15 maggio, 2009

Ode al Risotto Pronto.

Chiariamo subito un fatto: mi piace cucinare e sono anche bravina. Ho anche in essere un blog non troppo serio di cucina, non molto aggiornato, in realtà, ma insomma, non è che si può fare tutto. Una delle mie speciali specialità, date le mie origini oltrepadane, è e resta il risotto alla milanese. Fatto con tutti i sacri crismi, il brodo buonissimo, il vino bianco, lo zafferano Tre Cuochi e nessun altro, se no, che risotto è, e via così. Ma ci sono volte in cui mi attardo, che un pò mi sorprendo a dimenticarmi della cena e della tavola da apparecchiare e del desco famigliare e bla bla bla, volte, come ieri, che cinscischio con le amiche del knit a ciaccolare in un dehor, ma era così una bella sera, anzi, un pomeriggio tardi, e che vista l'epica avversione agli aperitivi del mio CoronatoSposo, se voglio tirar tardi a dir stupidaggini è solo con le amiche che lo posso fare. Ben perciò. Ci siamo attardate, a chiacchierare, una telefonata a casa, vi arrangiate se tardo? Ma certo che sì, sono tutti già così grandi. Salvo scoprire che poi, al mio rientro, non si erano mica arrangiati, ma avevano cincischiato anche loro, massì, chi l'ha detto che si debba cenare alle 8 in punto, prendiamoci anche noi il lusso semplice di fare come ci pare una volta tanto. C'è uno strano meccanismo che funziona nella mia umile casa: spesso, quando entro io, ne esce qualcuno. Vado a Cena Da Tizio. Il Giurisprudente certo non si può definire abitante di questa casa, che a contarle, son più le ore che è assente, e se il tetto cade non gli cade in testa, e questa casa non è un albergo e cose così. Fatto sta ed è che nulla di nulla era pronto per cena. Ben perciò (e due!) mi è venuto in soccorso Lui, il risotto delle buste. Di preparazione elementare, conservato con discrezione nella dispensa di cucina, proprio accanto alla farina Enkir del Mulino Marino, alla pasta Setaro e altre leccornie, Lui, Il Riso Pronto è il Salvatore Maximo delle mamme scellerate come la scrivente, che ogni tanto, ma poche volte, giuro!, si attardano all'osteria, trascurando i figlioli in tenera età, lo stanco consorte che riede dopo una giornata di durissimo lavoro nei campi. E' una specie di miracolo, il fatto che, dalla busta liofilizzata esca, in men che non si dica, un piattino di risotto fumante a prova di chef. Però, la pagherò. Eccome se la pagherò quest'oggi, e magari anche domani, cucinando e cucinando per il plotone che saremo, sia che ceniamo a casa, sia che ceniamo da amici, che le regole della buona creanza danno di chiedere sempre Cucino Qualcosa? e allora sì, si spadellerà per ore e ore. Ma il Riso Pronto resta il mio segreto, per sfamare la mia famigliola quando proprio non ce l'ho fatta e mi sono regalata a me stessa medesima (!) un bel pomeriggio che vale più di tanti impasticcamenti, seppur omeopatici. Sensi di colpa? nemmeno uno. Ma i Tre Cuochi dalla dispensa mi guardano malissimo. Non mi hanno ancora perdonato, mi sa.

14 maggio, 2009

Tricot, merci!

Eccome se mi dispiace. Oggi, sarebbe stato il giorno della parigina partenza, a trovare questa Amica e la sua Petite Princesse. In realtà era già stato organizzato tutto fin nei minimerrimi dettagli, ma poi, si sa bene che la frase Nulla Osta è da dire con grande, grandissima prudenza, e perciò, molto a malincuore ho dovuto dire adieu al mio parigino viaggio, e alla squisita accoglienza a me riservata. Sigh. Appuntamento non già cancellato, solo slittato, in attesa di tempi migliori. Noi qui nel Monferrato, oggi si knitta. Dacchè è proprio oggi il giorno deputato all'incontro di noi Galline coi Ferri. Poichè a noi, c'è presa secca, si dice così. Con l'arrivo della stagione calda, effinalmente!, noi ci si imbizzarisce come cavalli Appaloosa e via di progetti coloratissimi e speciali, nella loro semplice, artistica realizzazione. Ho già spiegato in più di un'occasione che il tricot del duemilanove non è propriamente un affare da nonnepapere. Noi si ricerca. Il cotone americano che qui da noi non esiste, per quei famosi dishcloths che hanno dato vita a un vero e proprio mercato di schemi, i più fantasiosi. La lana giapponese, quella estone, i ferri speciali, così belli da guardare, con questo gioco di svita e avvita, nuove tecniche di zia Elisabeth, libri acquistati dall'altra parte dell'oceano, modelli di giacchine in un unico pezzo, che fino alla fine non sai cosa diavolo stai facendo, lo ben sa la mia Amica delle Perle. Con questo armamentario, ben dotate del nostro kit che si trova solo qui, oggi si knitterà, stessa spiaggia stesso mare. E non a caso, dacchè so che oggi, in questa sede, si potranno esaminare progetti di borse in cotone e seta, bikini di microfibra all'uncinetto, cappellini vezzosi da sfoggiare sotto il solleone. E tutto senza dimenticare, ça va sans dire, il nostro progetto principe, copertine in cotone per l'Ospedale Sacco di Milano, da consegnare alla fine di maggio. Direi che ce n'è abbastanza. E pensare che c'è ancora chi dice che siam lì a far presine. Quel dommage!
Thanks to KrisKnit.

12 maggio, 2009

La Carovana.

Che mai si creda che tutto faccia rima con solecuoreamore, quassù, nella casa in collina. Pur romanzata, pur sdrammatizzata, molto spesso infiocchettata, così, per rendere gradevoli cose che altrimenti sarebbero tremende di per se stesse, la vita qui è comune a molte vite, i giorni son comuni a molti giorni, e forse, a quel che mi si dice negli scritti che mi arrivano, è proprio questo che rende il tutto se non bello, interessante. Meglio che non ci si incammini in questioni e concetti così spinosi di prima mattina. Si hanno pensieri e spine nel cuore, pensieri lievi e pesantissimi, preoccupazioni di vario tipo, conti da far quadrare, annose questioni, cose di tutti i giorni, invisibili eppure presentissime, vicende, affari, cose. Noi qui ci si è un pò divisi i compiti, a me, manco a dirlo, tocca tenere alto il morale della truppa, niente di grave, certo, le cose solite, ma sono io l'Addetta Cazzate, mi si perdoni il termine ma le qualifiche son qualifiche, io che mi devo inventare in cinque e tre otto un sorriso rassicurante, come a dire SonQua, PossoFareQualcosa, io che mi sforzo un pochino a capire complicati meccanismi, che spolvero e lucido l'equilibrio perfetto raggiunto a fatica in questa bizzarra e adorata famiglia, io che riordino con grazia non già il mio armadio o i miei cassetti, troppo facile, ma i pensieri dei miei figli, i primi bronci della PrinciCheCresce, gli occhi liquidi del Giurisprudente, il pallore del Liceale Risanato, la morbida ribellione del JuniorIng., il mondo incantato e lontano del FiglioDiBahia. E, ultimo ma non ultimo, le vicende del mio Sposo Eccelso, i suoi entusiasmi trascinanti, i suoi progetti che sono i nostri, le sue ansie che sono le mie, i suoi crucci che mi appartengono, le sue tristezze che conosco bene, le sue paure che so a memoria, le preoccupazioni che potei disegnare. Non proprio semplicissimo. Portare avanti questa carovana, fare in modo che non scappi una ruota, che non si caracolli giù da un burrone, che non caschino le valigie dal tetto, che non si venga assaltati dagli indiani o dai cowboy, non fa differenza, che non si finisca a mollo nel Mississippi-Missouri, che qualche cavallo non si imbizzarrisca, che non ci caschi una sequoia sulla testa, beh, proprio un gioco da ragazzi non è. Noi ci si prova. Sembrando solo distaccata e vanesia e un pò scema qualche volta, attentissima ad ogni minimo rumore, fruscio, sospiro, cambiamento, occhiataccia, occhio perso-occhio pesto-occhio lontano, accudendo con dedizione ogni mossa, studiandone gli effetti, cercando di capirne le cause. Il tutto, farcito dalle cose che so fare meglio, canticchiando sommessa scendendo le scale, improvvisando un minuetto con la Princi, giocando un pò coi miei figlioloni grandi, già più grandi di me, accidenti. E a dire al mio IsosceleSposo che noi si condivide, che nella buona e nella cattiva sorte e che in salute e in malattia, e che è vero che non lo abbiamo detto al prete, ma che fino ad ora ha funzionato così bene anche detto al Sindaco, tanto da far pensare che sì, forse tutto fa rima con solecuoreamore. O forse, è la Sezione Cazzate di questa casa ad avere una Presidentessa confusa, vanesia, sfarfalleggiante. Ma sul pezzo. E non è nemmeno una velina.

11 maggio, 2009

Wanted.

Ci ha conquistati un pò tutti, primo in assoluto il mio Illustrissimo Sposo Adorato e Glorificato. Ha una faccia buffa, è dolcissima e dispettosa, capricciosa e adorabile, tenera e vivacissima. Poichè ci seguirà ovunque, date le sue ridotte dimensioni, una specie di gatto che abbaia, avrà i suoi bei documenti, perchè noi, si sa, si fan le cose in regola. E questa la foto tessera da apporre al suo passaporto, che mai si dica che il nostro cane è clandestino, di questi tempi poi, mi aiuti a dire. Restano un mistero le impronte digitali. Ma per allora, ci si sarà attrezzati.

10 maggio, 2009

Carezze.

Le carezze della domenica. Quelle leggere, che si fanno passando, senza fermarsi, che quasi non si sentono ma che fanno così bene. Mica è detto che si fanno con le mani, le carezze. Non solo, almeno. prima di tutto può essere considerata una carezza il fatto di fare colazione intorno alle 11, sul terrazzo di casa inondato dal sole brillante di maggio, che la domenica mattina è ancora più brillante e sembra più caldo, che scoperta, oggi è domenica, si vede benissimo che non potrebbe essere nessun altro giorno al mondo, e che questo sole qui farà asciugare di sicuro le lenzuola stese, o meglio adagiate, io non so stendere le lenzuola nello stendino, c'è qualcuna che è così brava da insegnarmelo? Ho un orpello apposito per le lenzuola ma mi piace che sappiano di sole e di aria pulita e di erba, un pò, e se c'è il sole stendo fuori. In questa affollata casa, con figlioli accampati in ogni dove, si pensa a un pranzo domenicale, ma lo si fa guardando lontano, oltre il pratino verde smeraldissimo, le colline, il cielo, i fiori dell'acacia e quel suo profumo discreto. Si sta così, si beve una pace discreta, un sole così atteso, una beata calma, una specie di quiete composta e profumata, domenicale, morbida, semplicissima. Oggi, la voce sottile della PrinciCorista, che mi commuove sempre un pochino, una merenda sul prato e una domenica sera che scivola via, pigra e silenziosa. Ci sono compiti da finire e lezioni da ultimare, il Liceale Convalescente ma che domani forse andrà a scuola, e carezze, carezze invisibili e silenziose, mille carezze cha fanno un abbraccio, una sera di maggio, nella casa in collina.

06 maggio, 2009

L'infermeria.

Nè tempo, nè voglia, ne grande concentrazione e ispirazione per fermarsi un secondo a rastrellare pensieri sparsi e metterli qui. L'infermeria, situata all'ultimo piano della casa sulla collina, lavora a ritmo incalzante. Antibiotici e spremute, enterogermine e tachipirine a nastro, frullati e banane disintegrate ma comunque di difficilissima ingestione per il Liceale Malato. Miglioramenti ben pochi, ma si dice essere il decorso normale della malattia, che ha avuto la meglio sul vaccino somministrato in tenera età. Che dire. Si fa come si può, non già come si vuole. Così ci si organizza, e volendosi ben fare del male fino in fondo, si attaccano gli armadi, soprattutto quello dell'ingresso, dove vivono in beata promiscuità felpe dimenticate, caschi di figlioli raminghi non meglio identificati e comunque non miei, guinzagli, borse ecologiche della spesa, piumini Moncler e giacchine leggere, impermeabili macchiati e sciarpone tricot. Certo, non che sia una terapia azzeccata. Riordinare un armadio, si sa, ha numerosi effetti collaterali da non sottovalutare: a metà dell'opera si può essere invasi da uno sconforto cosmico,e dentro di sè si ode martellante la domanda Ma Chi Me Lo Ha Fatto Fare. Così, non è raro assistere all'abbandono, seduta stante, della titanica impresa. Si spinge tutto dentro alla bell'e meglio, si butta e si piega quel che proprio non si può fare a meno di buttare e piegare e si chiude l'armadio con un sospiro, meglio se di spalle, senza guardare. Il Pianeta non avrà danni irreparabili se ancora per un pò piumini e cose convivranno more uxorio nell'armadio dell'ingresso. Nel frattempo, salgo in infermeria. Il Liceale deve prendere il suo antibiotico. E io, core di mamma, è già un quarto d'ora che non lo controllo. Gonfio sì, ma bello come il sole.

04 maggio, 2009

Mumps in NY, orecchioni a Manhattan.

Da non credere. Il nostro mini viaggio, la nostra piccola vacanza, in fondo quattro giorni e un pezzo sono un bell'andare, è stata praticamente perfetta, piuccheperfetta fino a sabato mattina. E fino ad allora su e giù per la Madison, e sù per l'Empire, e giù a Ground Zero, e dentro e fuori da un centinaio di negozi e calamite e souvenir e cappellini e mazze da baseball e palline da golf e l'hot dog per la strada e magliettine e sandalini. Poi, il nulla. O meglio, il tanto. Il mio figliolo Liceale ha ben pensato di ammalarsi e non già un raffreddore o un mal di pancia, chi ha figlioli sa che queste cose si mettono in conto. No, lui no. Lui si è preso gli orecchioni. Mumps. A New York. Al quindicesimo piano di un hotel sulla Quinta, un bel mattino si sveglia ed è un altro figliolo, di un bel colorino verde alabastro ceruleo e la guancia gonfissima. E un febbrone equino e male, tanto male. Ho mantenuto una calma da manuale, ho chiamato il Regio Medico in Italia, Che Faccio? Nulla, mi dice, tachipirina e antinfiammatorio, fine. E un giorno e mezzo di letto e di febbrissima, con frasi sconnesse e sonni pesantissimi. Affidata la Princi ad Afef, che l'ha condotta con sè nello scintillante mondo dello shopping newyorkese, io, madre ad accudire il mio figliolo malatissimo, a guardare fuori dalla finestra, a ricamare e a pregare che arrivasse in fretta il momento di andar via. Ora, a casa siamo. Lui sempre maluccio, ma l'odore del suo letto e della sua camera, di sicuro lo farà stare un pò meglio. Ora, si disfano le valigie, si radunano i regalini e le cose, si dosano medicine e spremute, ci si riprende dal jet lag. New York, New York. Come faceva la canzone?

28 aprile, 2009

Lez gò.

Liquido.

Come tutto intorno, ormai, da qualche giorno in qua. Liquido, come le goccioline sulla finestra, come i goccioloni che scendono giù, quelli che senti anche se non li vedi, che fanno quel bel rumore, senti che bel rumore, ma un rumore è bello se dura poco, non giorni e giorni e poi ancora giorni e pomeriggi interi, liquidi, fradici, di fango e di pozzanghere e di spruzzi e di laghi per la strada, e di impronte sul pavimento e di ombrelli, come non sopporto gli ombrelli, io. Io amo il sole e il caldo a stecca, e l'afa e la sabbia bollente e le finestre spalancate e il profumo dei fiori e le cicale e il grano appena verdolino, e i papaveri lungo i fossi e i sorbetti e pranzare in terrazza, e poi scappare dentro, c'è troppo sole. E invece, un bel niente. Il fiume limaccioso, rabbioso e altri mille aggettivi in -oso, schifoso, pure, pericoloso, forse. E il ponte chiuso e lunghe file per arrivare in città, e insomma, di questo liquido proprio non se ne può più. Quel che c'è da dire è che il pratino ne trae vantaggio, è di un verde smeraldo appena tolto dai gioielli della corona, le ortensie si sono colorate di quel rosa caramella, persino la regia salvia è diventata un cespuglio che ha sommerso il cartellino di terracotta con la scritta Sage, non perchè la debba riconoscere, ma perchè ci stava così bene e allora mi sono detta perchè no. L'unico ad essere depresso in questa casa, in questa specie di giardino di elfi e gnomi e coniglietti selvatici, pettirossi di Gucci, ramarri verde acido, talpe che fan danni ma che son così carine, ricci timidi e smarriti, cucù petulanti al mattino e barbagianni di sera, l'unico scemo di questo microcosmo è proprio lui, il basilico. Tanto ha fatto e tanto ha detto che si è ammutinato, è naufragato nel suo vaso di terriccio apposito, scelto con massima cura nel vivaio, e insomma, ha tirato gli ultimi, diventando un ammasso informe di foglie che nulla hanno a che vedere con le belle foglione rigogliose e turgide del terrazzo della mia Amica. Sob. Colpa dell'acqua, dico tra me, anche un pò colpa mia, và, che quella ce l'ho sempre. E intanto, piove e piove, io mi sforzo di pensare a sandali e parei, e granite e scottature, ma un bel niente: qui tutto liquido rimane. Per i sandali turchesi che sonnecchiano da mesi nel ripiano più alto del mio armadio, ancora tempo ci sarà. E chi se ne frega del basilico.

24 aprile, 2009

StrawberryTherapy.

Meglio. Oggi mi sento Donna Letizia. Onoratissima di esserlo, intendiamoci. E posso, in grazia di Dio, tiramela un pochino. Darmi un pò di arie. Fare un pò la boccuccia della Bellucci e lo sguardo da orata al forno. Mi volete proprio bene. Perciò me la tiro. Ho ricevuto mail, anzi emeils, messaggi, oltre ai commenti qui sulle Fragole: preoccupati per me, a dirmi Dai, Puoi Farcela, a consigliarmi, a dire, Anche Io, Sai? E' una soddisfazione enorme. E' un calore, non so. E' una vittoria, un fiocco su un pacchetto, una cosa bella. Non vi ho abituati a botte e risposte, qui non si finirebbe più, io scrivo e scrivo anche per capire delle cose di me, e questo mi fa bene, mi guarisce, fa un pò parte della terapia, per colmare da quei buchi dove inciampo ogni tanto, e quando finisco in fondo al pozzo, ma per fortuna, tardi o tosto, trovo sempre appigli e scalette e cordicelle e salvagenti per uscirne. Sarà così anche stavolta. Ho i miei globulini omeopatici in triplice confezione, nella tasca interna della borsa. E poi, oggi il mare, il mare che racconta e guarisce, che canta e sussurra, che culla e gioca. A voi tutti, che sapete, che provate a volte le stesse cose che provo io, che sentite il vuoto e la disarmonia, il disagio, la mancanza e l'impotenza, a voi tutti un abbraccio un pò speciale, siete tanti, conto i clic e non mi pare vero, e da tutto il mondo, c'è in Bolivia qualcuno che mi legge ogni mattina, e a Singapore e la mappa è piena di puntini rossi e allora grazie, grazie, grazie dalle Fragole, lo so che è autocelebrazione, ma l'avevo detto, oggi me la tiro, e allora, ok.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...