09 ottobre, 2006

A piedi nudi nel parco.


Film cult di, vediamo, 30 anni fa o giù di lì. Quello che si gira questa mattina dalle mie parti. Non mi piego. Al fatto che è già autunno e che c'è la nebbia e che fa freddo e che ieri si son fatte già le castagne sul fuoco, in campagna, e si sono cercati funghi e persi nel bosco, anche, giusto per aggiungere un pò di brivido a tutta la vicenda. Non mi piego. Ai vetri appannati, al riscaldamento in macchina, alla coperta di pile aggiunta al lenzuolo, alle foglie spiaccicate per terra. Io, le calze, ancora non le metto. Resisto, come dire. E vedo da giorni stivaloni e giacconi ma io ancora leggerina, la t-shirt, il tailleurino che non tiene nè caldo nè freddo, insomma, mi aggrappo, speranzosa, al fatto che, se guardi bene oltre la nebbia, verso mezzogiorno un pò di sole uscirà ancora e allora vorrò vedervi, voi con gli stivali! E che l'autunno, quello deciso, venga pure. Lo aspetteremo, gambe accavallate e faccia fiera, ma senza calze, per carità. E prontissime a brindare. magari, con un'aspirina. Che male, non fa.

08 ottobre, 2006

La gastronomia.


Domenica mattina. I grandi non si sentono, qualcuno ha fatto tardi, qualcuno è già a calcio e riederà verso le 13 con uno sbrano barbaro. Meglio portarsi avanti, con un arrosto che troneggia nel forno e invade la casa con un profumo caldo di spezie. La princi fa i compiti, Ho Tanto da Studiare, Mamma, e Non Ne Ho Voglia. Quarta elementare, cominciamo bene. Oggi è proprio autunno, da queste parti, ci si rende conto alzandosi, fa freddino con la sola camicia da notte, meglio infilarsi un golf per scendere le scale a colazione, piano piano, la domenica è il giorno dei pensieri liberi, delle cose in punta di piedi, dei bisbigli, del pigiama fino a mezzogiorno, dei libri e dei ricami, della colazione con calma, dell'avere la beata sensazione che non si ha quasi nulla da fare o che si potrà decidere al momento, se si avrà voglia di no, un film alla tv, magari, o al cinema stasera, un pomeriggio in campagna o una pizza al volo. Ma per ora, devo sentire una lezione. E ridere di gusto, intenerita, scoprendo che, per mia figlia di quarta, la scienza che studia i pianeti si chiama Gastronomia. L'eclissi della Frittata, la scoperta del Pianeta Pesto, Missione nello spazio con la navicella Scalogno III e cose del genere. Ridere di gusto insieme, le teste vicine in cucina, di domenica mattina, un pò scarmigliate, con le tazze del latte e le briciole sul tavolo, cancella in un secondo la malinconia di ieri. Ed è la cosa più bella che c'è.

07 ottobre, 2006

Il nastrino bianco.



Ottobre, il 7.
Sto in piedi. Rigida. Proprio, di sedermi non mi riesce. Ho la sensazione indefinibile che mi fa sentire le gambe a tratti mollissime e solo un attimo dopo di piombo. Pesanti. Ho mio fratello accanto, ogni tanto, mi sfiora il braccio con la mano, non so se per farmi coraggio, per prenderne, o per sincerarsi che io sia ancora lì. Mia madre è seduta , ferma, anche lei. Non mi guarda. Forse per non trovare altre lacrime, per non doversi occupare anche del mio, di dolore. Ne ha già abbastanza del suo. Ho una gonna blù a pieghe che non metterò mai più. E quando la vedrò nell’armadio la toccherò appena per mesi, fino a buttarla via, di nascosto, un pomeriggio di sole. Ho diciassette anni da cinque giorni, una treccia lunghissima fermata da un nastrino bianco e un dolore che mi squassa, senza lacrime, così grande che sembra che mi avvolga e un po’ mi soffochi. Da non credere, quasi. Le mie compagne di scuola sono tutte qui. Loro sì, mi guardano da lontano, senza sapere bene che cosa fare e dire, proprio a me, la più irrequieta della classe, adesso lì,immobile e assente e zitta, di un silenzio arido di cartone. Mia nonna sembra ancora più piccola e più bianca, di cera. Ogni tanto, soffoca un grido muto in un fazzoletto e muove piano le labbra in una preghiera senza fine. Bisbigli e abbracci, e gente anche mai vista, nasi soffiati, strette di mano e odore di candele, di vestiti sfregati, di fiori, di umidità, scalpiccio di scarpe in corridoio, dove qualcuno, chissà perché, ha coperto lo specchio con un telo. Aspettiamo. Che arrivi il momento. Ho qualcosa di simile alla paura, spero che gli uomini che ho visto in cortile non arrivino mai o che arrivino in fretta e che tutto questo finisca, adesso, domani, mai più. Mi sento persa, galleggio in qualcosa che non conosco, è allora questo il dolore vero, quello che sta ancora aldilà di quando piangi, perché ce n’è talmente tanto che nemmeno a piangere, ce la fai? Dormirò in questa stanza stasera, e per molte sere, per respirare le cose di te che lasci qui, adesso, che hai gli occhi chiusi e la camicia celeste e le mani bianchissime con il rosario. Svegliati, adesso, sorridimi ancora e ancora accarezzami e anche sgridami, dammi una sberla, ma non andare via. Dove andrai, che farai e che faremo, ci lasci qui, a vagare in una vita che non sarà più la stessa per nessuno di noi, ti aspettavo per il mio compleanno, mi avevi detto in ospedale che saresti tornato e che avremmo fatto una festa bellissima. Dove andrai, se nessun sentiero è tracciato in cielo per te, magari ti perdi, se nessuno ti indica la strada, dove andrai se nessuno sa da che parte cominciare a cercarti, dove andrai, se nessuno ti potrà trovare, mai. Nemmeno io. Arrivano gli uomini del cortile, e vogliono farmi andare via. Mia madre, ora, non la vedo più, c’è confusione e un pianto forte, adesso, ma non è il mio. E prima che tutto inizi, prima che chiudano i tuoi occhi chiusi, prima che tu vada via per sempre, da questa stanza, da questo mondo, da me, senza che nessuno mi veda, tolgo il mio nastro dalla treccia e te lo metto lì, accanto alle mani immobili, accanto al rosario. A cosa ti servirà, papà, il mio nastrino, per il tuo viaggio nella Luce?

06 ottobre, 2006

E' figlia mia.


Altrimenti, non poteva proprio essere. Un giro da Mediaworld, ieri pomeriggio, per vedere da vicino questo gioiellino Kenwood, che pare essere diventato tra le donne un oscuro oggetto di desiderio, al pari di un solitario Bulgari. Visto, toccato e verificato, ma forse un pò sovradimensionato per me. A me servirebbe un bel robot da cucina, per sostituire il corrente, creatura, scaraventato nel lavandino anni fa in una crisi di ira furibonda e che adesso, pur avendo svolto una vita di dignitoso lavoro, mi ha comunicato a modo suo che sta per passare a miglior vita e quindi, con mestizia, ne devo comprare un altro. I partecipanti alla spedizione erano 3, il mio sposo, l'Infanta ed io. Sparpagliati in quel caravanserraglio che è Mediaworld, c'è un rumore di fondo che non amo e poi mi và insieme la vista a guardare tutti quei documentari sull'accoppiamento dell'orca marina in 78 televisori di forma diversa. Son fatta male, lo so. L'Imperatore Maximo ai computer, io da brava massaia al reparto robot da cucina, tostiere e caffettiere, e l'Infanta in giro. Siamo usciti di lì con una stampante, giusto, le avevamo finite a casa, qualche cd e, meraviglia, un regalo chiesto dalla picci. Mi è venuta incontro con un musetto furbissimo, pensavo a un videogioco che so, ma lei, brandendo il volumetto in supersconto, coi suoi occhioni verde lago, Possiamo Comprarlo, Mamma? Certo che sì, amore mio, è una favola che molti dovrebbero ripassare ogni mattina appena lavati i denti, un libro che ricorderai per tutta la vita e che ti servirà.Così, per l'insignificante cifra di euro 4,60, ho fatto felice una bambina, La mia, nella fattispecie. Piume delle mie piume, ha cominciato a leggerlo in macchina. Perchè, come si dice, l'essenziale è invisibile agli occhi. Lo imparerà presto.

05 ottobre, 2006

La scorta.


Pronti, si và. Nel marasma di ieri li avevo scordati. Non avevo nemmeno aperto il pacco, lasciandolo lì, intonso, sul tavolo. Ieri, dopo la vicenda per la quale oggi ho ricevuto impacciate ed inusuali scuse, sono andata a fare un piccolo rifornimento alla mia Tessitura. Quel posto mi piace, ne avevo già parlato qui. Sembra che tutto sia rimasto fermo a quarant'anni fa, la scrivanie di legno coi cassetti un pò incastrati, le finestrone che danno sul cortile, nessun rumore, se non i macchinari e la forbice velocissime della signora che fa di un rotolone colorato una serie di strofinacci natalizi. Non c'era molto di natalizio, in realtà, solo quelli rossi con l'abete dorato, da scriverci Buon Natale in verde. Ho chiacchierato con la signora, quella col grembiule e le calze coprenti, dice che per quest'anno, nessun disegno nuovo per Natale, ma grandi novità per la primavera. E aspetteremo. Intanto, acquistati i soliti tulipani viola che sono piaciuti proprio a tutte e che con il grembiule coordinato saranno l'apoteosi, tovagliette quadrettate bianche e rosse per le colazioni dell'inverno. tovagliette bianche per la mensa dell'Infanta. Direi che basta. Il tempo per ricamare tutto questo non ce l'ho, ma magari, con un pò di ingegno, magari mi riesce di trovarlo. E prima di Natale, è ovvio.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...