28 giugno, 2009

Il polpo innamorato.

Il tuffo.

Eccoci. Alla fine il fuori programma è arrivato. Non che sia provetto marinaio, anzi, sono proprio uno di quei mozzi di bassissima manovalanza, più cambusiera che altro, cucino, compro pomodori e formaggi, vado alla ricerca di taverne e bar per la colazione, butto un occhio per vedere se per caso trovo un sandalino con le perle turchesi, si sa, in tinta col mare. Stamattina, arrivati che fummo in questo porticciolo, sani e salvi, mi preme dirlo, ancora non siamo a Santorini dacchè ieri il terremoto che c'è stato colà ha scosso più di un animo al pensiero di noi in mezzo a quel mare, ma tranquilli, stiamo tutti bene anche a casa, grazie. Arrivati che fummo, dicevo, e ormai rodata da tanti ormeggi e tanti porti, salto in banchina in tutta scioltezza, balzo plastico per fissare la cima alla bitta, e non la corda alla cosa, insomma, qualche progresso concedetemelo. Ed ecco il misfatto. Sotto gli occhi degli omini che giocavano a dadi alla taverna, dei bagnanti della spiaggia lì vicina, dei pescatori che stendevano le reti, della sciura che stendeva il bucato dal balconcino turchese, ancora!, dei bambini che fanno sù e giù in bicicletta con le ruotine, dei ragazzini che pescano i polpi sugli scogli, SPLASH! sono caduta in acqua. Un tuffo di tutto rispetto, intendiamoci, avevo appena fatto un ormeggio perfetto, ma misi un piede in fallo e voilà. Con tanto di sandalo e occhiali, e vestita. ovvio, di quelle camiciole impalpabili che son tanto in auge nell'estate 2009 e che la mia Amica delle Perle ed io abbiamo comprato a manciate da Zara. Il mio equipaggio rideva di gusto. E gli astanti, per decenza, son solo venuti a vedere che tutto fosse ok. The Captain era solo un filino preoccupato per il fatto che la camiciola, madida, mi si era appiccicata addosso, e che faceva, per così dire, la sua figura. Non ho perso nulla, diciamo che sono cascata con grazia e stile, e posso con grande orgoglio dire di essere Miss Camiciola Bagnata in Armorgòs, Estate Duemilanove. Son cose.

Monastiri in Amorgòs.

Si era comunicato alla ciurma: domani gita di istruzione, cultura, mistico ritiro. Un monastero, lanciato come dal cielo e arroccato sulla roccia scoscesa, a picco , molto a picco su un mare turchese, che banalità, qui il mare solo turchese si trova, a volte verde, a volte trasparente, ma più spesso turchese, è il colore del momento. Perciò, ci siamo arrampicati, ben coperti, pantaloni lunghi per i maschi, niente shorts o scollature per le femmine, due parei infilati nel cestino alla bisogna, i monaci di lassù non ti vanno entrare se sei discinta, ci mancherebbe altro, già fuori son da Santa Romana Chiesa, manca solo che mi càccino anche da quella ortodossa e sto apposto. Arriviamo trafelati, i 4 monaci che abitano il monastero di Chozoviòtìssa ci accolgono con grandi sorrisi e degli occhi così puri, profondi e trasparenti che non credo di aver mai visto prima d'ora. Ci offrono dell'acqua fresca, seduti in una specie di sacrestia, non siamo in un film fantasy, ragazzi, siamo proprio noi, che beviamo questo rosolio dorato in bicchierini minuscoli e assaggiamo questi zuccherini imbevuti di un liquore azzurrino, più o meno come il mare. Si respira una pace inconsueta, un silenzio che è una medicina, una musica sottile che ognuno sente per sè. E prego, non so come cominciare, perchè io non so come si prega in ortodosso, prego come mi hanno insegnato, come ho imparato da sola, come mi viene, sicura che le mie parole vòlino via da questa scogliere fino a raggiungere Chi le deve sentire, Chi le può ascoltare davvero. Le preghiere, si sa, non hanno forma e rigore e non c'è una sola strada per arrivare al Cielo. E da qui, il Cielo è più vicino.

25 giugno, 2009

Laundry in Naxos.

Un pò da zingari. Lavati da schifo, stesi da schifo, asciugati benissimo, in compenso, con tutto sto martellamento di vento e sole, e profumaterrimi di sapone Marsiglia e di aria di mare. Non ci sono più le casalinghe di una volta, che per loro lavare è buttare le cose nel cesto della biancheria e dal cesto della biancheria al cestello della lavatrice e dal cestello della lavatrice, tout simplement ,sulla carrucola della lavanderia d'inverno e sullo stendino abiurato dal Regio Architetto, in primavera. Tutto sto frega frega, e individua la macchia, e insìstici, se no non va via nemmeno per sogno, che diavolo sarà, pesca o che cosa? In lavatrice tutto questo sbattone non esiste. Si butta e buonanotte, la lavatrice non vuole sapere, essa lava con ignorante efficienza, che gliene importa a lei di che macchia si tratta? Se ce la fa, bene, e se no, t'arrangi. Qui, nelle Isole Sperdute, si approfitta del vento incessante e si fa bucato. La bella lavanderina non lava fazzoletti, ma frega frega e lava lava. E alla fine, stende alla bell'e meglio, che nello stendere, si ben sa, non è che sia un asso. Poi, inerpicandosi per le strade del paese, stringe un pochino gli occhi miopi e vede una scritta in lontanzanza: Fast Laundry. Self Service. Ma si può?

24 giugno, 2009

Troppo mare che c'è.

Di un colore mai visto. Sono giorni turchesi, e bianchi, e azzurro intenso che non è turchese, ma quasi. Sono giorni di vacanza, lontani da casa, così lontani? da quando hai guardato per bene la cartina, accidenti, siamo lontani per davvero. Si mantengono comunque i legami con il mondo lassù, con i figlioli che studiano per gli ultimi esami e che tra poco saranno qui. Vacanza, che fa rima con relax totale, nessuna ansia, nessun pensiero. Già, questa poi. Non c'è modo di fare un bel pacco dei pensieri che ci restano appiccicati addosso e buttarlo in fondo al troppo mare che c'è, non c'è modo di allontanarli del tutto, sono lì, come panni stesi ad asciugare. Li ritrovi ogni tanto, a guardar lontano nel troppo mare che c'è, quasi non osi a dirti Sto Così Bene, pensieri e pensieri, e chi non ne ha. Ma qui c'è il grande vantaggio che puoi decidere se pensarci oppure o no, e puoi concederti i lusso di dire no, a questo penserò domani, fra un mese, chissà, perchè sarebbe peccato mortale pensarci qui e adesso, troppo turchese e troppo bianco, e bouganville e stradine strette, e casine di calce e chiese, così tante chiese che non ho mai visto tutte insieme. E allora, guarda avanti, nel turchese e nel vento, e regala questi pensieri alla corrente, alle onde rabbiose che si spaccano sugli scogli, lasciali andare, lontano, così lontano da non ritrovarli più, spariti, affondati, persi per sempre nel troppo mare che c'è.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...