12 febbraio, 2008
Sogni.
07 gennaio, 2008
Ti racconto.
14 dicembre, 2007
La bolla.
10 novembre, 2007
Quel cuore.
24 ottobre, 2007
Lezioni di volo.
13 settembre, 2007
Dormi.
08 settembre, 2007
La gita scolastica.
21 agosto, 2007
Lascialo andare.
11 luglio, 2007
Ingestibile.
19 giugno, 2007
L'ostello.
12 giugno, 2007
Notte prima degli esami.
Non ho mica paura, sai mamma? Me lo ha detto così, a sorpresa, uscendo un po’ gocciolante dalla doccia, avvoltolato alla bell’e meglio in un telo di spugna, i ricci scomposti, gli occhi nocciola un po’ arrossati dallo shampoo, quel sorriso disarmante e furbastro, quel fare spaccone e tenerissimo. E’ quel che si dice un bell’elemento. Un giusto mix fra suo padre e me, preciso e vivace, intelligente e fantasioso, dolcissimo e pignolo. Tace poco, anche quando tacere lo salverebbe da urla e strepiti che lo seguono fino in cima alle scale. O quando per le scale lo seguo io, facendo i gradini a quattro a quattro, un po’ ridendo , anche se sono infuriata, ma quella scena che li rincorro sulle scale mi fa sempre ridere e lo so che è tutt’altro che educativo, ma che ci posso fare, di sberle i miei figli ne hanno prese proprio poche, lui meno di tutti. Stasera è un po’ agitato, non lo dà a vedere, ma parlaparlaparla, e gioca con suo fratello grande, ripassare? manco a parlarne, c’è il tema domani, mamma, e che ripasso a fare? Non fa una grinza. Lo adoro, com’è ovvio che sia. Mi piace perché ride sempre, perché storpia le canzoni in inglese, perchè sembra solo l’altro ieri che appendevo al cancello del viale che portava a casa un enorme fiocco di tulle con scritto il suo nome. Mi piace perché ha la s che sibila, un sorriso che conquista, una dolcezza che incanta. E sembra solo ieri che ha iniziato la prima elementare, con il braccio destro fratturato, con i Simpson disegnati da me sul gesso, perché non si vergognasse di avere il braccio ingessato in un giorno così importante, che ci ridesse un po’ su. Domani sarò lì, col cuore, accanto a lui e gli suggerirò congiuntivi e punteggiatura, il cuore non è bravo con grammatica e sintassi, ma se ti concentri, Enrico, lo sentirai, vicinissimo al tuo.Se l’amore è amore.
26 maggio, 2007
Tutto pronto.
17 aprile, 2007
L'amore che guarda.
05 aprile, 2007
Oh quante belle figlie...
04 marzo, 2007
Dieci.
25 gennaio, 2007
Chiedi chi era Braccobaldo.
Ci sono volte in cui ci si sente troppo grandi. Un po’ obsoleti, come dire. E tutto quel fantastico bagaglio che è costituito dai nostri ricordi bambini, non è nient’altro che una specie di termometro per capire quanto si è diventati grandi e in troppo poco tempo e quante cose ancora fare e da spiegare e da provare, sperimentare, insegnare. Anche se in fondo si è rimaste un pò oche, ecco. Troppa filosofia, stamattina. Ma ieri, la Princi mi ha sbalordito. Non sono giurassica, sono nata nei primissimi anni 60, dico sempre per tirarmela, figlia del boom economico, con la 500, la lavatrice e le gite fuori porta. E mi è rimasto molto di quegli anni, come a tutti, credo. I miei figli sono figli fortunati, sono sani, piuttosto furbi e, com’è ovvio che dica, bellissimi. Ma si sono persi molto. Per esempio, la TV dei Ragazzi. Cominciava alle 4 e finiva alle 5, se non sbaglio, sul primo canale. Io impazzivo per Giocagiò, una specie di Art Attack che richiedeva in ogni esperimento la famigerata forbice con le punte arrotondate che io non avevo mai. Credo di aver riportato seri danni psichici per questo, insieme alla tristissima vicenda del Dolceforno. Ma tutto questo giro di parole per dire che ieri sera, appena prima di dormire, giocavo con la Princi sotto il piumone, appena prima di quel bacio che accompagna i bambini nel loro viaggio attraverso i sogni di zucchero e di brillantini, che li scorta e un pò li protegge, tra i peluche e il cuscino e il pigiamino coi bottoncini a cuore, e i denti lavati e i capelli spazzolati, e quel vago sentore di borotalco e di inchiostro e di quaderno nuovo che hanno tutti i bambini prima di andare a dormire, che te li baceresti per delle ore, e nemmeno quando pungono di barba e brontolano e un pochino ti respingono perché sono grandi e non si fa più, smetteresti mai. Ieri sera, appunto, cantavo alla Princi “Siamo tutti qui, e tutti insieme, vogliam vedere, Braccobaldo Bauuuuuu!”. Orrore. Chi diavolo è Braccobaldo. Come. Era il mio cartone preferito. Era un cagnetto delizioso, un po’ sfigatello, in realtà, col nasone e la cravatta. Lo adoravo. E tu, Principessina che usi il computer quasi come me, che non riesci a concepire una vita senza telefonino e senza bancomat, e senza supermercato, che i gettoni telefonici non sai nemmeno che cosa sono, che una volta mi hai chiesto se quando andavo a scuola io esistevano già le penne biro, tu, bimbetta quasi decenne che hai un canale tutto per te e che se solo hai voglia di guardare un cartone basta che accendi il decoder e non devi aspettare come noi bambini, le 4 perché inizi il tuo programma, che prima ci sono le previsioni del tempo di Bernacca e dopo Sette Giorni al Parlamento, tu…..mi vieni a chiedere CHI E’ BRACCOBALDO???? Ma hai ragione tu, cuore della mamma. Io ci provo a non farti vivere troppo nel tuo tempo, ti compro Piccole Donne da leggere e ti ho regalato un diario con lucchetto, da scrivere con la penna, e ti ricamo il nome sul grembiule della scuola, dove si va senza lucidalabbra e senza minigonna e senza cellulare, che si usa solo nelle emergenze, e quindi mai. Ma non so quanto resisto. E non so se faccio troppo bene. Forse, è il solo modo che ho per farti capire di tenere quel tuo cuore di bambina così com’è, per molto tempo ancora, e di non fartelo troppo annacquare dall’aridità degli sms, dagli automatismi dei copia e incolla, dalla freddezza delle mail. Scrivi biglietti e lettere, e ricopia a mano, amore mio. E ricordati delle canzoni dei tuoi cartoni preferiti. Le canterai, fra vent’anni, a un’altra bambina, che avrà i tuoi occhi, e che saprà di borotalco e di inchiostro, e che avrà un pigiamino coi bottoncini a cuori. Lo conserverò per lei.
16 gennaio, 2007
Lo sbianco.
Ci sono delle giornate che non sai mai se non vedi l'ora che arrivino o che passino in fretta. Ci sono giornate in cui appena apri gli occhi e realizzi che è proprio quel giorno e che devi fare quella cosa che non vuoi fare, vorresti coprirti la testa col piumone così, da non respirare quasi, e farti sottile, spiaccicarti contro il materasso, farti pesante sul letto, rigida, e ripeterti non mi alzo, non mi alzo, non mi alzo. E poi, improvvisa ti viene un'energia insospettabile, una voglia di fare, di toglierti di mezzo l'impiccio, la preoccupazione e l'ansia subdola che ti accompagna da qualche giorno in qua, anche se non le hai dato ascolto, sei stata "brava a tenerla brava", quieta e zitta in un angolino del cuore, come in castigo. Ma lei era lì. E ti ha fatto pulire la casa da cima a fondo, cucinare per un plotone, telefonare a destra e a manca per fissare appuntamenti, una visita, per cominciare, e un esame del sangue, per finire. Già, perchè c'è una cosa che ti scava nello stomaco e nella testa, come un piccolo scalpello appuntito, creandoti un dolore sibilante e continuo: ed è quando uno dei tuoi figli ti dice Mamma Non Sto Bene. Come non stai bene, figlio. Ti ho fatto tutto in ordine, a posto, hai diciassette anni e sei di una bellezza che inquieta, come non stai bene, non puoi non stare bene tu, che giochi a pallone e corri e salti e hai un'allegria che contagia e a volte strema, tu che ascolti la musica a manetta ed è tutto uno zunt! zunt! zunt! che fa andar fuori di testa anche chi passa per caso da camera tua. Mamma Non Sto Bene, ed è un mesetto che non sta, che sta così, che è stanco e non ne ha voglia, che a volte non ha fame e troppo caldo o troppo freddo. Bene, in questi casi, alla pagina 539 del Manuale Del Perfetto Genitore, c'è scritto Fare Accertamenti. Così, si va. Con il cuore ridotto a un gomitolo sghembo, lo stomaco sigillato, come di pongo, una specie di tremore non palesato, Mica Posso Farmi Vedere Preoccupata. E invece la sono, porca miseria, la sono da morire, ostento una tranquillità che mi fa paura, sorrido molto, respiro molto, di quei respiri che conosco bene, di quelli lunghissimi che ti fa fare il dottore quando hai la bronchite. Allora, si va. Stamattina niente scuola, ma è una vacanza che non piace a nessuno dei due. In fondo, sono io l'incaricata della salute, in famiglia. Io che distribuisco vitamine e sciroppi, antibiotici e goccine, dove necessitano.Mio marito si chiama fuori. Ma stamattina, sulla porta, nemmeno lui era tanto normale e si vedeva da lontano, aveva quel passo a scatti che gli riconosco quando c'è qualcosa che non va. Fatte la analisi, dalla mia Amica Dottoressa, che gli ha fatto un prelievo come una carezza, ridendo delle sue scarpe di due colori diversi e di quel suo piercing in quella parte d'orecchio che non è il lobo e che per questo mi sa che fa un male orbo. Ma lui era teso. Mi ha rivolto quei suoi occhi da Bambi, quel suo viso angiolesco e quel piccolo broncio. Mi parla con quegli occhi, che sono i miei, il suo cuore tocca il mio, senza parlare, senza bisogno di dire. E so esattamente che cosa prova adesso, così bene che lo potrei disegnare, o farci un film. Che cosa sorregge un genitore quando non sa bene se suo figlio sta bene oppure no, che cosa lo fa respirare e deglutire, camminare e muoversi, se è lì ad aspettare. Aspetteremo poche ore,per fortuna. Anche dall'Amico Medico, una visita minuziosa, una lastra. Poi, in tarda mattinata, la telefonata dal laboratorio. E' tutto a posto, a postissimo, proprio tutto. Solo il valore del ferro, dovrà prendere quei botticini che sanno di chiodi che prendevo quando aspettavo, lui e i suoi fratelli. Fine dell'avventura. Hai Visto, Te L'Avevo Detto. E adesso, qui. Qui, come se mi avessero preso a botte, a manganellate sulla testa, lui, sereno e io spossata, come se avessi scaricato un camion di arance, come se non avessi dormito per settimane. I figli non crescono, sono fragili e cristallini anche da grandi, alti due metri e con un accenno di barba. I figli sono crochi nella neve, stelle lucenti di sabbia e di brina, micini con gli occhi chiusi, fili di seta anche se sembrano di acciaio. I miei figli sono la parte di me che avvolgerei, che terrei sempre al caldo, che difenderei sempre anche dal raffreddore, dai ragni, dall'umidità e dalle cattiverie. E dalla paura. Con la loro cancello la mia, per un pò, e mi sento forte e inattaccabile, per poi trovarmi, come ora, totalmente svuotata, felice e stravolta. Eppure, dovrei esserci abituata, a sbianchi del genere. Mi sa che dovrò applicarmi, forse non ho studiata abbastanza e perciò dovrò ripassarmi quel Manuale. Ma forse, a pagina mille non sarò neppure a metà.
02 dicembre, 2006
La Signora della Lampada.
Vabbè, è andata. Alla fine, il giovane Holden è ritornato a casa, stampellato, gli occhi segnati, pallidissimo. Un pochino sofferente. Certo, non è cosa da nulla, lo sento raccontare ai fratelli ammirati e inorriditi, strane pratiche di tendini e ossa, e drenaggi e tubicini, e iniezioni sottocutanee che la medesima ha dovuto effettuare, armata di coraggio, dacchè il mio sposo se l'è data a gambe. Sì, è toccato a me. Che sono ansiosa è notizia vetusta. E anche apprensiva, agitata e vagamente psicopatica. Così, le scene per fare al piccolo unversitario la suddetta puntura nella pancia, signori miei, mica nel sedere, erano doppie: le sue di lui, che doveva riceverla, le mie di me, che dovevo farla. Insomma, il delirio. Ho respirato profondo, preparato con cura l'aggeggio (che c'è da preparare, son siringhe già pronte, un gioco da ragazzi), preso tutto il coraggio di cui dispongo e zac!, l'iniezione è stata fatta. Ne deve fare 21. In casa mia, Natale In Casa Cupiello è una recita scolastica, in confronto. Ho fatto l'infermiera tutto il giorno. Spremutine, biscottini, aggiustatura di cuscini, sento se hai la febbre, ma ho avuto il crociato, mica la polmonite. Lui, dolorante. Ma tranquillo. Sarà un pò il principe di casa, in questi giorni. E oggi, sua sorella la Princi, per intrattenerlo, gli ha fatto scrivere la letterina di Natale. E' stato discreto, seguendo il mio consiglio. Giacchè cammina deambulando in malo modo, ha bisogno di un nuovo paio di scarpe. E la rieducazione, come fai a non saperlo, riesce molto meglio in scarpe Prada. Suo padre mi ha fulminato con gli occhi. Ma io, che son più furba di una faina, ho retto il suo sguardo. Sono o non sono Florence Nightingale ? Non osare contraddirmi, bellezza. Sulla Croce Rossa, non si spara.
30 novembre, 2006
Figlio del cuore.
Sì lo so che non è niente e che lo fanno tutti i calciatori. E che nemmeno gli faranno l'anestesia totale e che non sentirà male, me lo hanno ripetuto in mille, solo un pò di fastidio dopo e la lagna della riabilitazione, il tutore eccetera. Un intervento al legamento crociato, soprattutto se fatto da un luminare, oggi rappresenta un inghippo paragonabile all'estrazione di un dente suppergiù. Ma non è questo. E' che io non distinguo. Il mio cuore non distingue. Che di figli ne ho avuti tre e ne ho vinti altri due, e che questo, questo qui che ha 21 anni e mi abbraccia stretto come ne avesse 7, come quando era un bimbetto sdentato che non sapeva se guardarmi con ammirazione o con sospetto, quando gli insegnavo a disegnare le fragole coi puntini, nei week end in cui stava col padre e quindi con me, questo ragazzo che è un uomo, oramai, che studia da ingegnere e che si siede in cucina a parlare con me, che mi chiama Là e che racconta, non molto in realtà, ma che so da come apre la porta se qualcosa gli è andato storto, questo figlio acquisito che non è un "astro", suffisso bandito nella nostra famiglia, che mi dice Parla Tu Con Papà, e mi scrive nei post it Grazie e io ci piango come una scema, che conservo ancora quella melanzana salterina che mi ha regalato per la festa della mamma dieci anni fa. A lui, che stamattina ho fatto ridere sulla porta con le mie stupidaggini alle 6 del mattino, che aveva un pò paura ma non lo dava a vedere, ma sa che io so, a lui vorrei mandare, adesso, il più stretto dei miei abbracci, quelli che scaldano e danno coraggio, anche se è grande e sa che non è niente e che domenica sarà già qui, a casa, a casa sua. Non sono sua madre, ma da undici anni è come se. Il cuore non distingue, se i figli vengono dal cielo o dal mare. E i figli del cuore, col cuore, lo sanno.
13 novembre, 2006
Chiedi chi erano i Beatles.
Già. Stamattina ho spiegato a mia figlia chi è Stella McCartney. Non che ogni mattina le spieghi la vita e le opere di uno stilista diverso, certo che no, ma eravamo lì, un po’ di corsa come ogni mattina, i maschi già fuori, a parlare di vestiti. E non importa se ha soltanto anni 9, ma le piacciono le cose belle, impazzisce quando, mensilmente o quasi, stanzio una piccola cifra da spendere a suo piacimento nel paradiso degli abiti low cost, Zara e similari. E da lì, dal fatto che costare poco non vuol necessariamente dire che siano schifezze immonde, anzi, ci si sono messi pure degli stilisti di chiara fama a disegnare per loro, zac!ecco che si è arrivati, giocoforza, a Stella McCartney, che ha disegnato per H&M. ma chi è mamma? Ma come chi è, figliola, la figlia Paul McCartney. Ah. E chi sarebbe? Come chi sarebbe, COME CHI SAREBBE. Ma uno dei Beatles! Mi ha guardato, gli occhi di lago un po’ assonnati, i capelli che ancora non avevano incontrato la spazzolata mattutina, il pigiamino stropicciato, un’ombra di dentrificio all’angolo della bocca. Come puoi, figlia. Come puoi sapere, se di anno di nascita fai millenovecentonovantasette, chi erano i Beatles. Quelli di She loves you yè yè yè, quelli di Help, I need Somebody, Help!quelli di We all Live in A Yellow Submarine….. Come puoi. Mi sento giurassica a parlarti di loro, in realtà quando loro cantavano Help io non ero ancora nata, ma ho consumato le loro cassette quando avevo 13 anni o giù di lì, le cassette, lo sai, quelle cose rettangolari con il nastro dentro che gira, e che a volte si intruppava e allora si aggiustavano facendo girare dentro le rotelle una Bic Punta Fine. Che ne sai, tu, di quando per vedere le foto della gita si doveva portare il rullino dal fotografo e aspettare una settimana, tu, che scarichi le foto del compleanno quando ancora il tuo compleanno non è passato del tutto. E che dirti, allora, degli amici delle vacanze, ai quali scrivevo durante l’inverno delle lettere lunghissime, sui fogli di Snoopy e Holly Hobbie, e impazzivo a cercare il Codice di Avviamento Postale di Milano, in un libricino che conservava mia nonna in un cassetto della cucina, e aspettavo che il postino mi portasse la risposta, tu che racconti in Msn alle tue amiche che hai imparato la poesia di San Martino e che a Milano ci vai così spesso che scriverci una lettera sarebbe ridicolo. Ma tu, figlia, conserva un po’ di questa cose passate. Sono così belle. Ti farò sentire le canzoni dei Beatles, aiutano a imparare l’inglese, non lo sapevi, e poi quando sarai più grande, sarà così inusuale sapere a memoria Michelle Ma Belle che farai tendenza. E scrivi, figlia, scrivi, con la carta e la penna, scrivi bigliettini e lettere, falle trovare nei posti più impensati alle persone che ami, sono carezze per l’anima, che non si abitua alle mail, ai forward e agli attachment. Io conservo le lettere delle mie amiche, le leggo quando voglio sentirle vicine, senza telefonare. Mi piace di più. Scrivendo, lo sai, è il cuore che parla, esce il vero di te che non sai dire con la voce, a volte è così difficile. Scopri cose che non immagineresti neppure, e le fai scoprire agli altri. L’anima è una buffa cosa, fa tanto la spavalda ma poi va in sollucchero per una fotografia di carta da tenere in un libro, Ti voglio Bene su un bigliettino, la poesiola nella merenda, Ti Amo sul post-it allo specchio del bagno. E se non saprai bene che cosa scrivere, fermati e ascolta. Il tuo cuore, amore mio, lo scriverà per te.
Odore di dicembre.
Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...
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C'era un libro, una volta, così intitolato. Mi pare fosse di Luca Goldoni, indagherò. Colgo l'occasione per spiegare. In realtà da s...
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La Casa in Collina, con tutti i suoi abitanti, era da sempre teatro di storie e leggende, di piccole e grandi tradizioni, qualcuna impara...