15 aprile, 2014

Improvvisi Iris.

C'ero passata due giorni fa, da lì.
Solo foglie e tronchi sottili. Poco più in là, le canne di bambù con le quali i miei figli piccoli hanno costruito centinaia di lance, capanne, zattere e missili. Degli iris, nessuna traccia.
Ieri, poi, in quel momento bellissimo che è il verso sera, quando hai finalmente l'autorizzazione scritta a fare quello ti va, a trovarti in un posto bello a far le cose che vuoi tu, ecco la siepe degli iris comparire in tutta la sua bellezza aristocratica, l'iris non è un fiore da tutti i giorni, ha quell'aria sofisticata che ti mette un pò soggezione, come quando studi e studi e poi arrivi lì e non sai niente, eppure non sono timida e ho studiato e a casa la sapevo, giuro.

Gli Improvvisi Iris sono apparsi dopo un fine settimana così bello e pieno di promesse e di baci,  di baci e di abbracci e TiVoglioBene, quelli che non ti aspetti, quelli che arrivano dritti dove devono arrivare, al cuore, forse, ma anche più in là, se c'è un posto più in là del cuore, e sono sicura di sì.

Gli Improvvisi Iris avevano fatto una riunione nottetempo e si era decretato fosse quello il momento giusto per fiorire tutti insieme, segaligni e bellissimi, regali col loro portamento altezzoso e poco importava se il loro luogo per spuntare fosse da tempo la radura oltre la rete, quella vicina al campo d'orzo, all'inizio della collina.
Era quello il momento.
C'erano stati molti giorni di sole tutti in fila, e il Ciliegio sì che era fiorito, ma era già tempo di pioggia di petali rosa e il pratino, che la sapeva lunga, non vedeva l'ora di ricoprirsi per un pò di quei gioielli morbidi, di quei fiorellini così delicati. Il Ciliegio è un bell'elemento, non è che puoi dirgli cosa deve fare, ci vuole pazienza, con un tipo del genere.

Così, il Simposio degli Improvvisi Iris  aveva stabilito: Si Fiorisce Lunedì.

Passando di lì, il viola acceso e le corolle eleganti, un pò Hermés, aveva fatto in modo che il mio Verso Sera diventasse straordinario, dopo una giornata sottilmente malinconica, si sta sempre così quando un evento finisce, quando qualcosa che hai aspettato tanto arriva e va via. Come la fine di un incantesimo.

Gli Improvvisi Iris lo sanno.
E si sono fatti trovare lì, al solito posto, un mazzo non reciso mandato da chissà chi, che non devi mettere in un vaso ma che puoi guardare quanto ti pare, se passi di lì, disegnarli, fotografarli e pure parlarci, se vuoi. 

Il Simposio degli Improvvisi Iris ha deciso di rimanere a lungo fiorito proprio lì, nella radura vicino al campo di orzo. Passerò di lì spesso, li guarderò come si guardano le cose preziose ed esclusive, ammirerò la loro perfezione, la loro corolla sofisticata che nemmeno Hermés  saprebbe fare più bella, è un regalo per me questa siepe così viola, che si lascia intatta così com'è, senza coglierne nessuno, sarebbe un sacrilegio.

Nessun Improvviso Iris resisterebbe mai in un vaso di vetro.
E loro lo sanno che io lo so, e allora va bene.





10 aprile, 2014

Giorni da prato.

Che bei giorni questi qua.
sembra maggio, forse giugno, luglio no, a luglio mancano 81 giorni, giorno più, giorno meno.
Sono bei giorni di grandi cose piccolissime,di piccole cose enormi, quanto mi piace giocare con le parole, con le maiuscole, con i superlativi assoluti.

Sono giorni di soddisfazioni, di attesa, di grande lavoro che nemmeno si sente, dove si alterna un giro di Folletto, a una spesa, a un'altro ritocco alla preparazione del Camp.
Che è dopodomani.

Sono giorni di bello, di sole, giorni dove il solo desiderio possibile è stare in un prato, coricati a guardare in sù, o a gambe incrociate a chiacchierare, Ti Racconto Che.

Che belli i prati di questa stagione lucente, che meraviglia perfetta di verde e fiorellini e margheritine e fiorellini gialli insignificanti che diventano soffioni da soffiare via e anche questo è uno spettacolo, se ci pensi bene, come la caduta dei fiori del tiglio, per esempio.
Soffiare un soffione è una roba da nulla, ma seguire la traiettoria di ogni fiorellino, indovinarne la strada, registrare con precisione assoluta l'esatto istante in cui  lui, il Soffione, diventa da palla morbida di lanugine biancastra a un festival di spore tutt'intorno, a un delirio di puntini e infiorescenze buffe, sembrano palme, alberini misteriosi, non lo vedi?

Soffiare un soffione seduta in un prato è esercizio  magico, si fa soltanto quando tutto il resto del tuo mondo ha il suo posto esatto e fermo, quando tutte le cose sono allineate, forse non troppo in ordine, ma non fa niente.
Lo Spettacolo del Soffione Soffiato è qualcosa cui non voglio rinunciare in questi giorni che tutto è così stranamente silenzioso eppure canta, stranamente bello eppure così in disordine, stranamente lucido eppure non diverso da sempre.

Il Soffione era un fiore.
Forse, è proprio questo il suo segreto.

07 aprile, 2014

Un incantevole aprile.


Comincia così.
Un aprile di cose belle e belle cose, di fiori e profumi nuovi, di domeniche che si apparecchia per mille, da quanto non succedeva, non da molto in realtà, ma ieri si è ufficialmente inaugurata la stagione Bed & Breakfast lassù, nella Casa in Collina. 
Ma anche quella del Pranzo della Domenica, Quanti Siete? per sapere se a tavola devo mettere i bicchieri del servizio intero o quelli spaiati, e quale tovaglia, e quanti bicchierini riciclati con le margherite dentro e i fiori del ciliegio e un rametto di lillà ancora chiuso. E il Regio Rosmarino, fiorito anche lui.

Aprile dà il meglio di sè nella settimana che precede il Camp, come prima di un matrimonio, come prima di una festa bellissima che hai preparato nei dettagli, dove tutti hanno messo del loro meglio, e allora non può che essere una meraviglia, e la sarà.

L'energia di questi giorni sarà il polline e i fiori, saranno pensieri scacciati a forza lontanissimo, forse si è imparata la lezione, e si fa esercizio di serenità e bellezza, le cose vanno comunque a modo loro, mai affrettarsi, mai preoccuparsi, ma per una che mescola l'ansia già a colazione è compito difficilissimo e lezione ostica. Vedremo.

La sensazione di questa mattina è quella di uscire a correre nei campi, fra i trattori e l'armonia, o comprare un mazzolino di quelle vecchie cartoline col bordo ondulato, mia nonna le scriveva anche per gli auguri di Pasqua e insieme sceglievamo quelle più carine, con uova e fiorellini, con conigli e pulcini, chissà se ne trovo ancora.

Ne scriverei un sacco, alle persone che vorrei che avessero giorni belli come questi miei, giorni che non hanno niente di speciale eppure sono così straordinari, così assolutamente imperdibili, così semplicemente perfetti che è difficile da spiegare.

Aprile è un mese strano. Può piovere a secchiate o regalarti giorni puri come questi qui, da vivere al meglio e anche di più, semplicemente, senza troppe menate inutili,  i pensieri che schiacciano sono sigillati in un baule in fondo al mare, sarà un incantevole aprile, di quelli da ricordare, controllare la cassetta della lettere, magari, vi arriva una cartolina.


04 aprile, 2014

Rain & Tulips.

Il cielo promette pioggia.
Ma anche la pioggia ha il suo perché, qualche volta. Sono giorni di grandi lavori, di cose belle, altre meno, altre di più, e sono la maggior parte, e alla fine, la scatola delle cose brutte è talmente piccina che nemmeno vale la pena di prenderla in considerazione.
La mia casa è disseminata di colori e tulipani e sacchettini trasparenti, quelli dei biscotti e nastri a quadretti e fogli e appunti volanti. Mi appunto sempre le cose, salvo poi smarrire i bigliettini, e raramente mi scordo di qualcosa, si vede che la mia mania di scrivere basta da sola a farmele ricordare, le cose.
Promette pioggia.

Ci sono mattine che ti svegli male perché hai dormito poco, perché la civetta del tiglio non la smetteva di dire la sua, una volta mi spaventava, adesso invece mi piace.
E poi, ci sono mattine che sì hai dormito pochissimo, ma invece ti svegli già scema e ridi di niente, a colazione, e ti inventi perfino che il pino del Prato di Là si muoveva a ritmo della musica, Mamma Sei Fuori, già di prima mattina è un gran complimento.

Promette pioggia.

E oggi non mi importa. Ho un appuntamento con una distesa dei miei fiori preferiti insieme agli anemoni e al lillà, mi aspettano migliaia di tulipani e cose belle e forse il freddo e la pioggia sottile di aprile, basta che non sia un temporale che proprio non mi serve, la pioggia di aprile è profumata e sa di buono, sarò in mezzo ai fiori, perciò sono contenta e già scema di prima mattina, ho mille cosa da fare e le faccio una per volta, anche la fatica più fatica è più leggera se canti un pochino, pianissimo, come a non voler rompere un incantesimo, come a camminare sulle margherite del pratino, pianissimo per non rovinarle, oggi sono nel mood dei  fiori, c’è qualcosa di più bello? Promette pioggia, faccia pure.


Da domani e fino al 1 maggio, Messer Tulipano, Castello di Pralormo.
Special guest Cuore di Maglia.
Due meraviglie in una.

01 aprile, 2014

Ciao Ciliegio.

Ogni volta è una sorpresa.
Si sa che il ciliegio fiorisce, lo fa ogni anno, che scoperta, è aprile, fiorisce tutto intorno e per ultimo tocca a lui, dove sta la meraviglia.
Eppure.
Eppure la fioritura del ciliegio di casa, quello del pratino, quello che fa rosa tutto intorno nella sua maestosa sofficità, è sempre accolta con un oooohhh si stupore da tutti gli abitanti della Casa in Collina.
Da tempo si sorvegliava, per essere certi di non perdere nemmeno un petalo, per avere, segretamente, il privilegio di essere i primi ad informare gli altri Hai Visto il Ciliegio?

La mattina inizia presto di questa stagione, non ci si vuole privre di nessuno spettacolo al mondo, l'alba proprio davanti al naso, quella che non ti devi spostare per vederla, alzi gli occhi e e l'hai lì, davanti, che bello è passare dal caffelatte al sole, in un istante.

Da stamattina, la scenografia della colazione si è arricchita di un particolare regale, di una nuvola soffice che diventerà rigogliosissima in pochi giorni, e lì rimarrà fino alla prima pioggia o al primo vento rabbioso che la scuoterà  ricoprendo il pratino di un tappeto di petali color meraviglia.

Ma ancora non è tempo.
Non voglio grane quest'oggi.
Non voglio menate, deliri, malinconie e magoni.
Non voglio nulla.
Solo i petali del ciliegio, la quiete accesa di questa casa, il bel sentire, le cose piane, il silenzio, anche.

Voglio ubriacarmi del rosa di questi petali, guardarli e guardarli finchè non mi faranno male gli occhi e credo mai, da quanto li amo.
Voglio immaginarmi un profumo per loro, non ne hanno nessuno, il ciliegio non profuma, ma cosa dici, in effetti è vero, ma se non ce l'hanno non importa, ne inventerò uno e farò finta di sentirlo.
Voglio un giorno normale, voglio che il rosa del ciliegio colori anche i miei pensieri, i miei passi verso dove, la mia strada. 

Verrà la pioggia fra non molto e con lei il vento stupido che spazzerà via i petali preziosi e tutto il rosa e allora questo splendore sarà un tappeto di petali tutt'intorno, ne arriverà qualcuno anche vicino alla porta, è già successo, e allora fiorisci ciliegio, fiorisci in fretta e non aver paura, dal vento non posso difenderti ma da tutto il resto sì, vengo ad abbracciarti e facciamo una festa, e se arriverà la pioggia raccoglierò i petali uno ad uno, in qualche modo mi ci farò una corona e mi nominerò, da sola, Regina del Ciliegio.
Suona bene.


28 marzo, 2014

Il Vaso delle Biglie.


Conservava il suo vaso di biglie colorate nel ripiano più in vista della cucina.
Una passione da sempre, le biglie di vetro.

Ogni tanto però, ci voleva una rimescolata, andavano controllate, riviste una ad una, forse,anche spolverate. Una volta, aveva anche provato a dare un giro di lavastoviglie.

Certo, v'era modo e modo.
Si potevano accarezzare con un panno morbido, con tenerezza quasi, magari con quel piumino da polvere che giaceva in un armadietto e che faceva tanto Desperate Housewife.
Oppure, si potevano sciacquare con l'acqua gelata, di malagrazia, di fretta, le biglie sono forti sì ma non amano essere bistrattate, certo, a chi piacerebbe?

Le biglie del vaso erano una delle cose che aveva al mondo più care.
Quel giorno, aveva preso il vaso distrattamente, molte erano scivolate fuori, qualcuna aveva perfino rischiato di rompersi.
Alla fine, però, era riuscita a recuperarle tutte, carponi sul pavimento, sotto i mobili e dietro alle sedie, le aveva sciacquate con grazia e sapone Marsiglia, asciugate con un panno candido, rimesse nel vaso, riposte fra le cose al mondo più care, nel ripiano più in vista della cucina.



26 marzo, 2014

Sola.

Non esiste l'unità di misura della solitudine.
Forse, nessuno ci ha mai pensato in realtà, nessuno ci si è messo mai a studiarlo sul serio, vediamo, quanto sola sono da uno a mille.
Dati confusi, di difficile calcolo per tutti, figuriamoci per me, con troppi fattori da tenere a mente, col riporto di due, il 3 nel 9 sta 3 volte, pigreco e raggio x raggio x 3,14. Ecco. Non viene.

La solitudine non si calcola, si sente.
E ci sono momenti dove è più facile calcolarla, dove tutto ti appare lampante eppure così confuso.
La notte, esempio, quando non sai se dire Sono le 4 di notte o le 4 del mattino, che effetto diverso che fa.

Ci sono notte che non dormi, e stai lì a studiare a memoria gli alberi al di là della finestra, col buio non si dorme, voglio vedere fuori. O se va male, ripassi per bene il ripiano del comodino, la matita, gli orecchini, un bicchiere d'acqua, il libro di Fosca che pure hai riletto un pò, ieri sera, ma che stavolta non è servito.

Sentirsi soli è brutta questione.
Non si quantifica in persone che hai intorno, certo che no, con tutte quelle che ho dovrei stare a posto per la vita. Sentirsi soli è una condizione dell'anima, del cuore, forse, che non trova pace, che non trova la strada, che sbatte e sbatte di qua e di là, un calabrone sul vetro, una farfalla intrappolata in un barattolo.

Di notte poi, si è più soli che mai, i pensieri spinosi diventano macigni a schiacciarti e valanghe a travolgerti, e si respira appena per non svegliare nessuno, e poi ci si fa un giro si sotto, o di sopra, a controllare che tutti dormano nei loro letti e che tutto sia tranquillo e perfetto, e senza pieghe, ma quella stropicciata sei tu, che sei perfino uscita sul terrazzo col gatto, lui sì che non ti ha voluto lasciare sola.

la solitudine ti avvolge come un mantello pesante, stoffa vecchia e sporca, ti imprigiona come si fa con le lucciole, due mani chiuse e non mi scappi, e la tua luce nessuno la vedrà, finchè sei qui dentro.

stare sveglia non mi piace, mi fa pensare pensieri che non voglio pensare, i pensieri non si scelgono come le fragole al mercato, col buio che c'è non si riesce a vedere.

sola fra mille, mica solo la notte, io contro il resto del mondo, salva solo in questa casa, salva con la luce ma col buio non c'è storia, il buio è cugino del sentirsi soli, ti abbraccia sì ma stacci attento, non fidarti del buio, non fidarti di nessuno, cuore schiacciato nel barattolo, lucciola imprigionata, stupida farfalla, stupida e sola.



20 marzo, 2014

Viola nel Muro.


Non si capiva come avesse potuto crescere lì.
Senza acqua, senza terra, solo col sole.
Inspiegabile.
La viola era nata proprio lì, tra il muro e la staccionata verde dove si sarebbe abbarbicato, di lì a poco, il gelsomino.
La scoperta fu fatta una mattina di marzo, stendendo le lenzuola, la meraviglia dei primi giorni di bel tempo è proprio stendere fuori, all'aria bella, col profumo del sole.
La viola era lì, un ciuffetto di smeraldo e qualche bottoncino di viola chiaro, caramelle quasi, Violette Leone, le conosco bene,sono state i confetti per il mio matrimonio.
La viola del muro aveva deciso di nascere lì, senza preavviso, senza grandi pretese, senza alcuna invidia delle viole dell'aiuola, di là, che invece avevano sfidato la corteccia di pino delle rose e godevano del privilegio della primissima fila. Guarda Che Belle, viola scuro e foglie larghe.

La viole del muro sono gemme incastonate nel nulla, rendono meraviglioso un pezzo di cemento armato e una staccionata spoglia, fanno di un angolo inutile un angolo bello, semplice, colorato appena, viola chiaro e foglie piccole, loro.

Vorrei essere viola del muro anche io, avere il coraggio e resistere, senza terra, a dispetto di tutti.
Un pò, la sono.
A volte non mi riesce, ma ci sono giorni in cui mi sento invincibile e forte, e di me dò il meglio, i colori pastello, le foglie tenere, quel che so fare, qualche parola a un'amica, risate nel telefono, sorrisi anche, se sorridi al telefono se ne accorgono, non lo sapevi?

Oggi il sole non c'è.
La viola nel muro è sempre lì, morbidissima, l'ho persino accarezzata questa mattina.

Che miracolo sei, viola perfetta di primavera, avamposto di giornata meravigliose che verranno, messaggera di bellezza e pace, che mondo bizzarro è mai questo se nasci e mi sorridi da un angolo di muro.
Imparo da te forza e tenacia, imparo da te a resistere, imparo da te l'inaspettato, la gioia piccola, stamattina, e per mille altri giorni ancora, non mi farò sommergere, non mi farò schiacciare.

 Sarò Viola nel Muro, vedrai, riuscirò.


16 marzo, 2014

C'è la luna che mi guarda.



Non sono brava a fare le fotografie.
Faccio delle foto stupide, sbaglio la luce, miro male, non ne so di inquadrature e grandangoli.

Ho preso in prestito la stanza più bella di questa casa, quella col letto basso e le finestre sulle colline, a perdita d'occhio. E' la stanza che è stata di quasi tutti i miei figli maschi, a rotazione, è la stanza degli ospiti di riguardo, è luminosa e grande e ha una parete verde acido voluta da non so quale figliolo.

Ho qui le cose che mi servono per organizzare gli eventi dei prossimi mesi e mi piace farlo guardando fuori ogni tanto, le colline che sono diventate mie, il Monferrato verdissimo e affascinante di questa stagione, si aspetta da un giorno all'altro un'esplosione di fiori bianchi e rosa, nuvole soffici, qua e là, nel verde.

L'ho vista da subito, una lunetta rosa là in fondo, quando ancora la luce non si è arresa al sole che va giù, e non è buio ma quasi, non è sera ma quasi, è la primavera bellezza, mica uno scherzo.
C'è un'aria profumata e speciale, la domenica è quasi finita ma non se ne vuole andare.

La luna, sale nel cielo, lenta, imponente e bellissima, regale nel suo essere un pò rossa e un pò dorata, piena stasera, uno spettacolo che amo da sempre.
La luna dà il meglio di sè quando il cielo è scurissimo, ma anche adesso non è poi così male, le luci della strada di sotto provano ad offuscarne la bellezza intatta ma lei che la sa lunga, sale piano sù sù, dietro ai rami del ciliegio e resta splendente, a guardarmi da lì, a farsi Imperatrice di questo cielo lucido che si meraviglia ogni volta, è un cielo abituato alla nebbia questo qui, e la prima luce lo stordisce e lo fa timido, ma come, all'improvviso tanta bellezza per me.

La luna mi guarda e mi sorride, lo so.
Sa che sono qui, mi conosce così bene, sa che l'ho guardata tante volte da mille posti diversi e ogni volta erano storie nuove, vite diverse, forse, situazioni che cambiano sempre, che vanno via veloci.

La luna mi guarda e mi racconta delle cose che capisco solo io, che solo io so leggere e tenere lì, in un cassetto nascosto così bene che a volte fatico pure io a ritrovare.

Quando mi sentirò  persa penserò alla luna di stasera, a questo momento perfetto, a questa luce soffusa che è già buio ma che ancora non lo sa, anzi, diventa buio buio per rendere lei, la luna, ancora più bella.

Nessuno al mondo mai sa resistere alla luna.
Nemmeno il buio.

14 marzo, 2014

Se pensi al giardino.

Sì, forse dalie.
E astri, anche, li ho visti in una busta all'Esselunga tempo fa.
Mia nonna ne aveva una tonnellata di astri, dalie e gladioli, fiori desueti nei giardini di adesso, nessuno ha più il tempo di passarci giornate a curarli, i giardini.
Mia nonna invece sì.
Lei ci passava i pomeriggi, e io con lei. Scolpiva aiuole perfette, strappava erbacce, sfoltiva rose e cespugli di ligustro. Io avevo un retino per le farfalle, un innaffiatoio rosso e i capelli lunghissimi. Mi piaceva, quel giardino, dove al centro campeggiava un pino trapiantato dopo il primo Natale passato in quella casa. Era il 1972. 

In questa mattina che è venerdì, e che me la prendo comoda dopo una settimana passata in tournèe che nemmeno Shakira, penso al giardino che farò in questa casa di adesso, quali colori e quali fiori, voglio i fiori di mia nonna, e distese di lavanda a perdita d'occhio, come se questo giardino fosse una landa sconfinata e invece è solo un giardino semplice, qualche alberino e un pratino, parlo come mia mamma, lei mette sempre i diminutivi alle parole.

Sembra da qui una mattina di pace.
Questa notte, i letti dei miei figli erano tutti occupati, come da tempo non succedeva, forse qualche mese, e questo ha fatto di me ieri sera la donna più felice e serena al mondo, appena prima di svenire nel letto, sfatta dopo un'infilata di giorni pienissimi di cose belle, di preparativi e progetti e soddisfazioni personali. E lussi, anche.
Ieri, un pranzo con Afef e la mia Amica della Moda, che ambo secco sulla ruota di Alba.
Chiacchiere e cose belle, alternando confessioni e paure, preoccupazioni e piccole vittorie. Che bello è uscire a pranzo con le Amiche, è un rito diverso dal caffè al volo, in centro, veloce. A pranzo ci si racconta di più, si ha più tempo per dire le cose, anche le più tremende, anche quelle che ti pesano e fanno male. E poi, si sorride e si va avanti, Assaggia Questo, è Una Delizia.

Il giardino che vorrei ha tutti i colori del mondo, i profumi che nemmeno riesco ad immaginare, e insetti e farfalle e ronzii e battiti di ali colorate, le cicale. E il sole.
Comprerò bulbi e vasi e fioriere, financo una piccola staccionata, alla difesa.
Troverò anche un retino e un innaffiatoio rosso, mia nonna sarà felice.
Quel pino piantato è ancora lì, nella vecchia casa sul bivio, dove passo ogni tanto.

L'inverno è dimenticato, la tempesta sembrerà passata e il giorno sarà perfetto, se pensi al giardino. 


09 marzo, 2014

La Leggenda del Terrazzo Rinato.

Era stato un lungo inverno.
Lassù, nella Casa in Collina, forse non era ancora passato del tutto, o forse sembrava solo.
I vasi dei fiori erano stati accatastati in un angolo nemmeno troppo nascosto, non scòrto da nessuno, e dal cielo avevano preso acqua e neve e nebbia e gelo, e altro non erano che terra nera,radici tristi e foglie bagnate.
Un piccolo cactus, nemmeno tanto bello in realtà, non ce l'aveva fatta ed era stato buttato con cautela dall'altra parte della siepe. Via le spine da questo giardino.

Il terrazzo aveva bisogno di uno sprazzo di vita nuova, uno spruzzo di bellezza, di pulizia, anche, e di colore, dopo tanto grigio, dopo tanto nulla, dopo tanto tristissimo sopportare.

Quel giorno, il sole bello come soltanto il sole di marzo sa essere, invogliò alcuni abitanti della Casa in Collina a prendere atto che sì, era venuto il momento di fare qualcosa, di liberare il terrazzo dalle foglie, riordinare i vasi, buttare quelli diventati inservibili,  e dare a tutto un'aria di salute.
Per il Regio Orto c'era tempo ancora, e forse non sarebbe più stato orto ma cespugli di rose, siepi di lavanda, dalie e astri, chi  lo sa.

Ancora troppo presto per piantare i fiori nuovi, il solo fatto di avere le fioriere colorate di nuovo al loro posto, pulite anche se vuote, era un bel segnale per tutti.

Riordinare il terrazzo per cancellarne l'inverno era un gesto lampante. Si aveva voglia di cancellare una stagione, di rinascere forse un pochino, di spazzare via con lo spruzzo dell'acqua ogni residuo di malinconia, di pensieri stagnanti e pesantissimi, che si accantonavano sì, come i vasi non scòrti da nessuno, ma che ogni tanto si ritrovavano lì, intatti, al loro posto, ancora a stagnare e a pesare.

Il Terrazzo della Casa in Collina iniziava così a prendere forma, ad avere sempre più l'assetto primaverile e meraviglioso che aveva di solito, con la bella stagione: teatro di grandi cene e feste e di pomeriggi a chiacchierare e a leggere e a fare a maglia con le amiche, di sere profumate e silenziose a guardare le stelle.

Si aspettava di lì a poco la fioritura del ciliegio, e allora sì che sarebbe stata festa grande, ospite d'onore il pratino.

Guardo questo giardino rinascere poco a poco e mi faccio foglia piccola,  germoglio timido, sono erba nuova verdissima, sono violetta impertinente nell'aiuola delle rose ancora assonnate, sono gemma lucente sui rami grigi delle ortensie, fra non molto fiorirò.

E mi dimenticherò del gelo, del vento e della neve, della nebbia che mi ha avvolto e della pioggia che ha schiacciato me e i miei pensieri più belli.
Fiorirò, fra non molto.
Già, ma quando.




04 marzo, 2014

StellaLucente.


Sei stella lucente, per me.
Sei il mare e la luna e il sole e tutto il mondo
Lucente e perfetto, mai in disordine come qualche volta la tua stanza, mai triste come qualche volta tu.
Sei la parte di me che vedo, la sintesi perfetta delle cose belle, il garbo, la dolcezza,  sei bella perfino quando piangi, quando ti scontri con quel fratello grande che ti adora, quando guardi i film, somigli a me e piangi per nulla, lo so.

Ho cercato di insegnarti delle cose, sembrava le sapessi di già e mi meraviglia ogni volta vedere te che fai me,  non solo perché spesso hai i miei anelli e le mie borse  e i miei occhiali e ti dico Ti chiamano Laura Oggi? E tu ridi, ridi come me  e scuoti quei capelli di seta che hanno cambiato diciotto colori dal rosa al blu.

Sei la me che avrei voluto essere alla tua età, e che non sono stata.
Alla tua età, figlia, la vita mi ha chiesto di  smetterla con le cose da nulla e mi ha tolto tanto, portato via per sempre, e per sempre è mai, e mai è mai più e dai mai più non si torna indietro.

Hai giorni bellissimi e intatti davanti a te, in questi diciassette anni che fai oggi e che ho quel tuo faccino dolcissimo della prima volta che ti ho visto vicinissima e che mi hai sorriso, lo sai? e che è iniziato con te il mio viaggio di mamma di femmina, dopo tanti maschiacci meravigliosi.

La principessa di questa casa, la dolcezza , quella che canta e corre per le scale, che mi incanta con quei suoi occhi di mare, lo stesso mare che vorrei regalarti oggi, adesso, qui, anima piccola che mi stai nella mano, cuore dolcissimo grande come il cielo, che il mondo sia per te tutta la bellezza, tutta la musica, tutta le cose belle del mondo,  il mondo bello come te, figlia uguale, parte di me, stella lucente. 


28 febbraio, 2014

La Casa dei Bicchieri Spaiati.


Scaricare la lavastoviglie non è mestiere che amo.
Così come non mi piace stendere, credo che questa ritrosia ad entrambe le situazioni sia dovuto al mio senso dell'ordine, diciamo quasi nullo.
Essendo un lavoro che faccio per forza, mi ritrovo a distrarmi, a pensare ad altro, per rendere tutta l'operazione lievemente più gradevole.
Che pensieri strani mi vengono mentre mentre scarico la lavastoviglie.
Questa casa non ha più un servizio di bicchieri.
Cioè, sì.
Cioè, no, non ne ha uno che può chiamarsi tale, laddove si possano contare 6 bicchieri tutti uguali.
Dopo la dipartita degli ultimi calici disintegrati, non v'è stato modo di acquistare un servizio vero, degno di questo nome, come ogni casa dovrebbe avere.

La Casa dei Bicchieri Spaiati, però, è bella così com'è.
Accoglie e consola, cura e lenisce ogni tipo di tristezza e malinconico disagio.
La Casa dei Bicchieri Spaiati è una casa un pò speciale, a giorni alterni piena di gente o completamente silenziosa. E' bella in ogni momento della giornata, dalla radio sommessa del mattino presto al verso sera, quando si sente una voce che ripete storia.
Qualche volta, un urlo lacerante, spesso cori da stadio, canzonacce da osteria, delicate note di pianoforte, qualche abbaio da guardia poco convinta, qualche parolaccia sbattendo il ginocchio in quello spigolo malefico.Risate, tante, soprattutto quando i figlioli sono tutti e tutti lo saranno domenica questa, dopodomani.

La Casa dei Bicchieri Spaiati sarà nel suo fulgore maximo, con figlioli al completo e fidanzate al seguito, come e più che a Natale. Da vera donna di casa quale non sono, già ipotizzo menù ricchissimi, un dolce speciale, forse un vino bianco prezioso, che il mio Sposo mi verserà con la precisa intenzione di farmi ridereridereridere, che da giorni mi scruta preoccupato. Ero triste, sì.

La Casa dei Bicchieri Spaiati accoglierà questa famiglia chiassosa e lucente, sarà tutto un assegnare letti e a non sapere mai bene chi dorme dove, nonostante ognuno abbia ancora la sua stanza pinta e tratta, sebbene studi o viva lontano dalla casa paterna.

I Bicchieri Spaiati fanno di una casa la mia casa, in un disordine che amo perchè ci trovo me e tutta la mia storia, mi ha curato in silenzio in questi giorni passati quando nulla avevo da dare al mondo se non la mia tristezza, il mio disagio, il mio volere solo stare chiusa qui, a guardare il nulla, al di là delle cose, oltre la siepe.
I Bicchieri Spaiati sono i testimoni delle tante feste, motivate e non, della voglia di festeggiare non solo i compleanni e gli anniversari, ma anche le prime viole, i germogli delle ortensie, i pettirossi che non se ne vogliono andare.

Forse, non c'è modo di sfuggire alla tristezza che ti squassa, alla paura e alla malinconia,  ma ogni scusa è buona per una festa semplice, per far tintinnare due bicchieri e dirsi, va meglio, andrà meglio, è meglio di già.
E che i bicchieri siano spaiati, per forza di cose.


24 febbraio, 2014

Il cuore scomodo.

succede, ogni tanto.
di solito se si è più stanchi, più in ansia, più sospesi del solito.
una ragione vera non c'è.
Il cuore, invece di star morbido e sciallo al suo posto, ecco che decide di far esercizio, di arrotolarsi su se stesso, di girarsi e rigirarsi come a trovare la giusta posizione, da un lato, da un altro, a pancia in sù, a pancia in giù, come quando non si riesce a dormire. Il cuore non dorme, ma vaglielo a spiegare.

Sono stati quattro giorni di fatica e di bellezza, non so dire se più bellezza o più fatica, a tratti mi sembrava di essere su una stella luminosa, a tratti invece, il mondo, l'universo, il Creato tutto mi erano contro, come a schiacciarmi e niente, niente, niente che andasse per il giusto verso. 
Lontano da casa, poi, tutto sembra gigante e insormontabile.

In tutta questa faccenda, il cuore stava scomodo.

E lì a farsi domande, sul perchè e sul percome, i cuori come il mio tendono sempre a darsi un pò la colpa, anche quando colpa non ce n'è.

Ho un cuore maleducato e villano, dove villano era il mio insulto più temuto da bambina, Villana! mi si diceva, e io a chiedermi a 8 anni o poco più se fosse stato meglio di cretina o scema. Mi sfuggiva il significato e fra me pensavo che villana doveva essere proprio una specie di mostro, perciò me ne stavo zitta e buona, mortificata in un angolo per dieci minuti buoni, per poi tornare alle attività che mi erano valse quell'apostrofarmi, senza fare una piega. La mortificazione, alla fine, era di breve durata.

Ho un cuore villano e malandrino, che non si spiega molte cose, che si danna a capire e capire non sa, che fa fatica, che se ne sta rattrappito in un angolo, scomodo come sulle sedie di legno dei vecchi cinema, come sull'autobus strapieno, come in fila alla posta.

Ho bisogno di un divano morbido, un pò sfondato, di quelli di velluto liso ma  dove ci si sta così bene. Ho bisogno di un posto comodo per il mio cuore un pò stupito, un pò sorpreso e un pò ferito.
Ho bisogno di una coperta leggera e una tazza di bei pensieri lì vicino, una specie di sicurezza, non so dire, qualcosa che mi faccia dire che è tutto a posto, che va tutto bene, che tutto è bene e che andrà sempre tutto bene. Non sarà vero mai, ma ci si prova.

I cuori come il mio passano ad abbracciarti quando sei lontana da casa, non sanno che sei tu e ti parlano di te. E ti fanno sorridere e pensare alla grande fortuna che hai.
I cuori come il mio passano sopra a disavventure e ladri e tornano, tornano sempre.
I cuori come il mio ti portano monili e sassi dall'altra parte del mondo e sanno bene come vanno certe cose.

I cuori villani hanno la presunzione e la certezza che il mondo sia pieno di cuori uguali.
E che basta solo cercare un pò.

troverò un divano sfondato e liso per questo cuore scomodo che capire non sa.



17 febbraio, 2014

Aspetto.

Perfino le orchidee stanno ferme.
Ne ho una quantità sparsa per tutta la casa, alla ricerca di luoghi strategici. Nemmeno Brigida, che tante soddisfazioni mi ha dato in questi due anni, sembra ne voglia sapere di fiorire.
Bocciòli, un sacco. Fiori, nessuno.
Si dice che si debba aver pazienza, che le orchidee son delle tipe strane, non devi dar loro troppa attenzione, nè troppo poca.
Mi adeguerò.

E' un lunedì banale, da sei meno, indeciso, come i bocciòli delle ortensie.

Fuori, il clima senza slancio di una stagione che non sai, che non ami e non ti ama, che non hai decifrato ancora.
Dentro, il disordine compunto di una domenica già passata, delle Olimpiadi alla tv, ci si scopre un pò tutti esperti di curling e  pattinaggio su ghiaccio, per una mezz'ora almeno.
 E poi, progetti, alcuni davvero grandiosi, in primavera.

Più dentro, la sensazione di essere un pò in bilico, come a camminare su una fune, come appesi a un elicottero che vola e vola, come a guardar giù da una cascata, con la voglia di buttarsi dentro e la paura di caderci. 
Aspetto il sole, quello vero, non questo sciocco lumino che ogni tanto si fa vedere da dietro le nuvole, e illumina solo ma non scalda. Aspetto giorni lucidi con l'erba nuova, le viole, i pantaloni a fiori, le ballerine senza calze, la vespa. Aspetto, non so cosa e non so chi, sono come sospesa su un mare azzurrissimo, arrivo a sfiorarlo ma non mi ci tuffo, è pieno di pescecani là sotto, pieno di meduse magnifiche, trasparenti ed infide, le meduse sanno bene come incantarti, son come le sirene più o meno. Là sotto è pieno di scogli, e pezzi di legno e relitti affascinanti, anfore romane e tesori nascosti, uno scrigno di monete d'oro e tanti destini.

Aspetto, chissà, il tempo che passa, i giorni migliori, la prossima puntata, raccolgo piccole cose come i bollini dell'esselunga, e chissà quale sarà il mio premio, questa volta, raccolgo e metto lì, i momenti che rido e quelli che invece no, i giorni con la pioggia e quelli col sole, le cose belle e quelle meno, le volte che ho sbagliato e quelle che invece sono stata perfetta, già ma quando, che non mi ricordo.

Sul mio tavolo c'è una tazza di thè quasi gelato, una stilografica e tanti pensieri. Li annaffio come annaffio le orchidee, fioriranno prima loro, la prossima volta mi compro dei giacinti, sono quelli che fioriscono sempre, e nella sezione Delusioni non attaccherò nessun bollino.
Staremo a vedere.

11 febbraio, 2014

Il pittore sul ponte.

Non ne avevo mai visto uno.
Cioè sì, ma non qui, su questo ponte, a dipingere questo fiume.
Questo fiume non è amato, non rappresenta, non dice nulla. E quando dice qualcosa , esonda.
Perciò nessuno lo dipinge.
Nessuno tranne l'omino di questa mattina, tela e tavolozza, in piedi,  a dipingere il fiume.

C'è un sole tenero e festaiolo, quest'oggi qui.
Viene voglia di correre, di andare per viole, di fare un giro sull'erba se non fosse per il fango, di sedersi su un muretto e guardarsi intorno, magari chiacchierare con qualcuno.

Il signore del ponte dipingeva il fiume.
L'ho trovato romantico, un pò demodè, da lungo Senna, non saprei.
Sono passata troppo in fretta, dal ponte non è che ci passi spesso a piedi, e non ho visto molto di quello che già era sulla tela.
Ma ho visto tanto azzurro.
Eppure, il fiume oggi ha un colore marrone verdastro, e non è che sia un bel fiume, non ha canoe o barchette colorate, non ha un bel niente.

Il pittore, però, guardava il cielo sullo sfondo. Azzurro, azzurrissimo, di un turchese così bello che quasi non me lo ricordavo, dopo tanta pioggia.

Ho bisogno anche io di un tubetto di azzurro.

Non so dipingere, ma lo userei per colorare le cose che non mi piacciono, tutte le cose marroni e verdastre come il fiume, tutte le cattiverie, tutte le menate, tutte le perdite di tempo, tutto l'astio, tutte le parole dette a vanvera, tutte le questioni di principio, tutto.

Un tubetto di azzurro come il cielo che c'è, tirato a lucido, incerato quasi, il cielo è così anche quando piove, solo che non lo vedi, solo che si nasconde.
E' lo stesso cielo che c'è al di là del fiume limaccioso e triste. Basta guardare più in là.

Vorrei ritrovare quel pittore e chiedergli di insegnarmi a dipingere.
A trasformare i miei pensieri opachi in nuvole bellissime, i miei magoni in prati verdi che lambiscono la riva, le mie delusioni in barchette di carta che plànino sopra l'acqua limpida, andando lontano. E a farci un bel sole.

Ma forse, un tubetto non mi basterebbe, io non so dipingere e di certo, a quest'ora, il pittore sul Tanaro non ci sarà più.
Però, che peccato.





07 febbraio, 2014

Oggi mi regalo...

una giornata per me.
Ho tante cose da fare, ma mi regalo la lentezza nel farle, la calma, un pò di pace, nessun impegno pressante, nessun appuntamento serio, nulla.

Mi regalo un minimo di tranquillità, il lusso di fare tutto ma farlo come piace a me, senza girare come una trottola imbizzarrita, senza imprecare, senza arrampicarmi su scale, dedicarmi a lavori odiosi, senza dirmi E' Tardi, ma tardi per cosa.

Mi regalo un giorno bello, dove posso guardar fuori e dire Che Schifo di Cielo, ma poi se guardo bene il cielo color sogliola ha un suo fascino in fondo, e allora cancello e mi dico Ma Guarda Che Bel Cielo Che C'è.

Mi regalo dei bei pensieri.
Che forse è la parte più difficile, i pensieri non è che li vedi in vetrina e scegli i più belli, non sono i broccoli dell'Esselunga, che stai lì a scegliere quello più coreografico e poi non sai mai da che parte infilare il broccolo nel sacchetto, dal gambo o dalla testa, è una roba complicata.

I pensieri non si scelgono, ti arrivano alle spalle e nemmeno ti chiudono gli occhi da dietro per farti una sorpresa, Dimmi Che Pensiero Sono, no. I pensieri ti arrivano direttamente nella testa, qualche volta passano prima dal cuore e poi dal cervello, quasi mai il contrario, e si sdraiano per bene, si allungano fino ad arrivarti sullo stomaco, e schiacciano che quasi non respiri. Non sono mai belli, i pensieri che fanno così.

Scelgo però di fare la guardia, di mettermi sulla porta e far passare solo i pensieri leggeri, quelli da accarezzare come si fa coi gatti, quelli da coccolare, da bere piano, da tenere sul ripiano della cucina e da guardare ogni tanto, per essere sicuri che ci siano ancora. Quelli colorati e morbidi, i pensieri che ti fanno bene all'anima, non il passato, non le cose che verranno, ma le cose che hai, qui e ora, perle di una collana infinita, di giorni uno sull'altro, di piccole battaglie, di qualche vittoria, di un pò di delusioni che fanno più forte chi non vuole farsi schiacciare, chi vuole il meglio, chi non si siede a aspettare.

Oggi mi regalo pensieri così, pensieri che si schiantano nel cielo color seppia in un'esplosione di brilli e stelle filanti, e diamanti purissimi e perle lucide, ho una teiera nuova di zecca e due gomitoli morbidi, ho un'amica da far sorridere e un'altra con cui vedermi, più tardi, verso sera, non so.

Resto così, in equilibrio fra le mille cose da fare e una musica che mi balla in testa da ieri, non ho fatto la spesa e inventerò un pranzo regale con quello che ho, il silenzio di questa casa è una medicina preziosa, il letto è ancora disfatto, ho montagne di asciugamani e lenzuola da riporre negli armadi, con calma farò tutto, mi regalo perle di saggezza al mattino presto, cose belle solo per me, anche se fuori il cielo è di seppia, oggi è vietata la malinconia.

Che poi i broccoli. Meglio la vaschetta.

04 febbraio, 2014

Tutta colpa del divano.

già uno non ha tutta questa voglia.
in più, se si autoflagella con lavori assurdi, ecco che il quadro è completo.

Cambiare le fodere dei divani, lavarle, stirarle e rimetterle sù.
Un lavoro da massaie provette.
Quale io non sono.

che non era giornata lo sapevo già, lo si capisce dal mattino che giornata sarà, se già ti svegli appiccicosa di sogni assurdi, di pensieri strani, di angosce immotivate, di ansie che non sai da che parte voltarti, non basta la doccia tiepida a lavare via tutto, ti specchi e ti vedi una faccia che prenderesti a sberle, che faccia c'hai stamattina, e farsi le smorfie non migliora, non migliora un bel niente.

poi, ti punge vaghezza di lavare le fodere del divano. 
Errore. Errore Madornale.

Già a toglierle non è uno scherzo da nulla, poi il divano sfoderato dà idea di disordine, sciatteria, i teli che metti fanno tanto casa di nonna Speranza, crepuscolare sì, sono una donna crepuscolare e incazzata stamattina, insopportabile come solo le donne sanno essere certe volte, giro come una trottola e non combino un bel nulla, sono insoddisfatta, irrisolta e invisa e me stessa, ho sognato male, ho dormito male, mi son svegliata male stamattina, storta, di traverso, e adesso ci si mette pure il divano, un tira di qua e tira di là che non sopporto, e me ne rendo conto quando l'ho già disfatto per metà. Il punto di non ritorno.

Che donna bizzarra quella che si aggira per casa mia questa mattina di febbraio che piove umido e acqua e schifo, che qualcuno deve aver rubato il cielo e i fiori e le nuvole, anche, e tutti i colori.

Che donna sciocca va sù e giù per le scale di casa mia, spettinata e scazzata, che vorrebbe essere a diecimila miglia di qua, cosa c'è a diecimila miglia da qua, che viaggio devo fare, a quale gate, ho solo bagaglio a mano faccio in fretta, mi imbarco e via.

Che donna disordinata e insofferente sono stamattina, senza coordinate, senza cartina, senza nulla. Le cose si accumulano, i pensieri anche, è una di quelle tre giornate all'anno in cui non ce la faccio, in cui mi verrebbe da sedermi in giardino e guardare sù, se ancora ci fosse, il giardino, se si vedesse qualcosa guardando in sù.

Mi passa.
Passerà, certo.
Passa la tosse, la tormenta, passa l'odore di fritto dalla cucina, perfino la neve se ne va.
Passerà anche oggi.
E allora, ecco, ci sarà  ancora profumo di fiori, e il pratino verde e l'erba nuova, e allora, sì che sarà bello sedermi in giardino e guardare il cielo, che nel frattempo, qualcuno ha colorato coi pennarelli Carioca, quelli coi colori più belli, che ti regalavano a Natale.
Nel frattempo, il Dannato Divano è lì che mi aspetta, metà fodere da togliere, l'altra metà accatastata sul pavimento,  zero voglia e la frase killer Ma cosa Mi è Venuto In Mente.

Che poi, le cartine, nemmeno le so leggere.





27 gennaio, 2014

Sola in cucina.

le mattine difficili
i giorni lunghissimi
le volte che senti che non ce la puoi fare, non più almeno
mattine che non basta la radio a manetta
non basta e nemmeno ne hai voglia alla fine

che si sono lavati i vetri, dentro e fuori con un freddo becco, in equilibrio sul davanzale, finirò sulle rose se scivolo giù, i vetri e pure le tende e si stanno attaccando le fodere dei divani, così, per non star troppo a pensare

alla fine delle mattine come questa, o forse no, quasi a metà, c'è un momento di silenzio e di pace, come di raccoglimento, come in chiesa.
Il caffè da sola in cucina è una specie di medicina,  guarisce le notti insonni e i pensieri umidi di altri pensieri e di altri fotogrammi, a sovrapporsi.
Di solito, si cerca nella caffettiera grande e si riscalda quello che c'è già, un giro di valzer nel microonde, la tazzina a pallini che arriva dritta da un vecchio albergo sul lago, un regalo.
Ci si siede in un angolo del tavolo, un pò storte sulla sedia, e si guarda fuori in niente che c'è, il cielo promette neve, come sarà bello vederla attraverso i vetri tirati a lucido.

Da sola in cucina, il caffè ha un altro sapore, non è quello chiassoso con le amiche, pieno di chiacchiere e cose belle. Il caffè sola in cucina ha l'aria di una specie di benedizione, è pieno di significati nascosti, come piccole carezze, vedrai andrà tutto bene, vedrai, vedrai, vedrai.

Il caffè in un angolo del tavolo, nel silenzio e nella pace che pace non è ma solo mancanza di rumore, è un caffè che cura,  soffiate leggere a raffreddarlo, e piccoli sorsi per l'anima, balsamo per stanchezze improvvise di prima mattina, ambrosia, a nutrire e sollevare.

Si guarda fuori, la mattina più lunga volge al termine, il silenzio fra poco sarà musica e rumore, la tazzina a pallini e sciacquata lentamente e asciugata con cura. 
Nel riporla, uno sguardo ancora a un cielo pesante color seppia. E' vero, nevicherà.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...