20 marzo, 2007

L'eco nel frigo.


Ho girato e rigirato, senza sapere dove andare, e invece un piffero, dove andare sapevo benissimo, di qua e di là, di sù e di giù, inconcludente, per un certo momento, ho una casa con troppe scale, e fai di qui e fai di là, ma il mio studiolo è proprio in piccionaia e spesso il cellulare sta di sotto, e allora, fàmose 'ste 4 rampe di scale, che il gluteo ne giova. Di lavoro in senso stretto, una parvenza, di riordino qualcosina, di cazzeggio, una svalangata. ma di chi è la colpa, se volevo avere dettagli su Mastrogiacomo, rispondere a qualche mail, vedere cosa c'era di nuovo sul sito Vuitton (il jeans, signora cara, il jeans), scaricare qualche schema gratuito per la lezione di oggi, guardare i blog amici e vedere se era ancora il caso di comprare le arance di Ribera. E poi, schizzare fuori e fare una spesa mondiale, di quelle che ti casca tutto dal carrello, che ieri i miei figlioli mi hanno detto, Hai Molto da Fare, vero Mamma?, perchè si sa, quando ho molto da fare non riesco a fare la spesa, e mi si perdoni il bisticcio di parole, ma stamattina da fare non avevo nulla o meglio, nulla ho fatto di quel che dovevo fare, ma Santo Cielo, sono una donna mica un frullatore, mica mi chiamo Girmi, e Pastamatic, la forza di venti braccia. E non sono il Mago Zurlì e la Fata Turchina e la spesa, figliolanza adorata, non riesco a farla comparire con la mia bacchetta, ma è, come dite voi, uno sbattone andarla a fare. Perciò e quindi, state buoni. Ho progetti. Ho lungimiranze. Ho cose. Ho eventi. Dal più serio al più frivolo, ma ce li ho. Prossimamente su questi schermi. La trottola, giragira. E magari, qualche cosa combina pure. E il frigo semivuoto, chessaramai, bisogna metterlo in conto. Vivere con una celebrità non è affatto facile. Deh, come vi capisco!

19 marzo, 2007

...

Alla fine, le tabelline le ho imparate. Fischiando, come dicevi tu. Ho fatto una quantità di cose, in questo tempo, belle e meno belle, qualcuna la condivideresti, altre nemmeno per sogno. E' stata una vita difficile, per un certo periodo, eri appena andato via, e un pò ti odiavo per questo. E' stato strano riprendere, incominciare, anzi, ricominciare o fare cosa, come si dice quando hai un vuoto dentro e tutto intorno e non hai forza nè voglia nè coraggio nè sai da dove partire, per fare le cose che devi fare. Studiare, lavorare, iscriversi all'università. Cocciuta la sono sempre stata, ma forse, un pò ti somiglio. Che dirti, adesso, che non ti abbia detto ancora, le volte che prego e bisbiglio e guardo in sù, ma non ti trovo. Che dire a me, che da quando sei via ho faticato a trovare la mia strada. Se l'ho trovata, non lo so. Sono felice, certo, volevi per me una vita perfetta, ebbene, ce l'ho. Ma non è vicino. E vicino a me, non ho nessuno. Nessuno di noi, intendo. Oh, sì, mi sono sposata, ma questo lo sai già. Te lo sono venuta a dire, un pomeriggio che piovigginava, da sola, e ho corso le scale di marmo che portano a te, e mi sono fermata lì davanti, a fissarti, a guardare i fiori di stoffa e quel sorriso che vedo che non è il tuo, ma fa lo stesso, che brutte sono le fotografie sulla ceramica. Il tuo sorriso è qui, dentro di me, da dove nessuno lo può portare via. E mille volte ti ho portato i miei bambini, e l'uomo che ho sposato che ha tanto di te, certe volte, e ti sono venuta a raccontare che è sempre così difficile non pensarti, e che non passerà mai, e che qualche volta sono così sola che urlerei, e mi viene così facile pensare che niente sarebbe com'è se fossi qui, le cose storte, intendo, perchè niente è stato uguale e ci siamo persi per strada. Se la mia strada l'ho trovata non lo so, ma sono contenta della vita che ho, e mi piacerebbe che i baci che i miei figli mandano al Cielo, potessero darteli sulla guancia con lo schiocco, di quelli che rintronano. E vorrei ogni tanto, farmi abbracciare e farmi dire non è niente, stai tranquilla, passa subito. Ma adesso il bacio al Cielo lo mando io, io, questa sciocca mamma che è anche figlia e che crede che la festa del papà si festeggi anche lì. Dove sei tu.

18 marzo, 2007

Provare, provare, provare e...

Dire che è semplice è una bestialità vera. E' un delirio. Imparare ad usare 4 ferri da maglia insieme, anche per chi lavora a maglia da parecchio, è impresa titanica. Almeno per la scrivente. Dire che è leggero, men che meno. So di persone che si sono talmente concentrate da essersi persino dimenticate di andare in bagno, con licenza parlando. E di un' altra che ad un certo punto, le è andata talmente insieme la vista (è un lombardismo, diciamo che le si incrociavano gli occhi), che ha acchiappato ferri e gomitoli, li ha fatti sù alla rinfusissima e ha detto, basta, non gliela fò. Dire che è stato gradevolissimo, piacevolissimo, interessantissimo e divertentissimo, è assolutamente d'obbligo. Siamo state d'incanto. Già la location faceva la sua parte, la Triennale, coi finestroni sul parco, le sedie di design e quella sua aria intellettual-chic, già da sola la fa da padrona.Le partecipanti poi, datesi appuntamento lì per imparare o insegnare la nobile arte del calzino ai ferri, erano davvero deliziose. Lì per lì mi è preso un colpo, quando hanno estratto, non solo calze che erano vere e proprie opere d'arte, ma un manuale di maglia in lingua estone. Va bene la cultura, mi accontento di parlare correttamente inglese e francese, mi manca il russo e il tedesco, ma all'estone, signora mia, proprio non ci avevo ancora pensato. Ma le fanciulle, pazienti e dolcissime, hanno dischiuso per le astanti un mondo difficile sì, ma fatto di chiacchiere sommesse e caffè in tranquillità, e pazienza se ho dovuto disfare il mio prototipo di calzino due volte due, e mi cascavano i punti, e mi trovavo nodi e pasticci che non sapevo dipanare, e mi intruppavo con ferri e fili. Bel pomeriggio, da ripetere, in assoluto.


Ma il vero colpo, signora mia, non ci crederà mai, è stato Lui. Era lì, a un passo da me, da tutte noi. Avrei voluto fargli una foto, o farla insieme a Lui, e invece niente, niente di niente, sono così timida in queste cose, e non dica Ma Mi Faccia Il Piacere, che è un'espressione che odio. Niente, non ho spiaccicato una sola parola, occhi bassi sul mio agglomerato di fili e ferri, non un gesto che mi portasse verso di Lui. Mi consolerò. Gli confezionerò un bel paio di calzini, da sfoggiare sulle fredde nevi del Sestriére o ad Aspen, magari. E Lui, stregato da cotanta casalinghitudine, sarà mio per sempre. Resta da perfezionare la tecnica del calzino. Sono indietro, mi sa. E tanto, anche.

15 marzo, 2007

Escape.




Avevamo voglia di andarcene per un pò. Scappare, ecco. Senza dire niente a nessuno, senza farci scoprire. E senza far del male a nessuno. Avevamo voglia di stare un pò insieme, a parlare o a stare zitti, in macchina, magari, che non hai idea di quante cose si dicono, in macchina, nei viaggi più o meno brevi. Avevamo voglia di fare qualcosa, ci vediamo così poco, in fondo, o meglio, poche sono le volte in cui decidiamo di fare le cose che ci vengono in mente, senza dover sottostare a dei disegni, delle cose già scritte, o assecondare i bisogni di chi vive con noi. Ne avevamo voglia, di curiosare una città che non è nostra, ma che lo è stata, per un pò, volevo portarlo a vedere quell'Eataly e avevo già visto da sola, ma che con lui è stata tutta un'altra cosa. Lui guarda le cose che io non vedo, osserva la ristrutturazione, la gente che c'è, io guardo le marmellate di Cedroni e lui i pavimenti, io leggo da dove viene la pasta e lui le targhe commemorative del vecchio stabilimento Carpano. Siamo tornati in tempo, per non destare sospetti, e per far fronte agli impegni che ci eravamo presi con le persone che amiamo. Scappare così, una volta ogni tanto, non può che fare bene. E lei, curiosa e odiosa, cara la mia signora che non vede l'ora di andare a spiattellare tutto a quella pettegola del quinto piano, quella che scrolla la tovaglia giù dalla finestra e sui miei gerani, a lei, dico che mi dispiace deluderla. Nessuna storia torbida alla data, nessun amorazzo da nascondere, nessun amante cui scrivere lettere melense profumate alla violetta. Quest'uomo qui è elegante e raffinato, colto e distinto, belloccio e affascinante. Da sposare? Già fatto, signora mia, già fatto!

13 marzo, 2007

Si knitta, signora mia!!!

Ah, signora! Mercoledì prossimo non si prenda impegni. Si faccia i capelli a modino, anche in casa, coi bigodini e uno spruzzo di lacca. Si metta la gonna carina e le scarpe nuove e via, venga con me, si và a knittare. E non faccia quella faccia, per piacere. Si dice knittare quello che una volta si chiamava lavorare a maglia. Tanto se ne è parlato: qui, per esempio. E anche qui. Ma mercoledì 21 marzo, dalle ore 16, siete attese tutte da McDonald's, ad Alessandria, per il primo Knit Cafè.
Ferri, gomitoli, lana e chiacchiere, scambi di consigli, un piccolo corso per chi vuole iniziare e piccoli accorgimenti per affinare la tecnica. E anche lei, prenda i suoi ferri e i suoi gomitoli, si faccia bella e sia dei nostri. Ma fino a mercoledì, un pò ogni giorno, scriva su un foglio knit, knit, knit. Vorrà mica fare brutta figura, no?

M'illumino di brillo.


Siamo sul frivolo. Si imparano tante cose dalle giornate dove entreresti di buon mattino dal fornaio, non già per comprare caldi croissant e pane fragrante, quanto per farti regalare un sacchetto marroncino da infilarti sull testa, non prima di averci fatto i due canonici buchini per gli occhi. Si imparano tante cose dalle giornate in cui non ce n'è per nessuno, che sei serpe e medusa, imperatrice e lavandaia, in alternanza e che davanti a scuola ne hai avute per tutti, e le tue sagge amiche si son guardate di sottecchi, dicendosi mute, massì, domani le passa. Stamattina va decisamente meglio. E quel che ho imparato lo metto a disposizione dell'umanità tutta. Ci si alza e si comincia a saltellare, si respira a fondo, si accende la musica, non troppo forte, si svegliano i ragazzi a baci, si abbraccia forte il tuo sposo in cucina, si fan due o tre cosine indispensabili, una rassettata qui, una merenda di là, ci si veste non troppo da corsa, tacco basso, signora mia, che magari si avrà pure il tempo di una passeggiata, o di un'escursione in centro con la bicicletta del Comune, quelle arancioni con la chiave, pedalare con la zeppa è una tortura, non lo sapeva? E poi, al trucco, per ovviare un pochino al color nebbia della faccia, via, lasciamoci conquistare da una passata di terra sberluccica e translucente, e già che ci siamo, e per niente farci mancare, che male fa una passata di quel mascara di Capodanno, coi luccichini. Effetto Fata Turchina? E se anche fosse? Meglio brillare che aver lo sguardo perso nel vuoto e l'umore più nero del nero di seppia. Il brillo aiuta. Si saluta la prima infornata di figlioli con una bel sorriso, si accompagna la picci e le si scrive in un biglietto "E' lucente il tuo mattino se hai in tasca un Pavesino", e si inzia, brillantinose e allegre, la giornata che c'è. Voilà. E speriamo che nessuno scambi i brilli per congiuntivite. Già successo, signora cara, già successo.

12 marzo, 2007

Niente.


Te ne stai lì. Di alzarti non ne avevi voglia, ma neppure di stare a letto o di fare qualunque cosa. Non è giornata, come si dice, si capisce da subito, da quando neppure ti guardi allo specchio o la radio ti dà fastidio e non ne hai voglia, semplicemente. E rispondi a monosillabi, fingendo una calma che non c'è, o forse c'è ed è troppa, chi lo sa, e quando è troppa non va bene. Definirla non si può. E' una specie di rabbia sorda, lo stomaco ammaccato, come dopo un pugno, come dopo l'altalena. Si capisce lontano un miglio, ho la straordinaria capacità di non sapere fingere, mai e in nessun caso. Non imparerò, mi sa, nemmeno con un corso accelerato di recitazione, l'Actor's Studio sarebbe acqua fresca, bocciatissima alla prima sessione, Miss FragolaInfinita non Ne Infila Una, ci dipiace tanto, che cambi mestiere. Che cosa c'è è una domanda cui non so rispondere. O meglio sì, la prima cosa che mi viene in mente è Niente. Niente.Quel niente che mi fa mescolare il caffelatte nella tazza come se dovessi farci un budino, che mi fa guardare fuori, un'alba lucida e bellissima e dire C'è Troppa Luce, o che non mi fa guardare le gemme delle ortensie e non vedere le foglioline del ciliegio, E' Ancora Secco, non fiorirà. Quel niente che mi rende insopportabile anche a me stessa, che mi fa notare il disordine in camera dei ragazzi, che mi fa urlare Sbrigatevi! e non mi tira fuori uno straccio di sorriso, per nessuno. Che cosa c'è, niente. Ma fortuna che questo niente dura poco.

11 marzo, 2007

Fiori d'arancio?

Immortalarli non è stato mica semplice. Lei faceva un pò la smorfiosa, come si addice la suo alto lignaggio, e saltava di quà e di là, impensierendo non poco il suo promesso sposo, pretendente e con un cerchio alla testa da qualche giorno in qua, nonchè da tempo immemore, perdutamente innamorato di lei. Hanno giocato un pochino, lui faceva il languido e lei la preziosa. Poi, sono spariti alla vista per una mezz'oretta. Quel che successe, ahimè, non è chiaro. Quel che si sà è che lei è rientrata, con la sua andatura sculettante, e non si è più mossa dal suo materassino a quadretti per un bel pò. Lui, invece, è rimasto alla mia porta, mugolante e stremato, finchè la sua padrona mossa a compassione non lo è venuto a ritirare. Lui certo è affascinante, con quella sua aria intellettuale. E lei deliziosa, con il suo nome scritto in viola sul collare. Una splendida coppia. Paparazzati in un pomeriggio di un bel venticello primaverile, i fiori e le viole, e l'erba verdissima. E come si dice in questi casi, se son cuccioli, nasceranno. Già, non avevo giusto un bel niente da fare, che occuparmi di una decina di cuccioli di labrador. Come ho fatto a non pensarci prima?

08 marzo, 2007

La classe, signora mia.

E non certo la seconda B, che il nostro amore è cominciato lì. La classe vera, autentica e innata che hanno pochissime, persone che conosco. ma poche davvero, sa? Non tanto per il valore monetario delle cose, macheccentra, quanto per il pensiero, per dire, ma guarda un pò, faceva la spesa per sè e mi ha comprato questi, lo sapeva che mi piacevano, mi legge e sa che i giorni scorsi ero un pò così, e allora si è presentata con questo regalino, preziosissimo per me. Nulla vieta di lavare i pavimenti con un velo di gloss sulle labbra, profumate di Chanel e con un bel jeans aderente, che male fa? Se poi, a tutto ciò, si aggiunge un tocco di classe spicciola, un bel paio di morbidi guanti di gomma in una splendida nuance fucsia e lillà, ma mi volete dire che meraviglia sarà? Giaggià, signora cara, lo sapevo da molto, ma oggi che è la festa della donna e lei è già lì che scàlpita che stasera cade il suo annuale giorno di libera uscita, che ha già preparato le fettine all'Osvaldo che stasera farà da solo perchè lei uscirà a mangiar la pizza con le amiche, glielo dico piano in un orecchio, cercando di non rovinarle l'impalcatura della cofana, piena di lacca che al buco dell'ozono ci ha messo il carico da 20: ognuno, cara signora, c'ha i vicini che si merita. E io, modestia a parte, come già dissi, la meritai.
Grazie, Marina.

Dolcemente complicate.


E' una festa che non amo, che non sento, o almeno non come è vissuta, da qualche anno in qua. Niente pizza e niente strip. E niente mimosa. Ma oggi, che tutti dicono la loro al riguardo, non potevo non mandare un abbraccio virtuale a tutte, proprio tutte le donne che passano di qua, e anche quelle che non ci passano, va bene lo stesso. Perchè, e non è affatto una novità, le donne, quelle vere, alle prese con mariti e fidanzati, figli che arrivano e che no, lavori da fatica o da scrivania, da zaino o da pochette, da computer o da bloc notes, da frittata o da sushi, da bicicletta o da SUV, da mercato o da Prada in Galleria, da salotto o da Rebibbia, da càmice o da tuta, da toga o da grembiule, da master o da licenza elementare, da ufficio o da marciapiede, dal Mediterraneo e dai Balcani, da Novella 2000 o letteratura russa, da ago o da missile, sono delle gran belle creature.
E' difficile spiegare.

07 marzo, 2007

Non li vorrei.



Non li vorrei. Lo so quando arrivano, e ho affinato una tecnica sofisticata per contrastarli, per non farmi prendere, per non farli vincere su di me. Non serve. Non li vorrei. Non necessariamente devo piangere, può anche succedere che me ne resti lì, un po’ rimbambita da un dolore sordo e cieco e muto, una specie di grosso macigno sullo stomaco, un peso, una zavorra che non so, e invece la so così bene che potrei dirla a memoria, ecco, fa così e fa cosà, esattamente, anche in rima, volendo, endecasillabi sciolti. Non li vorrei. Sono i momenti in cui niente e niente mi sembra come deve. E’ la solita storia, la solita menata, come, non lo sapevi? Ma certo che sì, eppure ogni volta uno schiaffo, una sberla in piena faccia. C’è voluta una stupida e insulsa trasmissione televisiva, quelle che si guardano stirando, ci si può concedere il lusso di un paio d’ore trash se questo ti consente di stirare 9 camicie senza battere ciglio, insistendo bene sui polsini e sul colletto, premere il tasto del vapore nel momento stesso in cui una lacrima scema è lì, in equilibrio tra le palpebra e le ciglia, quelle di sotto, quelle che le rarissime volte che ci passo il mascara faccio un pasticcio, ecco, quelle lì. Non per la trasmissione, no, e chissenefrega di quella lì, può anche darsi che non sia vero. Piango per me. Del niente che ho avuto. Dell’essere sempre la ribelle, e alle ribelli niente si dà. La sfacciata, e alle sfacciate, niente si dà. La forte, e a quelle forti, serve forse dare qualcosa? Piango per me. Perché adesso che sono grande e matura e sono cresciuta abbastanza per vedere tutti quanti senza i filtri che ti derivano dall’educazione e dalle convenzioni, adesso " parlare così non sta bene", mi dispiace tanto, ma non vale più. Mi sono educata da sola, in fondo e troppo rigidamente. Ho chiesto tanto e dato, anche, e sono sempre stata sola. Non ho avuto niente, io. E non è commiserarsi, né piangersi addosso. E’ sapere che è così, riconoscerlo e dirselo, serenamente, magari piagnucolando un po’ stirando, in momenti così, che arrivano così e non li vorrei. Niente di niente. Forse per questo ho desiderato e avuto una famiglia numerosa e chiassosa, forse per questo sono ansiosa e appiccicosa e un po’ noiosa, con loro. Non piangerò più stirando. Al massimo, per farmela passare, sarò forte e scriverò una poesia. Sono bravina con le rime, visto? Metto ogni mattina una poesiola nella merenda di mia figlia. Non endecasillabi sciolti. Solo la voglia di non fare gli errori che hanno fatto con me. Chissà se ci riesco.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...