25 aprile, 2006

Ode al Digestive.


E' di una rotondità oserei dire inquietante. Sublime, se tuffato nel latte. Sacrilego l'atto di spezzarlo in due per meglio intingerlo, ma si può ovviare allo sconsiderato inconveniente attrezzandosi per tempo con una tazza consona. Un mug, meglio. Esistono infatti biscotti da tazzina, da tazza da thè, da mug e da scodella, com'è noto, ormai. Il Digestive la fa da padrone delle dispense più attrezzate delle cuoche provette o aspiranti tali. Impareggiabile nella preparazione di cheescake di varie foggie, gusti e aromi. Non ultimo il lemon & chocolate, che mi ha permesso di fare una sfolgorante figura a una recente cena. Da provare. Risolve con brillantezza e ruvida eleganza, un pomeriggio di noia e trasporti degli infanti vari verso la città, meta cinema e feste di compleanno: un caffè molto macchiato, quasi un cappuccino senza schiuma, tiepido il giusto, conferirà a Sua Maestà il Biscotto una morbidezza impagabile e un sentore esotico che lo impreziosirà. Unico cruccio. Avvicinatevi con attenzione e dilpomazia al reparto biscotti. Il Digestive è solo quello McVitie's, l'unico, il solo. Esiste infatti in commercio una versione tarocca, per dirla con un termine tecnico, che fa finta di essere Lui, ma non ha la pomposa e altisonante dicitura By Appointmet to Her Majestic Queen Elizabeth II. Solo un numero del Servizio Consumatori. Una tristezza. Svelato l'arcano, o si compra il Vero e Solo, o, al limite, ripiegare sui Pavesini. Risparmiando in calorie.

Non ho resistito.


E così, eccoli. Sono solo alcuni. E i limoni, sono quelli della Sardegna. Non ho resistito a immortalarli, mi sembrava di far loro un torto, parlando solo degli ultimi fatti e non di loro, che da mesi ormai vivono lì, nel cassetto della cucina, insieme a tutti gli altri, quelli normali, quelli di base, quelli che non ho coccolato, pensato, tenuto in braccio ed esibito come loro medesimi. A me sembrano carini. E, a giudicare dalla faccia meravigliata delle persone cui li ho regalati, ma che regalo sarà mai uno strofinaccio da cucina?, devo dire che sono piaciuti anche alle mie amiche.
Che mi abbiano mentito?

Kitchen Collection.




Questo si chiama Marmellata 125, come la canzone di Cremonini. Banale, visto che raffigura una sfilza di barattoli di marmellata, per l'appunto. Fotografato anche al rovescio per poter far ammirare la perfezione, non ci sono fili e nodi, non c'è trucco e non c'è inganno, la vestale dell'ago e filo, messieurs, C'est Moi! Bene, reiterando il delirio di onnipotenza che mi prende quest'oggi, un pomeriggio di festa vinto lì per lì, non è domenica ma quasi, dovrei riordinare un cassetto e 3 armadi ma chi ne ha voglia, in fondo, chi lo vede che sono in disordine?, reiterando, dicevo, ecco che creo. Una collezione di strofinacci. Lo so, lo so, sono settimane che ne parlo. E ne produco. Pane e Tulipani, Papere senza Papaveri, ma non sono immortalati, ancora la mania del blog non mi aveva attaccato. Farneticando, credo che la collezione si nutrirà oggi stesso di un altro, preziosissimo elemento. L'Amore è una Crostata. Lì per lì fa sorridere, ma vista scritta su un scialbissimo asciughino, diciamocelo, ha il suo bel perchè. Fa seguito a L'Amore è Un Peperone, e precede di pochissimo L'Amore è Una Polpetta. Noi geni, lo ben si sa, sguazziamo nei pomeriggi di festa. E la nostra arte, prolifica, vieppiù.

Italia liberata.


Festa della Liberazione. Il 25 Aprile è una giornata di festa e di bandiere e manifestazioni un pò dovunque. Bello il discorso del Presidente Ciampi, che dice di aver fatto della Costituzione la sua Bibbia civica. Mi è piaciuto. A casa mia, non questa, la mia casa di prima, di me più piccola, alle elementari, tutto era fuorchè una festa. Non capivo molto e, secondo una legge non scritta delle famiglie di allora, nessuno si era mai preso il compito di spiegarmi davvero quello che di fatto era successo. Era una serie di sentito dire. Quello che mi arrivava era solo una grande tristezza. Col tempo, con la storia, con le domande anche, ho capito. Era la guerra, quella vera. Ma stranamente, ho colorato quello che mi resta non col rosso o col nero delle camicie di allora, ma con quello più tenue, un rosa pallido, che è il colore dell'anima, dell'affetto, del cuore, mi sa. Sono sopra alla ragione di Stato, alla politica, al CLN e alla Decima Mas. Non entro nel merito, semplicemente. Ma leggendo su un libro una scritta così, sotto un cognome che è il mio ed il nome che è quello di uno di miei figli, al di là della politica e dei colori, nessuno potrà recriminare se da sempre, oggi, di festeggiare non mi va.
"Deceduto a seguito di esecuzione penale ordinata dal Tribunale del Popolo, istituito dal Comando della Divisione Gramsci, il 25 Aprile 1945".

24 aprile, 2006

Ubi maior.

Scampato pericolo. Le Fragole, eccole, di nuovo. Giusto in tempo per un assaggio discreto di gossip. Ho sentito alla radio che Mick Jagger e George W. Bush siano in lite furibonda per una robina da nulla. Una camera d'albergo. E non già alla pensione Miramare ma all'Imperial Hotel di Vienna. La notizia mi ha interessato lievemente. Innanzitutto perchè a Vienna ci sarò tra un mese, o giù di lì. E poi perchè trovo il Jagger, diciamo, non malvagio. Si dice che la Direzione dell'Albergone Mille Stelle SuperLusso Top Class sia puttosto in imbarazzo, avendo ricevuto quasi in contemporanea le due richieste. Non vorrei quindi essere il Direttore dell'Imperial. O forse sì. Pur non considerando un'aquila l'attuale Presidente degli Stati Uniti d'America, che trovo, brevemente, un pò troppo cow boy, non volendo nemmeno per un secondo entrare nel merito dell'assurda guerra in Iraq, io, la stanza la darei a lui. Al Presidente. Una bella lettera di scuse educatissime e un pò affettate al leader dei Rolling Stones, che peraltro trovo affascinante e istrionico, nonostante non sia propriamente un fanciullino. Anzi, forse proprio per questo. E, se proprio insiste, potrei sempre ospitarlo a casa mia. Male non sarebbe.

Fragole impossibili.


Prove tecniche di trasmissione. Non riesco a pubblicare...

Che succede?

The day after.

Dopo la festa. Dopo i parenti. Dopo i confetti, le violette e l'emozione. Quella, tanta. A vederlo, impettito, emozionato, la camicia bianca e il maglione blù, i pantaloni da grande, i capelli arruffati, sorride, e si gira , ogni tanto, a guardarmi in Chiesa, come a dirmi, siete lì, vero? Così grande, di già, e ancora così piccolo,per piacere. La Messa, i lacrimoni, i miei, ovvio, e tutti i suoi fratelli in fila nel banco, accanto al padre, anche loro che più belli di così non si può proprio fare, che sembrano ritagliati via da un film, anche la piccola, composta, fiera,la gonna blù e il cerchietto con le roselline. Commossa, come me. E poi la festa, semplice, senza foto in posa e tanto chiasso, il sole delle colline sorride lì vicino, la mia famiglia, per una volta, tutta lì, le zie lontane, la cognata nuova, gli amici della vita. Bello. Abbiamo fatto tardi chiacchierando, dopo, a casa, scartando i regali, la parte più bella delle feste è quando se ne vanno quasi tutti, si resta lì a fare i pettegoli, bonariamente, per carità. Lui, felice. Di questo giorno tutto per lui, di aver riunito tutti, Che Bello Mamma Avere i Parenti, di aver fatto un passo così grande, da grande. E io, felice per lui. Felice della festa, e anche di questa torta alle nocciole, semplice e un pò demodè, senza omini di plastica piantati sopra. Normale. E' stato tutto perfetto. Da dire, altro non c'è.

22 aprile, 2006

Tutto pronto. O quasi.

Il Grande Giorno. Quello per cui ho ricamato in maniera compulsiva, quello per cui ho insegnato preghiere, comprato violette e scelto confetti all'arancia. Ho fatto tutto da sola. E devo dire che, finora, sono soddisfatta del risultato. Ho messo calle e margherite candide un pò dovunque, ritagliato i segnaposto sul cartoncino e sagomati con un aggeggio che fa deliziosi ghirigori. Il tutto ieri sera, ovvio. Sarà una cosa semplice, la mia famiglia, pochissimi i parenti, gli amici più cari, quelli di sempre, quelli che hanno visto i miei figli crescere, quelli delle vacanze e dei viaggi, quelli che ho chiamato piangendo quando è stato il momento, quelli delle cene di Santa Lucia, quelli che al telefono sanno come stai appena dici Pronto, quelli dei progetti. Loro, insomma. La cerimonia sarà breve, i bambini non sono molti e la chiesa è piccolina. L'Infante è un pò agitato, dubbioso sulla camicia candida ma loro, si sa, alla voce Abbigliamento conoscono solo due voci, jeans e felpa, e fargli digerire una camicia e un maglioncino blu ho avuto il mio bel daffare. Ma si è arreso, docile e bellissimo, ottenendo in cambio di non tagliarsi i capelli. Su qualcosa, dovevo pur cedere.

21 aprile, 2006

L'aggiotaggio.

Beh, un pochino pena, la fa. Un'altra, temo l'ultima, mirabolante avventura di Ricucci Stefano da Zagarolo occupa le pagine dei giornali in questi giorni. Il Nostro, col suo faccione vagamente somigliante ad una forma di Certosino, la cravatta smilza, la camicia sempre immacolata con gemello annesso, il capello fluente stile Gianni Togni quando guardava il mondo da un oblò, si dice in giro che, nelle sue prime notti a Regina Coeli, pianga. Umanamente mi fa tenerezza. Credo che, seriamente, per un attimo, il carcere sia un'esperienza davvero tragica, per chiunque. Fine. Ma mi è capitato di sentire una delle migliaia di intercettazioni telefoniche dove, con un accento vagamente francese, leggi, coatto, raccontava che, inutile spiegare alla sua statuaria mogliettina, Falchi Anna da Tampere misto Romagna, il guaio che egli stava combinando, tanto lei Nun Le Capisce Stè Cose. Già, ma capisce ben altro. Capisce uno yachtino niente male a Porto Ercole, capisce un matrimonione fatto apposta per far sguazzare Silvana Giacobini, capisce il villone ex Feltrinelli. Ma una domanda sorge, fra le mille. Lei, Falchi Anna in Silicone, farà la coda in parlatorio con gli altri parenti, in attesa di incontrare Mister FacciaDaCertosino, o gli farà recapitare missive vergate in MontBlanc su carta Pineider, dichiarandogli il suo eterno amore, accompagnate da una pietanziera in argento stracolma di caviale Beluga? Non lo sapremo mai. Magari, è a casa, in lacrime che si ripassa, su un vecchio testo scolastico, l'aggiotaggio. In vestaglia Pratesi, però.

20 aprile, 2006

Amore al primo annuso.


Chi mi conosce, lo ben sa. La lista delle mie smodate passioni,manie e affini si allunga, con la bella stagione. A parte i libri, i ricami, la cucina, gli occhiali, le borse, i jeans di culto, gli anelli grandi, i pinguini, beh, direi che è meglio interrompersi....dicevo, a parte ciò, nutro una passione sviscerata per i profumi, non già quelli qualsiasi, Lancome o Dior, per intenderci, ma quelli che, una volta annusati mi fanno, in un certo qual modo, un pò innamorare. Un pò strani, ecco. Un profumo, per farsi amare da me, deve sapere di almeno 2 aromi, sacrosantamente: vaniglia e agrumi. Ciò detto, stamattina mi sono imbattuta in una nuova fragranza che già il nome è un regalo, Tangerine Vert di Miller Harris. Non comuni, non banali, dai nomi morbidi, Coeur D'etè, Noix de Tubèreuse, Fleur du Matin. Non sono straordinari? Tangerine Vert, nella fattispecie, sa di fiori appena colti e di sorbetto al limone. Pura lussuria in formato spray. Da aggiungere alla mia lista dei desideri. La Treccani? Mooooooolto più vasta, direi. Da annusare, assolutamente. E da avere, manco a dirlo.

Fragole a mille!!!


Millesimo visitatore delle Fragole.
E queste, si sa, son soddisfazioni.
E mille grazie.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...