07 gennaio, 2008

Ti racconto.


Hai gli occhi ancora non aperti del tutto, come lo sono gli occhi che ancora avrebbero dormito un pochino. Ma vuoi raccontare, vuoi dire, questa mattina di gelidissimo gennaio, che non si ha voglia ma che si deve, saltar fuori dal tepore sicuro del tuo letto alla vita di sempre, la scuola, il pianoforte, le tue amiche chiassose con cui balli nei corridoi, le coccole al gatto. Parliparli, le parole escono ancora avvolte da quella magia che ha la notte appena passata, rimbalzano senza rumore, come le palle di gommapiuma, bolle di sapone, fiocchi di neve. Eravamo in una casa ma non era la nostra casa e noi non eravamo noi, i miei fratelli erano più piccoli di così e c'era anche Margherita che era piccolina e tu mi avevi nascosto un cd e io volevo trovarlo, poi la torre di Londra suonava e io avevo fretta perchè dovevo andare a scuola e tu volevi giocare ancora ed era tardi, così poi mi sono svegliata, anzi no, aspetta, c'era anche che pioveva. Mi perdo, bambina, Mi perdo nel tuo racconto, nelle parole che mi hai regalato stamattina, senza neppure alzarti, dal tuo cuscino con la corona da principessa, coi tuoi pupazzi intorno e i tuoi cuscini e la faccia stropicciata e i capelli arruffati, e i tuoi occhi color dell'erba a primavera. Mi perdo nelle tue carezze incerte, nel tuo abbraccio piccolo, Ciao Mami, nella tenerezza che hanno tutti i tuoi risvegli. Mi perdo quando mi dici Ho Fatto Un Sogno, perchè i sogni, tu lo sai, sono le favole che i bambini raccontano ai grandi per farli sentire più sereni.

05 gennaio, 2008

La collezionista di.

Sciarpe, è già stato, tempo fa. E' presa un pò a tutti, questa febbre da sferruzzo, chi si sente imbranatissima, chi laureata cum laude come la scrivente, in fin dei conti, qualche volta un pochino ce la si deve anche tirare, eccheccavolo. Si produce, alacremente, si sperimentano punti e trecce e forme e ponpon, con quell'aggeggino trovato a Londra, si ricevono ordinazioni dalla PrinciOcchiDiBosco. In realtà, da lei e da lei soltanto. Sono fioccati i NoGrazie alla mia domanda Volete una Cuffia? Farà Freddo nei Prossimi Giorni, e sapete com'è, pure i Giorni della Merla, e il gelo dall'Atlantico. No Grazie. Davvero, magari per andar per mare, senza fiocco, lo faccio in un'ora scarsa. NoGrazie. E tu, per andare al Politecnico, col freddo che fa a Torino, puoi scegliere il colore, lo spessore, ho perfino due gomitoli di cachemere. NoGrazie. Così, sferruzzo e basta solo per noi due. La Princi e me medesima. Fors'anche ce ne scappasse una per il bambolotto. Abitanti di questa casa mi congratulo con voi. Ingrati. Fedifraghi. irrispettosi del lacvoro e della creatività altrui. E ignari delle tendenze, non già. Ormai, è tutto un tricottare, un dirittare e rovesciare, un knittare insomma, e voi, voi, privilegiati che potreste avere anche le mutande, con licenza parlando, fatte a tricot, ripetete come un mantra NoGrazie, NoGrazie. Ok. Le terrò per me. Terrò in caldo la mia frivola testolina, i miei pensieri più segreti, e anche quelli che segreti non lo sono nemmeno un pò, quelli che si fanno guardando per terra, quando si cammina senza una meta vera, quando si deve andare in un posto ma non si sa ancora dove, e si gira e si gira, o si è un pò in anticipo, o talmente in ritardo che correre sarebbe inutile e si guardano le vetrine senza vederle, e mentre si pensa e si pensa, e i pensieri, lo sanno anche i sassi, se non li tieni per bene, sono dei mariuoli veri e scappano fuori, salgono via, come la schiuma dello champagne, esondano dal cervello e volano via, volano e volano, così alti che non li acchiappi nemmeno a piangere greco, e allora, che storia è se i tuoi pensieri vanno via, vuol dire che non eri nemmeno degna di averli formulati, se non sei brava a tenerli, è proprio così difficile da capire? Un berretto sulla testa basterà. Staranno lì. Al caldo, anche, e rivestiti di colori molti glamour. Così, li avrò sempre con me. Anche stasera. Che mi dispiace che le vacanze di Natale siano così finite, che il gatto ha gradito la sabbia dorata del presepe, che domani bisognerà tutto sbaraccare, le luci, le stelline e i campanelli, e che non so bene come sto, non so nemmeno se sono in anticipo o in ritardo, ma tanto, che m'affanno a fare, correre non servirà.

04 gennaio, 2008

L'odore della neve.


Così nevica. Forte, a fiocchi piccolissimi che sembrano spolverati da qualche parte, un tappeto sbattuto, una tovaglia scrollata giù da una finestra in alto in alto, non regolari, non prevedibili, cadono giù come capita, senza un disegno vero, come hanno i fiocconi grossi, che nevica per una mezz'ora e poi smette. Apri la finestra, quella sugli alberi, sui pini appesantiti da tutto questo bianco, da questo gelido calore, ma come fa, è fredda eppure scalda, è il suo mistero, in fondo, la neve è un pò magica, fa tutto soffice, fa tutto bello, nasconde le cose e le trasforma. In meglio, credo. Mi piace camminare nella neve, non quella dove scii, ce n'è così tanta ed è scontata, no, mi piace quella di città, quella a sorpresa, quella che cade sulle cose che conosci a memoria, e te le ridà vestite di nuovo. La neve si respira, anche, se ti concentri capisci che ha un odore, un profumo di freddo e di cielo, in fondo è proprio da lì che viene, di cosa può sapere, se no. Sa di nuvole, sa di altissimo, sa di ghiaccio e di infinito. E respirandola ti spazza via i pensieri della notte, ti riempie l'anima di cosa non lo so ancora, forza, sembrerebbe, e entusiasmo, quello che metti in ogni cosa che fai, una per volta, è la tua filosofia, mai affrettarsi e mai preoccuparsi, non ti riesce mai bene, in realtà, ma cosa c'entra. Ci sono ancora tre giorni di calma assoluta, di figli dormienti, di vecchi film alla tv, di pranzi improvvisati, di coperta e divano. Tre giorni, tre episodi, tre regali impacchettati, tre rose d'inverno, preziose ed intatte, avvolte per bene da una soffice corona di neve.

03 gennaio, 2008

Frivolezze nella tormenta.

Da avere. E subito, anche. Un must per il 2008. Assolutamente irrinunciabile. Prima però, bisogna ben capirne il funzionamento e l'utilità. Grande spolvero ed enfasi ha dato Shu Uemura a questo aggeggino, anche nel film, o meglio nel gigantesco spot pubblicitario, che è stato Il Diavolo Veste Prada. Ho idee confuse a riguardo, sarà che sono in vacanzissima, sarà che siamo piacevolmente blindati a Villa Villacolle da una tempesta di neve che turbina e vola e imbianca e ci fa guardar fuori rabbirividendo e uscire sul terrazzo solo per sfamare Federico, sarà che si è tutti ancora in pigiama, qualcuno dormiente e che la scrivente nessuna voglia ha di cose serie. Tornando a lui, sfidate la tormenta e recatevi alla profumeria più vicina, se Milano in Via Brera, se Londra in Covent Garden, signora cara e scusate se è poco, da questo omino giapponese che ha appunto reinventato questo orpello: Il piegaciglia. Sissignora. Ora, il piegaciglia era assolutamente indispensabile negli anni diciamo 60, i tempi del Piper, insomma. Poi, è finito nel cestino, in fondo al cassetto, e nessuno se l'è più filato. Inutile dirlo, con rispetto parlando, io lo posseggo. Ma, ahimè, mi vedo costretta a confessare, qualcuno mi spieghi con precisione...a cosa serve? Io ho provato, davanti allo specchio, confrontando il prima e il dopo, ma le ciglia sono assolutamente identiche, sia senza che con. Con ciò non voglio asserire con noncuranza che la natura mi ha dotato di ciglia già di per se stesse curvate alla perfezione ma sono forse impedita e non faccio un uso proprio dell'aggeggio in questione. Si sa, son problemi da togliere il sonno. E in un giorno così, con la neve sulle lucine di Natale appese alle finestre, col camino che scoppietta e una certa buona dose di compiti di vacanze da imporre alla figliolanza, una minuscola sciocchezza ci voleva proprio. Senza contare che magari nel pomeriggio mi verrà proposta una passeggiata in collina, con piumino e berrettone di lana, per improvvisare una battaglia di palle di neve. Ci andrò eccome. Ma prima, avrò cura di piegarmi per benissimo le ciglia. Devo forse farmi insegnare da un giapponese come si ottiene uno sguardo da gattona?

02 gennaio, 2008

Rema.




Lo sapevo, lo sentivo, non so bene come. Ci sono cose che fai in automatico, come se un omino invisibile ti ci tirasse per la maglia, fai così. Così ti trovo, le parole non escono liquide come fai di solito, sono come di gesso, come impantanate e fanno fatica ad uscire. E quando escono, non sono da sole, ma insieme ed un pianto che sa di resa, di stanchezza infinita, di noncelafacciopiù, di risorse esaurite, di nessuna voglia di cercarne. Fermati, adesso, e trova il coraggio di vedere, di scoprire, di far sapere che adesso, quella che ha bisogno sei tu. Che anche le pile di Wonder Woman si esauriscono e vanno cambiate, che l'entusiasmo e la forza di crescere un figlio e accudire un marito e tutto il resto non si trovano propriamente nei banchi del mercato. Fermati, hai il raro dono dell'intelligenza, della forza, dell'ironia, giochi con le parole come con i Lego, come quando da bambine le rovesciavamo nel cortile. Ora, medica quel tuo cuore malandato e quella tua anima che troppe volte non hai avuto tempo di ascoltare. Ora, pensa un pò a te e a quello che sei, a quello che vuoi davvero, senza pensare che se ti fermi tu si ferma tutto il delicato ingranaggio che tiene sù una famiglia complicata come la tua. La magia delle donne è proprio quella di non smettere mai di remare, voga verso la nave, Spugna, voga verso la nave, il segreto delle donne è il sapersi inventare, a seconda delle volte, degli umori, delle situazioni, una specie di ricetta, un vestito nuovo, un nuovo trucco per sembrare più lucenti, un nuovo sorriso, una faccia nuova, un sospiro e via, il naso incipriato, i capelli spazzolati, una soffiata di naso. trova questo segreto, ti presto il mio, se vuoi, cercalo, adesso, da adesso. Da subito. E fa che niente e nessuno, Manu, ti facciano venir la voglia di smettere di remare.

31 dicembre, 2007

E così.


E' un anno, lo sai? un anno che passa, cancella, rimuove, scolora e sconquassa. Un anno di cose, profumi e canzoni, di vecchi rancori, di nuovi sorrisi, di lacrime, giochi, conquiste e sconfitte, di favole tristi, di storie sfacciate, eleganti, così, dicembre trentuno, che sembra di sabato ed è lunedì. Di spese e risate, di sonno e di veglia, biscotti, frittate, passato per caso, in un attimo o un secolo, mezz'ora e tre mesi, qualcuno di più. Di amiche che ho perso, e che invece ho trovato, di compiti e voti, di urla e di prediche, di sbuffi, di tuffi, di mare e di sole, di acqua gasata, granite e di thè. Ti chiamo, ti aspetto, ti abbraccio e ti bacio, auguri anche a casa, ma auguri di che? E pagine nuove son tutte da scrivere, l'agenda profuma di colla e cartone, si buttano cose, si cambia, domani, ma come si cambia in un giorno, così? Un anno banale o speciale, chissà, lì dietro la porta, domani sarà. Così, buoni buoni, si cresce un pochino, i miei desideri son quelli di tutti, le cose più semplici, chiare, perfette, è un anno rotondo, non vedi anche tu? Stasera, di fuochi, di brilli e di tacchi, di sete fruscianti, di cose così, un giorno qualunque, di ghiaccio e di brina, che sembra di sabato ed è lunedì.

30 dicembre, 2007

Holiday Breakfast.


Che silenzio c'è, questa mattina, in una cucina qualsiasi, in una casa qualsiasi sulla collina. Si scendono piano piano le scale, solo il ronzio della fontana del presepe, e il disordine caldo della sera prima davanti alla tv, una tazza per la camomilla, i regali scartati in ordine molto sparso sotto l'albero zen. Da sotto le scale, uno sposo assonnato e felice accoglierà con un abbraccio una sposa in pigiama, che lusso è stare in pigiama quanto si vuole, coi capelli arruffati, il sorriso stropicciato di chi avrebbe dormito ancora un pò, ma che si è alzato per non perdersi il silenzio della mattina. Si è apparecchiato con cura la sera prima, da sempre, oramai, si sparecchia la cena e si apparecchia la colazione, più natalizia, questa volta, i sottopiatti rossi, i biscotti preferiti accanto alle tazze di ciascuno, le vitamine, le arance, marmellate e cereali. Le vacanze di Natale hanno, in questa come in tutte le case, una specie di soffice magia, non è mica come le altre domeniche, questa qui, lo sanno tutti, e in viaggio certo non si può creare la stessa atmosfera. E' odore di casa. Di caffelatte e di mandarino. Di dormire quanto vuoi. Di bighellonare senza programmi di sorta, di chiacchierare sottovoce per non svegliare il resto della ciurma, non sentono mica ma chiacchierare sottovoce rende più intatta e morbida e protetta questa mattina di niente, che non è festa ma è come se. E poi vederli spuntare uno ad uno dalle scale, indovinarli dallo scalpiccio, questi figli scellerati e adorabili, questi fiori in vacanza, queste anime belle che non sai bene di quanto amore li ami, perchè è un amore che non si pesa, che non si conta nè misura, questi regali quotidiani di un Cielo che ogni tanto ti stupisci di quanto buono sia stato con te.

28 dicembre, 2007

And so, this is Christmas.

Il mio, almeno. Il nostro. Un pò Mamma ho Perso l'Aereo un pò Quella casa nella Prateria. Bello da sciogliersi, in ogni caso. Scoprire, ancora una volta che siamo una falange armata, che siamo forti e invincibili, e un pò fuori, anche. Un Natale diverso dagli altri, ma forse per questo più caldo di tanti altri, seduti a tavola col vestito bello, con l'insalata russa, il panettone e le zie. Un Natale così.

Che magico, Covent Garden alla Vigilia, in giro solo noi o quasi, un artista di strada cantava "Hello, Is It Me You're Lookin'For?" Sì, certo, stavo cercando proprio questo, le persone che ho qui con me sono le sole cose che voglio al mondo.

E abbiamo girato e girato, con pioggia e sole, e abbiamo riso, riso tantissimo e camminato e sù e giù, e siamo stati bene e non abbiamo perso nessuno in metropolitana, i ragazzi sembravano più in gita scolastica che in viaggio con la famiglia e ovunque canzoncine di Natale e atmosfera di Natale, e cose di Natale ma che strano Natale è questo qua.


Adesso, c'è da riordinare tutto, biglietti, scarpe, magliette impossibili, libri, ferri da maglia n.25, cose, bustine di zucchero e fotografie. Tutto quello che è stato, per un Natale così perfetto da sembrare davvero un film, per un natale come il nostro, per un Natale così.
E così.

E così.
E così, in una Londra viola e nera e colorata e luccicante, un delirio di facce e persone e cose e passi e sacchetti e saldi e sorrisi e caffè e lingue e sorry e chador. Magnifica, direi.
E' stato bellissimo. Così bello che quasi dimenticavo, accidenti, Buon Natale, ma sono in ritardo, e allora non vale più. So sorry, appunto.

20 dicembre, 2007

Luna di giorno.


E lì, Appiccicata, adesiva, di carta velina. Trasparente, un pochino, la devi cercare, non è che guardi in alto e la trovi subito. E' preziosa, mica si fa trovare così facilmente. In questi giorni, c'è. Anche alle 2 del pomeriggio. Provare a cercarla. E' uno strano gioco del destino, un amuleto per la chi la vuole, porta fortuna, coraggio e calore, si trova, si trova, a cercarla col cuore. E' una finta, un inganno, una sciocca bugia, sembra una fata e par che la sia. Porta sogni, civette, bacioni e babà, porta consigli, porta conigli, porta preziosi nascondigli, forse sbadigli, magici intrugli, porta conchiglie, stupide biglie, mazzi vistosi di rosse giunchiglie. Non sembra una luna a vederla così, forse tra un attimo si stacca da lì, nessuno sa bene se c'è o se non c'è, ognuno, dal cuore, la tiene per sè. Nasconde un segreto che ancora non sa, sembra che piova ma non pioverà, la luna di giorno è fatta così, sembra soltanto, un pò no, un pò sì.

19 dicembre, 2007

Il treno.


Mi piacciono, i treni. Lo so, sono sporchi e rotti e in ritardo, quasi sempre, e affollati e maleodoranti. Ci andavo a scuola, in treno. Ci ho letto, studiato, cantato, dormito, pianto, riso, pensato e pensato, dondolata dal vagone, come dice Guccini, a guardare fuori, gli alberi, gli orti, le luci nelle case, i panni stesi, le macchine ferme ai passaggi livello, i campi da calcio, le cose che sembrano essere di un altro mondo, non del tuo, che è tutto lì, nel vagone, appunto. Mi piace viaggiare in treno. Mi piace la gente che c'è, le storie che portano in giro, dentro la valigia che si mette sù, dentro le teste che appoggiano sulla stoffa lisa dei sedili, dentro i giornali che è un proprio un'impresa leggere in treno, meglio un libro. Ho viaggiato moltissimo, in treno. Ci viaggerei ancora. Oggi, soprattutto. Andrei alla stazione e prenderei un biglietto, qualunque, direi all'omino dello sportello Faccia Lei, Roma, Parigi, Cinisello Balsamo, Reggio Calabria. E partirei. Mi accomoderei in uno scompartimento semivuoto, aprendo a fatica la porta scorrevole, o in quei sedili tutti in fila, con scritto Trenitalia. Mi siederei e mi lascerei trasportare, guardando fuori, lasciando liberi i pensieri di andare dove vogliono, sui fili e sulle nuvole, al di là. Scapperei, insomma. Succede spesso a molti, di voler andare via, solo per poco, per un giorno o poche ore. Non si può. Per il momento, l'unico treno che sento è quello che mi passa dentro, velocissimo, che non si ferma a nessuna stazione, che fischia e sbuffa e sibila, proprio qui nello stomaco, un treno immaginario eppure così chiaro da ascoltare, che sfreccia così veloce che non riesci nemmeno a vedere le facce di chi ci sta sopra, dove vanno e chi sono e cosa fanno, e a cosa pensano, chissà.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...