27 ottobre, 2009

Di nebbia, mercurio e stelline.

Lo so bene che è impopolare,ma a me la nebbia piace, e anche tanto. Sarà perchè ci sono nata, ricordo certe nebbie a lenzuolo, che non si vedeva neppure la casa di fronte, e il pulmino giallo che mi portava a scuola appariva solo all'ultimo, mica dal fondo della strada, eppure era giallo, colore che non sopporto, che non è nella mia palette di colori, di giallo non ho proprio niente, anche se compro cose gialle, in realtà, ma le regalo, alla Cognata del Mio Sposo, che in realtà era mia, insomma una faccenda complicata, ma così. La nebbia di stamattina era bellissima, era la prima, o la seconda, non so e mi rende tutto così bello e magico, che perfino il suono delle campane mi arriva come incartato, nella velina, quella che scriccchiola un pò, da avvolgerci le tazzine nel trasloco, viola, magari, quella da incartarci i regali, quelli che vedi e anche quelli che non vedi, che non occorre incartare, che sono i baci, le carezze, le parole e i silenzi e i pensieri, anche quelli, che lanci lontano, che non riesci ad afferrare e a dar loro un senso, come quella volta che ho rotto il termometro e il mercurio e scappato via sulle mattonelle, e io cercavo di fermarlo ma nemmeno tanto, perchè volevo vedere lo spettacolo che non mi sarebbe ricapitato di certo, tutte quelle palline impazzite e anche il Liceale di pochissimi anni lo guardava dal lettino, era a lui che misuravo la febbre quella volta, e mi ha chiesto Ma Sono Stelline? massì, le stelline del termomentro, e da quella volta mai che si sia fatto pregare per farsi misurare la febbre, e si teneva stretto quel termometro sotto il braccio e so che in cuor suo sperava che di stelline ne uscissero ancora e che la sua mamma, fatina distratta, ne facesse uscire ancora, nonostante gliel'avesse menata per mesi, col cucchiaio dell'antibiotico, Ti Ricordi Le Stelline, un attimo prima che esso, l'antibiotico, venisse sputato nel ficus banjamin. Divago, stamattina, che passo dalla nebbia all'antibiotico e di cose da fare ne ho una tonnellata e una tonnellata ne ho fatte di già, ma mi sono fermata un attimo a leggere le notizie, e ho bevuto un caffè solinga nella mia cucina, e che guardavo di fuori e pensavo che forse si potrebbe mettere l'erica nei vasi perchè la salvia e il basilico sono disintegrati come i cachi che ho comprato ieri all'Esselunga e sono volati giù dal nastro della cassa e la cassiera lo so mi voleva strangolare lì per lì, e avrebbe anche potuto accoltellarmi, tanto poi arriva l'omino con la segatura e cancellava ogni traccia, me che oca che sono questa mattina, che mi specchio nello specchio (ovvio, e dove se no) del forno e volteggio e canticchio e di stirare nemmeno per l'anticamera, farò una torta, massì, e missà che un pò di quel mercurio, quella volta là, mi è finito nel cervello, ecco, ora si spiegano molte cose.

26 ottobre, 2009

Cadeaux.

La luce orrenda, la foto pure. Ho fretta, ci s'accontenta, questa casa è un delirio, due giorni lontano dal focolare domestico, ma quale focolare, fa un caldo feroce che sembra aprile, due giorni lontano da qui e la si paga, ossì che la si paga. Ho fretta, millemilioni di cose da fare e star qui a cincischiare e a baloccarmi con le cose comprate a Parigi, coi regali ricevuti, ancora???eppure il mio compleanno è passato da un pò. Regali e regali, questa pennina dalle mie AmicheTutte, me l'hanno data ieri, Avevamo Visto che Ti Piaceva Tanto, ed è vero, che donne sono che scoprono e sanno quando una cosa mi piace e anche tanto e che pensiero morbido per me. E' una penna da pucciare, non so come si dice in francese, non ha mica le cartucce, ma un botticino di inchiostro che sembra uscito da Il Nome Della Rosa, che sa di viola perchè è viola, e scrive viola, pensa un pò. E sì che mi piacerebbe stare qui a raccontare di quei boulevard, signora cara, e tutti quei gomitoli, e quei negozi di fiori sul lungoSenna che mi sarei portata via un cinque vasi e mille mazzi, ma di mazzi, mi aiuti a dire, me ne devo fare uno soltanto e qui, dacchè la mia umile magione, in grazia di Dio, non è più in stato di magione, dopo due giorni di giustificata assenza. Così, racconterò più in là di quel che è stato, di knitting e chiacchiere oggi non se ne parla proprio, devo girare come una trottola e occuparmi testè del mio Sposo e dei figlioli, e rimpinguare il frigorifero saccheggiato e dare un senso alla lavanderia. Un cul a cabane, madame. C'est ça.

Laggìta.

E tutti curiosi come scimmie, a scrivere, a chiedere e allora? e allora? com'è andata, che avete fatto, che c'avete combinato lassù, e poi, e siete andate lì e siete andate là, e avete visto questo e poi, invece? Dirò e non dirò. Siamo state così bene che non ci sembrava neanche vero, una specie di gita scolatica, per quasi tutte, mogli e madri, diciassette figli in sette, non so se mi spiego, era la prima volta che si andava via senza corteo di figli e mariti. Uno spasso vero. Siamo passate indenni persino attraverso le dodici ore ( sì, dodici ore, ho scritto giusto), passate in aeroporto venerdì, causa dannatissimo e stramaledettissimo sciopero che ci ha rosicchiato una giornata intera di quai, di quoi, di combien, di faubourg, di gare, di métro. Ma noi, stoiche e granitiche non ci siamo fatte minimamente scalfire e siamo state lì, noi si va apparigi, e da qui non ci muoviamo. Bello. Ora, quel che si vede è questo qua. Notre Dame de Paris, senza gobbi e esmeralde, e noi 7. Il cuore del Cuore. E quindi, con enfasi le presento al Grande Pubblico. Da sinistra, l'Amica delle Provette, Biancaneve, MeStessaMedesima, l'Amica delle Perle, Afef, la Milanesa, e Knitaly. Sette meraviglie del mondo, sette donne fatte che qualchevolta tornano in quarta superiore, sette cuori colorati, sei Amiche che adoro e ringrazio, sei abbracci in fila, e sei sorrisi e sei voci, che hanno per me attenzioni speciali, che sanno di me tutto quel che da sapere c'è, e che con me hanno inventato qualcosa. Sette Cuori A Parigi. Da farci Un Film.

21 ottobre, 2009

Bonjour, l'automne.

Che bella mattina che è. Silenziosissima, come sa essere bello il silenzio quando ti fa sentire in pace, contenta, di nulla in specifico, ma ci si sente così, e che ci vuoi fare. Si ascolta con sodisfazione questo benessere, questa sottile serenità, certo il frutto di tanti esercizi, esito di tanti lividi, magoni e pianti, momenti in cui ci si è sentiti così soli e disperati e immobili e assurdi. Lontani, alla fine, si è lavorato su di sè, si è imparato, si è cancellato, accantonato, chiusi capitoli e questioni, ci si è fatti più forti, si sono dette cose, ascoltate altre, si è cambiato registro, uniforme. Mai il sorriso. E' un cammino faticoso, come quando fai in salita un sentiero che ti porterà a uno spettacolo meraviglioso, non so come dire, sarà la piacevole malinconia di questa mattina autunnale da catalogo, la pioggerellina, che non sai bene se è pioggia o nebbia, e che mi rende così romantica e melensa, e mi fa pensare e pensare. A cose belle, però. Che non necessariamente son tutte metafisiche e filosofeggianti, echeppalle, ma va bene l'alternarsi continuo, il senso del cosmo e quegli stivali da viale su cui ho messo il cuore giorni fa, verificare il proprio stato emotivo e scervellarsi a ricordare il nome di quel mascara che fa gli occhi da pantera. Così, si dipana questa mattinata autunnale, nella casa in collina silenziosa e ancora un pò in disordine, scarmigliata, scalza e vestita da casa, una felpa di Bali che racchiude un cuore d'autunno, un cuore sfacciato, un cuore che ride.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...