17 giugno, 2009

Kea.

Alla fine, il viaggio ha avuto inizio. Questo delirante itinerario che il mio Capitano oh mio Capitano ha studiato nei minimerrimi dettagli per tutto l'inverno, è finalmente iniziato. In verità, in verità ci dice, Egli, il Capitano, che sarà una roba strana, lontana come sarà dalle mete canoniche, dalla pazza folla, dai villaggi vacanze and so on. La Fanciulla ed io avevamo testè stanziato una piccolissima somma per comprarci un cappellino vezzoso, che so, un sandalino greco di quelli alla schiava che fanno la gamba affusolata e col suo perchè, inosmma, un quaccheccosa. Questo l'unico bazar che abbiamo trovato. Qualche vetusto cappellino di paglia, abitucci senza pretese, cestini di paglia ma abbiamo già dato. E quindi? E quindi, nulla. Ci si riposa prima della cena alla trattoria con la tovaglia a quadrettoni, souvlaki e moussaka come se piovesse, magari un accenno di sirtaky e un attimo di Papadoupolos (e qui terminano ahimè, le mie conoscenze della lingua greca) e la serata si concluderà a leggere un buon libro o a chiacchierare fitto con il resto della scombinata ciurma. Nessuna spesa folle, per il momento. E mi sa tanto che niente affatto sarà una vacanza di shopping. Così come pure mi sa che il Capitano, Mio Capitano, lo abbia fatto apposta. Ho come la sensazione.

16 giugno, 2009

Calimera.

Così si dice. Sappiamo quattro parole in croce, il Giurisprudente che ha fatto gli studi classici non è ancora qui con noi per aiutarci. Persino al supermercato la parola Melanzane è scritta in greco. Una meraviglia. Fermi per una meltemata, signora mia, che vuol dire un'indigestione di vento che si chiama meltemi, e che glielo dico a fare , so bene che non capirebbe e nemmeno capisce bene da che parte del mondo sono, lei non vede nient'altro che il suo balconcino, coi gerani e le lenzuola stese, la tenda a fiori dentro e verde fuori, il cestino per l'umido, la cassetta del gatto, la sdraio di plastica e lo zampirone per le zanzare, chissà come posso ancora perdere tempo con lei. Ma siam qua. Oggi grande gita senza vendita di pentole, bel sole a picco, ciurma affiatata e beneducata, rispettosa e ubbidiente, affamata come un esercito locuste, allegra e ciarliera. Si va di inglese, ma che bello dire calimera, calimera, ha un suono così bello e poi mi ricorda la moglie di Calimero. Gulp. Ho dovuto spiegare ai miei figlioli chi era Calimero. Devono aver pensato che la costruzione della foto l'abbiano progettata ai tempi miei. Ingrati fanciulli, ma non eravate beneducati e rispettosi?

13 giugno, 2009

Diamanti e stendini.

Niente è più prezioso. Si è dormito un pò di più, non molto, con la tonnellata di cose d fare, le pagelle, i libri delle vacanze, le cose, i giri. In anticipo comunque, su una rutilante tabella di marcia di questo ultimo giorno delle vacanze vere, quelle bianche e azzurre, quelle della crema solare, dei tuffi, del vento e delle onde. La calma della mattina presto nella casa in collina, si sorseggia insieme al caffelatte, col gatto che si struscia, le rose un pò passate ma meravigliose lì sul tavolo, un mazzo di lavanda che ogni tanto strofini e annusi, le ultime notizie, un foglietto dove scrivere le cose da fare, per non dimenticarne nessuna. Fuori, un profumo di menta e gelsomino, un sole brillante, che illumina il pratino tagliato di fresco e di fresco innaffiato, come se vi si fosse rotta una collana di diamanti, per dire, e sparse le pietre ovunque, luccicanti. Tutta questa poesia è lievemente alterata dallo stendino , che volgarità, dove l'ennesima lavatrice prima della partenza aspetta di asciugare, e il cinguettio delle cinciallegre è appena appena disturbato dall'odioso rumore della centrifuga di un'altra lavatrice che sorveglio, e che mi accingerò testè a stendere essa pure. Così, in questa beata calma apparente prima del delirio completo, meglio che finisca in fretta la colazione, che lasci perdere rose e lavande, diamanti e cinguettii, che tralasci con grazia immagini di romantica semplicità e, tacabanda, mi dia un mossa. Ben meglio sarà.

11 giugno, 2009

La fine.

Ma come, non è cominciata solo l'altroieri? Non è due giorni fa che è iniziata? No, bellezza, sono nove mesi o giù di lì, nove mesi di sveglie, carrucole per tirarli sù, giustifiche, libri dimenticati, voti, note, udienze che odio con tutta l'anima, quaderni, spartiti, ripassi, quei dannati PromessiSposi nelle vacanze di Natale, fogli da disegno che non compro mai quelli giusti, compassi e dizionari. Fine. da oggi pomeriggio, signori miei, si conclude questo delirio. Un giorno memorabile, dacchè di vera e propria seratona si parla, concerto sulla pubblica piazza e poi domani la cena di classe e poi ancora e ancora e ancora. E oggi, il Knit Cafè, l'ultimo per la Scrivente prima dell'estate. Insomma, c'è da fare. Noi qui ci si è organizzati per bene, si cerca di ammucchiare da qualche parte cose e cose da portare via, in vacanza, sono giorni che si stilano elenchi ben attenti a non dimenticare niente di indispensabile ed insostituibile, il piano ferie di questa scintillante famigliola è cosa da studiare con attenzione a tavolino, che la Chrysler di Marchionne è una partita a rubamazzo. Ben perciò, la fine della scuola arriva giust'appunto come una benedizione, ecco una cosa cui non dovrò più pensare da domani, da oggi, anzi, da questo preciso istante che è l'ultimo giorno di scuola e che domani dormiranno finalmente e io non dovrò chinarmi sui loro letti con baci e pazienza prima, e poi sgolarmi dalle scale, Siete Svegli??? Insomma, si starà meglio. Ma. C'è sempre un ma alla fine di ogni anno, è vero, appena iniziata si aspetta che finisca, ma poi, alla fine, si è contenti sì, ma di quella contentezza che non si chiama proprio felicità, di quella allegria controllata, sì, finisce la scuola, va bene, però un pò mi dispiace e poi quei tigli lì davanti lungo il viale, che mi ricordano gli stessi delle elementari, quando uscivano col grembiulino e le trecce, dovrebbero farli fiorire a dicembre, i tigli, e sarà per quello che li associo sempre alla fine della scuola e a un pò di malinconia, un pochino mi dispiace, non so bene come e perchè, ma mi dispiace e forse, dico forse, un pò dispiace anche a loro, e sono certa che sia così, ma loro non me lo diranno mai ma io so, loro sanno che io so, e allora va bene.

10 giugno, 2009

Sassolini.

Sono quelli che trovi in fondo ai cassetti, nel cestino del bagno, sono quelli bianchi e piatti, o gli smeraldi, come li chiamavo da piccola, le schegge di vetro arrotondate dal mare, che raccoglo da sempre e conservo, pietre preziose di un valore che conosci solo tu, perchè sai bene quando li hai presi, e ti ricordi di quando e di quando, e di quella volta. Poi ti scordi che ci sono e che bello quando li ritrovi, li sciacqui un pochino e tornano brillanti, bellissimi, preziosi. Questa fotografia, controluce e fuori fuoco, è stata scattata ieri sera dalla Princi, in un terrazzo al fresco di un acero, le mattonelle lucide, una cena sontuosa da regine. Ma potrebbero essere i due banchi in fondo a sinistra, col diario di Linus, i bigliettini per copiare, le mele per l'intrervallo, un gettone del telefono per chiamare casa, la cinghia per i libri, il tratto pen verde e i quaderni Hollie Hobbie. Loro ci sono state sempre, nella gita a Firenze e nel cortile di casa mia quando piangevo e che bene mi ha fatto vederle tutte lì. Loro sono ancora loro, come sempre, come allora, e questo affetto chiaro e mai passato si sente così bene quando ci abbracciamo, quando ci diciamo Ma Sono Così Contenta Che Sei Qui, quando guardiamo le bambine che si scapicollano sull'altalena e diciamo Beh, Tanto Diverse Non Potevano Venire. Ridiamo come allora, fino alle lacrime, e si vede, e abbiamo fatto tanti di quei versi per questa foto come quella volta in Piazza della Signoria. Noi 4, i due banchi in fondo a sinistra, le stesse risate, le stesse battute, le stesse anime bianche, mai scalfite nonostante, gli stessi sorrisi. Sassolini preziosi, ritrovati per caso, di un valore così grande che lo sai tu.

07 giugno, 2009

Alghe.

Che cosa sia esattamente non si sa. E' una specie di fettuccia, una specie di cotone, non si capisce bene. Al mercato del lunedì me l'hanno tirata dietro, come di dice, perchè nessuno, proprio nessuno la voleva. A me piaceva. E le galline mie amiche, a fare le smorfie, Ma Che Schifo, Che Roba E'?. In effetti sembrano alghe, di quelle verdine che rendono gli scogli scivolosi. Però, l'effetto non è male. Si lavorano coi ferri che ferri non sono, numero 12, armi improprie in realtà. Non so bene a cosa daranno origine, io non so mai che cosa diventerà quello che sto facendo, si chiama variazione in corso d'opera: potrebbe essere una gonna, un piccolo top da sfoggiare nel bel mezzo del Mediterraneo, tanto chi mi vede, una stuoia per prendere il sole, una bandiera, uno straccio da lavar per terra. Qualunque cosa. La cosa bella è farla. Va sù che è un piacere, pochi giri ed è già a metà, e poi ha questo effetto arricciato che mi piace tanto. Si può fare guardando la tv o parlando al telefono, minimo sforzo, massimo risultato. Provare. I gomitoli di alghe li vendono al mercato per pochissimi euro, il saldo del saldo del saldo, anzi, gli fai pure un piacere se glieli togli di torno, non li vuole nessuno, un motivo ci sarà.

Mucchio selvaggio.

Così è di moda. Si prenda una sera di giugno appena iniziato e si dia ufficialmente inizio alle danze, inaugurando una piscina sù in Valle, dove si danno appuntamento tutti e dico tutti gli studenti delle scuole medie superiori. Così funziona. Qualche genitore li accompagna, qualcun altro li và a prendere, si muovono in gruppo, in branco, sette/otto/nove. Precettata per il ritiro a notte fonda,circa le 3, la Scrivente è stata vista uscire in sottoveste e pantaloni della tuta, ballerine glitterate e felpa, che quassù fa freschino, cosa crede. Certo, un incontro torbido, così combinata, no che non lo potevo avere, ben si rassicuri il mio Sposo dal Mar dei Sargassi. Ho caricato sù alla spicciolata, un gran numero di figlioli, ridanciani, chiacchieroni, bellissimi e educatissimi, per piacere-grazie-scusa-permesso. Destinazione: la mia magione, dacchè era il turno del mio figliolo ospitarli tutti quanti per la nottata, bed&breakfast. Hanno ammonticchiato con cura le scarpe in ingresso, e con grazia giù dal prezioso tappeto. Hanno chiacchierato fitto fino a una certa, facendosi sssshhhh!!!!! a vicenda quando qualcuno alzava troppo la voce, ma di notte, si sa, anche il brusio è un rumore gigante. Fate quel che volete, non incendiate la casa, io vado a dormire. Così li ho trovati, addormentati e affastellati sul divano, qualcuno aveva scelto uno dei letti vuoti sparsi qua e là, nella casa in collina. Il cane sorvegliava, con l'aria matura di chi sa molto bene come vadano queste cose. Li ho guardati dalla scale, mi sono piaciuti e li ho immortalati, di nascosto, cercando di fermare questo momento perfetto di pensieri semplici, questi giorni di fine scuola, di ritorno fradici dalla festa in piscina, questi ragazzi che crescono e corrono e volano lontano, e che a trovarli la domenica mattina sul mio divano, mi ha riempito l'anima di una tenerezza che non so, di una specie di privilegio, di un magone che sorride.

04 giugno, 2009

Misery non deve morire.

E non è neppure il mio compleanno. Niente o quasi da festeggiare oggi, se non il sole, l'estate, il tiglio, l'esame della Fanciulla, il fatto che ho corso e corso e corso senza fermarmi sbuffando e imprecando, per un bel pò. Fatt'è che la mia Amica Afef mi ha coperto di regali: 2 per l'esattezza. Un olietto magico alla menta, alla calendula, alla cocaina e a chissà così'altro, da spalmare generosamente, addosso defaticante, corroborante, idratante, sberluccicante e via così, così di menta che alla fine sai di Gomma del Ponte, e Lei, Misery, così l'ho chiamata, lì per lì, perchè di miseria si tratta, mia pianta preferita in quanto viola e chevvelodicoaffare, che ne avevo già parlato qui di quanto mi piaccia e l'adori vieppiù. Così, Afef, che è più furba di una faina, ha capito che sono invidiosa marcia della sua sterminata collezione di piante, di quel benjamin-sequoia che c'ha in casa, così come lo sono del terrazzo della mia Amica delle Perle, con fiori e fiorini a grappoli e distese, chilometri e chilometri di vasi rigogliosissimi. Perciò mi ha fatto dono di Misery. E io la conservo gelosamente per i giorni che qui resterò e quando mi vedrò costretta ad assentarmi per un pò, la affiderò a mani sapienti, anzi, ho già indetto un bando di concorso fra le mie Amiche, chimmai vorrà prendersi cura della mia Misery, la riprenderò intatta e perfetta una volta tornata, annaffiatela con cura, accuditela con amore e devozione, e parlateci ogni tanto, che lo sanno tutti che Misery Non Deve Morire. Se no, il libro, Stephen King, ma cosa lo ha scritto a fare?

03 giugno, 2009

Wool & The Gang.

Testè inaugurato a New York questo knitting bar. Notizia trovata su Elle di giugno. In uno di quei pomeriggi dove ti riprometti di fare solo cose frivolissime, provando una lezione alla Princi che mi dicono Ma Fino A Quando La Chiamerai Princi e io Fino Al Compimento Del Trentottesimo Anno D'Età. Uno di quei pomeriggi in cui ti illudi di non avere un bel niente da fare, abile come sei ad accantonare con grazia e dire Questo Lo Faccio Dopo, Domani, Fra Un Anno, Chissà. Nessuna transumanza in vista, forse una seratona in programma questa sera, l'inaugurazione della Piazzetta tutta nuova di marmo e alabastro e tutta tempestata di mosaici e statue e archi e santuari e palazzi e minareti e basiliche e scalinate. Uno di quei pomeriggi in cui butti un occhio distratto alla pila di magliette da riporre nell'armadio, al cartello che hai appiccicato sul muro O Vi Prendete le Cose O Le Butto Via, a quel riordino armadi che hai rimandato da giorni, a quello schema che vuoi provare e non hai testa, che forse è ora di pensare seriamente alle cose da portare in vacanza, che di giri e voli e incastri e partenze e arrivi e incontri ce ne saranno una tonnellata, e allora, ma allora e quindi, ma guarda fuori che bel sole che c'è, e che profumo di tiglio e il grano verzolino, e le finestre spalancate e le rose e i fiori. E con tutto questo, la collina lì fuori, la Fanciulla che suona che domani ha l'esame, il sole e il venticello, che tempo sarà mai sprecato, sprecatissimo, se usi questo pomeriggio a riordinare pile di maglie, indovinare di chi sono le mutande di Superman che giacciono da giorni nella cesta delle cose stirate, e allora, e perciò, fai cose frivole, e leggi sciocchezze, che vanno i costumi con gli anelli e le zeppe di corda, e pensa seriamente quel copricostume tricot che ti piace tanto, e a quanto ti sarebbe piaciuto essere all'inaugurazione di quel knitting bar in Bond Street, o di possedere quel kit con i ferri di legno e bambù, e leggi e cincischia e ciondola e ozia, che di casa in disordine non è mai morto nessuno.

01 giugno, 2009

Il regalo.

Sorprese e novità, semplici cose da nulla nel lungo week end di inizio giugno. Ci si ferma un pochino, dopo una settimana feroce di cose e giri e faccende e questioni. Questa famiglia qui, e va bene che sono grandi e va bene che non sono più da seguire a vista d'occhio, ma insomma, un bel daffare lo da comunque. Così, si è aspettata la domenica e ci si è fatto un regalo. Improvvisato, in realtà, nemmeno programmato e come tutte le cose fatte così, bellissimo, appunto. Sono venute da me, di passaggio dall'outlet, cariche di pacche e pacchettini. Ho scritto loro la strada con un sms, affinchè non si perdessero lungo la strada fino a Villa Villacolle. Compagne di scuola, di classe, di banco, amiche da una vita, insieme dalle elementari con una di loro, quella che ha perso buona parte del suo tempo a spiegarmi i profitti e le perdite, ma che io, zuccona, non ho mai imparato. E lei, che avevo già incontrato tempo fa, ritrovato, riabbracciato. Ci siamo raccontate, abbiamo riso come sceme sedute in cucina, hanno visto i miei figli, Uguali A Te, abbiamo ritrovato le noi che eravamo e che non sono cambiate. Sono ancora io, sono la Laura, con l'articolo, come mi chiamate voi, sono quella di sempre, che scriveva e scriveva, e faceva tutti e tre i temi del compito di italiano, e scrive scrive, oggi, per dirvi di quanto bello è avervi trovato, di come sia bello trovarvi così, cresciute e intatte, uguali, i guai, i figli, le cose che non hanno cambiato i vostri occhi che brillano, gli stessi che trovavo nel terzo banco a sinistra. Nessuna malinconia, una buosa dose di gossip innocente, e come farselo mancare, fidanzati passati, amori eterni, e ti ricordi quella volta che. Un bel regalo nel week lungo end del 2 giugno, noi tre, cresciute, si dice, ma uguali, tu sempre la Manù, tu sempre Carol, e io sempre la Laura, con l'articolo.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...