23 agosto, 2006

Lo stazzo.

Andava scritto con la C. Ma con questa storia della verifica parole, forse, i signori di Blogger mi avrebbero un pò tirato le orecchie. Dicesi stazzo la tipica costruzione rurale, bassa e allungata, delle zone del gallurese. Dicesi quell'altra cosa, invece, un momento di totale confusione, meglio se familiare, molto nervosismo, un incidente in fondo di poco conto, ma che ha causato alla famiglia tutta una bella nottata di spavento e/o insonnia. Tutto è bene quel che finisce bene, non si dice così? Ma ne avrei fatto a meno. Rimedi che mi vengano in mente, così, al momento, quasi nessuno, siano essi omeopatici o Fiori di Bach. E se provassi il Biancospino? L'aspetto più sconvolgente dell'ansia non è tanto quel suo bloccarti ogni genere di entusiasmo e voglia di cose, ma quel suo renderti insopportabile, e non soltanto agli astanti, si badi bene, ma anche a sè medesimi. Concetto forse da rivedere nella sintassi, ma piuttosto chiaro nel contenuto, direi. Che fare? Ah, saperlo. Forse basterebbe, che so, un giretto in barca a vela e una spiaggia deserta che in questi giorni vale tutto l'oro del mondo. Ma l'ansia è una losca faccenda, non si manda via così, in quattro e quattr'otto. Meglio archiviare le ultime 48 ore nello scaffale dei Giorni Persi, augurandosi che non lascino troppo il segno, tirare un bel respiro, di quelli che ti salgono da chissà dove e dirsi che sì, è passato, non facciamola tanto lunga, abbiamo del sonno arretrato, dormiamoci sù che è meglio. E infatti, mi sa che, nonostante sia l'ora nota planetariamente come l'Ora della Galline, e che andare a letto alle 10, in Costa, è poco meno che un sacrilegio, mi sa che andrò a dormire. Rossella O'Hara direbbe Domani è Un Altro Giorno. Ma io, che sono più educata e non ho Clark Gable alle costole, dico solo buonanotte a tutti e me ne vado. E senza Biancospino. Qualcuno ha una Valeriana?

20 agosto, 2006

Perle fra i pinoli.

Non che le ami, questo no. Le trovo un pò inutili, distratte, sempre indaffarate, le scopro sempre in luoghi non consoni, come dire, sbagliano sempre il dove e il come. Ma non le elimino. Diciamo che pur non andandone pazza, ci convivo. Stamattina, grande sorpresa nel patio di casa. Loro, le formiche, avevano lavorato alacremente per tutta la notte, saccheggiando senza troppi complimenti il mucchietto di pinoli che mia figlia e i suoi amici avevano raccolto nel noioso pomeriggio di ieri. E li andavano stipando, con quel loro modo compulsivo di andare sù e giù e di ubbidire a non so chi, nella loro tana allestita giust'appunto nel posto più fresco del patio, proprio lì, a due passi dalla lampada marocchina. Ma, ad un più attento esame, quale non fu il mio stupore nel notare che, svista o buon gusto, avevano anche raccolto, insieme ai pinoli, una perlina, scivolata chissà quando e chissà a chi. Troppi misteri e troppe incertezze in questo nuovo caso da dipanare, in giornate dove non succede nulla o quasi, e già l'osservare un formicaio è di per sè una grande avventura. Ma una cosa è certamente da fare. Avvisare Rue Cambon, al civico 21. Le formiche vestono Chanel. Distratte? Non direi proprio.

19 agosto, 2006

Strani poteri.

Si aggiunga. E va bene che uno si trova in un ameno luogo di villeggiatura, e che l'inverno è lungo, e che oramai fra qualche settimana, gulp, toccherà rientrare anche a me e che, alla luce dei fatti, ogni giornata diciamo sprecata in stupidi battibecchi da telefilm di quart'ordine, è, lo dice la parola, sprecata. Fatto sta ed è, che comunque, ogni tanto una bella sfuriatina così su due piedi, male non fa al collaudatissimo menage familiare. E non parlo di urla ai figlioli, che sono, signora mia all'ordine del giorno, quanto una bella, sana, costruttiva, peraltro rara, litigata con il proprio consorte. Sei stata tu, non è vero, sei stata tu, chi io? ma come ti permetti e altre zuccherose frasettine di questo tipo, trasformeranno un noioso pomeriggio in un set di soap opera. Non gradevole. Ma c'è scirocco, fa caldo, è pienissimo di gente e tutto diventa più difficile anche sull'Isola. Che fare? La brillante idea che mi è venuta lì per lì è stata quella di recarmi che so, in visita all'Asinara, che dista circa 2 ore e mezza di cammino da qui, in condizioni normali, figuriamoci con le code ferragostane. Sarei reentrata dopodomani, mi sa. Mi sono quindi ricordata di un antico adagio, e se non esiste fa lo stesso, lo invento io sul momento. Sei nervosa? Lava i bagni. Armata di guanti in gomma color ciclamino, mooooolto cool, una spugnetta in tinta, per forza di cose, e l'immancabile Candeggina. Non so, forse dovrei andare a ritroso nel mio inconscio con una di quelle tecniche che vanno tanto di moda, per capire come mai a me l'odore di candeggina, calma. Una specie di Xanax da annusare. Forse un ritorno alle origini, ma quel profumo di buono mi piace. Chi mi conosce sa che sono sensibilissima agli odori e che non sono ancora uscita dal tunnel della Coccoina. Ma sono pronta a proporre la Candeggina come terapia di coppia. Calma i bollenti spiriti, gli improperi che sono lì lì per uscire e che non sta bene, azzera il nervosismo. E poi, il bagno risplende, lucido e impeccabile, che è un amore. Il che non è affatto poco.

17 agosto, 2006

Da non perdere.


Finito di leggere da mezz'ora. Bello. Bellissimo. Mi ha intenerito e commosso, anche se ho dovuto tornare indietro più di una volta per capire per bene i complicati meccanismi delle fusioni fra multinazionali. Da comprare. E adesso mi assale quel sottile, impercettibile smarrimento che c'è sempre, quando si è finito un libro. Una specie di malinconia infinitesimale, spray, ecco, che non è che uno è proprio triste però qualcosa gli manca, e si dice e adesso, che cosa leggerò? Non lo so. Non ancora. Ho un'Amica Preziosa, esperta in materia, che mi fa recensioni a raffica, via sms: ho qualche titolo, vedrò. In questo tardo pomeriggio, che gli ospiti sono tutti partiti e tutt'intorno un assurdo silenzio che faccio fatica a crederci, che è la primissima volta che sono da sola in questa casa, che oggi uno dei miei figli compie sedici anni, che stamattina pioveva ma adesso c'è il sole, oggi, metà agosto, mi domando quanto stia bene da uno a mille. Duemila, si può dire?

15 agosto, 2006

Fragole di Ferragosto.


Sfido chiunque. Ma che razza di festa sia, mi sa che nessuno lo comprende per bene. Sagra dell'Ombrellone, della Tetta Rifatta, dell Tutto Compreso, del Gavettone, della Spiaggia fino al Mattino. Festa Nazionale del Muscolo Tatuato, dell'Infradito, delle Code in Autostrada, della Lite per Un Parcheggio. Inutile, comunque. Effimera e un pò demodè. Senza significato alcuno e senza grandi contenuti. Da inserire nell'Augusto Elenco, insieme a Carnevale, Capodanno, Festa della Donna e affini. Da eliminare, assolutamente.

13 agosto, 2006

Via col vento.


No che non è la California. Coste sarde, un giorno di metà agosto, 35 nodi di maestrale. E t'ho detto tutto. La meraviglia? Molto, molto di più.

12 agosto, 2006

Controcorrente.


Sono arrivati. Il popolo dei ferragostani, l'esercito Materassino & Bandana, o, a scelta, Bragone e Tatuaggio. Il delirio. A litigare per il parcheggio, per chi è prima dal panettiere, ad assaltare bancarelle e negozi. Guardarsene bene. Scegliere con cura l'ora in cui effettuare gli spostamenti, sia per il fornaio, sia per l'acquisto di quotidiani e affini. Con precisione chirurgica, si saprà quando è ora di raggiungere o lasciare la spiaggia, e quale spiaggia, ovvio. Intorno alle 15, quando il pargolo è bello rosolato e il genitore non ne può più della quindicesima partita a racchettoni, che già ha preso un'insolazione e comincia a sentire un certo qual appetito, e forse, anche un pò di nostalgia per il suo ufficio del centro, dove almeno non deve gestire la suocera, e poi, tutto 'sto vento lo ha già un pò rimbambito. Si riederà alle proprie case intorno alle ore 20, che il popolo degli alberghi è già rientrato pronto per la doccia e la cena fissata alle ore 19, non un minuto di più, con le signore bell'e apparecchiate, un velo di fondotinta che ancora il sole non l'hanno preso per bene, il sandalino comprato all'uopo, il pantalone candido che tira appena un pò sul sedere e una borsettina da sera, che andrebbe bene per la Scala ma che alle bancarelle di Palau, diciamolo forte, non è granchè. Si sceglierà, per il pomeriggio con 30 nodi di maestrale, una stradina non proprio frequentatissima, anzi, sconosciuta al Popolo di Ferragosto, sorpassati soltanto dal Fiorino delle Poste Italiane e dal camion del fruttivendolo. E, lontani dalla Costa, non si cederà al richiamo briatoriano, che pure ogni tanto qualcuna giusta la dice pure lui, niente Gucci e niente Prada, niente clamore, rumore, clacson e cafonaggine. Si sceglie la strada giusta, quella del normale, del semplice e un pò desueto. Una spiaggiona col vento forte, 3 kite e nient'altro, a vedere le orme che lascia il vento sulla sabbia e la schiuma delle onde sugli scogli di Capo Testa. Troppa natura e troppa semplicità. Non starò diventando TROPPO snob? Domani, chiamo Briatore.

10 agosto, 2006

La luna d'oro.

Bellissima e maestosa, un po’ inquietante, a guardarla bene, così bella eppure così’ invisa agli astronomi, troppo luminosa, dicono, rovinerà la festa della stelle cadenti. La luna inganna, a guardarla fa pensare che tutto va bene, così placida e tranquilla e il Libano, l’indulto, Condoleeza e tutto il resto sembrano appartenere ad una galassia che non è questa. La luna è falsa, in fondo da vicino non è che una distesa di sabbia e di sassi, e di terra e di polvere. La luna tace, sui segreti degli amanti, guardala tu che la vedo anch’io, guardala e pensami, guardala e sorridi. La luna finge, di essere buona e accondiscendente, di esaudire desideri e sogni, ma è così stufa di farsi guardare, di sentire poesie e canzoni su di lei, e luna di qua e luna di là. Nonostante questo, io l’adoro. Per quel suo essere sopra a tutto, per dire, sono qua e ci sono da sempre e per sempre, e guardo da quassù le vostre cose, le vostre vite. Sorveglio, illumino, guardo e sto zitta. Non giudico. L’adoro per il colore che ha d’estate, per la sorpresa che mi fa quando d’inverno spunta dalla nebbia, per i giochi che fa col sole, vai via prima tu, no tu. L’adoro perché è sciocca, perché è finta e meravigliosa, perché crede di essere, perché si dà un sacco di arie, perché fa tanto la splendida ma basta una nuvolina da niente e sparisce, in un secondo, si vela e non c’è più. Quella di stasera sarà speciale. Guardarla sarà un regalo, una notte di pace assoluta, di festa, anche. Non so dove sarò. Magari sulla spiaggia, coi figli intimoriti e affascinati da tanta semplice e intatta bellezza. Sarà incredibile, lo so. Avrà l’abito da sera e quella sua aria snob. Avrà qualche nuvola intorno, e qualche stellina che le passerà vicino, con la sua scia lucente. Mi piacerà, lo so. Mi stupirà, lo so. Mi sorriderà. Lo so.

Succede.

Di sbattere la testa, intendo. Di essere attratti in modo irresistibile da una vetrata tirata a lucido, vedendo il mare al di là, e di volare, volare per raggiungerla e dirsi che sì, in fondo non è neppure tanto lontana e ci si mette poco, un paio di minuti, magari. E invece, si và a sbattere. E' quello che è successo all'uccellino in questione. Stranamente, non sono riuscita a dargli un nome. Dopo l'incidente, è andato ad appollaiarsi sulle tende, impaurito, un pò rimbecillito in realtà, senza più il senso dell'orientamento, senza sapere da dove venisse e dove fosse diretto. Succede, certo. Non solo ai pennuti. Succede che magari ti senti un pò stranita, e non sai davvero come possa essere successo, ma la testata l'hai presa anche tu, improvvisa e fortissima, e non sai bene da che parte cominciare per trovare la strada, per tirarsi fuori da lì. Considerando che, appollaiarsi sul bastone della tenda risulta manovra piuttosto complicata ad un umano, ancorchè circense, non resta che trovare una soluzione alternativa. Servirà, alla bisogna, una giornata di mare assoluto, estremo, fino alle 21 ora locale, appena in tempo per vedere le prime stelle di San Lorenzo. E magari, fare qualche piccolo progetto. primo fra tutti, un corso di trapezio senza rete, di equilibrismo, funambolismo, perchè no. Potrebbe servire.

06 agosto, 2006

Se piove, stiro.


Così, a naso, suona come una parolaccia. O un mantra, da non ripetere nemmeno una volta. In effetti, oggi è una di quelle giornate in cui anche pensare il da farsi diventa una fatica, ma una fatica. Sulla tavola sono allineate in ordine sparso, tazze della colazione, focaccia al rosmarino, nutella, prosciutto, frutta fresca e briciole di pane guttiau. Si leggono i quotidiani, la tabellina del 7 per restare in esercizio, un torneo di playstation osteggiato fortemente dalla scrivente. Non c'è altro. Il cielo è indaco chiaro, nuvole e mare ostile. Vento, pochissimo, il che dona un senso di assoluta immobilità a tutta la vicenda. Certo, potrei stirare, lanciando un pensiero irripetibile alla fantesca peruviana che dovrebbe farlo al posto mio. Oppure potrei leggere, ricamare, perdere il mio sguardo oltre il mare, su Guardia Vecchia, pensando a quel che mi va, a chi mi va, alla mia amica che compie gli anni domani, alla lista dei libri che vorrei, le cose che dovrò fare quando rientro. Rientro? Forse, è proprio meglio che stiri. Troppe parolacce, stamattina. Non sta bene.

Roger, il ranocchio.



Bello non lo è. Ma ha un’aria talmente indifesa e piccina ed è così in miniatura, una monetina da 20 centesimi, di un verdino accecante, che fa tenerezza. L’ho trovato per caso, mentre constatavo con aria soddisfatta, i grandi progressi che ha fatto la mia piantina viola, transfuga dal Continente, venuta ad allietare con le sue fogliolone colorate la siepe accanto all’ingresso. Ed è proprio in queste fogliolone che lui, Roger, ha preso casa. Non credo faccia molto, in realtà. Sta lì, accoccolato, pensieroso, con quei suoi occhioni sbarrati che guardano un po’ di lato. Non ha paura. Si lascia guardare, ogni tanto cambia posizione, ma non si muove da lì. Mia figlia, contravvenendo alle più elementari norme igieniche, vorrebbe dargli un bacino. Magari è Un Principe, Mamma. Già. Vai a spiegare che i Principi, quelli veri, hanno figli disseminati per tutto il globo terracqueo, spesso si ubriacano, qualcuno è stato in esilio fino all’altro ieri, ha sparato dalla finestra per il troppo rumore, ha frequentato figliole non proprio illibate, ed infine, qualcun altro è stato testimonial di una marca di sottaceti. Argomento spinoso. Però, l’esperimento del bacio non è male. Magari, una mattina di queste, troverò un tale che dorme beato nella mia siepe. Spero soltanto che non spezzi le foglie della mia pianta. A mantello, corona, foto segnaletiche e tutto il resto, penseremo poi.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...