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29 dicembre, 2015

Vattene.





Vattene.
Vattene via.
E non tornare mai più.
Certo che non tornerai, ma te lo dico lo stesso, così da esserne sicura, vattene dove vuoi, e restaci, restaci per sempre.

Vattene da me, dalla mia famiglia, dai miei affetti più belli sinceri, vattene anche da quelli che mi hai portato via, all'improvviso, un pomeriggio di giugno, una certezza sempre, un pezzo della mia vita e tanto, tanto del mio cuore.

Vattene dalle mie lacrime, da tutte quelle che ho pianto, perchè ho pianto così tanto e così forte che mi facevano male gli occhi e la testa e le spalle e l'anima, anche quella, che male sordo e appuntito è il male che senti nell'anima, e perfino mi tremavano le mani, le gambe, i pensieri, e il cuore e tutta me, davanti a quel marmo che nasconde molte delle mie giornate più belle, e tutto il mare, molti dei miei anni migliori, molte delle mie risate e molto di me, così molto che a volte ho ancora voglia di raccontarle delle cose, di chiamarla e dirle Venite Domenica  Pranzo, No, Venite Voi.

Vattene dai miei giorni di solitudine assoluta, vattene dalla malinconia che si è fatta crema, minestra da mescolare, miele acido e appiccicoso, vattene da queste stanze sempre pienissime di gente e di cose, di musica e di risate e di urla, anche, che amore è se non si urla , se non si litiga un pochino, ma appena appena, e raramente, litigare con me non c'è soddisfa, lo so.

Vattene dalle volte che ho sbagliato, da quelle in cui mi sono sentita persa e sola e stupida, stupida così tanto da sentirne l'odore, so di stupida, non di buono, stupida così tanto da non rendermene nemmeno conto, gli stupidi sono come le farfalle, sono bruchi e nemmeno lo sanno.

Vattene dalle volte che mi sono fermata ad aspettare, dalle volte che mi sono convinta e da quelle che invece non sapevo cosa fare. Non ho fatto nulla e ho avuto ragione.

E' stato un anno pesante e faticoso.
E' stato un anno sciocco, e crudele, crudele da morire, bastardo che sei.
E' stato un anno da dimenticare, come molti.
Questo, un pò di più.

Ho inciampato in sbagli e consigli, mi sono coricata su prati di petali e spine, sentivo solo i petali, ma le spine erano lì, sempre.

Mi sono avvoltolata su me stessa, mi sono chiusa come dentro un barattolo, come dentro una capanna, quelle fatte per giocare, con le lenzuola tra il divano e le poltrone, lasciatemi qui, quando il carico era troppo anche per me, anche per me che non fa niente, anche per me che va bene uguale, anche per me.

Ho poche, pochissime cose belle e me le tengo strette, me le tengo per me, le nascondo sotto al maglione per paura che me le portino via, come al solito, come succede spesso, è così che funziona, no?

Aspetto il nuovo anno senza grandi concerti, senza musica e senza sonno. 
Ne rimarrei delusa, come quando lo aspettavo coi campanelli e le scintille, quei bastoncini che sembra che brucino e invece no,  Il contrario succede sempre, ci pensi mai?

Aspetto il nuovo anno.
Cerco un anno nuovo da amare.
Duemilasedici, non mi piaci.

Ma innamorati di me.
Vediamo quel che posso fare.







15 aprile, 2012

Glicine bianco.


Quasi ci dimentica che esista, il glicine bianco. Si è troppo abituati a quel suo parente, quello lilla, quello che cresceva e cresceva davanti allo zuccherificio e che poi qualche scellerato ha tirato via, inutilmente. La strada non l'han fatta e lo zuccherificio è ancora lì che cade a pezzi. Il glicine bianco è per me la purezza, più di ogni altra cosa al mondo. Ne ho visto una siepe, nel tardo pomeriggio di oggi, tornando a casa. Tre macchine in fila, a portare a casa scatoloni e gomitoli avanzati, una quantità di corredini da far girare la testa e molto altro. Sono stati due giorni di grande bellezza. Non saprei come altro definirli. Quando metti insieme un'ottantina di donne in un posto sulla collina, dove nemmeno si può uscire perchè piove a scrosci che ti tengono sveglia, quando arrivano da ogni parte d'Italia, quando qualcuna si conosce da una vita e qualcuna invece si vede per la prima volta, assisti a scene che non sapresti raccontare. Ho visto occhi. A squadrarmi e studiarmi, ma come, Mi Avevano Detto Che Eri Così e Lo Sei Davvero. Così come. Occhi a voler capire, occhi felici e umidi, occhi sorpresi, occhi commossi, occhi a brillare di una luce che solo chi c'era può capire. E ho visto mani. Mani a fare e disfare, mani a inventare cose, mani ad insegnare, mani ad eseguire. E ho visto anime. Semplici. Bellissime. E ho visto abbracci, abbracci Che Nemmeno Un Parente, come ha detto Anna. E colori, tanti colori. E sentimenti, diversissimi, come spruzzati nel salone mentre scorrevano le immagini della nostra storia. Ho visto sorrisi così grandi da illuminare la pioggia, sentito risate come in gita scolastica e chiacchiere e racconti e quanta bellezza, quanta armonia, quanta incomparabile generosità, quella del cuore, la più difficile da mettere in pratica. Mi sono sentita così felice e meravigliata e così ripagata e sostenuta da farmi temere che non potesse essere tutto proprio vero. Glicine bianco son le cose del mondo da assaporare piano, che passano in fretta e ti lasciano cose di cui parlerai per mesi, glicine bianco sono le cose rare, le cose belle e profumate che durano poco, abbarbicate a muri scrostati di case abbandonate lungo la strada che scende dalla collina, in una domenica che è piovuto tutto quello che poteva piovere. Glicine bianco sono grappoli di emozioni purissime, l'insieme di tutto quello che ciascuno ha dato a questi due giorni, le cose ciascuno ha dato a me, che è tanto, è molto di più. Per ringraziare come si conviene, avrei strappato cento grappoli da quel pergolato selvatico che ricadeva su un tetto sfondato. Ma il glicine bianco non si fa cogliere da nessuno, rimane lì, intatto e meraviglioso a farsi guardare, a farsi ammirare da lontano, a dire, Son Raro e Prezioso, fiorisco ad aprile e nemmeno la pioggia sfiorisce i miei fiori. A chi come me, stasera, ha nel cuore la purezza, il profumo, la bellezza del glicine bianco.

05 aprile, 2010

Scriverei.

Scriverei. Se avessi qualcosa di sensato da dire, ma ho la testa vuota di cose serie, oggi, ci si è lasciati così andare nella casa in collina, nessuna grigliata ma tante merende, e cose e la famiglia a ranghi più che ridotti, oramai, sono prove tecniche di trasmissione, per quando questa casa vuota lo sarà per davvero, e allora ci si impana di stupidaggini, si cerca quel ciondolo con la tazzina e con la crostata, si fanno braccialetti con la Princi, si ride tanto, si fa la maglia, si canta tanto, si pensa al blog, che strano, io non ci penso mai a cosa fare, qui. Mi viene da scrivere, apro e scrivo, fine, non è che ho un progetto, non è che ho una scaletta, o peggio, li scrivo prima e poi li pubblico così, a naso. Scriverei se sapessi di cosa parlare, se avessi una storia d'amore da raccontare, totalmente inventata, un giorno forse la scriverò, non è detto che non ce l'abbia già, da qualche parte, solo che non so più dove l'ho messa, come buona parte delle cose mie. Non è vero, non ce l'ho, ho  solo tanti racconti e una penna che non scrive, un bottone che ho perso, e una tazza sbeccata. Dentro ci tengo    la mappa per scappare dal mio giardino, la chiave di una porta scardinata, un lucchetto chiuso di un diario dei segreti dove non c'è scritto niente. E' un giorno di vacanza e in vacanza è andato anche il cervello, perciò ci si permette il minuscolo lusso di scrivere quello che viene fuori, così, senza un titolo, senza nemmeno tanto senso, come si fa sempre, come faccio sempre, apri e inizi a scrivere, venga fuori quel che vuole, c'è una musica che mi piace e allora, ok, scrivi, dai, che tanto oggi vale tutto, fai un altro dei tuoi esercizi, come si chiamano Quaderno a Righe, ecco, come t'hanno insegnato quella volta, Lei Non é Brava Coi Personaggi, è vero, non li so fare, non so creare i caratteri, non so nemmeno fare i dialoghi, in realtà nemmeno Moccia li sa fare, e con Betta a Roma sono andata al suo negozio che vende solo cuori e cose a cuore, e ci avrei dovuto impazzire e invece no, non ho avuto cuore di entrarci, pensa un pò, a me lui non piace, e mi sembrava incoerente entrare nel suo negozio, e ci siamo guardate e dette, No, Non Possiamo, che a noi non ci piace, e allora, che sei tanto furba e saputella, scrivila tu la storia di Babi e Step, scrivila tu che fai tanto la splendida e dici Non mi Piace, coraggio. No che non la scrivo, la scriverei, se la sapessi, la scriverei, se sapessi, scriverei, e dato che non so, no che non scrivo.

06 settembre, 2007

Casa.


A casa, alla fine. Una casa strana, diventata in quese ultime due settimane il ritrovo di gran parte degli amici dei miei figli, luogo di bivacco e di tornei infiniti di Playstation, di film di Blockbuster, di pastasciutte, di confessioni sul divano e spero solo quelle. L'ho trovata impeccabile, al mio rientro. I fornelli splendenti, non la traccia di una briciola, i letti rifatti, le lenzuola tesissime. Non mi convince. Scoprirò più tardi, infatti, che il ritardo della mia nave è stato provvidenziale e che un piccolo esercito di giovinastri, armato di Glassex e aspirapolvere, ha rimediato ai misfatti compiuti. E' il risultato quello che conta, no? Complimenti ai figlioli, miei e non. C'è un sottile piacere a ritornare alle cose di sempre, alle più semplici e più piccole, in fondo. Passato il primo smarrimento tra valigie e zaini, pochi, in realtà, viaggiavamo solo io e la PrinciFolletto, si ha il tempo, beato, di assaporare in pace ogni singolo angolo di questa casa colorata, sterminata, disseminata, piena di angoli e anfratti dove ognuno possa fare in pace quel che più gli aggrada, il broccolo davanti alla TV, l'intellettuale con un libro in mano, la sciccosa ricamatrice, il moderno internauta, la cuoca provetta, la nullafacente, la sbadigliante, annoiata donna di campagna, condizioni, queste ultime, che vorrei provare, ogni tanto, ma che, ahimè, sono di difficile messa in atto. C'è un momento, che và da quando posi le valigie a quando decidi di iniziare a disfarle, che il tuo cuore si riprende, o meglio, riprende possesso delle cose che ama, le sue, quelle che sa. Un giro rapido, a constatare che sì, il prato è bello e verdissimo, con l'acquazzone di due giorni fa, e le ortensie hanno perso il loro colore sfacciato dei pastelli, e sono verdine, opache, affascinanti, nel loro abito quasi autunnale. Mi piacciono anche così. E ritrovi i piatti a cuoricini e quel bicchiere sbeccato che non hai coraggio di buttare e decidi, su due piedi, di usarlo di sopra, per le matite. Sfiori appena la posta accumulata, non ora, per piacere. Sei a casa, si sente dall'odore. Vale per tutti, mi sa. La mia sa di cera per i mobili, di miele, credo, di vaniglia per via delle candele spesso accese. E di caldo. E qui, in questa casa in collina, in mezzo a tante ma unica, inizio da subito la mia vita di sempre, che non è il mare e la sabbia, ma figli e libri e zaini e spese e cene e verdure pulite mentre un figlio racconta, e le note sulla lavagna e i fiori freschi e grida dalle scale e pace sul divano, le fusa del gatto e due manine che mi fanno una treccia. "Home is where your heart is". Siamo a casa. Anche il cuore lo sa, anche se crede, impertinente, che lui possa stare in due posti diversi.

25 gennaio, 2015

La Leggenda dei Tulipani Sfioriti

Non è stagione.
Non dureranno.
Chissà da dove vengono.
Ma li aveva comprati lo stesso.
Costavano pochissimo, nell'ultimo supermercato che incontrava nella strada verso casa, la salvezza,qualche volta. Abitava in un posto bellissimo, ma se ti scordi il burro o nevica, o sei in ritardo per il treno, non è una gran meraviglia.
Si scontava il privilegio di avere tutte le colline incollate alla finestra, scrutare con millantata saccenza il cielo, le nuvole, le albe e i tramonti più belli, quelli da fotografare, e poi le stelle, e le scie degli aerei, che sembrano tanto belle e invece sono un mix di veleno e polvere.

Sistemò con cura i tulipani in un vaso viola trasparente, così da vederne i gambi nell'acqua. Anche i gambi devono essere in ordine, mica solo le corolle.

Li vedeva ogni mattina a colazione, la sera a cena, li posizionava con cura in un angolo del tavolo, al centro è da dilettanti, le piaceva apparecchiare benissimo anche per la frittata, o la minestrina, o per finire gli avanzi. Non importa se qualche volta il riso è delle buste.
Candele e fiori, e ti sembra di essere al Ritz.

Contrariamente ad ogni previsioni, i tulipani resistevano.
Cambiava loro l'acqua con metodo, spuntava di pochissimo i gambi, una volta era stata vista guardare dentro una corolla, che strano è il cuore di un tulipano.

Oramai, erano passate due settimane.
I tulipani da poco, forse nemmeno un euro, affastellati di malagrazia all'ingresso del discount, in un secchiello di plastica nemmeno troppo pulito, resistevano.
Forse i petali si erano un pò dissociati, stropicciati appena appena, ma il loro fucsia rimaneva intenso, gradevole alla vista, elegante nella sua aristocratica semplicità.

Quel mattino, fu felice di constatare che i Tulipani Sfioriti erano ancora lì, in quella domenica piena di sole e di mistero e di spari lontani e di zucchero a velo sui prati intorno a casa, e vicino alle ortensie secchissime, che viste così, non promettevano proprio nulla di buono. Ma non era quello il momento di occuparsi delle ortensie.

Decise di imparare dai Tulipani.
Decise di fare un bel sospiro e trovare il coraggio per iniziare una nuova settimana.
Decise in quel momento preciso che sarebbe andato tutto bene e che niente e nessuno l'avrebbe fatta sfiorire, che avrebbe conservato il suo colore pur nell'ineluttabile svolgersi degli eventi, quali che fossero, decise che sì, ce la poteva fare e doveva farcela, decise che no, non si sarebbe lasciata andare per niente, niente al mondo mai, che avrebbe cercato di non sentirsi più sola, delusa o semplicemente triste,  decise che aveva voglia, mestiere, cuore a sufficienza, forza a sufficienza per cercare di splendere sempre, in un angolo del tavolo o chissà dove.

I Tulipani Sfioriti raccontano storie che non sono vere, leggende che si inventano di domenica mattina perchè si ha voglia di stare bene, e si scrivono veloce senza rileggere, così che le cose che scrivi sono proprio quelle che ti escono dall'anima, anche gli errori, anche gli sbagli,  storie che che forse nemmeno esistono o esistono soltanto nella testa di chi le sa leggere.
Il segreto, è leggerle a bassa voce e non farsi sentire da nessuno.
I Tulipani sono strani.
Sfioriti, lo sono ancora di più.



05 maggio, 2014

Make a Wish.

Sono stata in un posto bellissimo.
Non iniziano così anche i temi delle medie?
Sono stata due giorni un pò fuori dal mondo, fra ulivi e specchiere frantumate da un colpo di vento, e vecchi servizi di piatti da perderci la testa, spartiti consunti e tovaglie e posate e cestini da picnic perfetti per i Giorni da Prato.
Ho avuto due giorni di una specie di vacanza, una specie di festa, anche se  freddo, la pioggia, il vento, e a scrutare nuvole nerissime in un cielo che non prometteva nulla di buono,ma invece sì, alla fine.
Amo le cose vecchie, quelle dei rigattieri, dei solai, i divani rovinati, le zuppiere sbeccate, le scatole arrugginite dei biscotti.
Ho avuto due giorni di abbracci e di ridere e di niente, un Bellissimo Niente, maiuscolo, questa volta, quel Niente che ritrovi dopo un pò e che ti fa sorpresa e contenta, ma sì che lo sapevo.
Il Bellissimo Niente nelle cose semplici, in A. che mi si avvicina sorridendo, occhi cerulei e sguardo limpido, Lo Sapevo Che Eri Tu, e che mi racconta di quel suo Amore che è lì, a me, a me che legge ogni mattina, a me che sa, a me che conosce così bene, anche se non mi ha mai visto.
La meraviglia.
Il Bellissimo Niente sono tutte le cose che messe in fila fanno giorni perfetti di carezze, vere o virtuali è di poca importanza, giorni perfetti di piccole soddisfazioni, un cucchiaio di ambrosia, spalmata sulle gallette di riso, così, a rendere un giorno qualunque un giorno speciale.

make a wish.

Il mio desiderio è tenere tutto qui, vicino a me, appiccicato a me, le persone che mi sono care, le persone che con me dividono cose e sensazioni, e sentimenti e progetti e deliri, anche, perchè no.
Voglio che questo maggio profumato porti solo cose belle, e bei momenti e abbracci come quelli di ieri, e belle storie da raccontare, bei disegni da fare, bei cuori da attaccare a un fico sulle colline, in mezzo a tutti c'era anche il mio, che sorrideva.

Il mio desiderio di oggi è di avere sempre il cuore lucido, rosso e semplice,  la mente non è indispensabile,
 Make a Wish and Give it Wings, se il cuore vola, è un privilegio.

Grazie A., di quell'abbraccio.

11 dicembre, 2007

L'uovo.


Lo sa il mondo intero, mi piace la nebbia. Quella di fuori, però, quella guardata dalla finestra, dal caldo. Avvolge e nasconde, ammanta e scolora. Stamattina è dovunque. Sia fuori che dentro. E non è il fumo del camino e nemmeno il vapore dei broccoli, e quel dentro, non è quel dentro lì. E più dentro ancora. C'è una specie di nebbia fitta, intorno al cuore, credo, una distesa di sofficità sgradevole, un'anestesia, non saprei definire, un gelo, anche. Che mi sembra di far tanto e non faccio proprio niente, come pedalare dentro al guscio di un uovo, pedalo e pedalo e non arrivo da nessuna parte e giro intorno e sbatto di qui e di là, un uovo non è mica così spazioso, scema che sei, pensi forse di trovare una strada? Sto lì, in un uovo immaginario, con le pareti biancastre e nessuna via d'uscita, e accuse, prese in silenzio come si fa la domenica col prete, La Messa è Finita, Andate in Pace, tu stai lì, come un broccolo, davvero, e non vedi l'ora di uscire, che freddo le domeniche d'inverno nella Chiesa della collina. Prendi e taci, prendi e porta a casa, e stai lì, adesso a lambiccarti, voce del verbo lambiccare, il cervello e a chiederti, dove ho sbagliato, dove sbaglio, dove sbaglierò. Le risposte si trovano a cercarle bene, ma la prima cosa da fare è smettere di fare il broccolo, e soprattutto smetterla, smetterla, smetterla di pedalare e pedalare dentro un assurdo uovo pieno di nebbia. Assurda, anche lei.

19 giugno, 2007

Sognami.



Che questa mia canzone arrivi a te
Ti porterà dove niente e nessuno l'ascolterà
La canterò con poca voce, sussurrandotela
e arriverà prima che tu ti addormenterai….

E se mi sognerai
Dal cielo cadrò
E se domanderai….
Da qui risponderò
E se tristezza e vuoto avrai
Da qui cancellerò

Sognami se nevica
Sognami sono nuvola
Sono vento e nostalgia
Sono dove vai…..

E se mi sognerai
Quel viso riavrò…
mai più..mai più quel piangere per me
sorridi e riavrò……..

Sognami se nevica
Sognami sono nuvola
Sono il tempo che consola
Sono dove vai…..

Rèves de moi amour perdu
Rèves moi, s’il neigera
Je suis vent et nostalgie
Je suis où tu vas

Sognami mancato amore
La mia cASA è insieme a te
Sono l’ombra che farai
Sognami da li……….

Il mio cuore è li

Biagio Antonacci

La canto da giorni. Non è bellissima?

17 agosto, 2013

L'efferato attacco della Talpa Rosita.

L'estate, la strana estate del duemilatredici, lassù nella Casa in Collina procedeva senza grossi intoppi.
Era un'estate fresca, in un certo senso delicata, costellata da piccoli e grandi avvenimenti, i compleanni, per esempio, una serie, da festeggiare in semplicità e  graziadiddio. Si stava bene.
Quel mattino, ella si attardava con pigra beatitudine nel suo letto, indecisa se leggere le notizie o continuare a fissare il vaso delle surfinie sul davanzale, che sì, forse avrebbero avuto bisogno di un pò di acqua, seguendo il filo dei suoi pensieri, per una volta gradevoli.
Lo udì all'improvviso.
La voce del suo Sposo Illustrissimo le arrivò, decisa e niente affatto rassicurante.
Si chiese con chi potesse mai avercela così, di primissimo mattino, in un sabato ferragostano dove tutto o quasi sembrava aver preso la piega giusta. La figliolanza presente dormiva ancora di gusto, si domandò se per caso avesse combinato un qualche guaio Lei Medesima. Si rispose di no, ma i suoi pensieri vennero interrotti da una parola proferita tra tante, ma udita distintamente. VELENO.
Non vi era tempo da perdere, si disse che le surfinie potevano aspettare e si fiondò fuori dal letto, scarmigliata e lievemente preoccupata.
Il suo Sposo era lì, che trafficava in giardino in un avanti e indietro poco rassicurante. Non la degnò di uno sguardo, continuando ad imprecare.
E quale non fu il suo sollievo nel verificare che il veleno di cui parlava l'Illustrissimo non fosse per Lei Medesima.

Rosita, la talpa, aveva deciso di far visita al Regio Orto.

Nottetempo, dopo una breve riunione con Orazio, suo marito, Rosita era addivenuta alla conclusione che sì, quell'orticello minuscolo e perfetto poteva essere la sede di un Resort per Talpe, e aveva cominciato a costruire tane, mono e bilocali, per sè e per un nutrito gruppo di amici suoi.
Ma non aveva fatto i conti con il Regio Ing., proprietario e designer del Regio Orto.
Rosita, che da quando aveva scoperto di essere omonima della gallina di Banderas si dava un sacco di arie, aveva preso di mira la zona dedicata ai cavoli viola, di cui le talpe sono ghiottissime, che ora si presentava tutta a mucchietti ben definiti, graziosi alla fine. 

Non per l'Ing.

Egli infatti meditava vendetta, tremenda vendetta.

Sulle prime pensò al veleno, ma fu un attimo. In una casa dove nemmeno i ragni vengono schiacciati, ma accompagnati con grazia verso l'uscita, dove vivono in beatitudine due cani e un gatto, dove sono passati conigli, grilliricci, pipistrelli e ogni genere di altro animale, il solo pensiero di poter far male alla talpa e a tutta la sua famiglia lo fece rabbrividire. Si documentò quindi per un rimedio naturale, ultrasuoni, una specie di vapore dall'odore sgradevole, financo una musica soffusa che potesse far allontanare Rosita e i suoi dalla Zona Cavoli del Regio Orto senza far loro alcun male.

La Scrivente tirò un sospiro di sollievo. Nessun veleno sarebbe stato preparato nè per Lei nè per Rosita.
Ma da quel giorno, si ripromise di stare più attenta, più gentile e accomodante col Regio Sposo.
Non avrebbe mai voluto ritrovarsi a colazione un muffin al cianuro, o alla cicuta, per dire.
Certo, lei non era mica una talpa, ma le precauzioni non erano mai troppe e sentire il suo sposo parlare di veleno la mattina presto non è roba da tutti i giorni.

Rosita la Talpa, ti parlo col cuore in mano, ben meglio sarà che tu ed Orazio scegliate un altro orto dove costruire il vostro Resort, sennò saranno cavoli.
Beh, cos'ho detto di male?



11 febbraio, 2016

Il Prima e il Dopo.

                                   ph.HelenaWantsMore


Ci si ferma a pensare.
Si pensa spesso.
Ci si ritrova come stordite a fissare un punto nel cosmo e a pensare.
Come assenti.
magari al semaforo.
magari in fila da qualche parte
o prima di dormire.

E allora, ecco.
Prima di quello, prima di quella volta, dopo i bambini, dopo quel viaggio, prima di avere questa casa, prima di quella vacanza, prima di quel dolore, e subito dopo.
E dopo Natale, e prima di me, non era così prima, non fu più lo stesso dopo.
Cose così.

Regina dell'  E 'Possibile, Vestale del Chissà, Magari, Forse.

Ci si arrampica in ragionamenti complicati e nemmeno tanto piacevoli, collocarsi in spazi temporali, avere la presunzione di sapere, di capire sempre tutto, di avere la soluzione a tutto, lo sciroppo per la tosse, la polverina per le formiche, la candeggina per levare quella macchia.

Inutile
tutto assolutamente e completamente inutile
Non so come e non so perchè, anzi so perfettamente come e so perfettamente perchè.
ma non voglio più prima e non voglio più dopo.
Anche se ci si deve fare i conti, non li voglio più.

Voglio i Qui.
E gli Ora.
Voglio gli Adesso.
Voglio gli In questo momento
Nemmeno domani, adesso, ora, in questo istante.
E il Prima e il Dopo, non esistono più.

E' un bell'esercizio, forse ci si arriva col tempo, ma ci si allena con piacere e alla fine si conquista una serenità non comune, un'incoscienza sottile e meravigliosa, un pò vigliacca, forse, di quella vigliaccheria che ti salva la vita, in qualche modo, una sorta di incantesimo dal quale chissà se ci si sveglierà mai, e non è nemmeno importante quello, alla fine.
un egoismo morbido e lucente, che m'importa del mondo, che m'importa del resto, di ieri, di dopodomani, di fra un mese, financo di fra mezz'ora.


Qui, e adesso.
Senza soluzione, con un'alchimia perfetta fra desideri e ragionamenti, fra passione ed energia, giri di valzer che la testa fa col cuore, biglie colorate in un vaso trasparente, pastelli a cera per colorare tutto, ma non domani, non ieri, adesso e qui.

Ho una tovaglia pasticciata coi pastelli a cera, coi quali nemmeno la candeggina ha potuto nulla, la tosse non ce l'ho nonostante il gelo e le formiche, alla fine, che fastidio daranno mai.







17 novembre, 2009

Stelle a manciate.

Stanotte, sì. E lo so che non è agosto e non si è in mezzo al mare, che di solito, è da lì che si guardano, o coricati nel patio di casa, i ragazzi in gruppi sparsi alla vedetta, da dove si sorvegliano gli incendi, è il punto più alto di quel luogo che si adora, l'estate, nell'Isola che era Atlantide, lo sai? lo ha detto anche Voyager, ieri sera. E' insolito, vederle qui, le stelle che cadono, e stasera, si dice, ne cadranno una quantità tale che sarà uno spettacolo vero, bellissimo, inusuale, anche se succede ogni anno, il diciassette novembre, maddai, sai che non lo sapevo? Si organizzerà una piccola spedizione, forse uscire nel pratino non basterà, se spettacolo deve essere, chessìa, nella collina dietro la casa, nel Prato Grande, o alle Rose Selvatiche, laggiù, accanto all'Alloro Gigante che sembra una Sequoia, non è di nessuno e nessuno lo taglia mai, è enorme, disordinato, bellissimo. Farà freddo, stasera, ma in grazia di Dio quel che non ci manca sono sciarpe e sciarpone, di ogni foggia, filato e qualità, a ben pensarci ne potrei vendere, se volessi, ma le ho messe già e hanno ancora il mio profumo, non si fanno mica regali così. Di stelle ne cadranno a tonnellate, esclusive, riservate, per chi non soffre il freddo e guarda pochissimo la televisione, per chi si incanta a guardare il cielo, la Luna, le nuvole che corrono, per chi annusa il vento e ama il rumore delle foglie calpestate, della pioggia sul terrazzo e contro i vetri, per chi guarda l'alba e si affascina e innamora, ogni volta un pò di più. Per chi come me si sveglia e sorride, per chi ha un cuore colorato che salta gli ostacoli e la paura, per chi esprime desideri impossibili, guardando le stelle d'autunno.

16 marzo, 2009

Start.


Sù che è una gran bella giornata. E che si sente un profumo di fiori un pò in giro. E c'è un sole di seta là fuori, sottile sottile, e i fiorini gialli delle aiuole sono già sbocciati e va bene che proprio il giallo non mi piace ma questi qui cono l'eccezione, fan capire tante cose e che bello è la mattina presto girare la curva con il carico dei figlioli da portare a scuola e vederli lì, bonjour! sembra che lo dicano proprio a me, proprio a noi che è lunedì e non ne abbiamo nessunissima voglia di niente, lo sanno tutti, inutile fare finta, a nessun essere umano sul globo terracqueo piace iniziare la settimana, lo sanno anche i sassi. E' una giornata di quelle che non si sa bene da che parte cominciare, se prenderla di qui o prenderla di là, se cominciare da sopra o da sotto, se fare un piano minuzioso a fare tutto alla cavolo, quel che viene, viene. C'è un mare di cose da fare, si paga la domenica passata in giro, come dire, hai voluto la bicicletta. Così, pedalo. E pedalerò per bene, già lo so, dacchè anche per questa settimana sarò Regina Incontrastata del Focolare Domestico, nooooooo, non ce la posso fare, e meglio sarà che non ci pensi adesso se no è durissima fin da subito. Ci si armerà di santissima pazienza, di secchi e scope, di aspirapolveri e piumini, e spruzzini di ogni qualità. Ma piano e con calma, nessuno verrà a controllare, e tempo c'è per fare le cose che vuoi fare, guardare quel filmatino su Cuore di Maglia che è una carezza vera, e pensare ma guarda un pò che belle cose che stiamo facendo e magari attaccarci un altro progetto, un'altra idea, e le idee migliori, si sa benissimo, vengono al mattino presto, coi fiori di fuori, il sole di seta e magari lavando i vetri. No, un attimo, va bene il sole e va bene i fiori ma stà storia dei vetri non mi convince.

26 giugno, 2010

Niente.

Lo sai che cos'è il niente? E' il nulla, il forse, il chissà, il chissàcome. Il niente è una follia, ti prende quando non sai, quando non vuoi, e hai forza sì, e hai carattere, sì, ma quanto vorresti non avere nulla e stare lì, a farti passare addosso le cose, i giorni, i guai, le questioni di tutti, perchè i pensieri e le angosce ce li hanno tutti come te, scema, pensavi forse di avere il privilegio di non aver pensieri mai? E' un'estate che non và giù, che  gira e gira nel lavandino come l'acqua dei piatti, e fa rumore, troppo o sta in silenzio, troppo, e non sai come fare a dire è estate, non ne hai voglia nemmeno di lei, nemmeno del vento, nemmeno del mare, che stavolta non mi guarirà come ogni volta, stavolta non sarà come le altre volte, con le valigie da fare sorridendo, con i sandali e i parei a fiori, mi viene il vomito al pensiero eppure vado eppure provo eppure sì, cosa ci farei qui invece, a stare in ginocchio in qualche angolo, a buttare all'aria tutti i programmi e tutte le partenze e i ritorni e il chiasso e l'allegria, e tutti i progetti, non se ne fa nulla di nulla. Stavolta non mi medicherò l'anima con l'acqua salata e le chiacchiere e la sabbia, non mi riempirò gli occhi di quel mare che amo tanto, ho da curare il mio cuore e i miei pensieri, la mia vita e quella di chi con me la vive, la mia vita che non è soltanto mia, giostra o precipizio, in equilibrio, a scivolarci sopra o ad inciamparci, a correre e farsi mettere con le spalle al muro, ti ho fregato, questa volta. Niente, perciò, niente che mi attiri o mi respinga, sposto solo le mie questioni per vedere se da laggiù si vedono meglio o peggio, o non si vedono affatto, qualcuno diceva che i problemi diventano leggeri se visti da un'altra prospettiva, ma io non ne ho voglia e un pò mi dispiace, non ne ho voglia e un pò mi vergogno, così, sto in ginocchio sui sassi che sbucciano, muta e spettinata, il cuore gonfio, la testa confusa e nell'anima, niente.

04 gennaio, 2009

Wash? Dish?

Sono entrata nel tunnel. O meglio, mi sono concessa il lusso di entrarci, in questi ultimi giorni di quiete. Ho scoperto i dishcloths. E anche i washcloths. Volgarmente chiamate spugne, delle quali fanno guisa, siano esse per i piatti o per se stessi medesimi, sotto la doccia, per insaponarvisi per bene alla bisogna. Sono quadrati di cotone fatti a mano, coi disegnini più disparati, cuori, babbinatali, fiocchidineve, cuoricini, stelleestrisce, tazzine fumanti, e quel che la fantasia, anche la più scellerata, suggerisce. Sono fatte di un cotone speciale, e perciò specialmente per me acquistato in quel di Philadelphia dalla mia amica Clarissa In Fuga, che mi ha così innocentemente traviato e ha schiuso per me un mondo che credevo non potesse altresì esistere. Si fanno in un'oretta scarsa, se ne possono ragalare in quantità industriale, in nuance di colore o in coscienza di argomento, che so, con la scritta 2009, con l'iniziale della destinataria e anche de destinatario, perchè no. Sono morbidissimi, è il cotone Peaches & Cream la vera discriminante, in gran voga negli States, hanno conquistato il mio povero cuore in questi albori del nuovo anno. Domani, spedizione per trovare un cotone che si confà. E poi, via coi dishcloths, washcloths o come diavolo si vogliono chiamare. Come dice? Lei usa ancora la spugna Vileda del super? Continuiamo così. Facciamoci del male.

26 febbraio, 2011

Figlio.



E' da ieri che lo scruto. Quel poco che ho potuto, nel senso che la febbre e il mio andare a letto presto e tutto questo tossire e tossire non mi hanno dato granchè modo. Ma ho riconosciuto come smarriti quei suoi occhi di bosco, nel buio dietro la porta della mia stanza, ieri sera, Stai Bene? E ho riconosciuto quel suo indugiare in un abbraccio troppo stretto, come chi ha da dire molto ma non dice, e dice Chiedimi, Non Ti Risponderò, ma tu fàllo, mamma o non farlo, non so. Non ho capito, figlio, non ho compreso subito, mi sono data qualche risposta confusa, gli esami, la nuova vita a Torino, nuovi amici e nuove cose, sarà questo, ho pensato. Ma non  che fossi convinta, no, qualcosa mi sfuggiva, di solito è così ciarliero al venerdì, con tutti i fratelli a tavola, la sera, ma stasera invece no, stasera è silente e distante e ha gli occhi lontani, non so dove, non so. Io conosco le tue mappe, figlio, più di ogni altra persona al mondo ho la pianta del tuo cuore dentro al mio, ho i tuoi modi e i tuoi sentimenti, e ti sento, figlio, ti sento come un albero la foglia, come un tasto la sua nota, come il mare la sua onda. No che non ti chiedo, perchè so che non avrei risposta a questo tuo stare, so che non è una cosa da niente e allora sto zitta, ti penso e sto zitta, se avrai voglia e sentimento me lo dirai, sei uomo fatto e io, madre, ho solo modo di sedermi ed aspettare. Poi oggi. 
Devo andare, E' il Compleanno di. Ci Troviamo Tutti al Camposanto.
Amore grande mio, figlio del mattino e della luce, dimmi piano come posso alleviare questo tuo dolore, dimmi bene come fare anche a spiegarti che dolori come questo non vanno via mai, sono squarci che non rimarginano, sono tagli che non smettono di fare male, mai, la tua età ti può aiutare a far diventar tutto un pò più lieve ma il dolore è un brutto affare e se ne sta lì, in agguato, e ti rincorre e ti raggiunge. Figlio del Cielo, mia espressione più perfetta, mia vittoria, mia pienezza, cura questo dolore e impara a viverci, a riconoscerlo, a sentirlo, tasto e nota, onda e mare, nell'ineluttabile e spietato gioco della vita e della morte. Da lassù, nel giorno del suo compleanno,  c'è chi ti guarda e sa.

11 aprile, 2008

I vetri.


Eppure non c'è stato nessun temporale a far sbattere la finestra socchiusa, sbamm!, così da ridurre in frantumi i vetri della finestra, con quel rumore che senti nei film , quando saltano giù dai palazzi. Non c'è stato nessun vento e nessun bicchiere spaccato, scivolato dalle mani, mentre l'asciughi, che poi succede che esplode, quasi e vetri e schegge li raccogli per giorni, ma guarda un pò dove c'è un vetro, nonostante ci abbia passato per bene, scopa e paletta, mica l'aspirapolvere. I vetri appaiono, improvvisi e appuntiti, in una giornata normale all'apparenza e terribile nel profondo. Non cammini, scivoli, non sorridi, fai smorfie, ti sforzi un pochino, anche, ma è tutto inutile, se ne accorgono in mille, lo sai, appena hai qualcosa. Già, e che cosa non si sa. Sono i vetri che trovi all'altezza del cuore più o meno, che graffiano e fanno male, eppure da dove arrivino nessuno lo sa. Sono i vetri, pesanti, difficili, un fardello trasparente, pericoloso e insopportabile. Dormiresti, o faresti cinquecento cose insieme pur di non sentirli. Ma i vetri, beffardi ed inutili, pungono anche quando respiri, quando parli, quando ti guardi e ti dici, no, per piacere, no. E' una malinconia pungente, che non si sa da che arrivi, una tristezza sconfinata e nebulosa, un'inspiegabile apatia. I vetri, si sa, si scopano via, con quel rumore di campanelli, scopa e paletta, o si frantumano coi sassi, coi baci, magari, con forza, per ridurli in polvere e guardarla poi, magica poltiglia dai mille riflessi, perchè almeno così non fanno più male.

30 agosto, 2013

Anime Lucide.

    ph.by HelenaWantsMore Tumblr


Di gente ne conosco tanta.
Ma proprio tanta tanta.
Già sono una che parla pure con il Folletto, per dire
Ma poi, le cose della mia vita, le mie passioni, il mio aver cambiato diverse città, il mio avere tanti figli, beh, tutto fa.
ognuna di esse mi ha dato qualcosa, anzi molte di esse, non tutte. Ci sono persone che non ne sono proprio capaci, non è colpa loro, proprio non ce la fanno e basta.
Sono tutte un io, io, io, mio, mio, mio e a me proprio non mi van giù.
con qualcuna ci ho litigato pesante e l'ho cancellata dalla mia vita
con qualcuna ci ho litigato pesante e poi ci siamo abbracciate
qualcuna ha cancellato me, ma pazienza, succede.
con tutte le altre ho avuto cose alterne, situazioni belle e meno belle, abbiamo parlato di tante cose, anche di politica, e pazienza se la pensavamo diversamente, mica è la guerra che devi essere uguale a me se no t'ammazzo. Con qualcuna di loro ci ho fatto viaggi, shopping, sono andata al cinema, in montagna, al mare, mi hanno accompagnato nei luoghi più diversi, ci ho preso un gelato, molti caffè, qualche colazione, ci ho fatto la spesa, molte cene, sono andata a rosari e funerali, anche a matrimoni, certo, e qualche volta il matrimonio era proprio il loro. Ho passato ore al telefono, a chiacchierare fittissimo, ho scambiato opinioni, gossip, confessioni, battutacce da osteria, parolacce. Con qualcuna ci ho corso, andata in vela, in bicicletta, in moto, in aereo, anche in treno, la nave, in mongolfiera invece no. Mai stata.
con tante di loro ci ho fatto la maglia, uh, ma quante. Mi sono scambiata libri, vestiti, borse e scarpe, ci siamo regalate marmellate e scialli e penne e smalti e gomitoli, ma tanti tanti.

Le persone che conosco sono molto diverse tra di loro, sono le genti strane, diverse sì, ma forse le lega un filo così sottile e tra loro in fondo, un pochino si somigliano.
Anzi, si somigliano proprio tanto.

Sono anime buone, anime che qualcuno ha messo sulla tua strada senza un motivo apparente, ma che se cerchi bene, ecco, lo trovi.
Le anime lucide sono solo dentro alle persone che ti guardano in un certo modo, che ti parlano e ti ascoltano in un certo modo, che non è che fan finta di ascoltarti e pensano a tutt'altro e dicono ok solo per farti contenta, no, loro ti ascoltano sul serio e si capisce.
e si raccontano.
e ascoltano te che ti racconti

Delle Anime Lucide è pieno il mondo, basta riuscire a scovarle là dove sono.
Una volta che le hai trovate, vedi di non fartele scappare, che è vero che sono tante ma non è così semplice individuarle.
certo, le Anime Lucide son Genti Strane anche loro.
Son capaci di farsi dei chilometri solo per stare insieme un pochino
o mandarti una foto in piena notte con l'immagine di una borsa, La Compro o No, così, per saperlo
e poi ti confessano cose più grandi di loro che non ne hanno parlato a nessuno e tu sei la prima e questo ti fa sentire orgogliosi a e spaventata, ma più orgogliosa che spaventata, alla fine
Le Anime Lucide scrivono delle belle poesie che tieni sul comodino e sanno parlare e sanno tacere e sanno gridare o sussurrare, esattamente nel momento in cui si deve parlare e tacere e gridare e sussurrare
Le Anime Lucide ti scrivono dall'altra parte del mondo, e sembra che siano lì, sono quelle che ti abbracciano stretta quando ti incontrano, quelle che ti dicono CheBellaCheSei anche se quel giorno ti senti un rifiuto radioattivo altamente tossico.
Le Anime Lucide ti sono vicine anche quando non le vedi, sono quelle che quando le incontri ti presentano come LaMiaAmicaDelCuore e sorridono tanto, sorridono sempre, anche se in quel momento  hanno il cuore più pesante del tuo. Ma sanno, e questo basta già.

Ho incontrato un'Anima Lucida che mi legge da tempo immemore, che sa tanto di me e lo sapeva ancora prima di sapere la mia faccia, per dire.
E' un'anima bella, che conosce a memoria i migliori Tumblr di fotografie, e mi dice, Mi Ci Perdo Ogni Volta, a guardare le foto dei fiori e delle case e l'altro giorno mi son persa nella foto di un caffelatte, ma così bella, ma così bella e per un pò ho pensato ad altro, a vedere le foto in questo Tumblr e soprattutto quella del caffelatte.

Se vi perdete nella foto di un caffelatte, forse anzi di sicuro siete un'Anima Lucida.
esattamente come lei.

Grazie, Brunella, per la bella mattina.
Spero che la foto del caffelatte sia questa qua.



15 aprile, 2014

Improvvisi Iris.

C'ero passata due giorni fa, da lì.
Solo foglie e tronchi sottili. Poco più in là, le canne di bambù con le quali i miei figli piccoli hanno costruito centinaia di lance, capanne, zattere e missili. Degli iris, nessuna traccia.
Ieri, poi, in quel momento bellissimo che è il verso sera, quando hai finalmente l'autorizzazione scritta a fare quello ti va, a trovarti in un posto bello a far le cose che vuoi tu, ecco la siepe degli iris comparire in tutta la sua bellezza aristocratica, l'iris non è un fiore da tutti i giorni, ha quell'aria sofisticata che ti mette un pò soggezione, come quando studi e studi e poi arrivi lì e non sai niente, eppure non sono timida e ho studiato e a casa la sapevo, giuro.

Gli Improvvisi Iris sono apparsi dopo un fine settimana così bello e pieno di promesse e di baci,  di baci e di abbracci e TiVoglioBene, quelli che non ti aspetti, quelli che arrivano dritti dove devono arrivare, al cuore, forse, ma anche più in là, se c'è un posto più in là del cuore, e sono sicura di sì.

Gli Improvvisi Iris avevano fatto una riunione nottetempo e si era decretato fosse quello il momento giusto per fiorire tutti insieme, segaligni e bellissimi, regali col loro portamento altezzoso e poco importava se il loro luogo per spuntare fosse da tempo la radura oltre la rete, quella vicina al campo d'orzo, all'inizio della collina.
Era quello il momento.
C'erano stati molti giorni di sole tutti in fila, e il Ciliegio sì che era fiorito, ma era già tempo di pioggia di petali rosa e il pratino, che la sapeva lunga, non vedeva l'ora di ricoprirsi per un pò di quei gioielli morbidi, di quei fiorellini così delicati. Il Ciliegio è un bell'elemento, non è che puoi dirgli cosa deve fare, ci vuole pazienza, con un tipo del genere.

Così, il Simposio degli Improvvisi Iris  aveva stabilito: Si Fiorisce Lunedì.

Passando di lì, il viola acceso e le corolle eleganti, un pò Hermés, aveva fatto in modo che il mio Verso Sera diventasse straordinario, dopo una giornata sottilmente malinconica, si sta sempre così quando un evento finisce, quando qualcosa che hai aspettato tanto arriva e va via. Come la fine di un incantesimo.

Gli Improvvisi Iris lo sanno.
E si sono fatti trovare lì, al solito posto, un mazzo non reciso mandato da chissà chi, che non devi mettere in un vaso ma che puoi guardare quanto ti pare, se passi di lì, disegnarli, fotografarli e pure parlarci, se vuoi. 

Il Simposio degli Improvvisi Iris ha deciso di rimanere a lungo fiorito proprio lì, nella radura vicino al campo di orzo. Passerò di lì spesso, li guarderò come si guardano le cose preziose ed esclusive, ammirerò la loro perfezione, la loro corolla sofisticata che nemmeno Hermés  saprebbe fare più bella, è un regalo per me questa siepe così viola, che si lascia intatta così com'è, senza coglierne nessuno, sarebbe un sacrilegio.

Nessun Improvviso Iris resisterebbe mai in un vaso di vetro.
E loro lo sanno che io lo so, e allora va bene.





05 aprile, 2016

Dai, sù.

Che non abbiamo bisogno di gentucola che frigna.

Di donnicciole stupide, di donne medie che non sanno guardare più in là del proprio prato, di donne che non ce la fanno a farcela, mai.

Io ce la faccio a farcela, da sempre. E qualche volta mi piacerebbe essere una donnicciola di quelle che si lamenta e fa le smorfie di disgusto e che si fa aiutare dal mondo e che e che.
Stamattina è una mattina pessima, di quel pessimismo leopardiano che ritrovo negli altri e che mi fa ridere spesso, rido molto, io, sono una che fra ridere e frignare preferisce ridere, sempre. 

Oggi invece no.

Eppure, sono sicura che è tutto a posto o che ci sta andando piano piano, che questo puzzle bizzarro che è la mia vita degli ultimi mesi, alla fine, si comporrà.

 E sarà bellissimo, anche se non ho mai capito bene che cosa si fa con i puzzle finiti, anni fa ne abbiamo tenuto uno di Pippo e Pluto su un tavolino basso per un po’ indecisi sul da farsi, poi un giorno non so quale dei  figli ci è franato sopra, sbattendo lin uno spigolo lì vicino e allora via di spinaci surgelati sulla testa, di cremine, di NonE’Niente, e PassaSubito, e urla e strepiti, preoccupata com’è ovvio più della testa del fanciullino che del puzzle disintegrato. Che alla fine, fu spazzato via di malagrazia e non se ne parli più.

Oggi, sembra a me di aver battuto in qualche spigolo, non so da che parte cominciare e sono sveglia da ore, e arrivano belle cose e belle notizie e altre ne arriveranno, ma è la confusione che mi destabilizza, è la distanza, la paura, l’amore anche, il coraggio che non ho, quello che non trovo, la figliola a casa con l’influenza, e il resto sparso per mezzo mondo, che grande è il mondo di ciascuno, e quanti cuori può contenere il tuo cuore, e quanti ne riesce a tenere lì, al caldo e vicini,  seppur lontanissimi.

Avrei voglia di una città che non ho mai visto, di un tavolino al sole, una bancarella di libri usati e il mare. Magari un frullato, o una granita, per fare shhhhhh con la cannuccia alla fine. E bei pensieri e belle cose.
Invece sto qui, con le cose da fare, il cielo seppia, i vetri sporchi e nessuna voglia di lavarli, ma dai quali si vede il ciliegio che sta fiorendo.

 Ecco, in attesa che il mio puzzle si completi per benissimo, e che non venga spazzato via come quello di Pippo e Pluto, mi curo da sola, mi canto qualcosa sottovoce, mi prendo un thè in cucina e guardo fuori, tutto quel rosa, tutti quei fiorelloni esplosi, la bellezza, la dolcezza, dai sù, non abbiamo bisogno di gente che frigna e fa la scema, e si lagna e fa i capricci. Passerà, passa tutto o quasi, il ciliegio ti darà una mano.

Il sacchetto di  spinaci surgelati, questa volta non servirà.
Lavare i vetri, forse sì.

12 settembre, 2012

Anche per me.


I gessi e la lavagna. I quaderni nuovi e nuovo il diario, forse la cartella, certamente l'anima, un anno in più, un altro primo giorno di scuola, un'altra di quelle ansie meravigliose, mi mancano un pochino, le baratterei volentieri con le mie, che in questi ultimi giorni si sono fatte più insistenti, striscianti, villane e che non passano. Non mi serve nulla, non ho bisogno di nulla, ma il mio cuore si è come arrotolato su se stesso, i cuori non si arrotolano ma il mio sì, gira e gira come i mulinelli nell'acqua, l'ingorgo del lavandino. Primo giorno di scuola, rientrati a notte fonda, la Princi è andata a scuola che profumava ancora di mare e di sole e di tutto quel blù e quella sabbia. Primo giorno di scuola anche per me, ad esercitarmi, a prepararmi a un altro inverno come tutto il mondo, a studiare le situazione, a fare i conti con le vicende e i malumori e le cose pesanti, la vita non ne risparmia a nessuno, ci sono solo diversi soluzioni alle equazioni, quelle da fare sul quaderno a quadretti e mai, mai, mai che me ne fosse venuta una al primo colpo, mai. Ci sono equazioni che non si risolvono e altre che invece sì, con una scrollata di spalle o con un lavoro di fino, ci sono compiti che ti piace fare e altri che nemmeno per sogno, ci sono poesie da imparare a memoria e libri da leggere, la storia, sapere gli affluenti, gli stati del Canada, di potassio ce n'è uno, la fisica, Azzeccagarbugli, i complementi, to do/did/done, il Congresso di Vienna. Ho lezioni da imparare molto diverse da queste qui, ho cercato di studiare in vacanza ma il mare mi ha rubato i libri e non ho fatto niente, non sono preparata, svogliata e ferma e stropicciata, e il cuore, stupido muscolo che non sopporto, nemmeno suggerisce, nemmeno mi passa un bigliettino e non mi chiami alla lavagna, no, che non so fare niente, non sono niente, alla lavagna si viene con gessi colorati e io ne ho soltanto di neri a sporcarmi le mani.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...