06 aprile, 2018

Di plastica.

è un pò come con i fiori.

ne hai cura, li annaffi, ti assicuri che abbiano la luce giusta, il giusto calore, e loro no, dopo un pò se ne fregano delle tue cure. E spariscono.

Succede coi tulipani, che sono forse i più onesti. vanno via un pò alla volta, cade n petalo, poi un altro e alla fine resta solo lo stelo.
Con le rose invece no, le rose ingialliscono, si accartocciano s loro stesse e poi crollano, di lato.
Delle orchidee non ne parliamo proprio, le mie nemmeno fioriscono, e tanti saluti.
Dei giacinti poi, La Grande Illusione, fioriscono rigogliosi anche dopo un inverno di gelo e profumano, profumano così tanto che ti fa male la testa e tu dici, ma guarda, guarda come fioriscono questi giacinti perfetti. Una settimana, forse due. Fine.


Meglio i fiori di plastica. Che certo non profumano ma almeno non ne devi avere cura, non devi perderci un mare di tempo, non li devi piantare, innaffiare, cambiare l'acqua nel vaso, niente.

Al mercato cinese puoi avere un fascio di rose rosse a meno di 5 euro. Saranno per sempre.

Una volta scrissi che collezionavo fiori di plastica e aurore boreali, mai che ne avessi vista una ma non è detto.

Non colleziono fiori di palstica ma libri, quaderni e stilografiche dai colori impossibili, colleziono perle vere e promesse, sassi di mare e sassi sul cuore, che alla fine sono la stessa cosa.
Colleziono sbagli, offese e abbracci veri,  frasi da cioccolatino, frasi belle che tengo in un cassetto segreto, alcune dette, alcune scritte. Frasi che mi hanno fatto male, frasi che mi ripeto quando voglio essere forte o devo farla, frasi dei libri che sono come se le avessi scritte io, così belle da passarci sopra il dito ogni volta, come ad accarezzarle, come a dire Grazie delle Cose Che Mi Insegni, nessuno le ringrazia mai le parole, le canzoni, dovrebbe pensarci qualcuno e se non ci pensa nessuno lo faccio io.

Insegna anche il male, insegnano anche gli schiaffi e i calci in culo, che non è mai la giostra, mai o quasi. Facciamo mai.

Sbaglio ogni giorno e ogni giorno vorrei imparare.

A fare il sushi, a fare i conti, a non avere paura, a non avere sempre questo vento forte in mezzo allo stomaco, come il maestrale quello forte, che mi fa dire ecco, cosa succede fra un minuto, e invece non succede niente e tu sei lì che aspetti in mezzo al vento e niente, non succede niente, e questa è l'ansia, signori, quella forte come il maestrale forte.

Imparo, dalle parole che scrivo a sentimento in un pomeriggio di sole bello, che ho dei fiori nuovi sul davanzale, che sono veri e colorati e che non voglio pensare a quando non ci saranno più, Io Ci Sono Sempre, dice la gente, lo dice a me, che c'è e io, io ci sono sempre, sì, ma loro mai, o quando devono esserci davvero non ci sono, e allora, Ma Cosa Lo Dici A Fare Cosa.

Imparo anche dai fiori di plastica, a loro non serve l'acqua, la terra buona, l'innaffiatoio, loro sono belli sempre e se ne fregano del mondo e dell'universo tutto, sarò così, me ne fregherò del mondo e del cielo e del terra, sono una rosa di plastica, quelle che mettono agli incroci, non mi serve niente, non la vostra acqua, non la vostra terra e la vostra luce, io sono rossa sempre, di velluto sempre, con le foglie sempre, sono una rosa di plastica, comprata con altre mille a meno di cinque euro al mercato dei cinesi.






15 marzo, 2018

Succede solo quando piove.

Alla fine non mi dispiace, la pioggia.

Per un giorno, massimo due.

Mi piace il rumore che fa sui vetri, le goccioline che scendono dai rami del pino qui davanti, quello che guardo la notte, la mattina e sempre, e che è un condominio per pettirossi. Una volta, ci ho visto pure uno scoiattolo, ma non ci giurerei.

Quando piove, succedono cose strane. Sarà l'odore dell'acqua, di erba bagnata, di cielo stremato, di zolle fradicie, che poi è fango e si attacca alle scarpe e ti fa i passi pesanti, ma è così bella questa pioggia sulla faccia, e quei minuscoli diamanti sull'erba nuova e sul muschio di smeraldo. Ma piove, piove e basta, piove fortissimo e sono uscita lo stesso, un cappello sghembo che sarà fradicio come  e più di me fra poco, avevo voglia di annusare questa pioggia, voglia di raccontarle qualche cosa, respirare un pò la collina immobile, verrà anche la nebbia, stanotte, mi sa.

E cosa ti racconto pioggia, questa sera, che è primavera fra pochi giorni e nessuno lo sa, che non c'è un fiore nè un colore nè nulla, e nemmeno un profumo, che i giacinti nel vaso hanno fatto un tentativo ma sono ancora tutti abbracciati a loro stessi, guardinghi, meglio non fiorire, Non Fioriamo Ancora, Dillo Anche agli Altri.

I pensieri della pioggia e il cuore fermo, non felice, non triste, fermo, che non balla e non salta, fermo, che non ascolta e non racconta. Fermo.
Racconta a lui le cose che sai, che la pioggia è falsa, falsa come il mare, l'acqua non ti dice mai la verità, mai una volta. Ci prova, si fa profumo e seduce, si fa goccioloni perfetti o gocce piccole invisibili, ma bagna sempre e non solleva, non cura, non fa niente. Scende e basta, bagna e basta, e non ascolta, non risponde, nè consiglia, lascia stare.

Arrènditi alla pioggia, come ti sei arresa al mare. 

Al mare falso che perde e scorda i segreti che gli affidi.
Alla pioggia scema, che scende forte, che ti piace per un giorno, massimo due.

29 gennaio, 2018

La Lavastoviglie.

Sono disordinata.
Non trovo le cose, le perdo, le metto in un posto e mi dico Qui Saranno Al Sicuro e poi me ne dimentico, mi ci applico, faccio liste, riordino cassetti di biancheria, di cucchiaini con meticolosa attenzione e dopo un giorno è di nuovo tutto a mucchi, non so spiegare come.

E'il mio difetto più grande, o almeno credo.
Per questo, caricare la lavastoviglie è gioia e supplizio, perchè, se da un lato sgombro il lavandino dalle cose e mi faccio forte di questo e dico TohGguarda che metto in ordine, dall'altra, l'incasellamento dei piatti per benino, le posate messe verso il sù e non verso il giù, le pentole così, le tazzine cosà, mi da da fare. Che non so nemmeno se è italiano corretto.

Ma mi piace.
Perchè ci metto concentrazione, attenzione, impegno. E penso.

I pensieri della lavastoviglie sono diversi, a seconda che si carichi o si scarichi.
Me ne sono accorta da tempo, ma solo adesso ho tutto chiaro.

Quando carichi la lavastoviglie pensi alle cose che devi fare, alle incombenze, tipo pagare una multa o andare dal medico. O portare un gatto dal veterinario.
E sono pensieri pesanti, spesso, ingombranti, faticosi a portarsi, sporchi, come i piatti che metti dentro, anche se li passi sotto al rubinetto, e li pulisci un pò con quella spazzolina buffa fatta a pirata.

I pensieri sporchi non ti danno scampo, puoi cercare di ripulirli finchè vuoi, ma si infilano beffardi proprio lì, fra l'anima e il cervello, non so se esiste davvero un posto così, ma è lì che stanno, che non è il cuore, no, perchè in un cuore c'è solo spazio per il sentimento e la magia, e le cose belle e le carezze, e le mattine che piove ed è ancora presto per alzarsi,e i fiori del supermercato, e le follie.

Caricare la lavastoviglie non mi piace granchè.
Preferisco scaricarla.
Magari la mattina presto, quando il caffè è sul fuoco, e io sono ancora arruffata e in disordine, coi calzettoni spaiati quando non scalza e con un maglione a caso sulla camicia da notte, che solo nei film sono fighe quelle vestite così, ne ho le prove.
La radio sottovoce, il silenzio, stamattina la nebbia esagerata che soffocava il pratino, perfino i pettirossi faticano a trovare i loro semi, non è vero, i pettirossi la sanno lunga e trovano tutto sempre.

Ripongo con grazia tazzine e piatti coi cuoricini, posate e bicchieri diversi, in questa casa i bicchieri si disintegrano con una facilità estrema, e i miei pensieri sono morbidi e belli, è tutto pulito e lucido, sono stati giorni complicati, arrivano sempre a due a due, i giorni assurdi dove non sai dove nasconderti, ero brava a nascondino, trovavo sempre i posti migliori ma poi mi veniva da ridere e mi trovavano sempre. E non volevo mai contare.

Vorrei sempre per me i pensieri della lavastoviglie quando la svuoto, quando tutto sembra perfetto e quando ti viene da sorridere senza un motivo apparente, che di magoni questa cucina ne ha visti così tanti, e ho cercato di nasconderli e mandarli giù, ma i magoni sono come i piatti sporchi, quelli incrostati di pomodoro, quelli che se ti dimentichi di sciacquare sei finita.

Resto disordinata e inconcludente, qualcuno giorni fa mi ha detto che vivo in un mondo di draghi e unicorni e forse, per una donna fatta non è il massimo, ma che m'importa.

Troverò sempre per me il modo di avere piatti puliti e lucidi, e se non vorrò caricare la lavastoviglie per mettermi al riparo, li laverò a mano, acqua bollente e sapone profumato.

Funzionerà.








05 gennaio, 2018

L'Universale Teoria del Sempreverde.


Stona un pò

E' verdissimo, bellissimo, brillantissimo.
In mezzo alla vigna esausta, al prato inesistente, agli altri alberi spogli, secchi, curvi, stanchi, già stremati da tanto inverno, ma come, se è appena iniziato. il sempreverde svetta, su tutti, lucido e seducente.

Resta bello sempre.
Non gli importa del gelo, della neve promessa e mai arrivata fino ad ora, delle notti buie che qualche volta la luna si degna di vincere sulla nebbia,e allora sale in cielo, così tonda da fare paura, e illumina lo sfacelo intorno e la sua fierezza.
Il sempreverde è sempre lì, sempre verde, e che bella parola è sempre e che fortuna hai, ad averla nel nome. Sempre.Senti come suona bene.

Così, sei sempre tu e sempre io, e sempre bello, e sempre insieme e sempre vicini, e sempre e per sempre, potrei scriverne una paginata di sempre, e non mi stancherei. Per sempre.

Faccio mia la Teoria del Sempreverde e rimango verde anche io, per questo anno nuovo che bussa così forte e che io faccio finta di non sentire, resta fuori ancora un pò che non ho voglia di farti entrare, non ho voglia dei tuoi giorni pesanti, e di tutte le cose che verranno, non ho voglia di te, delle tue date, dei tuoi anniversari, dei tuoi compleanni, che saranno uguali a sempre.
Ma resto verde.

Resto verde nella brina, nel freddo pungente, resterò verde sotto al sole e in mezzo al mare, non sfiorirò, non seccherò, non perderò le foglie, sarò lì, ferma e fiera e non mi farò scalfire nè tagliare, nè potare, e aspetterò l'alternarsi delle stagioni, il vento, la pioggia, la grandine, i temporali, i tuoni e i fulmini e tutto quello che questo anno porterà sul prato e sulla vigna e sulla collina e sul campo e tutto intorno.

Io resterò sempre lì,
Sempreverde.
Sempre verde.
Sempre io.
Sempre.

18 ottobre, 2017

La Nebbia Che C'è.



Che ruba il giardino.
Che nasconde il cancello,il pratino, che strema le ortensie, così belle e tonde e adesso avvizzite e mollicce.
La Prima Nebbia vera.
Quella che amo.
Che mi trova ogni anno diversa, ogni anno un pò di più,un pò di meno.

Coi capelli più lunghi, forse rido di meno, ho più pensieri, belli, brutti,così così.
Sogno di più, sogni così belli che al mattino stai lì ancora 5 minuti per ripassarli e tenerli con te tutto il giorno, e la sera dopo chiudi gli occhi forte per ritrovarli. Non succede mai,ma è bello provarci.

Ho una stilografica in più, un anno in più, una borsa rosa in più. Ho meno voglia di cucinare, sempre di più di andare a Parigi, e a Parigi ci andrò presto e quando mi acchiappa cucino per un giorno intero, bugiarda che sono, e non smetto finchè i ripiani del forno sono tutti occupati e anche i fuochi della cucina,e il lavandino ingombro di mestoli, frullini, scodelle, padelle e gusci di uova e carte di farina appiccicosa. E bucce di verdure. 

Ho più libri da leggere. Impilati sul comodino, una montagna di Sellerio che sono anche belli da vedere, libri che mi hanno regalato, consigliato, che voglio rileggere, e quanti sono quelli che so a memoria, non fa niente, li rileggo perchè mi scaldano, mi fanno bene, e cerco il senso delle parole che so già, e rivedo la scena e rileggo la frase che mi piace cento mille volte, e poi la scrivo, lo so, non è normale, no che non lo è.

Ho meno disordine in giro, ho buttato tante cose, svuotato cassetti e cartelline e zuppiere di collane e campioni di profumo e carte d'imbarco e bagnoschiuma degli alberghi, e nastrini di regali e carte spianate con la mano e tolto lo scotch con attenzione e bigliettini, post it, e ingressi ai musei e alle docce dei porti, ho buttato agende e quaderni finiti di appunti e scarabocchi. meno disordine fuori per fare ordine dentro, si dice sempre così.

Ho più voglia di scrivere, meno di correre, ho più voglia di leggere e di cantare quando stiro, o guido, o salgo le scale di casa. Ieri cantavo Sottoilsolesottoilsole facendo la spesa, avranno pensato questa è pazza, forse sì.

La nebbia di stamattina presto già si dirada un pò, c'è un sole bello che illumina le foglie gialline del ciliegio,amo la nebbia perchè non sai mai cosa, non sai mai dove e forse alla fine, è meglio così.

Mi trova ogni anno qui, a guardare il pratino e la collina rubata, ogni anno diversa, un pò di più, un pò di meno, ma io , io, alla fine sono sempre la stessa.









08 ottobre, 2017

Ho fatto una torta.

                                                       ph.TheLittleCorner

Era da un pò che non la facevo, o forse sì, e magari nemmeno me lo ricordo.
Sono giorni che vanno veloci, che a volte stanno fermi immobili e non  ne vogliono sapere di passare. 
Sono giorni di mancanze e di scoperte. Non sempre belle, non sempre piacevoli.
Cambiamenti tanti, tantissimi, oramai ci posso fare una torta anche con loro, si cambia sempre tutto in qesta casa, cambia sempre tutto e troppo e io non so, non lo so se ne ho ancora voglia.

Ho fatto una torta con le cose che avevo nel mobiletto della cucina, che ho sistemato con cura, ho buttato via zafferani scaduti nel 2013 e caramelle gommose diventate di marmo. Le scatole del thè quelle no, ci ho fatto un buchino sotto e sono diventati dei vasi per le piantine. 
Ho fatto una torta con la farina integrale, lo zucchero di canna, la voglia che ho di tornare la me di sempre e non questa che sono certe volte, che non mi sopporto che non vado bene a fare niente, che mi guardo allo specchio e vedo solo i capelli lunghi, e due occhi strani, sono forse così gli occhi di chi ha capito le cose, di chi non ne ha più voglia, di chi ha coraggio? 

Ho fatto una torta con questo sole, con la luna piatta di ieri sera che mi seguiva in autostrada, ma il sole non fa altro che dirmi che ho i vetri sporchi e la luna di ieri, c'è da giurarci, scuoteva la testa e mi diceva Ma Come Fai ad Essere Così Scema.

La sono, sì.
Mi lascio andare, vacillo, barcollo, mi gira la testa e tutto il mondo intorno, e non so più niente, non capisco niente, ed è tutto pasticciato e scolorito e nemmeno si vede più il disegno, e nemmeno vale più, come certi cartelloni delle pubblicità delle sagre di luglio, li vedi a dicembre, Sagra delle Trofie al Pesto e ti viene da vomitare.

Così faccio una torta.
E' una bella domenica di sole regalato, è ottobre fitto, sarà un autunno calmo e io sono qui che lo aspetto, mi troverà coi capelli più lunghi, gli occhi limpidi  di chi ha finalmente capito e una torta tiepida sull'alzata di vetro.

E' sbeccata, ma non fa niente.






Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...