi piace.
piove che non me ne faccio una ragione, piove che mi fa schifo, piove che mi fa arrabbiare e intristire e immalinconire, piove che non ne ho voglia, che non ha rispetto, che non va bene. Piove che quando pioe penso troppo e pensare troppo fa corrente, lo dico sempre, e le porte sbattono e i vetri si rompono e il rumore di una porta che sbatte è un rumore che ti fa trasalire, improvviso, sbammm! Chi Ha Lasciato la Finestra Aperta? urlo da sotto, ma non risponde nessuno, forse la finestra aperta l'ho lasciata io, è con me che dovrei urlare.
Piove che non mi dò pace, piove che mi dà la nausea, piove poco ma bagna un sacco, la pioggia mi piace che scrosci cantando, che batta sui vetri, che faccia pozzanghere  e le riempia di diamanti immaginari, che bella la pioggia nella pioggia, le gocce sulle gocce, decise, che fan le bolle sul terrazzo, che danzano sul lago, nel mare, perfino nel catino, non questa qui, insignificante, impossibile, impalpabile.
Piove sui miei pensieri di una mattina qualsiasi, le cose da fare scritte su un foglietto, io ferma ad ascoltare il niente, ferma sui dubbi e sulle domande, sulle rabbie delicate, non quelle che ti fanno spaccare i piatti, almeno lo fossero, ma di quelle rabbie leggere, cose di poco conto ma infingarde, non per questo meno noiose. 
Piove sui miei progetti, piove sulle domande, solo gli stolti non se ne fanno mai, solo gli stolti hanno solo certezze, sarò un caso unico al mondo, sono stolta e non ho certezze, piove che il foglietto delle cose da fare è ancora qui uguale a prima, anzi no, ci ho fatto dei ghirigori con la penna seduta al tavolo della colazione, giocando con le dita fra i capelli come faccio quando devo prendere una decisione o quando ho pensieri che mi disturbano o mi fanno male, quando non ne ho voglia, quando mi nasconderei da qualche parte con un libro e soprattutto quando piove sottile, così come fa.

04 marzo, 2013

Voglia di fiori.

Forse è più voglia di colori che di fiori in senso stretto. Non so.
Non importa di che genere.
Forse i tulipani o le rose piccole che si trovano appena prima delle case all'Esselunga, tanto poesia e bellezza imprigionate in un foglio di cellophane, dentro ai secchi di plastica. Le compro spesso, per le mie rose dell'aiuola ancora tempo c'è.
ho voglia di narcisi profumati, di quelli che mi ha regalato Cinzia nel cestino di giunco, che presto pianterò nel giardino per non perdere nemmeno un fiorellino, nemmeno un soffio di quel sapore buono e pulito.
Niente come i narcisi e i tulipani fan capire che il bello è vicino, e che anche se oggi c'è ancora la nebbia, è una nebbia buona, alla fine, accondiscendente, dice Sono Qui ma Non Per Molto.
Ho voglia di fiori eventuali, legati a caso, oppure uno per vaso, ho una vera e propria mania per i vasi vuoti delle marmellate, li uso ovunque e per qualsiasi cosa, ne regalo tanti, rivisitati, rivestiti, pieni di caramelline, con incollati piccole stoffe, perline e pizzi, ricoperti con la lana, il cotone, perfino coi bottoni vecchi. E' un modo per dare loro nuova vita, nuove situazioni, viaggi nuovi in altre case.
Qualche volta, ne trovo qualcuno sul davanzale, l'Amica del Villaggio sa quando in questa casa c'è bisogno di un pò di dolcezza e la dolcezza arriva, puntuale, sottoforma di preziosa marmellata. Mia nonna mi ha insegnato a non restituire mai vuoto nessun contenitore, piatto, ciotola o vasetto che sia. Ci si ingengna perciò.

e' una mattina lentissima.

Forse, ancora non ci si è ripresi del tutto dalla pigra settimana di simil influenza, E' Un Brutto Affare, mi hanno avvertito, sembra cosa da nulla e invece ti trascinerai per giorni, se non ti fermi un pochino.
E in effetti, hanno avuto un pò ragione.

I pensieri si affastellano confusi in un lunedì che non ne vuol sapere, in una mattina opaca e meravigliosa, un compleanno in questa casa, uno dei due di primavera, la piccola di casa oggi compie sedici anni, sedici anni che sembra ieri o ieri l'altro, sedici anni che non mi sono accorta, sedici anni di una bellezza imbarazzante per me, che sono la sua mamma e che la vedo così uguale a me, così vicina, così felice.

forse, a volte vorrei che ancora fosse una bimba col vestitino grigio e le calzine un pò scese, che mi chiedesse di gonfiarle i braccioli, comprarle le figurine, che mi riempisse il frigo di disegni di cuori,  che si addomentasse in braccio a me, che mi salutasse dal finestrino della prima vera gita, che scendesse fiera sulla neve senza bastoncini, che si diplomasse in terza materna col tocco di cartone in testa, che rivedesse per la decima volta gli Aristogatti, che si togliesse da sola le ruotine alla bici.

forse invece, la vorrei esattamente com'è ora, regale quando sorride, riservata, quando si cambia 4 volte prima di uscire, quando canta a memoria le canzoni di de Andrè, quando mi cerca per parlare e parlare, quando arriva come un tifone in casa e corre per le scale e quando invece è così triste che sembra che tutto il mondo la schiacci.

Sedici anni.
voglio che oggi e per sempre tu abbia le cose più belle al mondo, figlia, le più luminose, le più lucide.
voglio che il tuo mondo sia pieno di cose che desideri, che tu le possa sognare un pò, prima, perchè solo così saranno più preziose, voglio per te gli amori più belli, sono la cosa che più conta al mondo, voglio le cose belle che ti fanno bella, intatta e felice come sei ora.

ho conservato quei disegni coi cuori appesi al frigorifero.
e oggi, sono io a regalarli a te.








26 febbraio, 2013

Invisibile.

Io non so cucire.
Attacco a malapena i bottoni che scappano dalle camicie, dacchè si sa, in questa casa se c'è qualcosa che non manca, ecco, appunto, sono le camicie. Ma a cucire, sono un disastro. 
Certo, faccio la maglia discretamente e ricamo magistralmente, oggi si ha voglia di certezze e autocelebrazioni lassù, nella Casa in Collina.
Zero voglia, quantunque. Nonostante il sole, il cielo bello, ma quant'è che non lo si vedeva, un cielo bello così, anzi, proprio non si vedeva il cielo.
Malaticcia, inconcludente, giro e giro su me stessa come la scema del villaggio, non finisco, lascio a metà, senza forze, senza sentimento.
Mi piacerebbe saper cucire. farei una quantità di cose belle, piccoli astucci, sacchettini, porta cose, di quelle che fanno le mie Amiche che invece a cucire ci mettono un secondo, Cosa ti Serve, mi dicono, e in un giorno o due me lo fanno, esattamente come volevo, come la foto che ho mandato, come quel cartamodello comprato a Parigi, perchè lo compri se non sai cucire, così, per averlo, ci sarà qualcuno poi che lo cucirà per me.
Quel che mi piacerebbe oggi è un vestitino a fiori piccolissimi, di una cotonina leggera, coi bottoni dietro, senza maniche, da metterci un golfino e le ballerine celesti, e un cestino di paglia, di quelli piccoli, come quello che aveva mia mamma per andare al mercato, con il foulard legato a un manico.
Oggi vorrei essere invisibile, avere un mantello magico che mi fa sparire, vedo e sento tutto, ma nessuno vede e sente me, sentire non importa, tanto non parlo, ma a vedermi, ecco, nessuno mi vede, proprio.
Osserverei tutto, guarderei tutto, anche da vicino, ma nessuno si accorgerebbe che ci sono, nessuno vedrebbe l'espressione della mia faccia, sono invisibile, dev'essere una sensazione bellissima e tremenda, non saprei. Invisibile per guardare meglio le cose che non capisco, invisibile per non farmi notare, invisibile per vedere l'effetto che fa.
Oggi, mi cucio da sola un mantello che mi nasconde, che fa di me un niente, non ho voglia di andare là fuori, non ho voglia del mondo e dei suoi tranelli, non ho voglia nemmeno del sole, che scioglierà la neve e lascerà fanghiglia e pantano un pò dovunque.
Invisibile sì, per stare tranquilla, per non farmi trovare da nessuno, ho la tosse e mi sento a pezzi, vuoi vedere che stavolta mi son beccata l'influenza, dovrei stare al letto al caldo e bere piano una tisana bollente e leggere fino a svenire e invece ho mille cose da fare e giro giro su me stessa e non concludo niente, e non ho voglia di niente, forse vitamine, forse una spremuta di mille arance, o forse quel mantello magico, quello che rende invisibili e invincibili e forti e coraggiosi e pronti, chissà se le mie Amiche che cuciono ne han pronto uno per me.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...