16 novembre, 2011

L'Atroce Vendetta del Delinquente Cactus.

Com'è ormai ben noto alle genti, io il pollice verde proprio non lo tengo. Lo ben sanno le mie Amiche, che mi hanno vietato con la voce grossa e il sopracciglio arquato di mai, mai, mai toccare le piante di Cuore di Maglia, quelle che ci hanno mandato per l'inaugurazione della Casa, il 24 settembre ultimo scorso. Da allora, è l'Amica delle Perle ad occuparsene amorevolmente, a decretare, con piglio saccente Uhm, Questa Sta Patendo, oppure Quest'Altra non arriva a Natale e cose del genere. Io non faccio nulla. Le guardo, mi piacciono da morire, abbiamo orchidee dai colori sgargianti e una sanseveria, che bel nome, uguale a quella che avevo in sala quando ho compiuto 5 anni, così demodè ma così meravigliosa, forse, la mia pianta preferita, con tutte quelle spade affilate, bella bellissima, ce l'ha mandata la Cermels, che lei ne sa. Comunque. A me le piante piacciono, beninteso, solo non le so curare, non c'ho lo sbatti, non c'ho pazienza, ma le amo e ho la ferma convinzione che questo amore sia tutt'altro che corrisposto. Infatti, esse mi odiano. La conferma l'ho avuta questa mattina. Ho pensato di fare un'opera buona. Ho una mensolina trasparente che ha ideato anni or sono il mio Energico e Rinnovabilissimo Sposo, c'ha studiato un pò, un progettino e voilà, la mensolina era realizzata, ha preso le misure con tanto di metro, non so se mi spiego. E' una roba complicata, di plexiglass, attaccata al vetro, insomma una roba complicata e basta.  Lì sopra, ci abbiamo messo dei graziosi vasi con degli altrettanti graziosi cactus. Così, Mi Disse all'Epoca, Non Dovrai Prendertene Troppa Cura, I Cactus Vengon Sù Da Soli. Ma stamattina, mentre constatavo che qualcuno, nottetempo, mi aveva rubato il giardino causa nebbia da farci il minestrone, ho visto la faccia dei cactus sulla mensolina tutt'altra che felice. Non più verdissimi, le spine mollicce, insomma, non una bella cera. Così li ho innaffiati. un bello spruzzo del rubinetto, con la doccia, così li ho anche lavati un pochino, e via. Non so se ho fatto bene, me lo dirà poi la Simo, che lei i cactus ci piacciono. Ma di lì a poco, l'efferato evento. Il cactus più grosso, quello che se la tira più degli altri, quello con le spine più lunghe, per intenderci, si è ribellato a tale trattamento. E mi ha ferita, conficcando la sua spina più affilata, la più robusta, la più velenosa, la più crudele nel mio dito medio sinistro. Dolore. Dolore Cosmico. Ho imprecato, come si dice in questi casi, ma si sa, i cactus non sono sensibili ai vaffanculo, nemmeno se ci metti il Ma rafforzativo davanti. E ora son qui, il mio dito dolorantissimo, il cactus lucidissimo e bello innaffiato, son qui che medito quale possa essere il rimedio adatto a tale strazio. Trovato!




15 novembre, 2011

Non scappano.



Scrivo e guardo fuori. E quel che vedo non è il solito, non è lo stesso paesaggio, e cambia, cambia spesso. Cambiano, gli alberi e le case e le fabbriche e i campi pieni di nebbia, e ancora alberi e foglie gialle e muri e orti e macchine e case addormentate e case sveglie, qualcuno forse sta mettendo sù  preparando un caffè, ma il caffè a casa mia non si prepara, si mette sù, è così che si dice dalle mie parti. Scrivo da un posto da dove non ho scritto mai, che non è il mio divano, o il tavolo della cucina, ma scrivo in movimento, scrivo da un treno, ed è una sensazione strana, come quando fai una cosa che non hai mai fatto, ma guarda, che strano davvero. Scrivere muovendosi non è la stessa cosa. Se scrivi e stai ferma e ogni tanto alzi gli  occhi trovi sempre la stessa cosa da fissare per pensare. Io quando penso tengo gli occhi fissi, sbarrati su una cosa, un vaso, un fiore, penso e mi rigiro l'anello o mi faccio uno strano boccolo ai capelli, è una mania che ho da sempre, e ci pensavo qualche giorno fa, rigiro una ciocca su se stessa e poi la rigiro al contrario, a una velocità supersonica, non so da quando ho cominciato, forse a scuola, chi lo sa. Quando penso faccio così, ognuno c'hanno le sue manie, signora mia, che le devo dire. Scrivere viaggiando è una cosa nuova per me, posso decidere da che finestrino guardare, se l'abitato o la campagna, viaggiare in treno mi è sempre piaciuto un sacco, è come affidarsi, è come perdersi un pochino, dire Guida Tu Che Sono Stanca. Scrivendo da un treno, anche i pensieri non sono gli stessi e non si comportano allo stesso modo, i pensieri fermi e stagnanti che fanno fatica a staccarsi dal divano, da qui sembrano più leggeri e volano fuori, radenti i prati e i campi e i giardini già pronti per l'inverno, sorvolano i mucchi di ghiaia e le  cascine dismesse e i pioppi e i fiumiciattoli e ponti e strade e stradine, sentieri di campagna e laggiù, laggiù in fondo, l'autostrada. E tu lasciali andare, lasciali correre, vediamo se vanno più forte del treno, vediamo chi vince, vedrai, non si perderanno, perchè nessuna parola mai, nessun pensiero mai si è perso in un campo umido di nebbia, la mattina presto, scappato fuori dal finestrino di un treno.

13 novembre, 2011

Strawberry Knittin' Sunday.

 
Le domeniche autunnali di quasi inverno sono un pò tutte uguali, Di quella uguaglianza che rassicura e scalda, come a dire, domani è domenica e so già che cosa farò. Niente. Non farò un bel niente, e fare un bel niente è già una gran cosa. Domenica verso sera, che è notte fonda se guardi fuori, ma noi si è letto, knittato, ri-letto e ri-knittato, chiacchierato, parlato al telefono con un  figliolo a Londra che riederà domattina e mi sembra un mese che è via, è il più piccolo dei maschi, è ancora al liceo, il fatto che vada via non mi sta in testa, pazienza per gli altri, Ingegneri e  Universitari, che è ovvio che via ci vadano ma lui ancora no, per non parlare della Ginnasiale, Principessa Omioddio, che oggi a pranzo un suo fratello grande aveva da ridire su quel rossetto che le aveva visto la sera prima, Non Era Troppo?  Fatevene una ragione, dico a loro e a me, non è più la sorellina con gli orsetti, le trecce, le camicie da notte con gli scoiattoli, le letterine. E' una figliola di quasi quindici anni, ussignur, quindici anni fra 4 mesi, vi sottrae non vista dall'armadio la t-shirt degli AC-DC, e ieri sera era a una festa, un pò di rossetto forse ci voleva, o no? Ma gli uomini, lo si sa, sono un pò tonni in certe cose da femmine e presto lo imparerà anche lei. Orsù dunque, la domenica sera, malinconica come si conviene, bella piatta come si conviene, fra un pò la minestrina o forse una pizza da qualche parte, bella scelta, un Lora's Capelet  già finito e un Travelling Woman quasi, il libro nuovo di Baricco me lo sono mangiato, per così dire. Le cose di casa sono in fondo queste qua, ci si nutre di beato nulla, di caldo, di divano, di un mandarino per merenda, che ci piace così tanto il profumo che lascia sulle mani. I pensieri sono lì, avvolti nello scialle che è quasi finito, stanno caldi e non ne vogliono sapere di venir fuori, che lì stiano, che non si muovano, che domani inizia una di quelle settimane deliranti fra il sù e giù delle miliardate di cose da fare, devo ancora finire di compilare il censimento, ma si sa, il mio censimento è bello lungo da fare, siamo quasi mille, alla fine. Ho pronti per me giorni tranquilli di freddo invernale, giorni di idee da portare a termine, di shopping on line la sera tardi, di libri e libri sul comodino. Ho storie da raccontare, ho un libro da scrivere, ho sognato che pubblicavo con Feltrinelli, che scema sarò mai, ho decine di camicie da stirare, ho un viaggio da fare a Natale, ho un vaso pieno di bottoni, amiche da vedere, regali da fare. Un bell'inverno che si vede da qui, dal finire della domenica, i figli grandi già sparsi, la più piccola quasi, la mia vita così com'è, bella anche nel beato nulla, anzi, forse proprio perciò.  Buona, domenica.

10 novembre, 2011

Oggi.



E' un pò come volare. Non sai mai bene quando inizia, non sapresti dire, ecco, comincia qui. Sarà la stagione, un pò tutti sono malinconici a novembre, un pò tutti si sentono un giorno potentissimi e il giorno dopo fragilissimi, leggeri, carta velina da stropicciare, o peggio, carta da forno bruciacchiata, che si disintegra se la sfiori, c'hai fatto caso? Complicata che sono, tortuosa, dai ragionamenti contorti, oppure cristallina, trasparente, un vetro appena pulito, il cielo dopo il vento. Succede, mi dicono, è la stagione, sono le donne, in fondo, non sono così, è difficile spiegare? Non so. Non so se è la nebbia di oggi e le foglie gialle, che messe insieme fanno un bel quadretto, non proprio leggerissimo. E' il silenzio di questa casa, oggi tutti in vacanza che è il Santissimo Patrono, ma tutti chi che sono la Princi dorme beata nella sua stanza, e uno di qui e l'altro di là, il Liceale in visita al suo Amore, gli altri due sparsi per il Regno Sabaudo, non è mica San Baudolino lì. Sarà che non sopporto le luminarie, gli stivali di gomma, l'ignoranza diffusa, le pentole lasciate lì da ieri sera, non sopporto la mia faccia scema, bianchiccia, insignificante, che ho visto stamattina nello specchio del bagno. E non sopporto il giardiniere, che ha deciso di tagliare i rami proprio adesso, proprio qui, e quel zzzzrrrrrrr della motosega mi trapana il cervello, mi agita, mi innervosisce. Mi concentro e volo via, trovo la strada in mezzo alla nebbia e alle foglie gialle, trovo il sentiero per uscire da qui, da questo peso che ho, da questo respirare corto, da questa insofferenza riflessiva, nel senso che non sopporto nemmeno me, troppo silenzio o troppo rumore, troppa calma o troppo caos, potessi sollevarmi e guardare tutto dall'alto, potessi salire al decimo piano, ma no, più in alto, per vedere l'effetto che fa, l'effetto che faccio io accoccolata sul divano, un giorno di niente scuola, troppo di tutto, troppo di niente, fragile e scema, ortiche e seta, ghiaia e diamanti,la nebbia mista al sole  oggi è così che va.

07 novembre, 2011

Fango.



Sono giorni fermi, immobili, dove le abitudini che hai, le cose che fai, tu e gli abitanti della Casa in Collina, sono un pò filtrate, come dipendenti da qualcosa che non si sa cosa sia, si è in collina e nessun fiume e nessun smottamento e nessuna frana, ma è tutto lì in agguato, lì vicino, vicinissimo, in città si sente di più, c'è poca gente in giro, l'ho visto stamattina, e quelli che ci sono sono tutti lì, a guardare il fiume marrone e tutto quello che il fiume porta, i tronchi, le assi e tutte quelle cose, sembrano zolle o cosa sono. E' acqua cattiva, acqua limacciosa, acqua schifida, che nemmeno la schiuma rende migliori, mai visto la schiuma sul fiume, eppure c'è. Sono giorni che si guarda in sù, si vedono centinaia di notiziari, si è passato il fine settimana a casa, a tranquillizzare le persone lontane, a dire No, Stiamo Bene, certo che stiamo bene, noi siamo al caldo, non cerchiamo le nostre cose nel fango, nessuno di noi è stato in pericolo, e ci si sente così fortunati a vedere e a sentire quel che è successo poco distante da noi, in centro poi. E ci si sente fortunati sì, ma piccoli e assurdi, e così stupidi, così incredibilmente materiali, lo vedi, passa tutto così in fretta, sei in centro con tuo figlio e l'onda ti succhia via, scivoli lontano e non ci sei più. Rifletto, mi dò un tono, lavoro un pò ai miei progetti, sono ansiogena, lo so, guardo se piove, guardo le previsioni, dico ai miei figli Non Andate Nel Pericolo, ma il pericolo quale sarà mai, e dove, poi. In giornate così si vorrebbe far qualcosa, e forse qualcosa di minuscolo si è fatto, si pensa e ripensa a Genova e a Monterosso, ma pensare non serve a niente, si aspetta la piena anche qui, si guarda il fiume che è già stato così crudele nel '94, esattamente come ieri, il 6 novembre. Che strane pieghe ha il destino, che strani, stupidi giochi fa la natura, che ricorda il giorno esatto, Sono Segni, dice qualcuno, ma segni di che, io non vedo segni, vedo solo acqua, limpida dal cielo e sporca dal fiume, e vedo gente che guarda giù,dal ponte, gente che guarda sù, il cielo, e gente composta e degna, disperata e silenziosa che scava e scava a cercare nel fango quel che resta. O quel che ha perso.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...