31 maggio, 2006

Di rose e caprifoglio.

Bello, no? Anche se non è la festa di nessuno, anche se non è domenica, apparecchiare per bene fa bene al cuore. Poi, il pane fresco, un fiore del giardino dentro alla bottiglia della nonna, le tovagliette tricot style trovate ieri all'Oviesse, i piatti con l'anemone...Stamattina mi sono portata avanti. Ho dedicato un pò del mio tempo alla casa, ai miei cassetti con la rivoluzione francese al loro interno, al mio armadio simil saccheggiato. Lavori manuali e inusuali per sgombrare mente e cuore. Sul fuoco sfrigola tranquillo del pollo al curry, farò una pizza e una macedonia per i fanciulli che riedono da scuola fra non molto. Desperate Housewife? A piccole dosi, una volta ogni tanto, ha anche il suo fascino, come dire.

30 maggio, 2006

W il wafer.



Nel 1970 avevo 7 anni. Ero una graziosa bimbetta coi capelli lunghi, la Graziella e sono cresciuta con serie turbe psichiche per non avere mai avuto in dono il Dolce Forno. Son cose che segnano, c'è poco da fare. La merenda, all'epoca, non si sceglieva negli scaffali del supermercato, ma era la mamma a comprarla dal droghiere della piazza. Il wafer ha fatto così il suo prepotente ingresso nella vita dei bambini di allora. Il tempo dei Loacker era ancora lontano, c'erano soltanto due gusti, alla vaniglia e al cioccolato, ovvio, ed erano venduti in pacchettini rettangolari e sottili. Li ho ritrovati, in un discount. All'esorbitante prezzo di 64 centesimi di euro. Son soddisfazioni. Il wafer è beffardo. Gioca d'astuzia. E' un vero protagonista, un battitore libero, una primadonna. Non si può intingere, non si può spalmare, fa tutto da solo. Amministratore unico, il wafer trova il suo vero e assoluto tripudio in una semplicissima operazione che forse ho inventato io e che scuoterà le anime dei più. I puristi grideranno allo scandalo, ma son qui a confessarvi, in questa serata di fine maggio, che la scrivente conserva il wafer in frigorifero. E lo consuma a multipli di due, ben sposando il friabile con la frescura sottile, la morbidezza del ripieno con il rigore del ghiacciatino. Concetto difficile ma non difficilissimo. E di sicuro effetto. Consigliato per tacitare lievi arrabbiature con qualche z, riprendersi da una giornatina niente male, premiarsi un pochino. Male non fa. Alla sola condizione di non leggere le calorie. Il wafer, accidenti, ne ha una cifra vergognosa. Come farebbe ad essere così buono, se no?

29 maggio, 2006

Di mandorla.

Forse è un pò stucchevole. Forse troppo dolce. Forse un tantino appiccicoso. Ma buono, buono, buono. E' il profumo che ho comprato quest'oggi, e che ho eletto Profumo Della Stagione Duemilasei. Mandorlo di Sicilia, Acqua di Parma. Tutto sommato un bel pomeriggio, alla ricerca di un degno regalo per un architetto stiloso, qualche vetrina con l'Amica, incedere ozioso e borse di paglia introvabili ma va bene uguale. Il Mandorlo se l'è cavata bene, ha il grande potere di farti sentire una fettina di torta, una granita, un dolcetto da assaggiare. Sei lì che ti annusi i polsi e l'avambraccio e dice mmmmmh, che buono. Costo dell'intera operazione poco più di 30 euro, e il solito tripudio di campioni e regalie. Un bel programma per la serata, le cose brutte sembrano lontane e, forse, un pò meno brutte, dai. Sospiro, sorriso allo specchio, dopo una mano santa sotto forma di doccia. Gusto mandorla, per forza di cose.

Se telefonando.


Fate cognome e nome di chi ha detto Le Sorprese Sono il Sale della Vita: gli mando un mazzo di fiori. O un vassoio di paste. Lo stesso, figurato, certo, che ho ricevuto io questa mattina, intorno alle 10. Una caramellina dopo un trito di aglio. Una perla fra i sassi. Una pesca vellutata in un cesto di patate. Inaspettata, senza fronzoli, senza richieste specifiche, solo a dire, ho capito, sono qui, qualora.
Da adorare, lì per lì.

Must have.


E' vero, fa un pò spiaggia. Ma è il vero messaggio che serve, questa mattina. La sporta di paglia è da sempre il simbolo della bella stagione. Da ragazzina era un vero e proprio rito: ogni anno, si sceglieva il primo mercoledì di vacanza per un giro al mercato, a scegliere il cestino che avrebbe accompagnato la nostra estate quindicenne o giù di lì, lungo un fitto calendario di pomeriggi in piscina, a prendere il sole in campagna, sui greti del fiume, alla feste in collina. Da esibire, appeso al gancio del Ciao. Non è cambiato molto, nel contenuto. La borsa di una donna la dice lunghissima sulla donna medesima. Soldi e documenti, beh, ovvio. E poi, via alle scelleratezze. Fazzoletti di carta colorati,magari in un bella bustina tricot. Burrocacao dal gusto esotico, una scatola di Nivea, tonda e piatta, non il flacone, per carità. Aggiungerei un pareo colorato, l'Olio di Carita, abbronzante, protettivo, brillantinoso e profumatissimo, l'iPod e un libro nuovo. Può bastare. E vale per tutto. Per la spiaggia e per la panchina in città, sorvegliando un figliolo ai giardini o aspettando l'autobus. Stamattina, lunedì, giorno di mercato. Un cestino sciccoso è quello che ci vuole.

Reset.


Avrei una serie infinita di leggi da proporre al nuovo governo. Tralascerei l'obbligo, pena multe salatissime, di ogni cittadino italiano a lavarsi i piedi prima di sfoggiare calzature estive, che sembra un'ovvietà ma basta che vi guardiate per una mezz'ora intorno e capirete che di ovvio non c'è niente. Inoltre, suggerirei uno slittamento dell'inizio della settimana lavorativa intorno alle 10 del lunedì. Le 2 ore guadagnate potranno servire a fare il punto dela situazione, a vederci chiaro, a pianificare nel dettaglio la settimana. Le prime ore del lunedì mattina sono infatti le più odiose. Le cancellerei, semplicemente. Inoltre, introdurrei un bonus per chi ha passato un week end da paura, nel senso negativo dell'espressione: oggi, dedicatevi a ciò che più vi piace, giusto per rifarvi dalle 48 ore appena passate. Sarebbe bello. Questa che va ad iniziare è una settimana anomala, in realtà, con un ponte tra poco, e per chi come la scrivente bazzica per interposta persona ogni scuola di ordine e grado, direi che le vacanze sono praticamente già qui. Resta la fatica. Di tirarsi fuori, di programmarsi un'ora di palestra, per esempio, o anche solo di uscire di casa. Si comincia dalle piccole cose. Cambiando lo sfondo del deskstop, per esempio, e confidando che, la pace perfetta di un tramonto sul mare possa rispecchiarsi nella propria anima e resettare tutto il sistema. Funzionerà?

28 maggio, 2006

...è sempre domenica.

Poco impegnativa e nemmeno tanto bella a vedersi. Questa specie di assurda crostata all'arancia è tutto quello che sono riuscita a produrre ieri pomeriggio, con la ferma intenzione di farmi andare via quel peso sul cuore, quel tremare sordo, quella sorta di strabiompo che si forma proprio lì, come un bicchiere di acqua gelata dopo una caramella di menta. Difficile da spiegare. Ad ogni buon conto, cucinare male non fa. Toast per l'Universitario in pausa studio, pane e Nutella per un piccolo esercito di calciatori affamati e questa insignificante torta con la sfoglia pronta, mi hanno un pochino aiutato. Oggi non è che sia meglio. Ripeterò l'operazione. Lasagne al forno e melanzane, vediamo se cambiando gli ingredienti funziona meglio. E alla larga dalle caramelle di menta. Che non mi sono mai piaciute, da sempre.

26 maggio, 2006

Diavolo di una scopa.

Come tutti, ho i miei feticci. I miei riti. La mie piccole manie, o grandi non so. Per esempio, ci sono giornate in cui mi rifiuto di avviare il cervello, perchè non voglio ascoltare le cose che ha da dirmi, vuoi perchè non ho soluzioni a riguardo, vuoi perchè troppe sono le questioni, vuoi che non ne ho voglia punto e basta. Giornate così non sono frequenti, fortunatamente, ma stamattina, modestia a parte, era una di quelle. Inutile cercare di combattere, sarebbe fatica sprecata. Meglio assecondare, docili e mansuete. Così, scatta l'operazione Stand By, per la quale non occorre pensare. Vado ad illustrare, nientemeno. Si deve cercare in qualche modo di avere un'ora o due assolutamente libere. Meglio se con il telefono staccato. Le più esperte possono anche lasciarlo suonare senza nemmeno guardare chi è, ma siamo già alla fase avanzata. Si scelga una strada, non troppo centrale, non troppo trafficata. SI inzia dal civico 1 e si arriva fino alla fine, o al contrario, come si gradisce. E via. Senza neppure saltare una vetrina che sia una. Macellerie, tintorie, tappezzieri, farmacie e parafarmacie non avranno più segreti. Potrete ammirare varie foggie di pane, pentole, stampelle, vernici, offerte immobiliari, calzolai, fruttivendoli, Money Transfer, tabaccherie, orologi, giornalai, cineserie, brocantage e ferramenta. Senza avere il minimo pensiero. Scollegate, semplicemente. Le vostre gambe vi guideranno, il vostro cervello avrà tempo di resettare e la vostra anima di tranquillizzarsi. Non importa COSA, importa QUANTO. Sarei quasi tentata di brevettare questa terapia della cui efficacia io sono testimonial. Dopo, si sta meglio. Soprattutto se, alla fine di questo Tour del Nulla, ci si imbatte in un oggettino di rara bellezza. Investire una piccola cifra e portarsi a casa una scopa sciccosissima sarà la dimostrazione che la terapia ha funzionato. Attenzione, però. Con Pasquale Bruni non va bene. E' l'unica lacuna. Dovrò lavorarci, mi sa.

25 maggio, 2006

Profumo di rosa.


Basta poco, qualche volta. Per vedere le cose più chiare e forse meno gravi di quelle che sono in realtà. Ci vuole coraggio, una buona dose di autocontrollo che qualche volta mi manca, un pò di ottimismo. E credo proprio che, per dirla giusta, Leopardi avrebbe potuto fidanzarsi con me. Pessimista? Mannò, che vuoi che sia. Vedo solo tragedie immani, interpreto come segni del destino le cose quotidiane, percepisco come terrificanti episodi che sono di una banalità disgustosa. La cosa bella è che non sembra. Come dire, camuffo bene. Ma rendersene conto è già, un bel passo avanti. Così, oggi, in quell'ora di ozio puro che sta fra il pranzo e l'inizio del rutilante pomeriggio, ecco che mi sono fatta un regalo. Un bel mazzo di rose. Non già rose qualunque, e come se no. Ma le MIE rose, quelle inglesi, che stanno proprio lì davanti alla mia porta e che fanno salire il loro profumo fino alle finestre della mia camera, nei mattini di maggio. Hanno nomi sognanti: Diamond Jubilee, Blue Moon, Glamis Castle, Ametista. Mi piacciono perchè sembrano sempre un pò sfiorite, stropicciate, ecco. Non hanno affatto quell'aria aristocratica delle rose vere e proprie, quelle del fioraio, troppo stirate, così perfette da sembrare un pò finte. Le mie sembrano dire, eccoci qui, siamo qui per caso, ma nessuno può fare a meno di guardarci, passando di qua. Hanno invaso la cucina coi loro colori tenui di caramella. Nessuno farà a meno di guardarle. E di stare meglio, mi sa. Profumo di rosa, aroma semplice per anime semplici. Non male.

24 maggio, 2006

Regia salvia.

Bella è bella. Credo che sia l'unico esemplare di erba aromatica che amo, incondizionatamente, insieme al basilico. E' bella agli occhi, con i suoi fiori lillini, bella al tatto, vellutata e morbidissima. Bella al naso, col suo profumo delicato e persistente. Non si fa dimenticare facilmente. Rimane sulle dita per mezz'ora e più e se ne può beneficiare sulla strada di casa, dopo la personale sagra della ciliegia. La salvia rende regale anche i tortellini surgelati, i fusilli tristanzuoli al burro e basta, un pesciolino al forno che ha bisogno di un piccolo optional. Ne ho colto un rametto. Un mazzo di gladioli in un vaso di cristallo non farebbe lo stesso, incredibile effetto di questo semplice rametto in un bicchiere della Nutella col mio nome. Un passo avanti, verso il meglio.

Elisir alla ciliegia.

Niente di meglio dopo una giornata sulle montagne russe. Non quelle vere, ma quelle più sottili e striscianti, quelle che ti fanno lo stomaco a pezzettini e poi lo ricompongono e via così. Un verso sera sotto un albero di ciliegie stracolmo ha i suoi bei vantaggi. Prima di tutto devono piacere le ciliegie. E fin qui ci siamo. Dopodichè ci si avvicinerà con circospezione all'albero suddetto. Per ottenere il massimo dalla terapia le ciliegie andrebbero rubate, sissignori, sottratte mentre il contadino non vede, ma pazienza. Abbiamo libero accesso a questo prato dietro casa e siamo assolutamente nella legge. Ma tant'è. Esistono due scuole di pensiero. La ciliegia và colta con o senza picciòlo? Io appartengo alla corrente del con: adoro infatti il sordo impercettibile rumore che fà il picciolo quando si separa dal frutto. Stac! Sublime. Un capitolo a parte merita il nocciolino. I più lo sputano, usiamo i verbi giusti, con grazia all'interno del pugno chiuso nei pressi del mento. A chi, come me, ha avuto una giornata di penitenza, viene concesso, d'ufficio, il lancio con la bocca. Si possono eventualmente organizzare tornei di Sputo di Nocciolino, avendo cura di non includere dei veri fuoriclasse come la scrivente. Assolutamente outsider. Dopo aver consumato una congrua quantità che farà come minimo saltare la cena, ci si potrà accoccolare sotto l'albero, ascoltando i ronzii, i cinguettii e altre amenità. Gli occhi chiusi, il profumo della salvia che sta proprio lì, allontanerà per un pò i pensieri ingombranti che hanno fatto di oggi una giornata da cancellare. La ciliegia aiuta, lo sanno tutti. Si organizzano tour guidati con degustazione gratuita.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...