05 giugno, 2008

Accontentatevi.

Delle foto un pò mosse, intendo. oggi, gran giornata per Cuore di Maglia. Nessuna pubblicità all'evento è stata data da queste pagine, per il semplicissimo motivo che mi sembrava troppo. l'obiettivo è stato raggiunto, 35 copertine (trentacinque) e un'infinità di cappellini e scarpottine (infinità) che hanno fatto brillare gli occhi non solo al Primario Nuovo di Zecca, ma anche e soprattutto alle caposala, alle volontarie dell'Avoi e, non ultime, alle dottoresse, convenute alla cineteca dell'ospedale per assistere all'evento. Che è durato pochissimo, eravamo in un ospedale, mica in una sala da ballo, tanto che dopo poco, anche il Primario Nuovo di Zecca ha dovuto correre in reparto, che era arrivato testè un bimbino piccino picciò da accudire, da trattare come dicono loro. Ma c'è stato il tempo. Di tirar fuori dalle scatole le nostre, le vostre meraviglie, ma quante erano, accidenti, da non sapere dire in scioltezza quale fosse la più bella. Di raccontare di Cuore di Maglia, e di tutte le cose che questo delirio ha comportato, di tutte le persone che hanno fatto in modo che tutto questo diventasse vero e realizzabile. L'elenco è piuttosto lungo, ma è ben chiaro. E siete tutte qui, custodite come si fa con i tesori preziosi.
Eravamo tutte emozionate e un pò stordite da tutti quei colori, e quella morbidezza e così felici di aver fatto qualcosa di così bello e importante. Perciò, grazie. A tutte, tutte, proprio tutte di Cuore di Maglia, da Cuore di Maglia. E da tutti i bambini che avvolgeranno nelle nostre coperte e avranno le nostre scarpine. E se la foto è mossa, ma ditemi un pò che importanza ha.

L'antivirus.

Se ancora non si è riusciti ad individuare per bene l'origine di codesta malattia, se proprio così la dobbiamo chiamare, risulta alquanto difficile, azzarderei impossibile, oserei improbo, trovarne la cura. Riassunto delle puntate precedenti: il nulla. La mia Amica delle Parole e del Tiro Con l'Arco, tirerebbe fuori uno di quei suoi paroloni che mi piacciono tanto. Che so, ossessivo-compulsiva, per esempio. Cosa che non sono affatto stata in questi giorni, piuttosto, tutto il contrario, encefalogramma più che piatto e visione catastrofica dell'intero globo terracqueo. Cionondimeno, se ne sono resi ben conto in questa casa sulla collina, che qualcosa non funzionava in me. In realtà, il mio Sposo sostiene di essersene accorto già da molto tempo, ma che risulta questo, a parer suo, il motivo per cui mi ha sposata. Ma tutti, qui dentro, si accorgono con tempestiva e intelligente prontezza quando qualche programma, nel mio complicato sistema operativo, si pianta e non ne vuol sapere di girare. Entra perciò in azione l'antivirus. E tutti, proprio tutti, umani, flora e fauna, abitanti nel mio piccolo microcosmo, ci mettono la loro. Baci ispidi, quando sono già a dormire e lui è rimasto sveglio per studiare. O abbracci strettissimi, di quelli senza parole che vogliono dire miliardi e miliardi di cose, esprimere concetti così cosmici che ancora di parole adatte non ne hanno inventate. Piccole cose. Fuori piove e piove, io ancora non so questa mattina come la girerò, se ancora sentirò ronzii e malinconie, se ancora avrò le spalle curve sotto una gerla di pensieri che non focalizzo ma che mi schiacciano e mi rimpiccioliscono, tanto da aver voglia di sparire sul serio. Quello che so per certo è che qui mi curano per bene, mi osservano e mi accudiscono, sanno di me e dei programmi che non girano, di quando sono scollegata dall'universo intero, di quando prenderei la navicella spaziale che nascondo in garage ben coperta da un telo, e me ne volerei via sfondando il tetto della casa in collina. Loro, lo sanno. Ben perciò mi scrutano attenti, sapendo alla perfezione che momenti così, passano, prima o poi, Nel frattempo, fan girare l'antivirus. E questo antivirus di baci e carezze, carinerie e sorrisi, mi sa proprio che funziona.

03 giugno, 2008

Kryptonite.

La presa.

Staccata, per la precisione. Espressione che non sopporto, staccare la spina, che diavolo vuol dire, e poi, se io mi stacco, proprio non vado avanti. Non giro. Non funziono. Non frullo, aspiro, asciugo, scaldo, congelo. E non sono nemmeno uno stupido elettrodomestico. Non faccio niente, in verità. Giorni come questo andrebbero banditi dal mio calendario personale, perchè, hai pure un calendario personale? eccerto, tutti ne abbiamo uno, anche se non lo sappiamo. Questi giorni di black out mi succedono ogni tanto, raramente, da qualche tempo in qua, ma succedono sempre e sono così brutti da vedere e da vivere, e orsù, bambina, che non è proprio il momento di lasciarsi andare, non adesso, non lo vedi che fuori è giugno? Giugno, già. Che vuol dire i ragazzi a casa da scuola e chi gli esami e chi i saggi e chi le feste di fine d'anno e chi i cartelloni alle porte del liceo e chi le pagelle coi lucciconi, chi lo studio forsennato e gli occhi più persi di sempre, chi invece gli esami li fa con gli occhi che brillano di una dolcezza felice. Giugno. Giugno che quest'anno la partenza non sarà subito, giugno che il grano è verdolino e non giallino e ti sorpendera, una sera verso le 7 e all'improvviso esploderà nell'ultima curva verso casa. Giugno inquieto, giugno che sarà troppo lento o troppo veloce, che ci sarà maltempo, dicono, e ancora pioggia, per favore no. Tante cose da fare e organizzare, le solite, e tu, orsù, sciama festosa verso questo giugno appena cominciato e che passerà in un attimo e cerca, cerca una spina, una doppia, una tripla, cerca un riduttore per collegarti alla corrente, che così, insignificante creatura, non è che vai molto lontano. E non hai neppure il posto per le pile.

01 giugno, 2008

Ma che bel castello.


Ma bello, sa? Non proprio vicinissimo, ma si sa, per trovare le cose belle si ha da fare un pochino di strada, fosse anche solo una mezz'oretta. Un castello vero, ristrutturato con rara maestria, ne sarebbero così felici i miei amici Architetti, piacerebbe, come dire. Siamo usciti a pranzo di domenica, non ci capita quasi mai, e ancora mai che ci inviti qualcuno, siamo sempre così tanti, e siamo sempre noi ad invitare, nel genere. E questi amici, che chiacchierano fitto e ci somigliano così tanto, che ci assaggiavamo le cose dal piatto, come si fa con chi proprio hai confidenza, mica con le persone che non sai. Bella domenica. Sarà l'aria del castello, e mi sa che qui ci torniamo, il gelsomino della siepe e le grate alle finestre e poi ha un nome così bello, ed è proprio un bel castello, marcondirondirondello. E pensare che non ho nemmeno bevuto.

La quiete.

Non che ci sia stata una tempesta, prima. O meglio sì, temporale e pioggerellina, ventaccio e venticello, sole rabbioso e sole a picco. Ma la quiete, quella ancora non c'era stata. Tempo stabile fisso sul brutto, ma a noi, che ce ne importa. Si rimane, quieti quieti, a scorrazzar figlioli di qui e di là, ora pure la Princi ci si mette a partecipare a feste dall'altra parte della valle, ma si può dire di no a due occhioni così? Si rimane, a preparare arrosti da primato, speziati e piccanti il giusto, per fare bella figura, signora mia, chè una fidanzata viene in visita pastorale, grande, stavolta, universitaria essa pure medesima e non biondina, stavolta. Con la Biondina Boccolissima, si dice, pare, si vocifera, ma notizie certe non se ne hanno, non dal Maturando, intendo e non faccia confusione, che è del Giovane Beato Holden che si parla, adesso. Insomma, un traffico, da cui non mi salvo. E quindi si rimane, nei pochi spazi di tempo quieto e tranquillo, a provare, con strabiliante successo, quello schema di scarpine che non mi riusciva neanche a piangerci. Ebbene, modestia a parte mi riuscì. Così, sforno e sforno scarpine, cucino, sorrido e sto quieta. Che, con il va e vieni di questi giorni, è un lusso, signora mia. Un lusso quieto, mi aiuti a dire.

29 maggio, 2008

Tempo da.

Maggio odoroso. Sì, ma odore di lampi e tuoni, fulmini, saette e tutto quanto fa temporale, temporalissimo, previsto in serata. E intanto piove, piove e ripiove, si guardano con un certo rammarico le vetrine coi costumi da bagno, i teli mare e le ceste spiaggia. Sì, ma si è visto bene che tempo c'è là fuori? Ci si deve apparecchiare per uno chic-matrimonio, tra qualche settimana, ma anche lì, ci vien voglia di intabarrarci in un bell'impermeabile, stile maniaco del parco, e non pensarci più. E invece, si deve. Trovo questo ultimi giorni di maggio pesanti, noiosi, impossibili da gestire, privi di forma, privi di senso, privi di tutto. E sì che ci si prova, a comprare cotonini coloratissimi per fare, con le proprie sante manine, un maglioncino scollacciatissimo per le fresche sere d'estate, o un bikini, perchè no, traforato il giusto, effetto vedo e non vedo, effetto ci sono e non ci sono, effetto sirena, effetto trota, insomma, qualcosa che ci rimandi in qualche modo a giorni di vacanza, a pensieri caldi, solari e colorati. Niente, nientissimo. Ombrelli e noia, felpine e noia, qualche lieve incazzatura ma appena appena, sottile sottile, giusto per tenersi in allenamento e non farsi mancare niente. L'apparecchiatura per il nuziale evento aspetterà, tempo ce n'è. Nel frattempo, via col bikini. Lo indosserò con grazia sotto all'impermeabile, pronta ad ogni evenienza, acquazzone o bagno di mezzanotte. Però, se smettesse di piovere, direi proprio che sarebbe una gran cosa. Il cotone, signora mia, mi si inzuppa. E non sta mica bene.

28 maggio, 2008

Il latte e le rose.


E' il profumo che ha questa casa. Di latte appena scaldato, di un mazzo di rose gialle sul tavolo, e tutte quelle fotografie sul comò, i mei figli da piccoli e mio nipote in triciclo, me vestita da sposa e da carnevale a sei anni, mio fratello con la chitarra e mio padre che ride. E' questa casa al settimo piano, ma si vede un sacco di verde se ti affacci e la città e un pezzo di fiume e le vecchie fabbriche e la collina, anche, dalla finestra. E' come ci si sente quando si è qui, a parlare fitto, a fare colazione con i croissant tiepidi e i biscotti e le tazze spaiate, perchè Lei sa che a me piace questa qui con le viole e me la dà sempre, anche per bere, mi è sempre piaciuto bere dalle tazze,anche l'acqua. Ci siamo trovati così, noi tre, la mia famiglia di prima, si perde un pò la dimensione del proprio essere quando si torna a fare i figli, fosse anche per un paio d'ore. E' una sensazione che non si descrive, se la si prova sempre, che solo il viverla ogni tanto la fa apparire così nitida, coi contorni così definiti. Erano molti anni che. Erano molte volte che. E in mezzo ci sono state parole grosse e litigi e lacrime, tante e solitudini infinite e malinconie sconfinate. Magoni e magoni. Cancellati, ieri. Si è riso tanto, chiacchierato di nulla, in quella cucina tirata a lucido, mia madre che brillava di una felicità soffice e rara a vederle, mio fratello che sorrideva ed era come se dopo poco, avessimo dovuto prendere i libri e andare a scuola. Una mattina con gli affetti del cuore, con la famiglia che, strana e sparsa, si è trovata dopo secoli. Il bene più caldo, l'amore quello grande, quello che ha segnato la tua vita, ti ha educata e formata, ti ha insegnato le cose che sai, si mescola piano come mia madre ha fatto ieri per me, si beve con calma, sulla tovaglia a quadri che conosci a memoria, le foto sul comò, le tende di pizzo e le rose sul tavolo.

26 maggio, 2008

Ode al caffelatte.


Che non è affatto il cappuccino. E se qui stiamo a scherzare, va bene, ma cortesemente, non mi si vada a confondere il cappuccino col caffelatte. Il cappuccino lo bevi al bar, di solito è ustionante e ne lascio metà nella tazza, ustionante essa pure. Mi lascia i baffi di schiuma che non è carino cancellare con la lingua, non è che fa tanto signoradibuonafamiglia, come dire, e nemmeno pulirsi col tovagliolino, perchè se no, la mano di gloss sapientemente data poco prima se ne va miseramente. Il cappuccino si beve solitamente in piedi, quasi mai seduti beatamente a cianciare di una chiacchiera; in più, e sempre solitamente, esso si consuma dopo aver fatto una capatina dall'Amica delle Provette, che così, su due piedi, ti fa un bell'esamino del sangue, giust'appunto per controllare che tutto sia a posto. E poichè colà ci si reca digiuni, giocoforza piuttardi ci si rifocilla con bioche e cappuccino. Ma non è di lui che parlerò. Il mio cuore batte per il suo, il suo parente povero: il caffelatte. Tanto per cominciare il caffelatte non ha la schiuma. E' così, ridèe ou belle,liscio liscio, senza tanti fronzoli. Lo adoro. Non certo con il caffè normale, ma con una generosa cucchiaiata di orzo solubile, che non è caffè, ma come lo devo chiamare allora, orzollatte? Il mio caffelatte, quello dei miei risvegli e delle mie colazioni a casa è tiepidino. Nè troppo caldo nè troppo freddo, 40 secondi di microonde e la beatitudine trasforma il latte in una bevanda divina nel senso più letterale della parola. Poco importa se con biscotti o senza, con tristi fette biscottate o, durante le vacanze natalizie, inzuppandovi fettine sottilissimi di avanzi di panettone. Il caffelatte è impagabile. Ma quale triste thè, ma quale ancor più triste tazzina solinga e amara: il caffelatte, signora, solleverà le sorti del mondo. Anche perchè, scoperta di questi giorni, esso è ambivalente, a vela e a motore, da bosco e da riviera. Già, perchè se da un lato al mattino presto può essere consumato per dare un inizio decoroso alla giornata, così, nel corso della giornata medesima, esso può contribuire a riconciliarci col mondo, Mi Bevo Un Caffelatte, giusto per calmarsi un pò, per concentrarsi meglio o deconcentrarci del tutto da una questione che ci ottenebra i pensieri. E da due giorni in qua, è stato grazie a questa bevanda celeste che ancora non ho sbattuto la testa contro il muro. Ho detto non ancora. Può darsi pure che lo faccia, un giorno di questi. Direi che sono sulla buona strada.

La manina.

Salta fuori lentamente, con un movimento lentissimo e impercettibile, da sotto il lenzuolo. Che non lo diresti mai che qualcosa possa muoversi, ma non sta dormendo?, tanto il suo respiro e regolare e lei così immobile, in quel delirio di fiorellini e orsetti. La manina esce fuori, lei ha ancora gli occhi così chiusi ma se guardi bene, c'è già una specie di piccolo sorriso addormentato, quei sorrisi un pò imbronciati che hanno i bambini appena svegli, anzi, non svegli del tutto, ancora. Che fatica stamattina, che sonno, a partire dal Capitano, che sonno i ragazzi, che non è un bel momento per nessuno dei due, verifiche a raffica per il Liceale e studio dannato e Dio solo sa cos'altro per il Maturando, che sonno la scrivente, che faccio sempre un pò la parte del giullare e mi sa che qualche mattina qualcuno mi tira dietro qualcosa, che accendo la radio a palla per svegliarli con la musica. Il Beato Ridanciano Giovane Holden sulle Nuvole ritornato alla sua magione da studioso già da ieri. Tutto come da progetto. E la sopresa, stamattina, un buongiorno di baci dato alla Princi addormentatissima, e quella carezza leggera, sbucata fuori da sotto il lenzuolo, a dirmi Sei Tu Mamma senza parole, a sentirsi beata e al sicuro anche se proprio di aprire quegli occhi non ne aveva la minima voglia. Buongiorno, così. Quelle mattine che non sai, se pioverà o non pioverà, se farà frescolino oppure no, se dovevi fare una cosa importante e l' hai dimenticata, c'è una carezza morbida e improvvisa, tenerissima e leggera che ti fa sentire padrona del mondo.

23 maggio, 2008

Cielo d'ostrica.

Il sole ce la mette tutta. Un pò c'è, un pò non c'è, stendo fuori e o stendo dentro o non stendo per niente, che è meglio, che stendere non mi fa impazzire, è un lavoro di precisione, è un gioco di equilibri e di dimensioni, e di finissimi contrasti, metto una cosa qui e bilancio con l'altra di là, l'accappatoio con il lenzuolo, se no lo stendino, il volgarissimo stendino che il mio Amico Architetto disdegna, crolla miseramente col suo rumore di ferraglia, come quando lo butta giù il vento. E allora, meglio stendere in lavanderia che di spazio ce n'è, di fili e fili attaccati al muro in un sapiente intreccio di saliscendi e bacchettine. Ohibò. No che non c'è il sole, ed è un tempo incerto fuori e dentro, nel senso che sono incerta io, non so bene, confusa, stanca? ma no, un pò sconclusionata, senza schiuma come certi cappuccini, e questo cielo grigiolino e violettino, che a vederlo da lontano sembra molle, indeciso anche lui, non con quelle belle nuvolone di panna, bianche o nere a piacer vostro, che almeno si possono guardare. Questo che c'è è solo uno strato informe, un cielo mollusco che mollusca anche me, che non ne ho nessuna voglia al mondo di niente, e che stamattina dovò aspettare l'idraulico, che nemmeno è un idraulico degli spot, palestrato e tatuato. Il mio idraulico è normale fra i normali, bassino, e per nulla avvenente. La mattina si sciorinerà in siffatto modo, si riordinerà una stanza che sembra un set per un serial sulle Crociate, il dopo battaglia, per intenderci, si prenderà un caffè solinghe in cucina verso le 11 e ce la si metterà tutta per non farsi troppo influenzare da questo cielo, di fare il tifo per il sole che alla fine da qualche parte sbucherà pure, che poi suvvia, è pure venerdì, un inzio di fine settimana, di equipaggi che riedono, di arrosti per dieci e di altre amenità. E poi, detto sottovoce, a me le ostriche proprio non piacciono. Figurarsi nel cielo.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...