12 agosto, 2006

Controcorrente.


Sono arrivati. Il popolo dei ferragostani, l'esercito Materassino & Bandana, o, a scelta, Bragone e Tatuaggio. Il delirio. A litigare per il parcheggio, per chi è prima dal panettiere, ad assaltare bancarelle e negozi. Guardarsene bene. Scegliere con cura l'ora in cui effettuare gli spostamenti, sia per il fornaio, sia per l'acquisto di quotidiani e affini. Con precisione chirurgica, si saprà quando è ora di raggiungere o lasciare la spiaggia, e quale spiaggia, ovvio. Intorno alle 15, quando il pargolo è bello rosolato e il genitore non ne può più della quindicesima partita a racchettoni, che già ha preso un'insolazione e comincia a sentire un certo qual appetito, e forse, anche un pò di nostalgia per il suo ufficio del centro, dove almeno non deve gestire la suocera, e poi, tutto 'sto vento lo ha già un pò rimbambito. Si riederà alle proprie case intorno alle ore 20, che il popolo degli alberghi è già rientrato pronto per la doccia e la cena fissata alle ore 19, non un minuto di più, con le signore bell'e apparecchiate, un velo di fondotinta che ancora il sole non l'hanno preso per bene, il sandalino comprato all'uopo, il pantalone candido che tira appena un pò sul sedere e una borsettina da sera, che andrebbe bene per la Scala ma che alle bancarelle di Palau, diciamolo forte, non è granchè. Si sceglierà, per il pomeriggio con 30 nodi di maestrale, una stradina non proprio frequentatissima, anzi, sconosciuta al Popolo di Ferragosto, sorpassati soltanto dal Fiorino delle Poste Italiane e dal camion del fruttivendolo. E, lontani dalla Costa, non si cederà al richiamo briatoriano, che pure ogni tanto qualcuna giusta la dice pure lui, niente Gucci e niente Prada, niente clamore, rumore, clacson e cafonaggine. Si sceglie la strada giusta, quella del normale, del semplice e un pò desueto. Una spiaggiona col vento forte, 3 kite e nient'altro, a vedere le orme che lascia il vento sulla sabbia e la schiuma delle onde sugli scogli di Capo Testa. Troppa natura e troppa semplicità. Non starò diventando TROPPO snob? Domani, chiamo Briatore.

10 agosto, 2006

La luna d'oro.

Bellissima e maestosa, un po’ inquietante, a guardarla bene, così bella eppure così’ invisa agli astronomi, troppo luminosa, dicono, rovinerà la festa della stelle cadenti. La luna inganna, a guardarla fa pensare che tutto va bene, così placida e tranquilla e il Libano, l’indulto, Condoleeza e tutto il resto sembrano appartenere ad una galassia che non è questa. La luna è falsa, in fondo da vicino non è che una distesa di sabbia e di sassi, e di terra e di polvere. La luna tace, sui segreti degli amanti, guardala tu che la vedo anch’io, guardala e pensami, guardala e sorridi. La luna finge, di essere buona e accondiscendente, di esaudire desideri e sogni, ma è così stufa di farsi guardare, di sentire poesie e canzoni su di lei, e luna di qua e luna di là. Nonostante questo, io l’adoro. Per quel suo essere sopra a tutto, per dire, sono qua e ci sono da sempre e per sempre, e guardo da quassù le vostre cose, le vostre vite. Sorveglio, illumino, guardo e sto zitta. Non giudico. L’adoro per il colore che ha d’estate, per la sorpresa che mi fa quando d’inverno spunta dalla nebbia, per i giochi che fa col sole, vai via prima tu, no tu. L’adoro perché è sciocca, perché è finta e meravigliosa, perché crede di essere, perché si dà un sacco di arie, perché fa tanto la splendida ma basta una nuvolina da niente e sparisce, in un secondo, si vela e non c’è più. Quella di stasera sarà speciale. Guardarla sarà un regalo, una notte di pace assoluta, di festa, anche. Non so dove sarò. Magari sulla spiaggia, coi figli intimoriti e affascinati da tanta semplice e intatta bellezza. Sarà incredibile, lo so. Avrà l’abito da sera e quella sua aria snob. Avrà qualche nuvola intorno, e qualche stellina che le passerà vicino, con la sua scia lucente. Mi piacerà, lo so. Mi stupirà, lo so. Mi sorriderà. Lo so.

Succede.

Di sbattere la testa, intendo. Di essere attratti in modo irresistibile da una vetrata tirata a lucido, vedendo il mare al di là, e di volare, volare per raggiungerla e dirsi che sì, in fondo non è neppure tanto lontana e ci si mette poco, un paio di minuti, magari. E invece, si và a sbattere. E' quello che è successo all'uccellino in questione. Stranamente, non sono riuscita a dargli un nome. Dopo l'incidente, è andato ad appollaiarsi sulle tende, impaurito, un pò rimbecillito in realtà, senza più il senso dell'orientamento, senza sapere da dove venisse e dove fosse diretto. Succede, certo. Non solo ai pennuti. Succede che magari ti senti un pò stranita, e non sai davvero come possa essere successo, ma la testata l'hai presa anche tu, improvvisa e fortissima, e non sai bene da che parte cominciare per trovare la strada, per tirarsi fuori da lì. Considerando che, appollaiarsi sul bastone della tenda risulta manovra piuttosto complicata ad un umano, ancorchè circense, non resta che trovare una soluzione alternativa. Servirà, alla bisogna, una giornata di mare assoluto, estremo, fino alle 21 ora locale, appena in tempo per vedere le prime stelle di San Lorenzo. E magari, fare qualche piccolo progetto. primo fra tutti, un corso di trapezio senza rete, di equilibrismo, funambolismo, perchè no. Potrebbe servire.

06 agosto, 2006

Se piove, stiro.


Così, a naso, suona come una parolaccia. O un mantra, da non ripetere nemmeno una volta. In effetti, oggi è una di quelle giornate in cui anche pensare il da farsi diventa una fatica, ma una fatica. Sulla tavola sono allineate in ordine sparso, tazze della colazione, focaccia al rosmarino, nutella, prosciutto, frutta fresca e briciole di pane guttiau. Si leggono i quotidiani, la tabellina del 7 per restare in esercizio, un torneo di playstation osteggiato fortemente dalla scrivente. Non c'è altro. Il cielo è indaco chiaro, nuvole e mare ostile. Vento, pochissimo, il che dona un senso di assoluta immobilità a tutta la vicenda. Certo, potrei stirare, lanciando un pensiero irripetibile alla fantesca peruviana che dovrebbe farlo al posto mio. Oppure potrei leggere, ricamare, perdere il mio sguardo oltre il mare, su Guardia Vecchia, pensando a quel che mi va, a chi mi va, alla mia amica che compie gli anni domani, alla lista dei libri che vorrei, le cose che dovrò fare quando rientro. Rientro? Forse, è proprio meglio che stiri. Troppe parolacce, stamattina. Non sta bene.

Roger, il ranocchio.



Bello non lo è. Ma ha un’aria talmente indifesa e piccina ed è così in miniatura, una monetina da 20 centesimi, di un verdino accecante, che fa tenerezza. L’ho trovato per caso, mentre constatavo con aria soddisfatta, i grandi progressi che ha fatto la mia piantina viola, transfuga dal Continente, venuta ad allietare con le sue fogliolone colorate la siepe accanto all’ingresso. Ed è proprio in queste fogliolone che lui, Roger, ha preso casa. Non credo faccia molto, in realtà. Sta lì, accoccolato, pensieroso, con quei suoi occhioni sbarrati che guardano un po’ di lato. Non ha paura. Si lascia guardare, ogni tanto cambia posizione, ma non si muove da lì. Mia figlia, contravvenendo alle più elementari norme igieniche, vorrebbe dargli un bacino. Magari è Un Principe, Mamma. Già. Vai a spiegare che i Principi, quelli veri, hanno figli disseminati per tutto il globo terracqueo, spesso si ubriacano, qualcuno è stato in esilio fino all’altro ieri, ha sparato dalla finestra per il troppo rumore, ha frequentato figliole non proprio illibate, ed infine, qualcun altro è stato testimonial di una marca di sottaceti. Argomento spinoso. Però, l’esperimento del bacio non è male. Magari, una mattina di queste, troverò un tale che dorme beato nella mia siepe. Spero soltanto che non spezzi le foglie della mia pianta. A mantello, corona, foto segnaletiche e tutto il resto, penseremo poi.

03 agosto, 2006

Raccontami.


Le storie che sai tu. Il viaggio che fai per arrivare fino a qui, a sollevare la sabbia e a gonfiare le vele dei kite e a far girare gli aquiloni che vendono i cinesi sulla spiaggia. Raccontami, delle lenzuola con cui hai giocato, le gonne che hai sollevato, le tende che hai fatto ballare con te, le foglie che hai scosso, i rami che hai sbattuto, le finestre che hai spalancato all'improvviso. Dimmi, se è davvero tuo l'odore che sento, di tutte le cose che hai rubato sulla strada, di mirto e di erba e di sale e di mare e di schiuma, anche. Raccontami le cose che sai, le storie segrete di quest'isola, le filastrocche dei bambini, una canzone d'amore. Ascolterò, perchè mi piace come passi, mi piace come mi spettini e mi accarezzi, mi piace il sibilo che fai sotto la porta, il rumore fra le foglie dell'ulivo, mi piace come spazzi il cielo, come fai correre le nuvole e come mi fai sentire. Così, gioca ancora un pò con me, che in questa sera di mare mosso e di cielo di inchiostro, è un vero peccato andare a dormire. Così, raccontami. Ascolterò.

In Costa.


Una volta all'anno, ma sì che si può fare. Si rischierebbe altrimenti di essere eccessivamente snob, ma nell'altro senso. E allora, via, nel tardo pomeriggio di un giorno di maestrale feroce, che tutto vola via, che i traghetti faticano ad attraccare, che il mare è pieno di crestine, si decide una serata mondanissima, a PortoRotondo. Approntata la carovana, preceduti dai ragazzi più grandi che si recheranno, Dio li benedica, ad uno SchiumaParty che ancora ben non ho capito di cosa si tratti, si va. Cena sul porto, un tramonto fra le rocce che fa pensare: ma tutto questo esercito di vip e svip, se ne accorgerà? Insomma, lo vedranno anche loro o saranno troppo concentrate ad allacciarsi il sandalo a stiletto, a strizzare lo short volutamente sfilacciato o a rimirare, pavoneggiandosi da sè medesimi, la canottiera che non ce la fa a contenere un quadricipite grosso quanto una mortadella di Bologna? Ad ogni buon conto, il vero sport di tendenza, come dice la mia amica, è il People Watching. E lì, signora mia, una campionario. Altissimo il tasso di baby sitter, che si ben riconoscano, per carità, non foss'altro perchè accudiscono, in jeans, bimbetti implumi griffati Burberry: perchè mai agghindare un lattante da notaio? Mamme isteriche con look finto etnico, capello biondissimo e liscissimo, col vento di oggi quanto sarà stato il tempo di posa del balsamo? E poi, barche come palazzi, vetrine sberluccicanti, gente bella e gente meno. Ma tant'è. Personalmente mi sono fatta un'idea. Il vero chic è scalzo, è una gonnina impalpabile su un top senza pretese, e una pashmina volata sulle spalle con noncuranza, come se ce l'avesse proprio posata il vento. E' una borsa a quadretti Vichy bianca e rossa, è un costume con le meduse che non sono riuscita a regalare e nessuno dei maschietti della mia numerosa famigliola, è la boutique Fisico chiusa contro ogni scellerata tentazione, è il negozio di Carlo Paveri con servizi di posate a quadrettini da perderci la testa. Direi che per quest'anno, può bastare. Ma un consiglio, dei più semplici a formularsi. In Costa, una sera di vento di inizio agosto, mai prendere la pizza alla rucola. La fedifraga, vola via. Rincorrerla? Non è elegante. Non qui, almeno.

01 agosto, 2006

Luminosa.


E' apparsa nel cielo all'improvviso. Quasi notte, le chiacchiere liquide prima di dormire, dopo un tuffo nella movida di un paesino microscopico, bancarelle e parco giochi. Bellissima e altera, prepotente, anche. Le stelle cadenti se la tirano, questo si sa per certo. Non ti danno nemmeno il tempo di dire Eccola Lì, o di mostrarla a qualcun altro. Sono gelose della loro perfezione, assolute nella loro magica e misteriosa bellezza. Le adoro. Si stà lì col naso all'insù per ore e magari non se ne vede nemmeno una. Poi, senza preavviso, eccola lì, un tratto di pennarello argentato, come a Natale. Belle davvero. Un desiderio? Non saprei. Forse una borsa di culto o un cappottino Fay per l'inverno. Vietato pensare a freddi e a nebbie, adesso. E per molti giorni ancora. Concentrarsi invece sul vento, sul mare verde che c'è, e su questi Astri Altezzosi. Da imitare. Si fanno amare da uno soltanto. Di questi tempi, è la rivoluzione.

29 luglio, 2006

Sua Maestà.

Sembra impossibile. Ogni mattina, cascasse il mondo, succede. Non sono una grande esperta di astronomia e cose del genere, ma ogni mattina riesco a stupirmi. Del sole, intendo. Piano piano, verso le 6, che è l'alba vera, soprattutto in vacanza, ma si aspettano i figlioli più grandi che tornano da una notte scellerata in Costa, come dicono qui. Perciò, si attraversa con circospezione il patio, dormono ancora tutti e se si ascolta per bene, si sentono anche i respiri, si vedono i sogni che volano via dalle tende bianche, portati dal vento, il maestrale, finalmente. L'ulivo ci gioca, un pò si spettina, vezzoso, mostrando le foglie più chiare, quelle che di solito non si vedono. E dietro di lui, il miracolo di ogni giorno. Non lo si può sorprendere, si arriva sul terrazzo e lui c'è già, o quasi. Deve essere una specie di Principe o giù di lì, se si fa precedere da quel colore rosato e un pò d'oro, anche, e un pò viola, forse, per far piacere a me. Una specie di biglietto da visita, come a dirti, arriverò, anche quest'oggi, e anche quest'oggi, come sempre, ti scalderò, e asciugherò le tue lenzuola e darò loro quel bel profumo di erba e di vento, farò luccicare quel tuo mare, ti regalerò quel colore di biscotto e di bronzo, e farò più biondi i tuoi figli e scioglierò in fretta il ghiacciolo del chiosco, e farò impallidire la sabbia bagnata dei castelli in riva al mare, e farò seccare gli sterpi delle dune. Anche oggi ho provato a sorprenderlo. Silenzioso e regale, arriva insieme al profumo del caffè, dei croissant appena sfornati e del latte tiepido. Magnifico, direi. Quel tale che si faceva chiamare Roi Soleil, in fondo, proprio tutti i torti non li aveva.

27 luglio, 2006

La Semillante.


Un camposanto, in generale, non è meta da includersi negli itinerari vacanzieri di chicchessia. Ma questo, arroccato proprio lì, tra le rocce e la spiaggia dell'isola di Lavezzi, volevo vederlo da molto. Ci sono arrivata attraversando, scalza, un sentiero sabbioso e pieno di rovi e di sterpi. Mi sentivo inadeguata, in realtà, diciamo non proprio abbigliata in modo consono all'evento. Ma mi sono rincuorata. Nessuno, mi sa, raggiunge l'isola di Lavezzi in taillerino blu. Sono entrata in punta di piedi, con circospezione, emozionata, anche, da quel silenzio bianchissimo, da quelle erbacce, da quella fila di lapidi tutte uguali, modeste e dignitose. Riporto testualmente la triste storia della Semillante, naufragata a Lavezzi nel 1855. Se mai passaste per puro caso di lì, trovate il tempo, anche sottovoce, anche velocemente, per una preghiera. Sarà sufficiente.

"Il 14 Febbraio 1855 la fregata di prima classe della Marina Militare Francese Sémillante, agli ordini del comandante Gabriel Auguste Jugan, partiva da Tolone alla volta della Crimea, per approvvigionare le truppe li impegnate di viveri, armi e rinforzi. La fregata contava 292 uomini d'equipaggio oltre allo stato maggiore composto dai tenenti di vascello J.J. Bernard e J.L. Denans, , dai guardiamarina F.E. Lapraire e E.A. Lahalle, dall'aspirante audiliario di i classe E.J. Michel, il sotto commissario E.H. Le Noble, gli ufficiali medici J.M.T. Le Bos e E. Berthon e il cappellano militare J. Carrieres e imbarcava 393 militari di fanteria e artiglieria comandati dal tenente A.A. Maisonneuve e dal tenente P.A. Bolzinger.
La rotta più diretta da Tolone al Mare Egeo passa per il Sud della Sardegna ma il forte vento da Ovest e poi da Ovest-Sud-Ovest fece decidere il capitano Jugan per attraversare le Bocche di Bonifacio e proseguire quindi verso sud al riparo della costa della Sardegna.Il 15 Febbraio, alle ore 11, la fregata doppiava Capo Testa e quindi proseguiva per imboccare il canale tra gli scogli dei Lavezzi e l'Arcipelago della Maddalena. La furia senza precedenti dell'uragano sollevava dal mare tale e tanta schiuma che perfino a terra era difficile riuscire a distinguere il paesaggio. Le Bocche di Bonifacio erano né più né meno che un torrente in piena che scorreva inarrestabile da Ovest a Est. Il vento scoperchiò i tetti delle case e sradico alberi secolari.
Il guardiano del faro di Capo Testa raccontò che la Sémillante ingovernabile sembrava destinata a naufragare sulla spiaggia di Reina Maggiore quando, issando la vela di trinchetta, la fregata riusciva ad evitare gli scogli e proseguiva verso Nord Ovest.Un'ora dopo, verso mezzogiorno de 15 Febbraio, la Sémillante naufragava contro la Punta de l'Acciarino, a Sud Ovest di Lavezzi.Né dal faro di Razzoli né dalla Maddalena si vide passare la fregata, ma solo dopo 24 ore, quando il vento si fu calmato, i primi soccorsi raggiunsero il luogo del naufragio.Il primo cadavere fu rinvenuto solo il 18 di Febbraio, incastrato tra le rocce a più di un miglio dal luogo del naufragio.Su 695 vittime il mare rese 592 corpi, tra cui quello del comandante Jugan. "

26 luglio, 2006

Ici, la Corse.

La ricetta è molto semplice. Si prende una bella giornata di sole, di caldo appiccicato, di aria immobile, come mai vista da queste parti, a memoria. Poi, un gommone, di quelli Novamarina, quelli costruiti per la Guerra del Golfo, ci hanno spiegato, e noi tutti lì, con gli occhi sgranati. E un marinaio, non malaccio, con RayBan scuro e calzoncino Prada che fa il suo bel vedere. Basta andare un pò in là. Spargi, Budelli, Razzoli, e poi ancora, attraversando le Bocche di Bonifacio, che sembra uno scherzo ma che davvero sei in Francia, e basta che guardi il cellulare e vedi Orange F (Cellulare????E chi mai lo ha portato quest'oggi?). Comunque, siam qui. Una vita di stenti, non c'è che dire. Spettacoli di acqua trasparente e cristallina e tropicale, anche. E di rocce che a guardarle bene sembrano di Pongo. E case, case da rivista, la casa del Piccolo Principe Savoia, a Cavallo. Un pò di gossip, male non fa, cara la mia signora, vogliamo anche farci un bagno di mondanità ogni tanto? La bellezza infinita che ho visto oggi mi servirà quando guarderò l'angusto panorama che si gode dal mio ufficio, diciamo intorno al 10 di novembre, magari la pioggia, magari la nebbia. Ne ho fatto scorta. E il fatto che stamattina, alle 10,50 precise, al largo di Budelli, abbiamo tutti cantato Tanti Auguri A Teeeeee, un pò stonando, al mio figliolo tredicenne, rende questa giornata ancora più speciale. Un pò magica, certo. Indimenticabile, si dice così.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...