14 aprile, 2011

Languida sera.

Così luminosa che proprio non mi veniva in mente nessun altro termine che fosse più adatto. Languida, sì, come certi sguardi, come certe volte, come certi momenti di perfezione, di bellezza, il verde delle foglie nuove, il campo seminato di fresco lungo la strada, che bel colore che ha, verrebbe da farci uno scialle leggero, impalpabile, di un marrone biscotto, di quelli che lasci nel forno un pò di più. Languida, come certe parole, come certi toni di voce, chiara come se stesse per piovere, e invece no, come se avesse appena piovuto, e invece no, le nuvole sono scure ma per nulla minacciose, il cielo è lontano, dietro le colline, fa persino un pò freddo, ma non è importante, è tutto così assolutamente bello, ragazzi che sbucano da ogni parte della casa, miei, non miei, non fa differenza, il prossimo week end si prevede sold out lassù, nella Casa in Collina, e già si stilano piccolissimi programmi, che quasi per certo non si faranno, ma va bene uguale. E allora. Allora non c'è motivo di nulla, inspira, espira, concèntrati e prosegui, non c'è motivo di aver quella paura sottile, quel senso di piccolissima angoscia, non tanto, solo un pò, farai tutto e lo farai al meglio delle tue possibilità, lo si dice sempre quando si ha paura di non farcela, qualche volta funziona qualche volta no. Oggi, nella bottega sgangherata di un rigattiere, mi sono persa  dentro libri vecchissimi, un trattato di Filologia Romanza, un libro di Liala foderato con la carta da regalo a gigli dorati, Un Amore di Dino Buzzati, che sono stata sul punto di comprare e poi ho lasciato lì, perchè non lo so nemmeno io, forse perchè mi sembrava di non fare la cosa giusta, come mi accade spesso, ma domani ci torno e li prenderò, mi sembra il minimo da fare, sarebbero stati perfetti comprati quest'oggi, con la credenza e il tavolo, sgangherati anch'essi ma così affascinanti, era il giorno giusto per chi crede nel destino, nei cassetti ci ho trovato due aghi da maglia e qualche uncinetto arrugginito, era da fare, dei libri romantici per una sera così, luminosa e decadente, sembra che piova e invece no, languida, ecco, non avrei potuto trovar parola migliore.

13 aprile, 2011

Che vento c'è.

E' colpa sua, è stato lui a svegliarmi questa notte, erano le 3,22, mi sveglio sempre a quell'ora o giù di lì, chissà perchè poi. Solo che non sono riuscita a riaddormentarmi subito, sempre per colpa sua, sempre lui. Il vento di notte è bello solo se hai sonno, e senti il sibilo con gli occhi chiusi. A guardar fuori, invece, il Pino Grande del Prato Grande scarmigliato e scosso, davvero, un vento fortissimo che quasi mai qui, a guardar fuori scarmiglia e scuote anche te, che ti fai albero, e allora di dormire non se ne parla più. Di notte il vento non scarmiglia solo gli alberi, ma anche i pensieri che intricati lo sono già per conto loro, mai fermarsi a pensare, mai cercare di districarli, col vento e il buio, non funzionerà. Nemmeno la civetta che abita il Pino Grande del Prato Grande, ieri sera se l'è sentita di dire qualcosa, scarmigliata anche lei, insonne forse, ma zitta. Il vento della notte lucida il cielo con lo spruzzino, fa brillare di più le stelle, e ti fa ricordare tutte le favole berbere che ti hanno raccontato nel deserto, sul firmamento e i suoi misteri. E nel pratino, sempre lui, il vento, ha scosso così tanto i rami del ciliegio che adesso per terra è un tappeto meraviglioso rosa confetto, che se avessi coraggio mi ci siederei dentro e ne prenderei a manciate, o forse li chiuderei in un barattolo, un barattolo di petali rosa sul ripiano della cucina, che rimangano sempre intatti e freschi a ricordarmi di questa notte di vento e buio, che si deve guardar fuori e basta, senza pensare, senza provare a capirci qualcosa, senza tentare di districare i pensieri confusi e ingarbugliati, nemmeno a provarci, non funzionerà.

11 aprile, 2011

Piccola me.


Credevo fosse più semplice. Credevo di farcela, Ho Studiato Abbastanza, mi dicevo, sarà come coi suoi fratelli, lievemente diverso, lievemente soltanto, ci saranno da fare alcune aggiustature, ma sono preparata, ho gli appunti di tre esami precedenti, sì, anche di quello che è diventato mio quando aveva 13 anni, proprio nel momento peggiore, e forse è stato proprio lui ad insegnarmi come, con i suoi fratelli. Sarò pronta. E invece no, pronta non la sono affatto. Sono giorni che stridono per la Principessa degli Zaini Scarabocchiati. Quattordici anni e il mondo addosso, un giorno a schiacciarla, il giorno dopo a portarla in trionfo, un giorno nel fosso, un giorno sulla luna. E' normale, mi dico, lo sapevo, anche io forse alla sua età, ma è cosa da non dire, i miei anni di allora non si riconoscono con i suoi di adesso, è tutto più veloce, a volte più semplice, a volte così complicato. Dove sbaglio è la prima domanda, ovvio, ci deve sempre qualcosa nei miei figli che deve, assolutamente deve essere colpa mia, in qualche modo. Ma lei, occhi di mare verde, di erba nuova e smeraldo, mi scivola via. Parla poco, ascolta molto, o forse sembra, persa a volte dietro una carovana di zingari che sono i suoi pensieri e sembra qui, a tavola con noi, ma forse è in qualsiasi altro posto del mondo che non è questo. Cosa devo fare con te, Principessa del Sole, che mi rubi  maglie, occhiali e braccialetti e il profumo che ad abbracciarti stretta sento me, e ti dico Sicura Che non Ti Chiamino col Mio Nome? E tu sorridi piano e dolce come sei tu. E poi non dici, o dici pochissimo, e stai spesso nei tuoi pensieri e in quel regno perfetto che è la tua stanza, e suoni e suoni e poi parti per un viaggio che sai solo tu, le cuffie nelle orecchie e scrivi e scrivi, distante, distante da tutti, distante da me. Io sto qui e aspetto, che arrivi da me la donna nuova che stai diventando, che mi dica le cose che senti e che a chiedertele sono solo piccole frasi, Tutto Bene, Tranquilla, ma tranquilla non sono e vorrei riuscire a guardare dentro quel cuore che ti ho regalato e sapere quello che c'è, cosa gira nei tuoi pensieri, cosa sono tutti i silenzi e tutti quei musi e quelle risate che arrivano improvvise quando ti sento parlare al telefono. Ma so che non sei tu, ma io a dover cambiare, so che devo riavviare tutto, e studiare e imparare  la nuova Te che sei, e che devo sapere quando è ora di parlare e quando invece di stare zitta e aspettare. Arriverai, lo so. Forse non mi chiederai di rifarti una treccia o di aiutarti a colorare ma io sono qui, lo stesso, per ascoltarti e stringerti, non mi scivolare via, sono qui perchè è il mio posto e tu sei tra le mie gemme più preziose,  Principessa della Casa in Collina,  piccola Figlia, piccola me.

08 aprile, 2011

Relax on Friday.


E ci vuole. Ieri è stata una giornata così intensa,ero un pò tesa, un pò infularmata, non è che capiti tutti i giorni, e poi il vicolo era così bello, pieno di sole e di carinerie, le viole del pensiero, le tovagliette belle, le candele che anche se spente facevano una così bella figura. E le foto e tutte le cose che la giornalista ha voluto sapere di Cuore di Maglia e cosa e come e perchè, e le foto e il set allestito con una cura mai vista e le mie Amiche, per niente indisciplinate, ma compunte e composte, insomma, nemmeno tanto, ma così preziose come al solito, rumorose il giusto, chiacchierone il giusto, loro sono così, belle così. Dopo il caos di ieri, oggi il nulla, il niente liscio, il sole e basta, i fiori e basta, la beatitudine è possibile se trovata in posti insoliti, un angolo del giardino dove il JuniorIng ha trapiantato le piante aromatiche, il pratino tagliato di fresco dal Liceale col tosaerba nuovo di zecca, rosso lacca, rosso vivissimo, Rouge Dragon, per intenderci. Beatitudine spicciola, semplicissima, ci sono cose inaspettate nella primavera che inizia, ci sono piccoli stupimenti che fanno bene al cuore, le fragole al mercato, il burrocacao che si squaglia un pò se lo lasci in macchina, voglia di frivolezze invereconde, una maglia a righe, forse la gonna a pallini, un anellino da pochissimi dollari da comprare on line. Ci si appresta, come dico sempre, a vivere al meglio questi giorni di fine settimana, che non sono più pigri giorni da divano e libri, ma giorni frizzanti di aria aperta e di amici, un invito al pranzo di domenica, come si fa coi parenti e loro un pò parenti lo sono davvero, e poi i ragazzi, qualcuno a casa qualcuno no, che il Giurisprudente  sotto esami serrati e allora non riederà che a metà settimana. E' bello pensare alla propria vita come una scatola di bottoni, quelle di latta dei biscotti, piene di cose tintinnanti e colorate, bottoni neri e opachi, bottoncini rosa, ricoperti di stoffe a righe, impreziositi da perline e luccichii, opachi di osso, piccoli da camicia, automatici che non si incastrano o non hanno compagni, ganci spaiati, bottoni magnifici e bottoni orrendi, rotti, da buttare via. A cercare dentro la scatola dei bottoni, oggi se ne troveranno solo di dorati e lucenti e quelli neri e inutili, quelli col filo ancora attaccato, quelli che non servono nemmeno per la tombola, di quei bottoni oggi nella scatola proprio non se ne trovano. La primavera, che grande invenzione.



07 aprile, 2011

La messimpiega


Buongiorno, disse a se stessa guardandosi nello specchio. Buongiorno, disse al gatto acciambellato sul suo libro, chissà perchè, si acciambellava sempre sulle cose sue, sui fogli, sui golfini lasciati sulla poltrona, che gli piaccia il mio profumo? si domandava spesso. La mattina prometteva bene, il profumo dei fiori entrava dolcissimo dalla finestra aperta, il ciliegio del pratino era esploso all'improvviso, una nuvola rosa contro un cielo di alabastro, stamattina che poesia, rise nello specchio del forno in cucina. Erano già tutti fuori, si erano salutati alla spicciolata sulla porta di casa, e baci e baci e ciao, fai attenzione. Il caffelatte intiepidiva sul tavolo, briciole di biscotti, mezza brioche lasciata lì, un cuccchiaino appiccicoso di Nutella, un computer aperto sul Corriere della Sera. Buongiorno, si disse, ancora era così presto per ripassare le cose da fare, leggere la lavagna della cucina, svuotare la lavastoviglie. Si regalò così un quarto d'ora di nulla, non era molto, ma era abbastanza, lo faceva spesso, ed era un quarto d'ora così prezioso, irrinunciabile, perfetto. 

E questo è l'incipit.

Quel che viene dopo è una rutilante giornata di cose e di cose, una sopra l'altra, forse una fila interminabile agli uffici dell'Acquedotto Municipale, stendere due lavatrici, essere già di corsissima intorno alle 9, passa di qua, e vai di là, niente caffè sul corso questa mattina, che scusate, vado proprio di fretta, oggi è un giorno speciale, mica un giorno qualunque, un'intervista, sì, un'intervista, ma non alla radio stavolta,  di quelle col giornalista e il fotografo, mica salame e fave, mica la Sagra della Porchetta, noi qui non si perde tempo, qui ci si organizza, come mi han trovato non lo , quel che so è che questa cosa piace tanto, tantissimo e ci credo, hai una vaga idea di quanti bambini e quante cose abbiamo fatto e quante coperte spedite e quante scarpine e quanti pacchi e quanto di tutto, eh? Così, il mio bel quarto d'ora stamattina col piffero che lo posso fare, e ho fatto colazione quasi in piedi e sparecchiato a una velocità che sembravo MySky quando vai veloce per saltare la pubblicità, che io stamattina c'ho da fare, devo preparare tutto e i pavesini e tutto il resto, ma no che non devo fare un dolce, signora mia, ma come glielo spiego, anzi sì, aspetti,  la prossima volta che sarà sotto il casco dal parrucchiere, coi bigodini in testa, vedrà tutte noi e dirà, Ma Io Queste Qui Le Conosco, e infatti, e uscirà da Mariuccia Coiffeuse prendendo in prestito il giornale per farlo vedere alle sue amiche, bella fresca di messimpiega. Ussignur, la messimpiega, non ci avevo pensavo. Non faccio in tempo, la messimpiega un'altra volta.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...