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10 luglio, 2018

La Collezione di Pastelli Viola.






Colorava il mondo così.
Possedeva una manciata di pastelli viola. Da anni.
Li aveva sottratti agli astucci in disuso dei figlioli alle elementari, ne aveva acquistato qualcuno, insieme alle matite da disegno, alle stilografiche, ai pennarelli, con la punta fine, spessa, media...viola, sempre.
E alle biro, quante biro viola sparse, i Tratto Pen, le penne a scatto.

ma i pastelli avevano un fascino speciale.
Ci colorava tutto, anche quello che colorare non si poteva, o che aveva perso lucentezza lungo la strada, lungo il cammino tortuoso e spesso infido che hanno certe cose

Aveva mano leggera, a colorare. e stava nei bordi. Diligente, iniziava prima dal centro, sempre nello stesso verso per dare omogeneità, e poi ai bordi, piano piano, con attenzione, girava il foglio per essere più comoda, e si fermava di tanto in tanto, storcendo un pò la testa di lato, e allontandosi un per vedere che effetto aveva tutto quel viola tutto insieme.

La Collezione di Pastelli Viola era preziosa, al pari di quell'altra, quella dei Pastelli Dimenticati, che però, erano di tutti i colori.

Colorava e colorava.
Giorni bui per farli più lucidi, giorni belli per farli ancora più lucenti, e case, strade nuove, l'insegna di un piccolo supermercato di città, non moderno, ma con la musica e le cassette di legno piene di insalata vera e non delle buste, e le offerte scritte a pennarello, Albicocche 2 Euro, con la scrittura bella che ti risulta con il pennarello a punta quadrata. Da professionisti.

 Colorava i vasi  per i balconi, e il campanello con i nomi nuovi di zecca,  il mazzo di chiavi sonnecchiava beato in fondo alla borsa, solo una targhetta, viola anch'essa, con il proprio nome, la cerimonia di consegna delle chiavi al resto della famiglia si sarebbe svolta fra qualche giorno. 

Colorava la farmacia, la piazza e la fontana, le mattonelle dell'ingresso e la cassetta della posta.

Coloro di viola queste scatole, queste lenzuola e questi piatti belli del giorno di Natale.
Coloro di viola i grembiulini dei miei figli, quelli col nome ricamato di lato, coloro le scarpe da calcio, le scarpette da danza e i costumi interi da piscina taglia 4 anni.

Coloro di viola il mio abito da sposa, il Monopoli del solaio, i biglietti dei compleanni di persone che non sono più nella mia vita. Coloro di viola gli zaini di scuola, gli sci, le tute di Amaranta, le tesine, i dizionari, la scatola del cucito, e le partecipazioni di nozze delle mie amiche. Che non ci sono più per davvero.

Coloro di viola anche i miei pensieri, che se sono viola sono più belli, ci faccio tutte le sfumature possibili, dal lillà al lavanda, che non è la stessa cosa, proprio no.

E poi, quando la punta è consumata, tempero piano, appena appena, per non sprecare nemmeno un pò di colore e con il merletto che esce dal temperino faccio il vestito di una ballerina che danza e danza sulle punte e gira su se stessa, e la testa non le gira mai, c'è una musica sottile e un palcoscenico immaginario, e coloro, coloro anche fuori dai bordi stavolta, la Collezione di Pastelli Viola la porterò con me ovunque andrò, la chiudo in una scatola, insieme alla ballerina, la musica era un carillon e il vestito solo matita temperata, i carillon non piacciono a nessuno e la ballerina è un pò rovinata, ma ha il vestito da ballo più bello del mondo e allora va bene.






20 marzo, 2014

Viola nel Muro.


Non si capiva come avesse potuto crescere lì.
Senza acqua, senza terra, solo col sole.
Inspiegabile.
La viola era nata proprio lì, tra il muro e la staccionata verde dove si sarebbe abbarbicato, di lì a poco, il gelsomino.
La scoperta fu fatta una mattina di marzo, stendendo le lenzuola, la meraviglia dei primi giorni di bel tempo è proprio stendere fuori, all'aria bella, col profumo del sole.
La viola era lì, un ciuffetto di smeraldo e qualche bottoncino di viola chiaro, caramelle quasi, Violette Leone, le conosco bene,sono state i confetti per il mio matrimonio.
La viola del muro aveva deciso di nascere lì, senza preavviso, senza grandi pretese, senza alcuna invidia delle viole dell'aiuola, di là, che invece avevano sfidato la corteccia di pino delle rose e godevano del privilegio della primissima fila. Guarda Che Belle, viola scuro e foglie larghe.

La viole del muro sono gemme incastonate nel nulla, rendono meraviglioso un pezzo di cemento armato e una staccionata spoglia, fanno di un angolo inutile un angolo bello, semplice, colorato appena, viola chiaro e foglie piccole, loro.

Vorrei essere viola del muro anche io, avere il coraggio e resistere, senza terra, a dispetto di tutti.
Un pò, la sono.
A volte non mi riesce, ma ci sono giorni in cui mi sento invincibile e forte, e di me dò il meglio, i colori pastello, le foglie tenere, quel che so fare, qualche parola a un'amica, risate nel telefono, sorrisi anche, se sorridi al telefono se ne accorgono, non lo sapevi?

Oggi il sole non c'è.
La viola nel muro è sempre lì, morbidissima, l'ho persino accarezzata questa mattina.

Che miracolo sei, viola perfetta di primavera, avamposto di giornata meravigliose che verranno, messaggera di bellezza e pace, che mondo bizzarro è mai questo se nasci e mi sorridi da un angolo di muro.
Imparo da te forza e tenacia, imparo da te a resistere, imparo da te l'inaspettato, la gioia piccola, stamattina, e per mille altri giorni ancora, non mi farò sommergere, non mi farò schiacciare.

 Sarò Viola nel Muro, vedrai, riuscirò.


16 giugno, 2016

La Collezione di Pastelli Viola.

Ho una collezione di pastelli viola.

Qualcuno comprato, irresistibilmente. Quando vado in cartoleria per altro, esco sempre con le Bic Cristal d'oro e d'argento, e un pennarello o un pastello viola. Deve essere una patologia, non so.  Adesso, i pastelli  li vendono anche sciolti, non c’è bisogno di comprarne una scatola intera. ne basta uno, due al massimo,  Ne ho una quantità. Molti li ho sottratti dagli astucci delle elementari dei miei figli. Quelli che non sono dimenticati, intendo.

 Li tengo per me.
Sparsi nella borsa, sul tavolo, in mezzo al quaderno sul comodino, chi non cw l'ha, un quaderno a righe sul comodino, per scrivere prima di dormire o appena sveglia. Mi capita, ogni tanto. Quando sono tanto felice o tanto triste. A seconda.  Scrivo e scrivo. Incipit, capitoli di libri, sceneggiature brevissime.
Non rileggo mai.
Fra mille anni, ritroveranno il mio quadernino sul comodino e diventerà un best seller.
Ma i pastelli viola sono un’altra faccenda. Non li uso. Non coloro mai. Anche adesso che è diventato tendenza. Non coloro. Li guardo.

Li tempero ogni tanto, li rimetto a posto nel loro vasetto  trasparente, li metto in gradazione mentre parlo al telefono, per  concentrarmi o per distrarmi, chi lo sa, ma non li uso mai. Li guardo e basta.
Così come guardo i miei giorni di adesso, l’estate che non arriva, le cose che ho e quelle che non ho più, questi cieli impossibili che non sanno di caldo e di giugno, ma a me in fondo va strabene, io amo i temporali, le gocciolone sul terrazzo, i tuoni, i lampi, le saette nel cielo, l’odore dell’acqua, hai mai fato caso che il temporale ha un odore bellissimo. E poi, i temporali sono viola, lo sanno anche i sassi.
Guardo le cose mie come i pastelli viola del vaso, di marche diverse, alcuni quasi nuovi, alcuni usatissimi.
A volte mi viene voglia di usarli, di colorare le giornate che proprio non girano, di lilla chiaro, di viola intenso, di glicine tenero, di pervinca acceso. Niente. Non li tocco, li lascio lì. Ci sono cose che vanno lascaiate così come sono, perché non c’è una ragione né le puoi cambiare, né possono andare diverso da come vanno. Forse, nemmeno colorandole.

Guardo i miei pastelli come si guarda una mappa, meglio se di un tesoro nascosto da qualche parte che ancora non so dov’è, ma lo troverò presto,  ho questa sensazione, i tesori  si trovano sempre sulle spiagge e sono forzieri pieni di monete d’oro, e escono un poco dalla sabbia e tu hai la mappa in mano e dici, dieci passi di qua, sotto l’albero di là, scavi pochissimo ed eccolo lì.
Sono certa che il forziere sarà viola.

E se così non fosse, lo coloro io, che tanto, ho i pastelli.

26 marzo, 2012

Cento sfumature di viola.

Sono dappertutto. Esplose, in questi ultimi giorni. Nel prato, nei filari vicino a casa, un cespuglietto è perfino nato fra i mattoni del muretto. Nascono così, un pò a sopresa, staranno pochi giorni, appena prima dell'erba nuova, sono lì, preziose fra le foglie secche, semplici, bellissime. Certo che non sono tutte uguali, le viole, e soprattutto, non sono dello stesso viola.  Amo le viole, forse perchè amo tanto e da sempre il colore viola. Che scoperta. Ne ho fatto un mazzolino l'anno scorso per il compleanno di un figliolo, le raccolgo spesso, le lego con un filo, hanno un gambo così delicato e poi sono belle se tutte insieme, non come le rose, che a separarle nell'acqua stanno meglio. Certo, durano poco, e nemmeno si possono seccare, se non fra le pagine dei libri, per poi ritrovarle quando quel libro lo rileggi, o se ti cade rimettendolo a posto, mi è successo giorni fa, avevo preso l'Innocente, e dentro ci ho trovato tre violette, ancora un pò viola, lì chissà da quanto. Non saprei trovare un significato filosofico a questa magia delle violette, che fanno bello qualsiasi prato, che sanno di pulito e di nuovo. In effetti, non c'è. Quel che c'è è che sono loro le vere protagoniste di questi bei giorni, dei primi giorni dell'ora legale che dà un'aria già di vacanza, che ti fa venir voglia di stare sul terrazzo a prendere il caffè, di constatare che forse, ahimè, il gelsomino non ce l'ha fatta e non ha passato il rigido inverno e bisognerà vedere nei giorni prossimi se si riprende oppure no. Nel frattempo, ci sono loro, le viole del pratino, a dirti del sole e di quel profumo bello che si sente la sera, a ricordarti che è ora di sistemare la bici e forse di rifare un cestino, ovvio, viola, dacchè il tuo si è scolorito e sfilacciato. Si inizia così, un giorno semplice pieno di cose, la Ginnasiale accompagnata all'alba verso la sua lunghissima gita scolastica, cose da fare ma con calma studiata, l'ora nuova è bella ma ha bisogno di essere metabolizzata con cura. Magari, anche con un bel mazzolino di viole appena colte, col gambo un pò lungo se no non stanno in nessun vasetto, da tenere sul tavolo e annusare ogni tanto quando passi di lì, da regalare, o da tenere in mezzo a un libro e ritrovare dopo un pò. La felicità, a volte, è piccola cosa.

20 aprile, 2014

L'emozionante Pasqua della Lumaca Gisella.

Se ne stava così, accoccolata sulla sedia arancione del terrazzo.
Non che avesse perso la strada, ma quella poltroncina di design color del sole, ancora umidiccia di rugiada, era un luogo tranquillo dove godersi il primo sole della mattina, così chiara finalmente.

Quella domenica, la Lumaca Gisella era in visita pastorale al Pratino, dove avrebbe trascorso la Pasqua con sua cugina Lia, che da tempo viveva indisturbata nel giardino della Casa in Collina.
Gisella aveva fatto un lungo viaggio, si era trasferita da quattro giardini più in là, e camminava, si fa per dire, da giorni. Riposarsi un pochino, prima di trovare la casa di sua cugina, non le sembrò una cattiva idea.

Quella era una domenica speciale, al Pratino. La pioggia aveva squassato l'erba nuova e sparpargliato i fiorini rosa caduti dal ciliegio. Del Regio Orto non v'era traccia alcuna, non ancora, e Gisella si domandò dove mai fosse la casa di Lia, Secondo Cavolo Viola a Destra, le aveva scritto sulla foglia del lillà, ma di cavoli viola, nemmeno l'ombra. Era mattina presto e gli abitanti della Casa in Collina dormivano ancora, tutti o quasi, e non c'era nessuno cui chiedere informazioni, la Lumaca Gisella era lumaca educata, avrebbe chiesto Per Favore e Grazie, mica come certe lumache amiche sue.

Rifletteva sul da farsi, quando la sua attenzione venne attirata da una casina piccina, bianca col tetto viola, appesa al muro. Non che fosse una casa elegante, ma sembrava in ordine da fuori, e, anche se avrebbe avuto bisogno di una nuova passata di vernice, aveva un'aria accogliente e pulita. Da poco, una famiglia di uccellini senza nome l'aveva scelta come luogo dove mettere sù famiglia, e da giorni era un gran viavai di uccellini e rametti e piume. Quella casina era lì da molto,disabitata, ed era stata snobbata da Federico il Pettirosso e tutta la sua stirpe, che invece avevano preferito alloggiare sull'Acero Rosso e sul Pioppo Laggiù. I pettirossi, si sa, sono uccelli sofisticati.

La Lumaca Gisella chiese agli Uccellini Senza Nome dove mai fosse, o ci fosse mai stata, la fila dei cavoli rossi del Regio Orto. E gli Uccellini Senza Nome risposero che sì, conoscevano benissimo la Lumaca Lia, quella buontempona di lumaca, così a modo, così gentile, che aveva preso possesso del cespuglio della Regia Salvia, proprio sotto il lillà, non troppo distante da lì. In 77 minuti avrebbe potuto raggiungerla.

Così, la Lumaca Gisella si incamminò, non senza aver ringraziato la famiglia degli Uccellini Senza Nome, e dato un ultimo sguardo compiaciuto alla casetta candida col tetto viola.
Raggiunse la casa della cugina Lia in 73 minuti scarsi.
Festeggiarono la Pasqua con un banchetto speciale, foglie di tarassaco e rugiada del Pratino.

****************

Voglio una bella domenica di cose semplici e cioccolata.
Di pensieri belli da pensare e sole e niente, il bel niente più bello che c'è.
Un augurio di un bel giorno, in qualunque modo lo vogliate festeggiare o sentire o vivere, al mare, sul divano, nel giardino.
O nel  Regio Orto a piantare cavoli viola.
La Lumaca Lia mica può stare sempre sotto il cespuglio della salvia.

18 marzo, 2008

Da curare.

Belli da morire. Così, a manciate, tutti insieme, assolutamente inutili perchè troppo grossi o troppo piccini, ma lucidi, nuovi, mescolati, spaiati, trasparenti e viola, viola, viola. Li ho comprati per pochi euro e adesso eccoli qui, arrivati puntuali dentro una busta con le bolle, ben divisi nei loro sacchettini un pò polverosi, forse arrivano da un cassetto che sa di stantio, di una merceria che sa di stantio anche quella, ne abbiamo una in città, ancora con il metro di legno, la proprietaria che ha l'età degli scaffali, lenta come la Quaresima, che vende le calze alle dame che a nominar loro Calzedonia fanno una smorfia di disgusto. La merceria che vende la qualunque cosa.Le scatole degli spilli. E i giochi di ferri per fare le calze. E l'elastico per le mutande, c'è ancora qualcuno che cambia gli elastici, o meglio, che usa mutande cui si cambiano gli elastici, non è mica da tutti, sa? I miei bottoni sono qui, dentro al vasone della marmellata debitamente ripulita, faranno compagnia a quegli altri che ho comprato tempo fa. Bottoni, che grandissima magia infilarci la mano, fanno un rumore che non si descrive, non sai se sia come di monete, o di sassi o di tutti e due insieme. Una gioia per gli occhi. So già che qualcuno lo userò, inventerò delle cose carine, impreziosirò i miei famosi portafazzoletti che vanno a ruba fra le mie amiche, uno per colore, regalati, per forza, mica venduti, non si vendono le cose alle amiche, si regalano eccome. Anzi no, mi faccio dare 50 centesimi, i fazzoletti, si sa, portano sgarro, anche quelli di carta a quadrettini, con le farfalle, le caramelle o i disegni di Klimt. Adesso, resi più cool da con questi bottoncini meravigliosi, saranno ancora più preziosi. Benebenebene, meditò ella lisciandosi il mento e socchiudendo furbescamente gli occhi, posso aumentare l'importo dell'offerta. Idea geniale. Perciò, spiacentissima, Amiche Carissime Vicine e Lontane. La prossima volta che avrete in regalo dalla Medesima un simile oggetto confezionato con raria maestria, ricercatezza e mestiere, bene, allungate a piacer vostro una bella banconota. Meglio se viola. Sapete bene, è il mio colore preferito!

22 ottobre, 2007

Che ne sarà di voi.

Vedo viola. E compro. Senza un progetto preciso, senza dover dire, devo fare un maglioncino, una sciarpa, un copriteiera, uno scaldanaso, insomma, Così, mi capita di avere tonnellate di lana multicolore, in ogni sfumatura, con brilli e senza,acquistata di slancio, senza pensarci troppo, sprimacciandola per bene come si fa con i cuscini, per sentirne la morbidezza, annusandola, per sentirne il profumo di fabbrica che ha la lana nuova, appena tolta dal sacchetto o dalla scatola trasparente e rigida, passandomela sulla guancia per immaginare che tipo di sensazione potrà mai darmi, una volta addosso a me, o ai miei figli. Così, ecco la fornitura di queste ultime settimane, viola, viola e ancora viola. Di quella più complicata, pelosetta e morbidissima, sottile con dei minuscoli fiorellini di ciniglia attorcigliati al filo, un delirio se la disfi, ma così bella che sembra una specie di nuvola, ne sto facendo un...un... una...beh, ancora non si capisce cosa. Ho messo dei punti e vado sù. E vado in giro coi pensieri, senza muovermi da casa mia, volo, volo e volo, per di qua e per di là, mare, scuola, crucci e magoni, e risate, qualche volta. Sono giorni di strana confusione mentale, strano, inconscio disinteresse alle questioni terrene, una sorta di sonnolenza diffusa, di malavoglia malcelata, di cattivo umore cacciato giù col Supradyn del mattino, di nervoso tenuto sotto controllo riempiendo l'agenda di cose da fare, qualcuna fondamentale, altre così superflue che mi viene da chiedermi se sono scema o cosa. Intanto, un altro giorno eccolo qua, un'insegnante di greco mi attende dalle 10 alle 11, dovrò chiamare l'elettricista e sistemare lo scaffale delle tovaglie, e poi e poi e poi. Che ne sarà, quindi di me. E dei miei gomitoli, anche.


28 luglio, 2017

La Piantina dell'Ufficio Postale




S'era di luglio.
Aveva un vestitino a fiorellini piccoli, uno di quelli che lascia scoperte le gambe, che non si stirano, di quel cotone leggero che fa allegria.
Era diretta all'ufficio postale, a spedire a Firenze un pacchettino.

Non era un pacchettino qualsiasi.
Al suo interno infatti, ben protetta da una pellicola e con un fazzolettino bagnato che ne proteggeva il gambo, c'era una piantina. Una piantina viola.

L'Ufficio Postale era un edificio austero, di marmo bianco, con un mosaico bellissimo che spesso si incantava a guardare ma al quale nessuno sembrava fare caso.
Il temporale della notte aveva disegnato un cielo bellissimo, di un blu speciale.
Non che fosse una gran giornata, ma proprio in occasioni come quella, ella aveva messo a punto una strategia. Sorridere.

L'impiegata dell'Ufficio Postale aveva caldo. Forse, nemmeno molta voglia di essere lì. Avrebbe preferito essere che so, al fiume, c'è un fiume bellissimo a pochi chilometri dalla città, con un canyon e una inspiegabile spiaggia di sabbia fine. E' solo un torrente ma ha l'acqua cristallina e i ragazzi di qui ci vanno spesso, a tuffarsi dal canyon e a fare festa. E a guardare le stelle.

la Donna Col Vestito a Fiorellini consegno il pacchetto da spedire. 
- E' leggerissimo, disse all'impiegata distratta. 
C'è dentro solo una piantina.

L'Impiegata si illuminò.
- Una piantina? e di cosa?

Niente di illegale, sorrise la Donna, è una pianta viola che fa dei bei fiorellini rosa. Rosa, come i capelli della ragazza alla quale arriverà, e che se ne è innamorata subito. Ora, la pianterà in un vaso  a Firenze e lì crescerà.

L'Impiegata della Posta non aveva mai sentito, fra bollette e francobolli, una storia più bella.
Dietro di lei, una pianta dalla foglie verdi e lucide.
- Anche io faccio questi esperimenti, le disse, la vede questa pianta? l'ho portata io dalla Riviera.
Così dicendo, si alzò e con delicatezza staccò un rametto dalla Pianta Verde.

- Tenga, disse alla Donna, pianti anche questa vicino alla sua pianta viola. Vedrà che soddisfazione.

La Donna col Vestito a Fiori ne fu meravigliata e felice.
 Mai le era capitato di uscire dall'ufficio postale con qualcosa di più che una ricevuta.
Quel giorno, aveva con sè un rametto di foglie verdine che presto avrebbe trovato posto sul suo terrazzo, e già pensava, attraversando al piazza, che tipo di vaso, se quadrato o tondo, e dove l'avrebbe collocata.

E si rese conto che gran parte delle sue piante avevano affrontati lunghi viaggi per arrivare fino a lei. Gliene aveva inviate Alice, dalla Sardegna, aveva trafugato un geranio in montagna, e pochi giorni fa aveva portato con sè un pò di Sicilia sottoforma di piantina del terrazzo di Mari.
E che la stessa piantina viola, capostipite di una vera e propria selva in un' altra casa e in un'altra Isola, era stata raccolta in un giardino abbandonato molti anni prima, a Capri.

Nessuna cosa al mondo succede per caso, ogni sentimento, ogni sorriso, ogni carezza, financo ogni pianto  sanno sempre da dove vengono e hanno sempre un posto esatto dove andare.
E ogni cosa cura e solleva, accarezza e stringe migliaia di persone, e passi e chilometri  e distanze e destini e storie.
Ogni cosa.
Anche le piantine.
Soprattutto quelle regalate, una mattina di luglio, all'Ufficio Postale.






29 aprile, 2007

Dite a Jo che l'adoro.

Oh, sì, ci ha tenute per un pò con il fiato sospeso. Questo benedetto pacco non arrivava mai. Un Purple Meme fuori programma, privatissimo, solo per due fanatiche del colore viole in tutte le sue più deliranti declinazioni. Quello che abbiamo portato a termine nei giorni scorsi, la Jo e la scrivente, è quanto di più gradevole, elegante, sorprendente possa mai venire fuori dalla blogosfera. Alla fine il mio pacco è arrivato a lei, e il suo, eccolo qui. Una trousse di seta, carta per foderare i cassetti gusto lavanda, orecchini smaltati, incensi, una coperta di pile a cuoricini, e poi saponi e portacandele, un biglietto dalla sua collezione privata e una fila di perline decorative da mettere dove mi va. Bellissimo. Scoprire che, da qualche parte, c'è qualcuno che ha le tue stesse passioni, che ricama in modo dannato per ore, che compra a raffica oggetti improbabili viola purchè viola, è davvero una grande sorpresa, un regalo, non so come dire. La felicità viaggia attraverso le Poste Italiane. Colorata di viola, com'è ovvio.
Grazie, Johann.

09 luglio, 2008

Per la miseria!

Mi piace solo perchè è viola. E perchè è l'unica pianta che riesco a tenere in vita. E perchè fa dei fiorellini rosa, semplici e senza profumo, che si nascondono la sera, così tanto da sembrare sfioriti, per poi riapparire la mattina dopo, eccoli lì, eppure, non erano andati via? SI chiama miseria, non l'ho mai vista da nessun fioraio, ma una donna a Positano, una volta, me ne regalò un rametto, anni fa. Questa aiuola insieme a mille altri vasi e vasetti, è pronipote di quel rametto. Così, mi capita di fermarmici un pochino davanti la mattina prima di scendere in paese per la spesa, magari, o per andare alla spiaggia. Me la coccolo un pochino. Ha foglie di velluto che accarezzarle è pura terapia; strappo via le erbacce e le foglie che sono diventate secche. E la guardo. Tutto quel viola mi mette allegria, mi calma, mi fa sentire in pace, non so, scaccia i pensieri tristi che anche qui, ogni tanto, si affacciano in una testa confusa, in un'anima di cristallo e piume e steccoline di shangai, in un complicato, sottile, labile assetto, ne togli una soltanto e crolla tutto. E se a volte ci si sente vuote e così distanti da tutto, così inadeguate, certe volte e certe altre così invincibili, basterà fermarsi un attimo, guardare bene, dentro, attorno e di lato. Come si osserva la siepe viola per togliere i fiorellini sfioriti e le erbe cattive, annaffiare con cura, nè troppo nè troppo poco. Respirare a fondo, sorridere di più, e rimescolare di nuovo tutto. Coraggio, da capo, si raccolgono le steccoline e via, un'altra partita a shangai. O un'altra carezza alla miseria. Funzionerà, ne sono certa.

26 ottobre, 2009

Cadeaux.

La luce orrenda, la foto pure. Ho fretta, ci s'accontenta, questa casa è un delirio, due giorni lontano dal focolare domestico, ma quale focolare, fa un caldo feroce che sembra aprile, due giorni lontano da qui e la si paga, ossì che la si paga. Ho fretta, millemilioni di cose da fare e star qui a cincischiare e a baloccarmi con le cose comprate a Parigi, coi regali ricevuti, ancora???eppure il mio compleanno è passato da un pò. Regali e regali, questa pennina dalle mie AmicheTutte, me l'hanno data ieri, Avevamo Visto che Ti Piaceva Tanto, ed è vero, che donne sono che scoprono e sanno quando una cosa mi piace e anche tanto e che pensiero morbido per me. E' una penna da pucciare, non so come si dice in francese, non ha mica le cartucce, ma un botticino di inchiostro che sembra uscito da Il Nome Della Rosa, che sa di viola perchè è viola, e scrive viola, pensa un pò. E sì che mi piacerebbe stare qui a raccontare di quei boulevard, signora cara, e tutti quei gomitoli, e quei negozi di fiori sul lungoSenna che mi sarei portata via un cinque vasi e mille mazzi, ma di mazzi, mi aiuti a dire, me ne devo fare uno soltanto e qui, dacchè la mia umile magione, in grazia di Dio, non è più in stato di magione, dopo due giorni di giustificata assenza. Così, racconterò più in là di quel che è stato, di knitting e chiacchiere oggi non se ne parla proprio, devo girare come una trottola e occuparmi testè del mio Sposo e dei figlioli, e rimpinguare il frigorifero saccheggiato e dare un senso alla lavanderia. Un cul a cabane, madame. C'est ça.

26 marzo, 2008

Love Boat.



L'unica cosa davvero degna di nota era che la nave era tutta viola. Viola i divanetti, le poltroncine e la moquette. Per il resto, un vero, inimitabile, incommensurabile de-li-rio! Partiti con non ricordo quante ore di ritardo, un mare da Tempesta Perfetta, un mal di testa feroce, di quelli che ti vengono una volta ogni due anni, forse tre, io non sto mai male, fisicamente, intendo, sono, quel che si dice, un tipo tosto, non ho quasi mai il raffreddore, men che meno il mal di gola, non sono intollerante a niente e se lo fossi non lo so, sono allergica all'Aspirina, soltanto, quella con Vitamina C, che ho preso per vent'anni, credo e poi, all'improvviso, voilà. Ma, a parte questo quadro clinico improvvisato, direi che è stato un viaggio da dimenticare. Onde e onde, nausea nessuna e a nessuno, per fortuna, i miei figlioli e il mio Sposo uomini di mare, sono, pure la Princi che, in mezzo al mare ha pure trovato il tempo di guardarsi una puntata di Amici e di rifare un balletto nel corridoio con una bambina trovata lì per lì, Aspetta Che Passi l'Onda, diceva aggrappata al corrimano del corridoio, sotto lo sguardo nauseato (per forza) e un pò invidioso delle comari che si recavano caracollanti verso il bagno a...a....beh,non proprio ad incipriarsi il naso. Io lì, raggomitolata alla bell'e meglio sul viola divano, non proprio in formissima, perciò, mi dico, quasi quasi mi faccio un giro in infermeria. Sono stata una fanatica di Love Boat, e chi non lo era, all'epoca?Il Medico di Bordo, ussignur, beh non era proprio un figaccione, diciamocelo, ma assomigliava vagamente a Mago Merlino, sulla settantina, un forte accento genovese e l'aria più scocciata che porfessionale. ma come, e il Capitano Stubing? Morale: una stupida tachipirina che mi ha fatto come un bel bicchiere di latte e menta. Ho sofferto in silenzio. E adesso, bella fresca e pimpantissima, l'emicrania dimenticata per i prossimi 3 anni, il viaggio verso l'isola in diurna pure, bell'e pronta per una bella settimana che è quasi a metà. Giri in giro stamattina, e giri in giro nel pomeriggio. Un ritorno alla vita normale, insomma, dopo Il Grande Fratello con la mia famigliola sull'isola. Non che mi dispiaccia, certo. Però, questo viaggio caracollante in fondo, non è stato nemmeno male. Sarà perchè la canticchiavo fra me e me...





Però e nonostante, sob, del Capitano Stubing nemmeno l'ombra.

05 luglio, 2014

Fior di Melanzana.



Non li avevo mai visti
Non sapevo come fossero fatti. Non sapevo nemmeno della loro esistenza. 
Fino a un secondo fa.

Bighellonavo nel pratino, meditando nel pomeriggio di tagliarlo per bene, tanto, gira e rigira sono sempre io che devo tagliare il prato, non è mistero per nessuno.
A ridosso del pratino, il Regio Orto, che quest'anno, dato il pochissimo tempo che l'Illustrissimo Uno e Trino può dedicarvi, si è ridotto a un Orto Insulso, nel senso che per fare una frittata di zucchine bisogna aspettare dieci giorni.  Ma ci piace così.

Bighellonavo perciò, in questo sabato mattina pieno di niente, un bel sentire o quasi, una festa bellissima ieri, pochissimi programmi per il fine settimana, cose così.
Li ho visti all'improvviso. 
Del mio colore più amato di sempre.
Viola. Lillini. Pervinca. Melanzana chiaro. Per forza.

Non sono fiori qualunque, non mostrano sfacciatissimi i loro petali, anzi, sembrano fiori un pò tristi, in verità, la corolla è rivolta all'ingiù, guardano per terra, ho dovuto quasi coricarmi nel pratino per guardarli bene, quasi fossero davvero un pò malinconici, un pò pensierosi, un pò come me.

Anche il gambo è bellissimo e violissimo, vellutatissimo. Il velluto incontra anche d'estate, ho una collezione di matite vellutate, quelle con la gommina in cima,  ne ho regalata qualcuna, forse avrei dovuto tenerle tutte per me. Non fa niente.

 I Fiori di Melanzana comparsi nottetempo nell'Insulso Orto sono la vera sorpresa di questo cinquediluglio, a me che le sorprese piacciono così tanto e che nessuno me ne fa mai, no, quasi mai. Più brutte che belle, in realtà, ma sempre di sorprese si tratta.

Mi regalo questi fiori di melanzana, viola di un viola che mi piace, diventeranno melanzane e mi dispiacerà, a me non piace quando le cose cambiano, quando si trasformano, perchè vorrei che tutto restasse sempre fermo e bello e semplice, e colorato e invece no, ma sei scema o cosa, non lo vedi che cambia tutto, gli uccellini del nido sul terrazzo  sono volati via, i micini di Sushi stanno crescendo a vista d'occhio e sono vispi e paffuti come i micini delle cartoline, la lavanda sfiorirà, le albicocche del frutteto cadranno dall'albero e diventeranno poltiglia dolce, buona solo per le vespe e le formiche.

Tutto cambia e chissà perchè, troppo spesso cambia in peggio.

E anche i tuoi stupidi fiori di melanzana diventeranno contorno per una grigliata, un sugo per una pasta per dieci, una parmiggggiana con mille g.

devo imparare ad essere più realista, più pratica, meno vanesia, meno violini, meno cazzate, meno matite di velluto, meno di tutto, io che sono troppo e troppo di tutto.

E anche questi fiori di melanzana, altro non sono che stupidi fiori violetti che non hanno nemmeno il coraggio di guardare in sù.

non va bene.


09 aprile, 2006

Personal Purple Meme.


Ormai, si pensa in viola. Qualcuno ha dato il via a questo gioco che personalmente trovo davvero affascinante, data la mia passione smodata per il colore viola. Viola è il mio divano, la mia camera da letto, il mio lavandino, la pinza per gli spaghetti, le mollette per la biancheria...e una quantità di altre cose. Questa è una delle mie creazioni, insieme alle mie tazze giapponesi e al thè londinese.
Ma una precisazione è d'obbligo. Meringa è anche il nome di una gatta.
Spero che gli zuccherini di Belle de Sucre facciano la loro bella figura.
A me sembra di sì.

09 giugno, 2010

Mò mi ripiglio.

In effetti a ripigliarmi ci vuole poco. Diciamo che non è stata una mattina divertente, e dichiariamo conclusa e archiviata l'intera faccenda. Ho fatto un giro in ospedale, và, nulla di grave, fine della questione. Solo, il Medico Eccelso mi aveva consigliato, Mi Raccomando, Signora, Adesso Vada a Casa. Sì, le balle, alla faccia della Signora. L'onnipresente Amica delle Perle, al corrente della brutta situazia, mi attendeva trepidante all'ingresso del nosocomio, manco stessi uscendo da Rebibbia, sezione femminile. Colazione con tutti i crismi, persino il croissant al miele, signora mia, lo so che a metà giugno si deve abiurare il carboidrato, ma insomma, a tutto c'è un limite, avevo due occhi laceri e stanchi e una faccia color nespola, potevo forse pensare alla prova bikini? Mi sono ripigliata, e via, disattendendo le istruzioni del Medico Eccelso, ho iniziato a sfrecciare con grazia per le strade cittadine, un pò rimbambita, in verità, ma chi lo fa se no, a ritirare le camicie immacolate del Divino Sposo, un libro per la PrinciCorista, e mentreCisei, raccatta pure il Liceale e i suoi compagni di merende che escono da scuola proprio tra pochissimo. Ah, e la spesa, ovvio. Ed è lì che mi son fatta un regalo, anzi due. Dentifricio menta e gelsomino, arciduchessa, non è una delizia? in realtà non ricordo tanto che sapore abbia, so soltanto che nel mio bagno, viola e lilla e lilla e viola,  sta un amore. Sono una semplice donna, alla fine. Non rompo le scatole, non  mi lagno quasi mai, non sporco, non disturbo, non latro e non ululo, non chiedo, non dò fastidio. E per farmi felice, mi bastano due tubetti di dentifricio del mio colore adorato. Prezzo dell'operazione, circa 4 euro. E sono anche economica. Ma qui, mi sa che il Divino Sposo scuoterà il capo. Un difetto, signora mia, ma me lo volete lasciare?

13 ottobre, 2008

L'acchiappo.

Me ne è venuta voglia, diciamo. Di una cosa non troppo impegnativa, ove non si debba contare (già, come farò?), ove non si debba usare troppo il cervello già troppo impegnato per altri lidi, ove si sappia dove si comincia e non si conosca ancora il traguardo. Che cosa apparirà? come la Settimana Enigmistica, quella da colorare gli spazi coi puntini, ero una vera campionessa, da piccola, solo che premevo troppo con la biro e alla fine il foglio era tutto rovinato. Ma insomma, voilà il frutto domenicale, che va bene c'era il sole e qualche chiacchiera di fuori, coi Regi Vicini sul muretto, ma di allontanarsi troppo da casa non se ne aveva voglia, una specie di paura leggera, ma come, ancora? di già? La domenica in questa casa sa di questo, si è tutti qui, il Laureato senza Brunetta, il Giurisprudente senza Biondina, il Liceale pensieroso e la PrinciSorriso. Per quanto si può si sta tutti insieme, l'arrosto e le chiacchiere, la merenda, film demenziali e qualche libro, si sta insieme, insomma, che da domani tutti si esploderà verso la nuova settimana, le cose proprie, le scuole, le faccende, le questioni. Certo, non ci siamo fatti mancare una bella discussione a tavola, per fortuna senza lanci di suppellettili, e già che c'eravamo, un dito squarciato e sanguinolento, che ha implicato un viavai dalle scale, disinfettante, garze, cerotto, ghiaccio, mancava il bisturi e magari un càmice e potevano scambiarci per ER. In tutto ciò, la domenica è passata con accesa pigrizia e questa invenzione viola a piccoli petali, la coperta della nonna, quella dei pionieri, che finirà quando anche il viola sarà finito, che non ha misure e non ha schema, e che va avanti così, un petalo dopo l'altro, senza contare e senza immaginare, che mi è presa così, una domenica normale o quasi, che di uscire non ne avevo voglia e che avevo diffusa e leggera un'ansia morbida e persino famigliare, una paura discreta che fa ormai parte di me.

13 novembre, 2009

Appena colti.

O meglio, appiccicàti. Comprati al volo questa mattina, insieme a un quaderno a righe, spesso, senza margini, impazzirò un giorno o l'altro, un tubetto di colla, le cartucce per la stilografica. Non è mistero, mi piacciono tanto i tulipani. Meglio se viola, ma erano finiti, e poi quelli, ci pensa Biancaneve a portarmeli da Amsterdam. Così, mi sono incamminata in questa avventura, denominata l'Appiccicamento dei Tulipani. Io non sono un tipo preciso, e quindi, presa dalla voglia di vederli finalmente tutti insieme sulla porta del mio umile studiolo, non ho letto le istruzioni accluse. Perchemmai, son mica scema che devo leggere le istruzioni per attaccare due tulipani? Ci vorrà mica un architetto, un fisico nucleare, un ingegnere, magari, che in grazia di Dio siamo in overbooking da queste parti. Così li ho attaccati alla brutta, così, senza un ordine preciso, a seconda del colore, quello arancio qui, il fucsia di qui che ci sta bene. Errore. I tulipani, nella loro scatola, erano con un ordine ben preciso, me ne sono accorta dopo aver attaccato l'ultimo. Erano tutti contrassegnati, A, B, C, insomma, avevano un senso. E forse sarebbero stati anche meglio, e avrebbero avuto la giusta inclinazione. Ma a ben guardare, a me piacciono così, la porta è la mia, i tulipani sono miei e ne faccio quello che voglio, echissenefrega se dovevano essere messi in un altro modo, non verrà nessuno a controllare, e allora, e perciò, io li trovo bellissimi, anche un pò sghembi, senza un senso e non in ordine, e non mi è servita la bolla viola, che peraltro possiedo, regalo del Regio Architetto fornitore della Real Casa, non mi è servito nemmeno quell'aggeggio per misurare con le lucine che io userei solo a Capodanno, per fare un pò di scena, perchè io, imprecisa e pasticciona, sono e resto la Dea Incontrastata delle Cose Senza Senso. Operazione Appiccicamento Tulipani Completata. E bene che stanno.

25 maggio, 2009

La Leggenda dei Pastelli Dimenticati.

Erano tanti. Diversi. Di ogni marca, colore e lunghezza. Qualcuno temperato, altri senza punta, altri ancora mangiucchiati in cima. Alcuni avevano ancora scritto il nome del legittimo proprietario, e da questo si capiva che erano stati i primi pastelli, di un primo astuccio, di un bambino in prima elementare. Vivevano tutti insieme in una scatola di latta viola, di quelle per i documenti, una specie di cassaforte che negli anni aveva contenuto nell'ordine bollette, carte, libretti delle vaccinazioni, contratti, macchinine, vestitini delle bambole, carte dei Pokémon e che adesso era diventata ufficialmente la loro casa. I legittimi proprietari erano dei chiassosi, adorabili bimbetti che bimbetti non erano più e li avevano perciò relegati nella parte più alta della casa, una specie di solaio, dove finivano le cose che non si aveva cuore di buttare. Nessuno li adoperava più. Difficile usare i pastelli all'università, o al liceo. Così, stavano lì, insieme, a farsi buona compagnia. Un giorno, qualcuno volle vederli, parlare con loro, usarne qualcuno, così, giusto perchè non si sentissero inutili. Dopotutto, erano stati comprati con grande solennità, all'inizio di ogni anno scolastico, scelti con cura, regalati a Natale, magari, di quelle scatole complete con dieci rossi e venti blù, di ogni gradazione e tonalità. Aprendo la scatola, si sentiva già profumo di legno, di colla, di temperato, non so, di punte spezzate, di carta assorbente, di cartella, di merendina spiaccicata. Ogni pastello aveva una storia da raccontare, ognuno di un bambino diverso. E quanti disegni, treni, pesci, foglioline e alberi di Natale, e aerei e mari e lune e soli e famiglia, è nata mia sorella, disegna la tua famiglia, e poi hanno fatto il loro padre con le scarpe grosse e me sollevata da terra, come a volare. E poi i cieli, che meraviglia è il cielo disegnato da un bambino e quanti colori, sia il tramonto o le nuvole e il vento perchè sì, i bambini disegnano anche il vento, che i grandi non sanno nemmeno da che parte si inizia. Che grande scoperta i pastelli del solaio. Conservano nei loro ricordi le manine distratte che li hanno usati, temperati, dimenticati e persi. Sono un segno del tempo che passa, dell'asilo che diventa Giurisprudenza, della prima elementare che diventa liceo, dalla festa in terza materna al Conservatorio. Sono passi perduti, fotografie di legno e colore, tutti insieme, che non sai più quale era di chi, ma che non butteresti per niente al mondo e che tieni lì, nella scatola di latta viola. Ascolterò tutte le storie che avrete da raccontare dei miei bambini che bambini non sono più, e che vorrei qualche volta ancora allacciare loro il grembiulino e fare il fiocco nella treccia, e cucire un vestito di carnevale, e aspettarli fuori dalla scuola che arrivino a me con il lavoretto della festa della mamma o di Natale. I Pastelli Dimenticati hanno tenerezza per le mamme nostalgiche e le aspettano, ogni tanto, nei solai di tutte le case del mondo dove c'è stato un bambino, per raccontare e raccontarsi le storie più meravigliose, i disegni e le avventure che li hanno accompagnati e stanno lì, compunti e ordinati, nella scatola di latta, in un'allegra, colorata confusione che profuma di scuola di legno e di tenera, leggera malinconia. Un pochino, soltanto.

19 dicembre, 2011

Chissenefrega.


Dei derelitti ciclamini. Di una tristezza unica. Viola e marroncini, gelati, intirizziti, orridi alla vista. Un pò putridelli, mi aiuti a dire. Ornano il mio davanzale da un pò, ma eran così carini, prima.  Prima che il gelo si abbattesse su di loro e li facesse sembrare rape cotte in luogo di corolle deliziose, prima che il rigoglioso cespuglietto color ciclamino, ma và? si trasformasse in un cespo di insalata, o meglio, virasse dal viola al cacao, l'insalata già condita abbandonata in frigo da due giorni, minestrone, schifezza insomma. Fuori c'è il sole che riluce le stelline appese ai vetri, lo so che forse non è nemmeno tanto corretto ma chissenefrega, oggi voglio imparare a memoria questa parola Chissenefrega e la dico bene, con cinque o sei s, e sarebbe comico farlo dire al mio figliolone Liceale, quello sottile sottile, alto altiSSimo, coi capelli lunghiSSimi e quegli occhi seducenti, innamoratiSSimo e scapicolatiSSimo, sarebbe bello fargli dire una serie di s, lui che ha la s più dolce di tutta la casa, e i suoi scapestratiSSimi  fratelli lo prendono in giro, gli fan cantare le canzoni di Jovanotti, IoLoSoCheNonSonoSolo, e lui sorride e dice Ma La Piantate O No? ma sotto sotto sa (ih ih) che è la sua cosa più bella, quella s dolciSSima appena graffiata e io lo adoro, lo adoro un sacco e l'ho adorato un sacco sabato, mentre  eravamo sul corso io e lui, aveva bisogno di un consiglio, non capita mai che io sia in giro coi miei figlioli maschi, mai o quasi. E allora mi ha detto Ne Sai Zia, e mi ha stampato un bacio grosso così sulla guancia e io mi sono sentita così bene e un pò invidiata anche, dalle ragazze che passavano di lì, il mio Figliolo Magrerrimo con gli occhi dolci e la s strana.  Chissenefrega allora del resto, del mondo, dell'universo intero, se l'universo mio partirà fra qualche giorno via di qui, a far uno di quei natali strani in giro, carovana di cuori purissimi, chissenefrega, se questa è l'unica strada e non ci ho dormito stanotte ed era sveglia alle 5 in punto e guardavo fuori sono pericolosiSSima quando guardo fuori e non dormo, pericolosiSSima, dillo Enrico, iSSima iSSima,  e chissenefrega allora, chissenefrega sì, chissenefrega alla grande, alla grandissima,  io lo che non sono sola, anche quando sono sola.

12 agosto, 2010

Il CiliegiaScialle. E le ViolaVitamine.

La sciocca estate del duemiladieci, chissamai perchè sciocca, poi, verrà ricordata per una serie di faccende e questioni. Prima fra tutte la mia totale dedizione, la mia entrata nel tunnel, il mio disturbo ossessivo compulsivo nel fare scialli di ogni foggia, colore, filato e dimensione. A dirla tutta, ho messo sù un discreto commercio. Questi cosi piacciono, eccome se piacciono, sono antichi eppur nuovissimi, e danno un che di mistero anche al più banale degli abbigli. Trasformano infatti un jeans blasonato + maglietta di Zara in un look vincente e super glamour. Robe da intenditori. L'ultimo nato nella Casa sul Mare è questo qui, purissimo cotone color ciliegia matura, bello e semplice, da fare ad occhi chiusi o quasi. Spererei di poterlo tenere per me. Anche perchè, esso, lo scialle, è dello stesso colore delle mie vitamine, quelle che mi ha prescritto il mio Amico Farmacista dell'Isola. Esse, infatti, contrariamente a tutte le vitamine che ho sempre preso in vita mia, gialline, bianchine, arancionine e trasparenti, esse, dicevo, sono viola. VIOLA! VIO-LA!!!! O meglio, color del CiliegiaScialle. E soddisfatta son'io di tale, inaspettata coincidenza. Che sciocca estate, quella del duemiladieci. Ogni scusa è buona per farsi una carezza, di cotone o vitamine, color delle ciliegie mature.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...