24 luglio, 2008

La Lotteria della Mutanda.

Voleva essere una fotografia artistica, avente per sfondo il tronco recuperato a Spargi, che aveva viaggiato nel mare di dentro e nel mare di fuori, e chissà quale tempesta, buriana, mareggiata o burrasca aveva portato fin lì, ma ben si sa, nessuna foto è artistica se il soggetto son mutande, con licenza parlando. Sissignori, di mutande si tratta, ben piegate, ben appiattite con le mani, dacchè il ferro da stiro, signora mia, ma glielo devo spiegare, si usa solo in casi estremi, da queste parti. Niente di straordinario, dunque, una pila di mutande variegate, maschili, modello boxer che va con tutto. La cosa che le rende speciali è che questo lotto è stato oggetto di una specie di asta, una vendita all'incanto, e non ve lo dò per dieci e non ve lo dò per nove. Sempre più la mia casa si và trasformando in un ostello della gioventù, un luogo ameno dove ogni giovane errabondo, amico dei miei figli, può trovare un piatto di minestra calda e un giaciglio dove far riposare le stanche membra. Ben perciò, datosi che l'ostello offre anche il servizio di lavanderia e in grazia di Dio non ho ancora avuto la malsana idea di apporrre a ciascuna mutanda le cifre rosse con le iniziali, tipiche delle colonie elioterapiche del Ventennio, come diavolo posso fare a risalire al legittimo proprietario di tale pila di indumenti? Così, improvviso. Rastrellati tutti i figlioli e presentati al mio cospetto, affido la mutanda al figliolo giusto. Di chi è mai questa rosa coi conigli e le carote? E questa di Superman? E questa a tuoni e fulmini? e quest'altra con le fragole (sfacciati!)? e questa a melanzane? E le fatine? e chi è questo insolente che ha sulla patta una medaglia d'oro? Detto, fatto. Ogni mutanda al posto giusto, sul sedere giusto, nel cassetto giusto. Diabolica imbonitrice.

Turnè.



18 luglio, 2008

Luna di Luglio.

Non ti acccorgi quando arriva. Ti giri un attimo e poi, voilà, la Regina. Già salita al suo posto, e salirà ancora tra un pò, ma è così bello vederla lì, che se ti alzi in punta di piedi e tendi la mano, forse riesci anche a toccarla, bambina. Tonda e perfetta, luminosa e altera. Ho spesso parlato di lei. Mi piace guardarla. Dà un senso di infinito, di speciale, di lontano, di set cinematografico, così bella, magari qualcuno l'ha dipinta su un pannello e messa lì. E' una luna tranquilla, in queste sere. Tranquilla, come i giorni che passano sull'Isola. Di una serenità calda e sicura, di niente, in fondo, e di tutte le cose che ci piacciono di più, a noi di casa. Amici, per cominciare, cene per mille e chiacchiere discrete. E mare a mille per finire, posti deserti e semisconosciuti, vicinissimi alla Costa eppure così lontani, col silenzio, le cicale il mare di cristallo che ti sembra di toccare il fondo e invece no. E la sera, questa luna magica sorveglia, dal suo posto in balconata. Che tutto sia calmo e regolare, che non si abbiano scosse di pensieri, che le ansie siano lontane miliardi di miliardi di, e che si viva in pace, una lettura, qualche ricamo qua e là, una vacanza semplice di semplici cose. La luna sparirà, con la luce del giorno, col vento del mattino che lucida il cielo turchese: riapparirà stasera, un'impercettibile fettina già mancante, regale e maestosa. Misteriosa e affascinante. All'improvviso, come sua abitudine.

14 luglio, 2008

La porta in faccia.

E non è affatto un modo di dire. Non in senso figurato, proprio no. So che qualcuno sorriderà, o riderà di gusto e improvviserà una danza nel cortile di casa in preda ad un'incontenibile contentezza, massì, in fondo non avrebbero neppure tutti i torti. Mi sono presa una portata in faccia. Oh, yes. Mi sono stampata in una notte ventosa e stellata, nella porta a vetri del salone. Che avevo sceso le scale, vedendo dal mio lindo lettino il bagliore della tv, ma come, ancora svegli a quest'ora che sono le 4? Oppure il sonno li avrà colti sul divano e allora bisognerà accompagnarli sottovoce nella camerata, nel posto che si sono scelti per queste notti di vacanza? Così ragionav'io, mentre scalpicciando in camicia da notte andavo incontro al mio mesto destino. SBAMM! Non so come abbia potuto accadere. Ero sveglia e vigile, potrei giurarlo davanti alla Corte Suprema, avrei potuto recitare una poesia o la tabellina del 7 senza intralci. Eppure, SBAMM! Modello cartone animato, Gatto Silvestro che rincorre Titti, và a sbattere e un concertino di uccellini fa cip cip intorno alla sua testa di gatto buontempone. Ma io, che non sono nè gatta nè buontempona, ho solo sentito un male feroce, dal sopracciglio sinistro alla mandibola, e mi sono sentita il pavimento di budino e il cielo stellato sparire all'improvviso. Mi ha risvegliato il Giovane Innamorato Holden, con una confezione di petti di pollo surgelati direttamente sulla parte dolorante. Ohi ohi. Che male, signora mia, che male fottuto, mi aiuti a dire. E a distanza di qualche ora, al dolore, al rintronamento e al leggero risciacquamento dei pensieri, accentuato vieppiù, si è aggiunta, subdola, una bella rigaccia violacea, proprio lì, sulla povera palpebra, una specie di eyeliner che nemmeno ho sognato di tracciare e che mi fa sembrare un incorocio tra Moira degli Elefanti ed Amy Whinehouse. Ed essendo per l'appunto, viola melanzana, direi che è l'aspetto più trendy di tutta la dolorosa vicenda. E oggi, a pranzo, petti di pollo. Ovvio.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...