09 novembre, 2007

Pronte?


  1. Carta, penna e calamaio. E ferri, mi sembra chiarissimo. Ho perso il conto, se è il quarto o il quinto Knit Cafè. ma questo, creature celesti, ha qualcosa di spettacolare. C'è una specie di sponsor, uno Special Guest, un ospite di tutto rispetto, che si chiama Filatura di Crosa, mica zucchine bollite! Perciò, annotatevi giorno e ora, cancellate ogni appuntamento e trovatevi lì, senza nessuna scusa. Se anche non siete brave, se anche non siete e basta, se non avete mai visto un gomitolo di lana da vicino, venite lo stesso. Un Knit Cafè non si può perdere, per nulla al mondo. Figuriamoci questo.
    Mercoledì 14 novembre
    dalle 16 alla 19
    A Casa di Josephine
    Via Parma 10 - Alessandria
  2. Bene. Là saremo.

08 novembre, 2007

Le biglie.



Non è bello venire a svegliarti. Apro pianissimo la porta per regalarti ancora un solo secondo di sonno e di magia. I tuoi fratelli sono svegli da un pò, fanno tutto alla moviola, loro, così mi porto avanti e passo prima da loro. Tu no. Tu sei un fringuello già da subito, hai già tutto allineato sulla sedia, magari un bigliettino per ricordarti di una cosa da fare. Già grande. Stamattina hai indugiato un pò, ti sei stiracchiata come certi gattini, e mi hai circondato il collo con le braccia, Stavo Sognando. Così, raccontami. Di quella compagna di scuola vestita di lustrini che ti regalava un cane e lo portava a scuola, questa notte. Che buffi che sono i sogni dei bambini, quelli che passano piano da sotto la porta, quelli che respiri a briciole sul loro cuscino, col calore della notte e i capelli arruffati, tra i pupazzi e i cuscinetti con le scritte. Raccontami i tuoi sogni. Ti racconterò i miei, solo i più belli, però, quelli colorati, quelli in cui vedo le cose più lucide, non quelli dove corro inseguita, magari, o quelli in cui voglio parlare o scrivere o comporre un numero e non ci riesco, capita soltanto a me? Ti racconterò dei sogni che ho io, non quelli della notte, quelli del cuore, quelli che faccio di giorno, con tuo padre, magari, o soltanto miei. Guardali. Sono biglie colorate in una retina di plastica, li ho sempre con me, a volte li accarezzo dalla tasca, per sentire il rumore che fanno e non scordarmi mai che ci sono, che ce li ho, che sono lì e finchè li sentirò tintinnare sarà una specie di magia e sarò felice di averli. Li custodirò, ne avrò di nuovi, per tutti i giorni che verranno. Fai lo stesso anche tu, figlia, tieni in tasca i sogni della vita, sérbali e difendili, con forza, se dovesse servire, tienili lì, accanto a quelli della notte, si faranno compagnia. Sono palline di cristallo, quelle coi colori dentro, sai?, quelle da giocarci sulla spiaggia, da far suonare, da avere. Nascondile, un pochino. Ci sarà qualcuno che vorrà portartele via, o rompertele o scambiarle con le sue. Non farlo mai. Soprattutto con chi chiama le tue preziose sfere di cristallo semplici e stupide biglie di vetro.

07 novembre, 2007

Ma guarda un pò.


La nebbia mi piace, mistero non è. Molti gridano allo scandalo, ma a me piace, mi avvolge, mi rassicura, mi fa mistero e magia, apparizioni e sparizioni. Mi piace perchè ha un buon odore di freddo, di foglie e di umidità. E poi perchè, è scientificamente dimostrato, se esco di casa alla 8 con la collina ben avvolta in un cumulo di bambagia che non si vede, non quando ci cammini dentro almeno, cioè ci cammini e la vedi poco in là e dici, adesso ci cado dentro, ma è come l'orizzonte e non ci arrivi mai...va bene, è confuso, ci tiro una riga. Se esco di casa con la nebbia, in città c'è il sole. Fine del teorema. E col sole tutto sembra più gradevole, più nuovo, in fondo, più bello, perchè no. Si può avere il cappotto sbottonato, allentare la sciarpa knittata (a tal proposito, si resti con le antenne benissimo alzate), farsi sorprendere dal sole, mica subito ripararsi con gli occhiali, ma fare in modo di socchiudere un pò gli occhi, ma guarda un pò tu che bel sole che c'è. Si sta bene, stamattina. Si faranno sole cose ben gradite, ci si sentirà uniche e irripetibili, ci si beerà, di questo piccolo insignificante benessere improvviso, sorridendo molto, non solo da fuori, ma dentro, che è un pò più difficile. E stamattina, che ho i tacchi e so di buono e che ho aspettato che finisse la schitarrata di Albachiara prima di scendere dalla macchina, stamattina c'è qualcosa che non so, che non codifico ma che non mi importa, stamattina respiro qualcosa che mi fa dire, ma guarda un pò tu, senza magoni , chiodi nel cuore e sospiri tirati sù da sotto le scarpe, ma dimmi un pò tu che bello che è.

06 novembre, 2007

Tu chiamale se vuoi.




Ero scesa per cercare un'altra cosa, uno stampo da plum cake piccolino, che non uso da tanto. Così ho aperto lo stanzino delle cose, quale casa non ne ha uno, dove si stipano le tazze sbeccate che non hai cuore di buttare, qualche quaderno finito, un frullatore antiquato, una specie di sgabuzzino, dove tutto viene stipato dapprima con ordine scientifico e poi cacciato lì alla rinfusa. C'è di tutto, vecchi giochi, una coperta, gli album dei Pokemon e le scatole delle fotografie. E gli album, anche. Così, mi sono fermata, seduta a gambe incrociate, tra una fila di bicchieri di plastica e un cestino da picnic. Sì, forse avrei fatto lo stesso vestito. E lo stesso cappellino coi fiori freschi e i rametti di felce. Trovo. Persone che non vedo da secoli e dei quali nulla so più, persone che non vedo ma delle quali conservo ancora il numero sul telefono e qualche volta ci facciamo gli auguri a Natale. Rivedo. Persone volate via, tante, in verità, che strano vedere le foto di chi non c'è più, un ritratto che sorride, e ti piace pensare che adesso che lo vedi, sorrida anche da Lassù. Ci sono. Le zie coi cappelli e i mezzi guanti, lo zio col papillon, le amiche d'infanzia, i figli, che strano, avere i figli in situazioni come questa. E poi ci siamo noi. Belli, c'è da dire. Emozionati, c'è da scommettere. Uguali, c'è da sperare. Così, in un primo pomeriggio di un autunno cigolante, che non piace e non soddisfa e ci fa sentire scricchiolanti e un pò stanchi di niente, ci si ritrova a pensare, in uno stanzino pieno di carabattole e di disegni stropicciati, quanto amore c'è, quanta bellezza, quanta ineguagliabile perfezione, quanta sottilissima nostalgia, quanto struggente calore, quanta lucidissima felicità ci possa essere a sfogliare, per caso, le fotografie di un matrimonio. Del mio, nella fattispecie.

05 novembre, 2007

Spazzolato.

E no che non ho preso lucciole per lanterne, non che mi sono sbagliata, ho scritto qui invece che su Santa Polenta, certo che no. Solo che questa, bellezza, non è farina del mio sacco. E' un regalo, sissignora, anche se forse si dovrebbe usare l'imperfetto. Un regalo inaspettato, in realtà era stato annunciato giorni fa, tra una chiacchiera e un rovescio, Faccio un Salame di Cioccolato da Primato, e infatti, così è. Assaggiato prima con educazione, un angolino, sai com'è, questi week end di vacanza sono un vero attentato alla dieta, ma chisseneimporta, in fondo. E poi, assaltato e sbranato con voracità dai figlioli tutti, dal Giovane Holden in giù, ivi riuniti per consumare il rito della partita di calcio, la domenica sera, con il loro Patriarca. Tutti in fila, gatto e cane compresi, la Princi e la scrivente che della partita proprio non si curava, ma potevo forse occultarmi in un altro angolo della casa e fare la solitaria? Sarà stata l'ansia della sfida calcistica, sarà che non hanno fatto grande festa alla mia crema di zucca (Ti piace? Beh, Piacere è Un'Altra Cosa) ma il dolcetto della mia Amica dalle Perle Luccicanti ha fatto la parte della star. E poi, il packaging, che grande esempio di semplicità e classe. Colpita e affondata. Ben lo si sa, da mela nasce mela. Chiederci al Maturando per dettagli.

04 novembre, 2007

Merito suo.


La pace, credo. La bellezza, anche. La tranquillità, quella fatta di niente, non che devi andare a cercare di qua e di là, monasteri, ritiri spirituali e cose così. Il niente, insomma. Partita non proprio in forma, senza nemmeno tanta voglia, in realtà. Ma di voglia non se ne ha per niente, sarà la stagione, si dice, per alcunchè. Poi, il sole che sembrava di maggio, l'aria caldina, un vento discreto ed educato, nessun programma, se non giri e giri, una pizza, forse, un film, amici da vedere, ma con calma. Così, ci si porta fuori. Dalle tristezze, dalla malinconia diffusa, dal non voler essere da nessuna parte. Che noiose sono le persone quando sono così, che noiosa sono io quando mi sento così, un pò persa e un pò sospesa, una bolla che và, una mina vagante, un missile terra-aria, un pò brodino un pò nitroglicerina, un pò budino un pò marmo di Carrara. Che noia è starmi vicino, quando non ho il minimo slancio, quando potrei andare a Parigi o a Rozzano con la stessa espressione, quella da antibiotico, quella da Sto Andando dal Dentista, quella che mi fa stare arrotolata come un serpente nel cestino, e non c'è suonatore di piffero che riesce a farmi saltar fuori. Che donna sgradevole divento, quando non ho voglia di cucinare nemmeno un caffelatte, quando il mondo che mi gira intorno e dietro e di fianco potrebbe anche andare a farsi fottere, e che m'importammè. Sarà che c'è il mare. Sarà che luccica e che ho qui il mio Sposo e i miei figlioli più piccoli, ho un bel libro da finire e due maniche da attaccare alla maglia della Princi, che ha imparato ad andare sui pattini. Ho bisogno di tempo e di aria, di vento, anche come quello di ieri a Bergeggi, un vento salato, improvviso e affascinante. Così, piano piano, con piccole cose e piccole carezze, piccoli sciocchi miscugli che sgarbuglino i pensieri più intricati che ho, come il balsamo dopo lo shampoo, così, tutto tornerà come deve. C'è una musica lontana e non sono le sirene, questo mare di seta mi ha fatto un regalo, e laggiù, proprio là dietro, un suonatore di piffero farà uscire dal cestino uno sciocco, noioso serpente.

31 ottobre, 2007

Figlia.

Non voglio che ci sia nessuno con me, esattamente come nessuno ha voluto me. E' da qualche giorno che lo dico, ci vado domani, no, dopodomani, e non ho mai trovato il momento giusto, se un momento c'è, per queste cose. Così, ci vado stamattina. Vado ma non mi piace. E' qualcosa che mi schiaccia, ancora, nonostante tutto il tempo che è passato. E' un dolore che non passa, si attutisce, forse, e a volte nemmeno ci pensi, è lì, in un angolo e ogni tanto si sente. E andare al cimitero, come si deve in questi giorni, non è che farlo uscire, saltar fuori, premere la matita sul foglio fino a quando il segno che ne esce è più spesso e più nero. Piove. Piove di un dolore antico eppure così vivace, piove di magoni ingoiati, di lacrime cacciate giù, ma dove vanno davvero a finire le lacrime che non si piangono? Piove di un ricordo che strugge, di un buco nel cuore, di fiori troppo profumati, di passi su quelle scale, i gradini ad uno ad uno, fatti piano, leggeri e ogni volta è come quella volta, ogni giorno come quel giorno. Ho amato e odiato questo posto, a tempi alterni. Mi piaceva col sole, venivo qui e chiacchieravo, un pò più di un bisbiglio. Qualcuno deve avermi preso per scema. Adesso, invece, mi fa male. Che strano, però, sono grande, adesso, è passato così tanto, avrei dovuto farci l'abitudine. Si può fare l'abitudine ad un amore che và via? Così, resto qui, come mille altre volte e prego, forse, se i pensieri che mi escono possono dirsi preghiere, e ho un senso di rigidità e insofferenza e infinita nostalgia. E di abbandono, anche. Ci vengo sola, senza i miei figli, adesso. Perchè, anche se nessuno mi ci fa sentire e me lo ricorda, io, qui davanti e solo qui , sono figlia. Ancora, figlia.

30 ottobre, 2007

Son domande.

Perchè all'Esselunga vendono il filetto di tonno obeso?
Perchè quando piove la gente rincitrullisce?
Perchè sulle strisce pedonali attraversano uno per volta e tu stai lì delle mezz'ore ad aspettare che passino tutti?
Perchè i carrelli del supermercato sono sempre pieni di porcherie?
Perchè se digiti su Google "Seppie coi piselli" salta fuori la pubblicità di capsule atte ad aumentare il volume dell'attributo maschile?
Perchè se chiedi a qualcuno Come Stai? ti risponde di sicuro "Sempre di Corsa"?
Perchè il 31 di ottobre sono già lì ad allestire luminarie e qualcuno mi ha chiesto anche che cosa faccio a Capodanno?
Perchè c'è gente che quando ti chiama al telefono tu dici Pronto e lei dice Pronto e tu dici di nuovo Pronto e lei di nuovo Pronto finchè tu non la riconosci e si può finalmente iniziare la telefonata senza che nessuno chiami il 118?
Perchè nessuno ha mai beccato in castagna quelli che scrivono sui muri "Sei la mia vita e per sempre sarà" oppure "Io e te 3MSC" per dargli una passata di legnate?
Perchè nelle ricette, quando ti indicano 200 gr. di ricotta, o 500 gr. di gamberetti, aggiungono sempre "freschissimi"? E se fossero di ieri?
Forse è meglio che vada a dormire. Lo dicevo, la levataccia si farà sentire in qualche modo.

Imbambolata.


A me, questa vicenda dell'ora legale e dell'ora solare non ha mai fatto impazzire. O meglio sì, nel senso che proprio mi manda fuori dai sentimenti, come diceva mia nonna, e che nemmeno ho mai capito tanto cosa volesse dire, fuori dai sentimenti, ma mia nonna era così, aveva delle espressioni colorite e personalissime che la rendvano unica, tanto da essere citata da ma quasi quotidianamente. However, oltre che fuori dai sentimenti, si aggiunga stamattina un bello stordimento, una sorta di deficienza, nel senso più letterale del termine. Sbagliai. Errai. Omessi. Dimenticai. Mi sfuggì. Di allineare la mia sveglia all'ora solare. La mia personale, non già quella del mio sposo che suonò ieri. La mia, quella tondeggiante e trasparente che sta sul mio gnomo accanto al letto. Orbene, perciò, eccomi in una buia buiissima mattina di fine ottobre, con la collina bella avvolta nella carta velina, ad aver condiviso il risveglio con i tranvieri e gli operai e i minatori: ore 5,30. Il delirio. E me ne sono accorta solo a colazione, solinga, dato che il mio sposo è assente giustificato e non riederà che questa sera. Così, imbambolata, ecco che ho già letto tutti i quotidiani possibili, qualche pagina di un libro nuovo nuovo, consigliatomi dalla mia Amica e attendo in serenità il momento di svegliare i figlioli, tra un'ora circa. Gli effetti di questa levataccia si ripercuoteranno, lo so già, sul normale svolgimento della giornata. Sverrò, voce del verbo svenire, sul divano, questa sera poco dopo il Tg, non aspetterò neppure Carosello. In fondo, l'omino del parcheggio avrà ragione: "Il suo biglietto, Bambola", mi apostrofa ogni mattina. Ma si tranquillizzi il mio sposo: l'omino in questione è un arzillo signore sulla settantina, con qualche acciacco, fra reumatismi, prostata e cataratta. Imbambolata o meno, sveglia o addormentata, son soddisfazioni.

25 ottobre, 2007

Lesson number one.



Omioddio! Alla fine, sono andata sul serio! All'incontro da Baratti, intendo. Una meraviglia. Certo, mi sono un pò vergognata, diciamola tutta. Avevano tutte in mano lavori da restarci di stucco, quattro ferri, per cominciare, di quelli minuscoli che fino ad ora ho visto solo a Typesetter e a pochissime altre. E poi, ferri circolari, lavori jacquard, guarda che carino, l'ho fatto io, ma cosa vuoi che sia, è solo un...cappottino, una cosina semplicissima. E io lì, tra queste dee del diritto e rovescio, da queste maghe dello knitting, a fare la mia sciarpucola a maglia riso, insignificante e sciocchina. Una dilettante. Mi sono divertita, però. Primo, a guardare le facce di chi ci vedeva, in un ambientino così aristocratico, dame con guance di cartongesso, spilla e guanti di pelle color cipria. Poi, a tradurre in inglese termini come bicerin e a farne lo spelling. Grazie, grazie, grazie a tutte voi, a Cristiana, che finalmente ho conosciuto, che fa cappotti che sono e vere e proprie opere d'arte. Grazie a Kathryn che ha organizzato tutto quanto, a Brenda e al suo ormai leggendario podcast, e a Lorenza, che ha promesso di essere al prossimo Knit cafè di Alessandria. A tutte, un arrivederci a presto. Magari, alla prossima lezione di knitting in inglese. Da non perdere, assolutamente.I want to thank all the knitters I've met today and wish a wonderful journey with wool and needles in our country. Nice to meet you soon and I hope to learn the use of circular needle. Take care.

E perciò.


...dovendomi ivi recare per altre vicende, e trovandomi accidentalmente in questa splendida città che amo da morire, quasi quasi un giro qui lo faccio. Bene, ci si vede colà. Io, mi incammino.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...